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@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Ritratto d'uomo di profilo. ### Introduzione: Ritratto d'uomo di profilo è un dipinto di Giovanni Antonio Boltraffio. Eseguito probabilmente verso il 1500, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. L'identità del soggetto del ritratto non è certa, ma potrebbe trattarsi del bolognese Girolamo Casio, con cui il Boltraffio era in rapporti di amicizia. La posa di profilo sembrerebbe essere tipica dell'ambito milanese, in cui il pittore operò.
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### Titolo: Narciso (Londra). ### Introduzione: Narciso è un dipinto di un seguace di Giovanni Antonio Boltraffio. Eseguito probabilmente verso il 1500, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. I tratti femminei di Narciso, i riccioli mossi e il paesaggio lacustre in lontananza sono tipicamente leonardeschi. L'autore potrebbe essere un seguace del Boltraffio, collaboratore di Leonardo a Milano. Peculiarità del dipinto sono l'abito moderno del personaggio e la presenza di una pila in luogo dello stagno riportato dalla tradizione, probabilmente un pentimento. Il dipinto è una copia del Narciso alla fonte degli Uffizi, opera realizzata dal maestro. == Note ==.
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### Titolo: La morte di Marat I. ### Introduzione: La morte di Marat I (Marats død 1) è un dipinto del pittore norvegese Edvard Munch. Esso riprende il tema della morte del rivoluzionario francese, il cui dipinto più noto venne dipinto da Jacques-Louis David, che era molto ammirato da Munch, il quale, con questo dipinto, intendeva proprio autoparagonarsi a lui. Esistono più versioni dell'opera e questa è la prima.Il quadro mostra l'assassina Charlotte Corday al centro della tela invece che Jean-Paul Marat, steso sul letto. Lo stile è collegabile all'espressionismo. L'olio su tela del 1907 è grande 150×199 cm. Attualmente è conservato ad Oslo al museo Munch. ### Descrizione. La morte di Marat I rappresenta l'interno di una stanza dalle pareti verdi. Marat, che si può identificare facilmente come l'alter ego di Edvard Munch, giace nudo su un lenzuolo bianco pieno di macchie di sangue. Il letto forma un angolo rispetto al piano della composizione, così che l'accorciamento prospettico porti a una 'diagonale aggressiva', secondo Arne Eggum e Sissel Biørnstad. La donna in primo piano, Carlotta Corday, ha i lineamenti della stessa Tulla Larsen: la donna si erge rigida, nuda e rivolta frontalmente verso lo spettatore in quello che è un archetipo del 'combattimento tra l'uomo e la donna che si chiama amore'. L'angolo in basso a destra è occupato da un tavolino rotondo dove si trovano un cappello da signora e una canestra di frutta.
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### Titolo: Santa Barbara (Jan van Eyck). ### Introduzione: Santa Barbara (titolo originale, in nederlandese: Heilige Barbara van Nikodemië) è un grisaille ad olio su tavola in legno di quercia (18 × 31 cm) , realizzato nel 1437 dal pittore fiammingo Jan van Eyck e conservato allo Koninklijk Museum voor Schone Kunsten ('Museo reale delle Belle Arti') di Anversa, in Belgio . Si tratta del più antico dipinto incompiuto rinvenuto tra Belgio e Paesi Bassi. ### Descrizione. L'opera descrive la vita di Santa Barbara.Nell'opera di Van Eyck, la santa viene ritratta con una palma e un libro di preghiere in mano seduta sotto una torre gotica.
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### Titolo: Veduta degli Alyscamps. ### Introduzione: Veduta degli Alyscamps è un dipinto ad olio su tela realizzato di Paul Gauguin ad Arles nel 1888, durante il periodo di convivenza con Vincent van Gogh. ### Descrizione. Si tratta di un paesaggio con tre persone che camminano costeggiando il canale. Dietro agli alberi si intravede un motivo storico: la necropoli romana di Arles consacrata nel III secolo da Saint Trophime (primo vescovo di Arles). Tuttavia, nel diciannovesimo secolo non rimase nulla, ed i sarcofagi erano rimasti vuoti. Tutto ciò conferisce al luogo un'aria malinconica. Gauguin, però, si limitò soltanto a far emergere la torre e la cupola dell'edificio, ponendo maggiore attenzione al paesaggio circostante e alle sue sfumature tradotte sulla tela attraverso pennellate a tratti regolari, già impiegata nei paesaggi a Pont Aven che richiama quella di Paul Cézanne. L'arancio del fogliame degli alberi che si sposa con dei verdi scuri richiama l'atmosfera autunnale. Infatti, il periodo di convivenza tra Vincent Van Gogh e Paul Gauguin durò solo poche settimane, da Ottobre al 24 Dicembre del 1888, giorno durante il quale avvenne la rottura definitiva tra i due, con il taglio dell'orecchio di Van Gogh.
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### Titolo: Autoritratto da soldato. ### Introduzione: Autoritratto da soldato è un dipinto realizzato da Ernst Ludwig Kirchner nel 1915. ### Descrizione. Kirchner rappresenta sé stesso in veste da soldato del settantacinquesimo reggimento di artiglieria. L'opera ha una connotazione drammatica e notifica il disagio psichico e fisico derivante dalla guerra, divenendo una sorta di 'autobiografia metaforica', come egli stesso la definì. La mutilazione della mano destra (la mano della pittura), che indica la menomazione dell'artista sul piano della sua integrità fisica e della sua creatività, assume un ruolo centrale nel dipinto. L'artista si raffigura come un reduce, di colore livido, con lo sguardo vuoto e la sigaretta tra le labbra che simboleggia la tensione nervosa. La genesi dell'opera è attestata da una fotografia che lo ritrae nel suo caotico studio vestito con una divisa da soldato, la sigaretta tra le dita, con una postura stabile e rilassata, anche se la testa sfocata infonde il senso di un'apparizione. Questa fotografia dimostra, infatti, le sperimentazioni dell'artista durante quel periodo, consistenti in ritratti dei suoi compagni d'arte e di vita nel suo atelier. Dietro di lui emerge un nudo femminile, a cui il pittore mostra le spalle, esprimendo il suo disagio interiore, il modo in cui si sentiva in quel periodo così soffocante.
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### Titolo: Circoncisione di Cristo (Giovanni Bellini). ### Introduzione: Circoncisione di Cristo è un dipinto della bottega di Giovanni Bellini. Eseguito nel 1500 circa, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. La circoncisione di Cristo era un soggetto molto comune nella pittura veneta del XVI e del XVII secolo. L'opera è firmata dal maestro, in un cartiglio in basso in primo piano, ma attribuita alla bottega. Questa composizione fu spesso usata come modello da altri pittori successivi.
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### Titolo: Sangue del Redentore (Giovanni Bellini). ### Introduzione: Il sangue del Redentore è un dipinto di Giovanni Bellini. Eseguito probabilmente tra il 1460 e il 1465, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. In questo dipinto di età giovanile Cristo è rappresentato dopo la crocifissione, in veste di redentore. Un angelo raccoglie il suo sangue con un calice simile a quelli usati per la messa, e si ritiene infatti che la tavola fosse originariamente l'anta di un tabernacolo. I bassorilievi dal gusto classico sulla balaustra potrebbero avere un significato in relazione all'opera o al suo contesto ma non sono state avanzate teorie in merito. Le chiazze visibili dietro la figura di Gesù erano originariamente delle nuvole con angeli, ma questi sono stati rimossi in epoca successiva per motivi non noti.
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### Titolo: San Girolamo leggente in un paesaggio. ### Introduzione: San Girolamo leggente in un paesaggio è un dipinto di Giovanni Bellini. Eseguito probabilmente tra il 1480 e il 1485, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Il dipinto, attribuito a volte a un seguace, raffigura san Girolamo nel suo ritiro nel deserto siriano, durante il quale tradusse la Bibbia in latino. In sua compagnia è mostrato il leone dalla cui zampa il santo estrasse una spina. In lontananza si intravede una città simile per aspetto alle città murate dell'entroterra veneto. Sono note anche altre versioni dell'opera.
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### Titolo: Viale a Chantilly. ### Introduzione: Viale a Chantilly è un dipinto di Paul Cézanne. Eseguito nel 1888, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Si tratta di uno dei numerosi dipinti eseguiti dal pittore durante il suo soggiorno a Chantilly nel 1888; questo scorcio è stato probabilmente dipinto nei pressi del castello. La composizione di base è stata eseguita a matita ed è stata poi riempita con pennellate giocate sulle sfumature di blu, verde e grigio.
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### Titolo: Il padre del pittore, Louis-Auguste Cézanne. ### Introduzione: Il padre del pittore, Louis-Auguste Cézanne è un dipinto di Paul Cézanne. Eseguito verso il 1865, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Il ritratto fu realizzato su una parete della chiesa che il padre aveva comprato nel 1859 nella campagna di Aix e successivamente staccato. Una fotografia scattata probabilmente nel 1905 mostra l'originaria collocazione dell'opera, al fianco delle Quattro stagioni, oggi trasportate su tela e conservate al Petit Palais di Parigi.
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### Titolo: La stufa nello studio. ### Introduzione: La stufa nello studio è un dipinto di Paul Cézanne. Eseguito verso il 1865, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Il dipinto venne eseguito probabilmente nello studio parigino dell'artista, originario di Aix-en-Provence, e rappresenterebbe quindi le condizioni di ristrettezza della sua vita nella capitale. L'opera è firmata in basso a destra, e il suo primo proprietario fu Émile Zola, amico di gioventù dell'artista.
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### Titolo: Il viale al Jas de Bouffan. ### Introduzione: Il viale al Jas de Bouffan è un dipinto di Paul Cézanne. Eseguito probabilmente tra il 1868 e il 1870, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Si tratta di uno scorcio del viale di castagni del giardino della casa paterna ad Aix-en-Provence, fra i soggetti prediletti di Cézanne. L'alternarsi dei verdi chiari e scuri rende l'idea dei contrasti luce-ombra causati dai raggi del sole sulle chiome degli alberi e sul prato; la composizione è tagliata in alto per rendere di maggior impatto l'effetto prospettico e il senso di profondità, nonostante le ridotte dimensioni del dipinto.
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### Titolo: Natura morta con brocca d'acqua. ### Introduzione: Natura morta con brocca d'acqua è un dipinto di Paul Cézanne. Eseguito tra il 1892 e il 1893, appartiene alla collezione della Tate Gallery ed è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. In questa natura morta il pittore raffigura alcuni piatti e frutti posti su un tavolo con un insolito effetto prospettico. Il dipinto, incompiuto, appartiene ad una serie di nature morte eseguite in quegli anni, caratterizzate dalla medesima ricerca pittorica e dalla presenza della stessa caraffa blu.
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### Titolo: Vecchia con rosario. ### Introduzione: Vecchia con rosario è un dipinto di Paul Cézanne. Eseguito tra il 1895 e il 1896, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Lo scrittore Joachim Gasquet rinvenne questo dipinto nel 1896 nella casa di famiglia di Cézanne presso Aix-en-Provence, e usava affermare che la donna fosse una suora che, fuggita da un convento e dopo aver vissuto vagabondando, fu presa dal pittore come donna di servizio.
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### Titolo: I giardini dello Château Noir. ### Introduzione: I giardini dello Château Noir è un dipinto di Paul Cézanne. Eseguito tra il 1900 e il 1904, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. La composizione è incentrata sulle formazioni rocciose al centro, circondate da una vegetazione talmente folta che il cielo è ridotto ad alcune pennellate azzurre. L'albero in primo piano destra, dalla vistosa biforcazione, è stato recentemente bruciato da un incendio.
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### Titolo: La cattedrale di Salisbury e la Leadenhall visti dal fiume Avon. ### Introduzione: La cattedrale di Salisbury e la Leadenhall visti dal fiume Avon è un dipinto di John Constable. Eseguito nel 1820, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. In questo paesaggio di campagna si intravedono alcuni edifici della città di Salisbury da dietro alcuni alberi sulla riva del fiume Avon: la cattedrale e, sulla destra, la canonica (la Leadenhall), che l'anno precedente venne data in uso a John Fisher, vescovo della città e amico di Constable.
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### Titolo: Il Ponte Vecchio con lavandaie. ### Introduzione: Il Ponte Vecchio con lavandaie è un dipinto di Mario Acerbi. Eseguito probabilmente nella seconda metà degli anni venti, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di uno scorcio del Ponte Coperto di Pavia, soggetto fra i più ricorrenti della pittura di area pavese, eseguito con un tratto tipico della produzione giovanile di Acerbi, memore del naturalismo lombardo ottocentesco. Per soggetto e stile realizzativo non si discosta da altri lavori dell'autore, all'epoca ancora piuttosto influenzato dal padre Ezechiele e dai suoi maestri Carlo Sara, Romeo Borgognoni e Giorgio Kienerk.
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### Titolo: Lunga attesa di una valtellinese. ### Introduzione: Lunga attesa di una valtellinese è un dipinto di Attilio Alfieri. Eseguito probabilmente nel 1966, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Con questo dipinto, noto anche come L'attesa o Maternità, l'autore di propone di indagare il tema della maternità sotto un punto di vista inconsueto e più cupo: la donna è raffigurata in un ambiente chiuso, dove gli oggetti quotidiani indicano miseria e i toni grigi evocano assenza di speranza.
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### Titolo: Malcesine - Veduta del Lago di Garda. ### Introduzione: Malcesine - Veduta del Lago di Garda è un dipinto di Francesco Arata. Eseguito nel 1935, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di un paesaggio lacustre dalla notevole sensibilità e dal solido impianto disegnativo e compositivo, dipinto en plein air, come Arata aveva ricominciato a fare dopo una fase in cui la produzione maggiore era quella effettuata in studio, avendo per soggetti più ricorrenti la figura umana e la natura morta, in ossequio ai dettami novecentisti.
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### Titolo: Paesaggio della Val d'Aosta. ### Introduzione: Paesaggio della Val d'Aosta è un dipinto di Cirillo Bertazzoli. Eseguito verso il 1937, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di un paesaggio montano dall'impianto disegnativo e cromatico solido e robusto, e dalla composizione essenziale e ordinata, memore dei canoni novecentisti che Bertazzoli prese a seguire dopo il trasferimento da Venezia a Cremona nel 1923. L'opera fu esposta alla II Mostra d'Arte della Sezione di Cremona del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti di Lombardia e in quell'occasione venne acquistata dalla Fondazione Cariplo. Sul retro della tela è presente una composizione con una figura umana e una natura morta, interamente giocata sulle tonalità di blu.
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### Titolo: La Pointe de la Hève, Sainte-Adresse. ### Introduzione: La Pointe de la Hève, Sainte-Adresse è un dipinto di Claude Monet. Eseguito nel 1864, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Si tratta di una veduta della spiaggia di Sainte-Adresse, vicino a Le Havre. Le pennellate testimoniano il minuzioso impegno di Monet nella resa della superficie della spiaggia e del mare, e della consistenza delle nuvole nel cielo. Il dipinto è inoltre una notevole prova dello studio delle vibrazioni della luce nella pittura en plein air. Collegamenti esterni. (EN) La Pointe de la Hève, Sainte-Adresse, su nationalgallery.org.uk. URL consultato il 28 marzo 2016.
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### Titolo: La spiaggia a Trouville. ### Introduzione: La spiaggia a Trouville è un dipinto di Claude Monet. Eseguito nel 1870, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Si tratta di una composizione piuttosto atipica, con le figure ritratte da distanza ravvicinata, e questo potrebbe indicare che il dipinto nacque come bozzetto per una composizione più ampia. La donna sulla sinistra potrebbe essere Camille, la moglie del pittore, mentre l'altra sembra essere la moglie del pittore Eugène Boudin, le cui scene in spiaggia ebbero certamente influenza sull'opera di Monet. Cromaticamente, il dipinto è caratterizzato da un forte contrasto fra le vesti bianche in piena luce e i volti in ombra. Alcuni granelli di sabbia presenti nello strato d'olio sulla tela testimoniano che l'opera venne effettivamente realizzata en plein air. Riguardo alla National Gallery, in merito alle acquisizioni 1953 - 1962, possiamo notare che a La spiaggia a Trouville di Monet il museo affiancò, tramite acquisizioni, due dipinti riguardanti La plage a Trouville di Louis - Eugene Bodin, i quali, oltre che per meriti intrinseci, si legge nel catalogo, hanno un interesse aggiuntivo in quanto un tempo appartenevano a Claude Monet, di cui Bodin all'inizio della carriera fu un vero e proprio spirito guida.
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### Titolo: Il museo di Le Havre. ### Introduzione: Il museo di Le Havre è un dipinto di Claude Monet. Eseguito nel 1873, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Si tratta di una veduta del Museo di belle arti di Le Havre dalle mura del porto vecchio. L'edificio fu distrutto durante la seconda guerra mondiale e venne ricostruito in stile moderno. Il dipinto appartiene a una serie di vedute della città natale realizzate fra il 1872 e il 1873 (all'epoca Monet risiedeva a Argenteuil ma tornava spesso a Le Havre), fra cui Impression, soleil levant.
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### Titolo: Donna seduta su una panchina. ### Introduzione: Donna seduta su una panchina è un dipinto di Claude Monet. Eseguito nel 1874, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. La donna raffigurata era ritenuta essere Camille, la prima moglie di Monet; si tratta invece di una modella professionista, presente anche in alcuni dipinti di Degas. L'opera venne realizzata probabilmente ad Argenteuil, nel periodo estivo. Lo stile esecutivo, molto sciolto, è probabilmente dovuto all'influenza di Manet.
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### Titolo: Scena di neve ad Argenteuil. ### Introduzione: Scena di neve ad Argenteuil è un dipinto di Claude Monet. Eseguito nel 1875, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Si tratta di uno dei diciotto dipinti che Monet eseguì per immortalare l'eccezionale nevicata che colpì Argenteuil nell'inverno 1874-75. Il centro della composizione è il boulevard Saint-Denis, dove il pittore viveva; l'essenzialità dell'impianto compositivo e disegnativo è motivata dalla ricerca della resa atmosferica, caratterizzata da una quasi monocromia giocata sulle sfumature dei grigi e dei blu.
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### Titolo: Pioppi sull'Epte (Monet Londra). ### Introduzione: Pioppi sull'Epte è un dipinto di Claude Monet. Eseguito nel 1891, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Si tratta di uno dei ventitré dipinti realizzati da Monet su questo soggetto. I pioppi, sulla riva del fiume Epte nei pressi di Giverny, sono visti dal basso, da un'imbarcazione prestatagli dal pittore Gustave Caillebotte. Quando l'amministrazione cittadina decise di vendere all'asta gli alberi, Monet li comprò al fine di ritardarne l'abbattimento di alcuni mesi, per poter terminare la serie.
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### Titolo: La Senna a Port-Villez. ### Introduzione: La Senna a Port-Villez è un dipinto di Claude Monet. Eseguito nel 1894, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Nonostante il dipinto sia datato 1885, è probabile che sia stato realizzato nel 1894, anno in cui Monet dipinse a Port-Villez. La zona è caratterizzata da alte scogliere nei pressi della Senna, che il pittore raffigura rispecchiate nell'acqua dando un senso di precisa simmetria.
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### Titolo: Inverno al parco. ### Introduzione: Inverno al parco è un dipinto di Giorgina Bertolucci di Vecchio. Eseguito verso il 1953, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di uno scorcio dove il soggetto scolastico è letto con attenzione agli effetti cromatici e tonali, freddi e sobri. Il dipinto venne esposto a una personale della pittrice alla galleria Gussoni di Milano, e in quell'occasione fu acquistato dalla Fondazione Cariplo.
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### Titolo: La casetta del giardiniere. ### Introduzione: La casetta del giardiniere è un dipinto di Amedeo Bianchi. Eseguito nel 1925, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Lo scorcio, gradevole per la vivacità cromatica e l'atmosfera solare, richiama le tipiche architetture di ambito veneziano, e in particolare della Giudecca, località che sembrerebbe confermata da un'iscrizione leggibile sul retro della tavola. Lo stile realizzativo tradisce l'influenza del vedutismo veneto del XIX secolo.
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### Titolo: Vaso di fiori con sfondo campestre. ### Introduzione: Vaso di fiori con sfondo campestre è un dipinto di Leonardo Borgese. Eseguito verso il 1957, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. In questa composizione il pittore tralascia volutamente la cura formale e prospettica. La vivacità della tavolozza non maschera un senso di inquietudine generato dal tronco scuro dell'albero dietro al vaso e dalla foglia caduta sul tavolo, divenuta ormai anch'essa natura morta.
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### Titolo: Volto (Pompeo Borra). ### Introduzione: Volto è un dipinto di Pompeo Borra. Eseguito nel 1972, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Fra gli ultimi di una produzione sempre più intensa, questo ritratto femminile appare privo di ogni introspezione psicologica; la ieraticità del viso è resa dalla primitività del disegno, dall'innaturalezza dei colori e dall'assenza di ogni oggetto in grado di calare la figura in un'ambientazione riconoscibile.
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### Titolo: Cestino con frutta e fruttiera bianca. ### Introduzione: Cestino con frutta e fruttiera bianca è un dipinto di Giovanni Brancaccio. Eseguito nel 1960, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Questa natura morta si colloca nel solco della produzione postbellica di Brancaccio: una pittura prevalentemente aniconica per soggetto ed essenziale quanto a forma e composizione, in risposta sia al formalismo e al monumentalismo novecentista, sia alle tendenze astratte di quegli anni.
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### Titolo: San Martino (Breveglieri). ### Introduzione: San Martino è un dipinto di Cesare Breveglieri. Eseguito nel 1932, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di un'opera insolita nella produzione di Breveglieri, dedito principalmente al paesaggio, ai ritratti e alla pittura di genere. Il dipinto è incentrato sul disegno e sulla linea, più che sul colore. Risente dell'influenza dei preleonardeschi lombardi ma allo stesso tempo anche del primitivismo di Carrà. Il risultato è comunque in linea con la lirica tipica dell'autore.
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### Titolo: Le ginestre (Verso il mare). ### Introduzione: Le ginestre (Verso il mare) è un dipinto di Gianfranco Campestrini. Eseguito nel 1968, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. In questo paesaggio, dai modi impressionisti ed emblematico della pittura più matura di Campestrini, lo sguardo dell'osservatore è portato a seguire l'andamento del sentiero e dell'ambiente naturale circostante, dalle ginestre in primo piano, alla baia sullo sfondo.
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### Titolo: Battesimo di Cristo (Perugino Foligno). ### Introduzione: Il Battesimo di Cristo è un affresco del Perugino, realizzato tra il 1507 e il 1513 nell'Oratorio della Nunziatella a Foligno. ### Descrizione. L'affresco rimanda al Battesimo di Cristo di Perugia (parte del polittico di Sant'Agostino) e a quello di Città della Pieve. La composizione è tipica della fase tarda del Perugino: i due angeli in volo circondati da cherubini, presenti in quasi tutti gli affreschi del pittore, lasciano passare, al centro, la colomba dello Spirito Santo. Sulle sponde del fiume altri quattro angeli, due in preghiera e due in ginocchio, fanno risaltare il nucleo della composizione, ossia Cristo e San Giovanni. Il secondo, con una cinta di arbusti al petto, vestito da un mantello viola, con un piccolo recipiente versa l'acqua sul primo, che è in preghiera. Le due figure centrali sembrano camminare sull'acqua e, inoltre, i lineamenti dolcissimi, quasi idealizzati, accompagnati dai colori tenui, tipici della fase tarda del pittore pievese, rendono la composizione, che è anche un capolavoro di prospettiva, un perfetto dipinto rinascimentale. L'ambientazione è probabilmente uno scorcio delle campagne intorno a Foligno: in questo caso il Giordano sarebbe il Topino. Sopra l'affresco è collocata una lunetta, sempre del Perugino, raffigurante l'Eterno tra due angeli adoranti.
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### Titolo: La mano del violinista. ### Introduzione: La mano del violinista è un dipinto a olio su tela del futurista Giacomo Balla, realizzato nel 1912 e conservato alla Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra. ### Descrizione. Nella tela il pittore ha seguito, per una frazione di secondo, il magico spostamento delle mani di un violinista sullo strumento. L'immagine, che appare come una sequenza di fotogrammi lievemente sfalsati e sovrapposti, vince l'effetto statico e comunica una spettacolare impressione di velocità e movimento. L'opera, così come Bambina che corre sul balcone, mostra grande interesse, nutrito dall'artista sin dai primi anni del secolo, nei confronti della fotografia e rivela un'attenta riflessione sui principi della fotodinamica. == Note ==.
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### Titolo: Cristo e l'adultera (Mattia Preti). ### Introduzione: Cristo e l'adultera è un dipinto a olio su tela di Mattia Preti. È conservato presso la Galleria Regionale del Palazzo Abatellis di Palermo. Proviene dalla certosa di San Martino di Napoli come dono del re Francesco I delle Due Sicilie. ### Descrizione. L'opera raffigura il momento nel quale Gesù convince un'adultera che stava per essere lapidata a pentirsi dei propri peccati. Accanto alla donna dalle mani legate si trovano due figure maschili, una di spalle dietro di lei e una barbuta al suo fianco. Questa e altre tele dipinte dall'artista intorno alla metà del diciassettesimo secolo risentono dell'influenza del pittore emiliano Giovanni Francesco Barbieri, più noto come Guercino, soprattutto per la pennellata fluida. Mattia Preti realizzò anche un'altra opera basata su questo episodio biblico, conservata alla galleria Spada di Roma. == Note ==.
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### Titolo: Mosè (Pietro Novelli). ### Introduzione: Mosè è un dipinto a olio su tela di Pietro Novelli. È conservato presso la Galleria Regionale del Palazzo Abatellis di Palermo. Proviene dalla Casa dei Padri Filippini all'Olivella di Palermo. ### Descrizione. Il quadro è un semplice ritratto del profeta Mosè, che tiene in mano una delle tavole della Legge dategli da Dio, secondo il libro dell'Esodo. Vi si possono leggere delle parole in latino. Mosè è raffigurato davanti a uno sfondo scuro, e con metà del volto in penombra. L'altra metà illuminata consente di vedere le rughe del profeta anziano, un segno di realismo. Tra i capelli, invece, si possono appena vedere i due fasci di luce che fanno parte dell'iconografia del personaggio. == Note ==.
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### Titolo: Sant'Agata in carcere visitata da san Pietro. ### Introduzione: Sant'Agata in carcere visitata da san Pietro è un dipinto a olio su tela del pittore francese Simon Vouet. È conservato presso la Galleria Regionale del Palazzo Abatellis di Palermo. Proviene dall'ex collegio dei Gesuiti al Cassaro. ### Descrizione. L'opera ritrae sant'Agata, una vergine catanese che venne imprigionata e torturata a causa della sua fede cristiana, prima di venire uccisa. Durante la sua prigionia, Agata ha una visione e vede davanti a sé un angelo che regge una candela e san Pietro, uno dei dodici apostoli di Cristo, nonché uno dei primi martiri. Il santo guarisce i suoi seni, che le erano stati strappati con degli strumenti di tortura.Il gesto della mano che indica il petto di Agata richiama quello di Gesù nel dipinto caravaggesco Vocazione di San Matteo, che si trova alla chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. L'opera è anche influenzata da un quadro sullo stesso tema artistico dipinto da Giovanni Lanfranco nel 1614 circa, oggi conservato alla galleria nazionale di Parma: entrambe le tele raffigurano la santa illuminata, un angelo che regge una candela e san Pietro in controluce, anche se nell'opera di Vouet l'apostolo è più illuminato rispetto al quadro di Lanfranco. == Note ==.
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### Titolo: Amore dormiente. ### Introduzione: L'Amore dormiente è un dipinto a olio su tela del pittore napoletano Battistello Caracciolo. È conservato presso la Galleria Regionale del Palazzo Abatellis di Palermo. Proviene dall'ex Museo Nazionale di Palermo. L'opera è databile al 1622 circa. ### Descrizione. Il quadro raffigura un amorino nudo che dorme, disteso su un lato, e con molta probabilità si ispira all'Amorino dormiente del Caravaggio, un quadro dipinto tra il 1608 e il 1609 e oggi conservato alla galleria Palatina di Firenze. Si suppone che Battistello Caracciolo abbia potuto vedere il quadro caravaggesco durante il suo soggiorno a Firenze, registrato intorno al 1618. In questa tela l'influenza dell'artista lombardo si ritrova nella linea di contorno del soggetto, nella resa plastica del nudo e nel tenebrismo tipico dei caravaggisti. == Note ==.
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### Titolo: La consegna di Palermo da parte dei musulmani. ### Introduzione: La consegna di Palermo da parte dei musulmani è un dipinto a fresco di Giuseppe Patania, datato 1830. Si trova nella volta della Sala Gialla del Palazzo dei Normanni (o Palazzo Reale) di Palermo. ### Descrizione. L'opera di Patania raffigura la consegna simbolica delle chiavi della città di Palermo da parte dei saraceni ai normanni guidati da Ruggero I di Sicilia e Roberto il Guiscardo nel 1072, arabi che occupavano la città dall'831. L'affresco è uno dei tre dipinti presenti sulla volta della Sala Gialla e dedicati al tema della conquista normanna di Palermo avvenuta nel 1072. Ad esso si aggiungono le opere “La presa di Palermo da parte dei normanni” di Giovanni Patricolo ed “Il ritorno di Nicodemo al soglio vescovile di Palermo” di Vincenzo Riolo.
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### Titolo: Boulevard Saint-Denis (Attilio Cavallini). ### Introduzione: Boulevard Saint-Denis è un dipinto di Attilio Cavallini. Eseguito verso il 1935, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di uno scorcio di Boulevard Saint-Denis, dove Cavallini prese dimora nel suo primo soggiorno parigino (1911); l'opera, attribuibile alla maturità del pittore, è caratterizzata da tocchi vivaci ed impressionisti.
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### Titolo: Via Monte di Pietà nel 1840. ### Introduzione: Via Monte di Pietà nel 1840 è un dipinto di Giovanni Colombo. Eseguito verso il 1970, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di uno scorcio della milanese Via Monte di Pietà ambientato in epoca ottocentesca e realizzato con un tratto pittorico ancora tardo-ottocentesco, denotando un interesse al passato caratteristico della produzione di Colombo. In fondo alla via è riconoscibile il palazzo del Genio Militare austriaco, in seguito demolito e sostituito dalla Ca' de Sass, sede della Cariplo.
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### Titolo: Santa Margherita Ligure (Aldo Conti). ### Introduzione: Santa Margherita Ligure è un dipinto di Aldo Conti. Eseguito nel 1933, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. In questo scorcio di Santa Margherita Ligure l'equilibrata composizione è costituita dalle linee della costa e del paese che guidano l'occhio verso l'orizzonte. Sulla parte sinistra le pennellate sono più precise mentre tendono a distendersi negli spazi del mare e del cielo. I colori sono tenui e l'atmosfera è leggermente malinconica. Il dipinto combina il gusto paesaggistico impressionista con lo stile del naturalismo lombardo, di cui Conti fu esponente.
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### Titolo: Barbagli plenilunari. ### Introduzione: Barbagli plenilunari è un dipinto di Salvatore Corvaya. Eseguito nel 1924, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Il paesaggio è uno dei soggetti che l'autore praticò con minor frequenza e solo in fase matura. In questo dipinto è comunque rinvenibile una notevole aderenza all'ormai tramontato gusto verista, come consuetudine nella produzione di Corvaya; il titolo e la forte connotazione chiaroscurale dell'opera, ai limiti dell'oleografico, richiamano invece il gusto tardoromantico.
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### Titolo: Pianura verso Roma, da Tivoli. ### Introduzione: Pianura verso Roma, da Tivoli è un dipinto di Ettore Cosomati. Eseguito probabilmente tra il 1930 e il 1935, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di un paesaggio dalle caratteristiche tipiche della fase tarda della produzione dell'autore: la ricerca è orientata alla resa dei volumi e di un'atmosfera quanto più possibile nitida e cristallina; le pennellate sono larghe e materiche.
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### Titolo: Fregio di Palazzo Stoclet. ### Introduzione: Il Fregio di Palazzo Stoclet è un mosaico realizzato da Gustav Klimt tra il 1905 e il 1909 per il Palazzo Stoclet, a Bruxelles. I suoi cartoni preparatori sono oggi esposti al Museum für angewandte Kunst di Vienna. ### Descrizione. Klimt, designato realizzatore del fregio decorativo previsto per la sala da pranzo dell'abitazione Stoclet, si buttò a capofitto nella realizzazione dell'opera commissionatagli, che rappresenta uno dei suoi capolavori del “periodo d'oro”. Klimt prese talmente a cuore la commissione che non si limitò alla definizione dei cartoni preparatori, ma decise di collaborare in prima persona al progetto a fianco degli artigiani. Mai come in quest'opera Klimt fece uso della tecnica musiva, arte appresa soprattutto durante i viaggi a Ravenna. L'artista optò per un mosaico in cui predominavano le forme geometriche, motivo che doveva riprendere l'intera struttura. Il fregio, che occupa i due lati più lunghi dalla sala rettangolare e che si allaccia alla parete più stretta tramite un mosaico realizzato da motivi astratto-geometrici, è formato da un totale di quindici pannelli. Il mosaico, eseguito su un fondo di marmo bianco, è sfarzosamente decorato da elementi di rame, argento, mosaico d'oro, pietra dura, corallo e maiolica colorata. Nella rappresentazione vengono meno le «forze avverse» che avevano caratterizzato il Fregio di Beethoven. Non poteva esserci posto per presenze ostili in una così perfetta realizzazione dell’arte totale secessionista, obiettivo giunto a compimento soprattutto grazie alla decisione dello stesso Stoclet di non porre limiti di spesa. Per la realizzazione del mosaico dei due lati più lunghi, Klimt progettò cartoni di sette metri ciascuno, nei quali il protagonista era l'Albero della vita. All'interno dell'Albero trovano posto anche le figure dell'Attesa e dell'Abbraccio. È presente anche la rappresentazione della morte, attrice inevitabile del ciclo vitale, personificata nel rapace nero posato su un ramo. Nelle rappresentazioni dell'Attesa e dell'Abbraccio si assiste alla perfetta realizzazione dello stile delle opere del “periodo d'oro” di Klimt. Le due rappresentazioni presentano infatti un forte contrasto tra il realismo dei volti e degli arti e l'astrattismo dei corpi, caratterizzato dalla bidimensionalità e da una serie di disegni geometrici e astratti. I motivi utilizzati per la decorazione delle vesti dei personaggi attingono a un repertorio decisamente vario. Oltre alle figure geometriche possiamo infatti trovare rappresentazioni di animali o del mondo vegetale e richiami alla simbologia religiosa orientale, tema da cui è ripreso il motivo dell'occhio egizio. Non c'è comunicazione fra i tre personaggi della rappresentazione. Lo sguardo dell'Attesa, volto verso la coppia di amanti, corre parallelamente ai margini del fregio. La coppia abbracciata invece appartiene a uno scenario indipendente; l'uomo, che dà le spalle allo spettatore, ha la testa completamente abbandonata dietro quella dell'amata, la quale invece ha gli occhi chiusi. Lo scenario pone i soggetti del fregio e l'osservatore su due piani distinti: l'unico contatto fra le due parti viene stabilito attraverso gli innumerevoli occhi germogliati dall'albero e inseriti nelle vesti dei personaggi. Questo fa in modo che l'osservatore sembri scrutato dal mosaico attraverso mille occhi. I cartoni preliminari sono un esempio tipico del metodo di lavoro di Klimt, che realizzava i suoi bozzetti con la precisione di un'opera d'arte finita. Per la realizzazione dei preliminari utilizzò colori a tempera, acquerello, matite e gessetti, e impreziosì il tutto con applicazioni in oro e argento. Vi erano inoltre numerose annotazioni scritte di pugno dall'artista nelle quali veniva descritto con precisione come dovevano essere realizzati i vari elementi del fregio.
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### Titolo: Fanciulle sulla riva della Senna. ### Introduzione: Signorine in riva alla Senna, è un dipinto di dimensioni 174x200 realizzato da Gustave Courbet del 1857. È esposto al Museo del Petit Palais di Parigi. Courbet appartiene alla corrente del realismo francese, un movimento artistico che nasce in Francia a metà Ottocento portavoce di una realtà borghese ormai declinata al fascino e alla compostezza che caratterizzava le corti di fine Settecento e primo Ottocento. ### Descrizione dell'opera. L'opera di grande fascino è la rappresentazione dettagliata e accurata di una borghesia parigina ormai prona ad ogni corruzione morale, in cui l'eleganza e il fascino hanno lasciato il posto ad una degenerazione dei costumi che le assimila alla scurrilità del popolo. Gustave Courbet attraverso una posizione delle figure precisa, si pone l'intento di deridere la borghesia francese, mettendola in ridicolo attraverso una posa estranea alle buone maniere dell'epoca. Le due donne sdraiate a terra si armonizzano in una composizione naturalistica dettagliata in cui emerge la vena realista tanto estrema che anche i suoi più grandi ammiratori affermano sia andato “fuori strada”. Le due donne adagiate sul prato sono raffigurate impigrite e annoiate, l'una vestita con colori chiari, tendenti al celeste simbolo di grande pudore smorzato con una pesantezza nei gesti che soffocano ogni eleganza con cui sarebbe dovuta apparire. L'altra, vestita in rosso è pensierosa, con uno sguardo assente ammira la natura ma non con l'interesse che si potrebbe avere nei confronti di tali spettacoli bensì con una superficialità e non curanza che provocano nell'osservatore un sentimento di ostilità nei confronti della classe borghese, che di fatto è l'intento dell'artista. Il paesaggio non è tralasciato, ogni particolare è curato con una precisione unica, l'influenza della Scuola di Barbizon è nota dalle particolari ombreggiature date dalle fronde degli alberi, sia sull'erba dove sono adagiate le signorine, che sulla Senna retrostante. L'unione tra paesaggio e natura è data dal mazzolino di fiori presente tra le protagoniste, simbolo di armonia con il paesaggio. Nota è la differenza tra la leggerezza e raffinatezza dei fiori, dell'ambiente e la pesantezza delle donne annoiate. In lontananza tra gli alberi si intravede una barchetta di legno.
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### Titolo: Sacrificio di Ifigenia (Pietro Testa). ### Introduzione: Il Sacrificio di Ifigenia è il tema di una incisione e di un dipinto del pittore lucchese Pietro Testa. ### Descrizione. L'episodio raffigurato è riportato da varie fonti antiche: l'Ifigenia in Aulide di Euripide, l'Agamennone di Eschilo (una delle tragedie dell'Orestea), Le metamorfosi di Ovidio. La sostanza dei fatti è così sintetizzabile: i Greci, sotto il comando di Agamennone, si sono riuniti presso la città di Aulide, in Beozia, dalla quale poi salpare alla volta di Troia. La perdurante bonaccia dei venti però impedisce alle navi greche di prendere il mare e la forzata promiscuità degli eserciti nella città favorisce il diffondersi di un'epidemia. Il malcontento monta e l'autorità di Agamennone vacilla. Il re allora interroga l'indovino Calcante per avere lumi sul da farsi. Questi gli rivela che la difficile situazione è frutto dell'ira di Artemide verso lo stesso Agamennone reo di aver ucciso, durante una caccia, una cerva cara alla dea. Il solo modo per superare l'impasse – prosegue Calcante – è sacrificare ad Artemide Ifigenia, figlia di Agamennone. Il capo dei Greci accetta e fa in modo che la fanciulla, accompagnata dalla madre Clitennestra, raggiunga la Beozia: per indurre madre e figlia al viaggio Agamennone, mentendo, fa sapere loro che Achille ha chiesto Ifigenia in sposa. All'arrivo di Ifigenia in Beozia l'inganno di Agamennone è presto svelato, ma la ragazza accetta egualmente di immolarsi per consentire all'esercito greco di raggiungere Troia. Ifigenia è così condotta all'altare di Artemide per essere sacrificata mentre Clitemnestra e, nonostante tutto, lo stesso Agamennone si disperano. Partecipa al rito anche Achille pronto a strappare Ifigenia ai suoi carnefici se questa all'ultimo momento cambiasse proposito. Quando l'atto sacrificale sta per compiersi irrompe sulla scena la stessa Artemide che, mossa a pietà dalla abnegazione di Ifigenia, le salva la vita imponendo che in luogo della giovane principessa venga immolata una cerva. Ogni elemento della storia trova posto nella stampa del Testa. Al centro, seduta, c'è Ifigenia, seminuda e con le spalle poggiate all'ara di Artemide, identificata anche dall'iscrizione in greco, che placidamente accetta il suo destino. All'estrema destra vi è Achille in posizione stante e con la mano alla spada. Sulla sinistra Clitemnestra ed Agamennone sono straziati dal dolore e non possono reggere la vista del sacrificio della loro figlia: il re di Micene si copre il volto col mantello mentre la madre di Ifigenia volge il capo in direzione opposta all'altare. Quando l'aguzzino si accinge a sgozzare la giovane vittima cala dal cielo Artemide che con la mano destra indica in direzione di una cerva, miracolosamente apparsa sul luogo, con la quale sostituire Ifigenia nel sacrificio. L'improvvisa apparizione della dea suscita lo stupore dei sacerdoti e dei carnefici che sorpresi volgono repentinamente lo sguardo in direzione di lei. Sullo sfondo le navi greche alla fonda e una distesa di cadaveri sulla spiaggia - i morti mietuti dalla pestilenza che ha colpito Aulide - rammentano la causa della tragedia appena sventata. Nel cielo si addensano le nubi: la sfavorevole bonaccia sta per cedere il passo all'alzarsi dei venti. Vari aspetti della composizione evidenziano l'erudizione per la quale Pietro Testa era apprezzato dai suoi contemporanei. La già menzionata figura di Agamennone che si fa schermo col mantello per non vedere la morte della figlia deriva dalle descrizioni di un dipinto di Timante, parimenti dedicato al sacrificio di Ifigenia, fatte da Plinio ed altri autori latini che concordemente riferiscono della velatura del viso del re. Questo antichissimo dipinto, evidentemente celebre nel mondo antico, è ovviamente perduto ma una sua possibile derivazione è rinvenibile in un affresco pompeiano ove si vede, per l'appunto, Agamennone celato sotto il mantello mentre Ifigenia è condotta al sacrificio. Anche nella figura di Ifigenia raffigurata nella stampa del Testa si coglie un colto rimando, questa volta di tipo figurativo. Essa è infatti è una ripresa pressoché letterale della stessa Ifigenia scolpita in rilievo sul fregio di un pregevole cratere neoattico noto come Vaso Medici, ora agli Uffizi, ma nel Seicento ancora a Roma, nella villa pinciana dei Medici. La familiarità del Testa con questo prezioso reperto, del resto, sembra essere provata anche da alcuni documenti relativi all'attività del pittore lucchese di riproduzione di antiche sculture romane da lui svolta su incarico di Cassiano dal Pozzo per la realizzazione del celebre Museo Cartaceo raccolto da quest'ultimo. Presso la Royal Library di Windsor Castle, inoltre, si conversa un disegno con una parziale riproduzione del fregio del cratere mediceo (probabilmente riferibile alle ricerche antiquarie promosse da Cassiano dal Pozzo) che secondo alcuni spetterebbe proprio al pittore lucchese. Anche il bel dettaglio del vaso della stampa (a sinistra, tra Ifigenia e Achille) decorato da un rilievo raffigurante Artemide impegnata nella caccia ad un cervo evoca le conoscenze e le passioni antiquarie di Pietro Testa.
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### Titolo: Santi in adorazione dell'eucaristia. ### Introduzione: Santi in adorazione dell'eucaristia è un dipinto conservato nella chiesa della Santissima Annunziata di Lucca e attribuito da Roberto Contini a Giovanni Marracci. ### Descrizione. Anche se non è possibile risalire alla collocazione originaria di quest'opera, Contini ne ha proposto la datazione alla fine degli anni settanta e ottanta del Seicento in base all'impronta lucchese del santo inserito al centro, forse Francesco d'Assisi, in adorazione del pane eucaristico. I personaggi in questa tela sono l'Arcangelo Raffaele che accompagna il Bambino verso il pane eucaristico. Fra le rocce del sentiero appaiono le figure dei santi Gaetano, Ignazio di Loyola, Domenico e Antonio da Padova e nella zona superiore appaiono la Vergine e gli angeli col calice dell'eucaristia.
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### Titolo: Profezia di Basilide. ### Introduzione: La Profezia di Basilide è il soggetto di un dipinto e di un'incisione di Pietro Testa. Quest'ultima fu ideata dal pittore lucchese ma fu trasposta su rame (forse poco dopo la morte di Pietro) da suo nipote Giovanni Cesare Testa. ### Descrizione e stile. La disposizione lineare degli astanti richiama la tipica composizione di un fregio all'antica che rimanda sia alle profonde conoscenze antiquarie di Pietro Testa sia agli esempi dell'amico e mentore del lucchese Nicolas Poussin. La limpidezza scultorea della figura di Cristo in particolare - della quale si conserva un disegno preparatorio al British Museum - sembra derivare da un capolavoro del grande pittore francese quale il Compianto ora custodito nella Alte Pinakothek di Monaco di Baviera. La posizione in diagonale di Gesù e l'abbandono del suo corpo sorretto dagli angeli rinviano allo stesso tempo a modelli vandykiani, al Testa forse noti grazie a derivazioni lucchesi viste in gioventù, che a loro volta discendono da invenzioni di Annibale Carracci di alcuni decenni prima. La scena ha un'ambientazione quasi notturna. Emergono dalle tenebre la veste di Basilide, il sudario su cui poggia il corpo di Cristo e il globo di luce alle spalle di Dio. Oltre al già indicato studio del British, si conserva presso la Rugby Art Gallery (nella contea del Warwickshire in Inghilterra) il disegno preparatorio dell'intera composizione. Una ripresa della composizione del Testa ed in particolare della figura di Cristo, sembra scorgersi nella Pietà di Charles Le Brun, eseguita dall’artista francese probabilmente durante il suo soggiorno romano.
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### Titolo: Il bacio (Munch). ### Introduzione: Il bacio è un dipinto a olio su tela (99x81 cm) di Edvard Munch, realizzato nel 1897 ed è conservato nel Museo Munch di Oslo. ### Descrizione. Il bacio è un dipinto a olio su tela, alto 99 e largo 81 centimetri. Raffigura una coppia circondata dall'oscurità, in una stanza rischiarata solo da un raggio di luce proveniente da una finestra parzialmente ricoperta da una tenda. I due si abbracciano strettamente, fino a perdere la propria identità, allorché si miscelano in un'unica forma priva di tratti distintivi. La critica d'arte Roberta Smith sottolinea come Munch abbia favorito «pennellate lunghe [...] che più che dipinte sembrano macchie».Nel 1892, cinque anni prima della stesura de Il bacio, Munch aveva eseguito un'altra tela sul medesimo soggetto: si tratta de Il bacio con la finestra.
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### Titolo: Trittico della Vendetta. ### Introduzione: ll Trittico della Vendetta è un trittico ideale, opera del pittore veneziano Francesco Hayez, risalente a metà del diciannovesimo secolo, e avente come tema quello della vendetta per amore. Maria, l'eroina protagonista della storia narrata dal trittico, nella prima tela viene consigliata dall'amica Rachele a servirsi dello strumento della delazione politica per vendicarsi dell'amante che l'ha tradita; nella seconda, convinta da Rachele, imbuca la lettera letale; nella terza si pente del proprio gesto e tenta di impedire la consegna della denuncia anonima. ### Descrizione. La tela ricrea il momento in cui Rachele tenta di convincere l'eroina Maria, avvolgendola nel suo fitto parlare maligno. La figura di Rachele è tutta protesa in avanti sul corpo dell'amica che appare insofferente e convinta a non prestare ascolto alle parole di Rachele. La mano di Maria si allunga verso la lettera che contiene la denuncia: lo spettatore non sa se il gesto dell'eroina è volto ad afferrare la lettera o a respingerla. Questo gesto ambiguo è una sintesi dello stato d'animo di Maria, costantemente indeciso tra il denunciare l'amante, e cedere così alla vendetta, e il perdono. Sul volto di Maria, incorniciato da un lungo velo nero fluttuante, colpiscono gli occhi segnati da un accenno di occhiaie che suggeriscono una notte insonne e lo sguardo intenso, ostinatamente fisso, tutto rivolto verso l’intimo ribollire dei suoi sentimenti contrastanti. Nella mano ha la maschera che ormai si è tolta. La figura di Rachele, al contrario, è resa più inquietante dalla bautta nera che su di lei si carica di significati sinistri. Una placida giornata sulla laguna fa da scenario all'intrigo ordito in primo piano dalle due donne. Lo sfondo raffigura un tipico ambiente veneziano: il cielo dai colori pastello, leggermente velato da nuvole rosee, l’acqua di un canale e lo scorcio di un palazzo mettono in risalto l’epifania del dolore della protagonista Maria, condensato in un solo gesto, quello del braccio proteso verso la denuncia impugnata da Rachele. L'efficacia drammatica con cui è rappresentata la scena viene identificata nel contrasto tra i due diversi caratteri femminili e nel sentimento di soffocante attesa che la domina, immortalata nel momento in cui Maria sta per afferrare la lettera di delazione preparata da Rachele. Evidente è la maestria con cui Hayez è riuscito a riprodurre le diverse caratteristiche degli abiti: dai temi floreali dei tessuti della veste di Rachele, alla lucentezza della seta o alla trasparenza del velo, entrambi facilmente visibili nei vestiti di Maria. ### Descrizione. L’architettura maestosa dell’edificio raffigurato a destra, la veduta nel fondo della laguna, alcune gondole galleggianti su questa e la magnificenza dei circostanti palazzi, facevano capire che il luogo del fatto narrato in questo dipinto era Venezia. Il tempo sembra essersi fermato. L'ambiente e la luce sono ovattati, l'aria è rarefatta dalla nebbia che avvolge morbidamente il profilo architettonico della chiesa della Salute, visibile alle spalle di Maria. Sembra una scena teatrale. La maestria di Hayez sta anche nell'essere riuscito a contestualizzare la vicenda con pochi ma significativi particolari. Il soggetto del dipinto è una splendida figura di donna, la stessa Maria protagonista dell'episodio precedente, una dama del raffinato mondo veneziano. Il suo corpo sembra immobile, come pietrificato; è reclinato in avanti, quasi a indicare un’ultima flebile esitazione. Il suo viso è segnato da un dolore lacerante in cui appaiono evidenti i segni di lacrime; nonostante questo, il suo volto possiede ancora una bellezza fulgente, ed è illuminato dal prezioso verde smeraldo della veste che, per un orchestrato gioco di ombre e di luci, assume cromaticamente toni scuri e cangianti. Una luce naturale avvolge Maria rendendo le sue forme morbide e il suo incarnato vellutato. In 'Accusa segreta' sono da sottolineare soluzioni formali d’altissima qualità. nel taglio scenografico dell’ambientazione architettonico-paesaggistica;. nella ripresa ravvicinata (di grande suggestione drammatica) del volto femminile, tormentato e contratto;. nella resa della veste color smeraldo e del velo nero trasparente;. nell’uso sapiente della luce e del controluce, che staglia i contorni della silhouette sullo sfondo ombroso delle arcate di Palazzo Ducale e di una Venezia assolata e afosa.La sensualità di Maria trova il suo sfondo in una Venezia soffocata dalla calura estiva dove l'ombra architettonica del Palazzo Ducale sembra formare una pericolosa trappola. È possibile vedere tale impostazione compositiva nel disegno a matita e carboncino, già prospetticamente impostato. Il rapporto tra le diverse stoffe dell'abito e il velo nero disteso sulla sagoma della donna in controluce esaltano il volto di Maria e il suo seno. Accusa segreta costituisce una rappresentazione enigmatica e sensualissima della donna, ma anche una potente allegoria di Venezia, eletta a città dell’intrigo e della seduzione, delle maschere e delle avventure, del conflitto tra ragioni del cuore e ragioni di Stato, secondo un giudizio diffuso in ambito letterario internazionale nella prima metà dell’Ottocento;. ### Descrizione. La luce è soffocata. L'ombra di Rachele è bieca e opprimente. Rachele, col dito alzato, ammonisce Maria per il suo pentimento, la quale cerca di liberarsi dalla presa dell'amica per tentare la resa della denuncia, ora in mano all'uomo vestito di rosso. Rispetto ai classici dipinti di Hayez si notano una minore incisività nel disegno e una condotta cromatica più sfrangiata. Rispetto alla bozza per il dipinto originale l'ingresso di Ca' Bernardo a San Polo appare più abbreviato: il portone, dal taglio diverso, incombe e conferisce drammaticità; i due putti reggistemma sono stati sostituiti da due angeli inginocchiati.
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### Titolo: Assunzione della Vergine (Fernández). ### Introduzione: L'Assunzione della Vergine è una pittura su legno (167x115 cm) di Pedro Fernández de Murcia, proveniente dalla Chiesa di San Lorenzo della frazione di Pisciarelli del comune di Bracciano. ### Descrizione e stile. La tavola raffigura gli apostoli intorno al sepolcro della Vergine e l'accoglimento della stessa da parte del Cristo, attorniata dai sette arcangeli e da cinque angioletti. Si ritrovano delle somiglianze stilistiche, per via della separazione tra parte terrestre e celeste, con la Disputa e la Pala Oddi di Raffaello, realizzata verso il 1503. Francesco Abbate (1803) collegava l'Assunzione con la Visione del Beato Amedeo Menez. Le due opere vanno lette in stretta continuità, stilistica e iconografica. Il motivo dei sette arcangeli ripetuto in entrambe (nell'Assunta troviamo i loro nomi da sinistra a destra: Eucudiel, Saltiel, Rafael, manca Michael, Gabriel, Uriel, Barchiel) trova riscontro nell'angelologia amadeita in cui, nel secondo raptus, sono espresse tutte le funzioni che svolge ciascun angelo. Per quanto riguarda la datazione dell'opera, Marco Tanzi conferma la datazione (1516) proposta da Francesco Abbate.
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### Titolo: Inger sulla spiaggia. ### Introduzione: Inger sulla spiaggia (Inger på stranden), inizialmente intitolato Notte d'estate, è un dipinto a olio su tela (126×161 cm) del pittore norvegese Edvard Munch, realizzato nel 1889 e conservato al museo d'arte di Bergen. ### Descrizione. Il dipinto raffigura Inger, la giovane sorella di Munch, mentre siede da sola sulle rocce granitiche della scogliera di Åsgårdstrand, in Norvegia. La sua veste bianca diafana è in netto contrasto con il grigiore delle pietre e con i toni blu e violacei dell'acqua marina alle sue spalle. La scena è ambientata in estate, come suggerito dal titolo originario del dipinto e dalla luce calda e diffusa che pervade la scena, tipica delle sere di luglio del Nord.
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### Titolo: Affreschi di palazzo Sampieri. ### Introduzione: Gli affreschi di Palazzo Sampieri (poi Sampieri-Talon), a Bologna, sono un'opera pittorica realizzata da Annibale, Agostino e Ludovico Carracci. Si tratta dell'ultima impresa collettiva dei tre artisti bolognesi. ### Descrizione. Protagonista degli affreschi di Palazzo Sampieri è Ercole cui sono dedicate quattro delle sei scene complessive. La presenza di Ercole nelle decorazioni cinquecentesche di dimore gentilizie è tutt'altro che rara (esempi se ne trovano a Palazzo Te a Mantova, a Villa d'Este a Tivoli, nel Palazzo Farnese di Caprarola per citare solo alcuni precedenti) ed è connessa all'affermarsi in epoca rinascimentale di una visione del semidio quale personificazione allegorica della virtù che sconfigge il vizio, a sua volta simboleggiato dalle tante creature mostruose che l'eroe sottomette nel corso delle sue fatiche. Anche l'impresa decorativa dei Carracci da questo punto di vista non fa eccezione comparendovi Ercole (specie nelle scene dei soffitti) chiaramente come esempio virtuoso. Non casualmente pertanto diverse riprese dagli affreschi di Palazzo Sampieri si trovano nel Camerino Farnese, prima grande impresa artistica di Annibale Carracci a Roma, che è un'ulteriore raffigurazione - e tra le più significative iconograficamente - delle storie di Ercole come allegoria morale della vittoria del bene sul male. Il precedente del Tibaldi in Palazzo Poggi, oltre alla già osservata influenza sull'inquadramento prospettico degli affreschi Sampieri, venne ripreso anche sul piano più strettamente stilistico. Le muscolose figure dei dipinti carracceschi, in primis quella di Ercole, sembrano infatti modellate sui giovani nudi del Tibaldi (a loro volta chiaramente di derivazione michelangiolesca) poggiati sui cornicioni illusionistici della sala ove sono raffigurate le Storie di Ulisse, giovani atleti anch'essi scorciati in sottinsù. Oltre al Tibaldi, tra gli altri possibili riferimenti dell'ultima prova congiunta dei Carracci è indicata anche una serie di ottagoni con temi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio dipinti dal Tintoretto, nel 1541, per la decorazione del soffitto di un palazzo veneziano. Quanto alla spettanza dei singoli affreschi a ciascuno dei Carracci, sostanzialmente incontroversa è l'attribuzione delle scene dei soffitti. Per quel che riguarda i camini, invece, mentre è ampiamente condivisa l'individuazione di quello di mano di Ludovico, collocato nella prima sala, qualche dubbio permane sull'assegnazione di quelli delle altre due ad Annibale ed Agostino. Sembra comunque prevalere l'attribuzione al maggiore dei fratelli del camino della seconda sala e ad Annibale di quello della terza.
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### Titolo: Passa un treno. ### Introduzione: Passa un treno è un dipinto di Giuseppe De Nittis. Realizzato prima del 1880, è conservato alla Pinacoteca De Nittis di Barletta. ### Descrizione. Giuseppe De Nittis, con uno sbuffo di fumo bianco che attraversa campi aridi, dilatandosi ed espandendosi trasversalmente, rappresenta il procedere del treno, punto di fuga della composizione pittorica. La linea dell'orizzonte spartisce il dipinto di due parti: in alto, un cielo grigio e livido, con nuvole gravide di pioggia, in una rigida giornata invernale; in basso, campi bruni e secchi, con uno sparuto gruppo di betulle spoglie. In primo piano, a sinistra, due contadine sono chine, di spalle, intente al loro lavoro e indifferenti al passaggio del treno. Il fazzoletto annodato sulla testa fa pensare ad un abbigliamento contadino di tipo francese. Il moderno mezzo meccanico, in movimento, si inserisce in un paesaggio naturale, attraversando i campi e senza imprimere mutamenti sostanziali alla realtà circostante; come se, una volta svaporato il fumo bianco, tutto debba necessariamente tornare come prima. Il dipinto fu ideato durante uno dei viaggi che Giuseppe De Nittis compì, tra Parigi e Londra, a partire dal 1880. ### Stile. Giuseppe De Nittis apparteneva alla Scuola di Resìna; spesso dipingeva all'aria aperta, scegliendo soggetti di ambiente contadino. Durante i frequenti soggiorni in Francia aveva visto opere della Scuola di Barbizon, cui questo dipinto si ispira, per i colori sobri e per il paesaggio spoglio e solitario. L'attenzione di Giuseppe De Nittis per il passaggio di un mezzo meccanico prelude anche a tematiche tipiche del Futurismo. L'opera fu esposta a Torino alla IV Esposizione Nazionale di Belle Arti nel 1880, alla Biennale di Venezia nel 1914, a Napoli alla mostra De Nittis e i pittori della 'Scuola di Resina' nel 1963, e nel 1991-1992 in Vaticano (Braccio di Carlo Magno) alla mostra Il lavoro dell'uomo da Goya a Kandinskij organizzata per onorare il centenario dell'enciclica Rerum Novarum.
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### Titolo: Donne che portano fascine a Porto d'Anzio. ### Introduzione: Donne che portano fascine a Porto d'Anzio è un dipinto di Giovanni Costa, detto Nino (1826-1903), datato 1852 e conservato a Roma, alla Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea. ### Descrizione. Il soggetto si inserisce nel filone di una maggiore consapevolezza sulla penosa vita quotidiana delle classi più umili, sull'onda del pensiero positivista e delle nuove ideologie umanitarie. Il cadenzato e ritmico incedere delle tre donne - vestite in costume - che scendono verso la sponda marina, evocava anche immagini arcaiche. Le barche vuote, alla luce fredda dell'alba; la sabbia con i resti ossei di una vacca e la rena brulla con sterpi contorti rappresentano una penosa e quotidiana discesa agli Inferi delle donne. ### Stile. Aveva ventisette anni, Giovanni Costa, e già aveva elaborato la sua poetica e fissato la sua tecnica di ripresa dal vero. Per prima cosa realizzava sul posto un rapido bozzetto ad olio; poi completava l'idea, fissando i particolari in bozzetti e disegni; infine realizzava il quadro completo nel suo studio. Di questo dipinto si conoscono vari studi: uno rappresenta la barca che è al centro, un altro studio presenta l'insieme e vari disegni hanno particolari del quadro. Nella realizzazione della pittura Costa sovrapponeva strati sottili di colore, tono su tono, fino a raggiungere il risultato desiderato.
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### Titolo: Boscaiole con fascine. ### Introduzione: Boscaiole con fascine è un dipinto di Cristiano Banti. Databile tra il 1881 e il 1889, è conservato nella Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti, a Firenze. ### Descrizione. Una donna, verso sinistra, è seguita a breve distanza da altre due donne. In secondo piano si vede un carro con una figura e, in lontananza, case e figure minute sulla collina. Tocchi rapidi di colore bianco o giallo sul cielo, rialzi di bianco sulle vesti e sulle gambe, velature cilestrine per accentuare la profondità del paesaggio, sotto un cielo attraversato da nuvole corpose. Le predone di campagna, dette anche facidanni, sono dedite ad un lavoro femminile sconosciuto e clandestino. Donne vestite di cenci, strappati nella fatica e nella fuga, costrette a rubare per sopravvivere, a caricarsi di pesanti fardelli: schiena arcuata e capo basso, le gambe appesantite dalla fatica, muscolose, forti.
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### Titolo: La Metallurgica II. ### Introduzione: La Metallurgica II è un dipinto del pittore postmacchiaiolo Mario Puccini, firmato e datato 1913 e conservato a Livorno. ### Descrizione. Sul molo di Livorno: la banchina lungo un canale, un edificio squadrato con tegole rosse, pesanti barconi ancorati, rotaie, uomini che scaricano ceste di carbone da una barca, altri uomini che spingono un carrello pieno di carbone verso l'officina metallurgica che si erge scura, con il grosso comignolo della sua fornace. Protagonisti sono gli operai, concentrati nel loro duro lavoro. Sono figure potenti e in movimento: i visi nascosti o in ombra, gli abiti da lavoro grigio-azzurri. Si apre in lontananza un cielo chiaro con nuvole bianche che - insieme all'acqua stagnante del canale che sbocca in mare e a quel rialzo di sabbie brulle sullo sfondo - sulla scena rappresenta la natura. Tutto il resto è opera dell'uomo. Le righe parallele delle rotaie, i gradoni paralleli della banchina: per andare dalla strada all'acqua del canale, dove sono le barche, si devono superare righe scure. Il pittore ha messo in primo piano la fatica degli operai. Ha scritto Baboni, su questo dipinto: «Le pennellate appaiono smagrite in velature e le colorazioni si fanno spente, in prevalenza giocate sugli ocra e i bruni, quasi che la fatica quotidiana tolga luce e smalto alla tavolozza.». Un fotogramma colto al volo, con il suo carico di critica sociale: gli uomini che lavorano in fabbrica sono neri e sporchi, nei visi, negli abiti. Sporche le mani callose. Al contrario dei borghesi, che vivono in ambienti lindi e luminosi, gli operai non hanno volto.
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### Titolo: Albero della Vita (Maestro dell'Albero della vita). ### Introduzione: L'Albero della Vita è un affresco che si trova nella basilica di Santa Maria Maggiore ed è opera di un maestro ignoto, a cui viene dato il nome di Maestro dell'Albero della Vita. Il dipinto occupa l'intera parete del transetto a sud della chiesa. ### Descrizione. L'affresco è di grandi proporzioni, e quando venne realizzato, cambiò l l'aspetto dell'interno della basilica: infatti i fedeli che entravano dal transetto nord, si trovavano di fronte il dipinto. Doveva essere una catechesi illustrata, esattamente come il sonetto del francescano, per meglio ricordare ai fedeli la vita di Cristo, e doveva avere un'azione parlante, doveva essere di supporto alle predicazioni verso i fedeli che in quel tempo difficilmente sapevano leggere. L'immagine di Cristo crocifisso è posta al centro dell'albero da dove partono dodici rami, sei per lato. Da ogni ramo pende un medaglione, come un frutto dell'albero, dove è raffigurata una scena della vita di Cristo, e sopra un cartiglio che riporta un sonetto tratto dal testo del Bonaventura. Nei primi quattro rami posti sulla parte bassa, è rappresentata la Nascita ed Infanzia di Gesù, in quelli centrali la Passione, mentre in quelli superiori la sua Glorificazione. . Nella parte inferiore dell'affresco, a sinistra, sono santa Chiara, san Francesco con un cartiglio dove è scritto in lettere maiuscole 'EGO STIGMATA DOMINI IESU IN CORPORE MEO PORTO', e la Madonna. Alla base della Croce san Bonaventura, riconoscibile per la presenza, in mano, della mitra, suo attributo agiografico, anche lui con un cartiglio. A destra dell'Albero si susseguono, da sinistra, san Giovanni, san Ludovico di Tolosa e san Antonio di Padova, anche loro con un cartiglio dove è scritto VESTIGIA 'EIUS SECUTUS EST PES MEUS'. Ad un livello inferiore, a destra della Croce, il committente Guidino Suardi genuflesso, la cui figura venne inserita a secco su di uno strato di intonaco successivo probabilmente di qualche anno. Sotto la figura di san Bonaventura vi è una grande iscrizione rimaneggiata e forse in parte variata nel XVI secolo. La cornice in stucco della tela del Liberi posta nel 1661, non permette di vedere l'opera al completo neppure quando è stata rimossa la grande tela per il restauro, ma alla sua origine, l'immagine che si presentava di fronte al visitatore entrando nella basilica aveva sicuramente un grande effetto. Dei 48 medaglioni iniziali, ne sono ora visibili solo una trentina. L'affresco presenta due tratti stilistici differenti: nella parte inferiore i santi e i devoti sono raffigurati in una forma plastica, quasi scultorea, mentre nei medaglioni vi è una raffigurazione più vivace e narrativa, con immagini movimentate, maggiore espressività delle figure e una maggiore cura dei particolari. I medaglioni della Natività e della Circoncisione raccontano di un ambiente umano, familiare, dove è ricca la cura dei gesti, degli sguardi che creano il dialogo tra i personaggi. Questo sembra indicare che l'opera è stata eseguita in due tempi differenti, la parte superiore nel 1342, mentre la parte inferiore, con l'epigrafe, nel 1347. Accanto vi è l'ingresso all'abside che conserva affreschi trecenteschi e dove, sul matroneo superiore è visitabile il museo della basilica. Le storie molto lavorate e precise nella loro narrazione raffigurate nei tondi illustrano:. 1) Dio Padre che ordina l'annuncio a Maria, di cui rimangono poche parti in quanto coperto dalla cornice in stucco del XVIII secolo;. 2) Sacrificio di Isacco. 3) Annunciazione. La Vergine in piedi riceve l'angelo annunciante sulla soglia della sua dimora;. 4) Natività di Gesù. La Vergine è rappresentata seduta a terra con il Bambino tra le braccia, mentre san Giuseppe è posto al suo fianco, la scena si completa con angeli annuncianti la nascita a due pastori;. 5) Circoncisione. Il dipinto rappresenta l'atto della circoncisione compiuto dal sacerdote del tempio, mentre il Bambino si aggrappa alla Madre. Un giovane raccoglie il sangue in una ciotola;. 6) Adorazione dei Magi. La Vergine accoglie i re e i loro doni, mentre il più anziano bacia i piedi al Bambino;. 7) Presentazione al tempio. La Madonna porge a Simeone il Bambino;. 8) 18)Fuga in Egitto e gli altri 10 tondi sono coperti dalla cornice in stucco. 19) Cattura di Gesù rimane di questo solo il bacio di Giuda con l'abbraccio a Gesù;. 20) 21) coperti. 22) Derisione e spogliazione di Cristo. Gesù è raffigurato bendato in un locale interno;. 23) Cristo condotto a Pilato. Mentre Gesù è accompagnato dai soldati vi sono presenti Maria con le pie donne;. 24) Gesù davanti a Erode, seduto su di un trono Erode interroga Gesù;. 25) 26) non visibili. 27) Cristo tra i due ladroni. 28) Cristo è dissetato da Stephaton ai piedi della croce Maria e san Giovanni;. 29) Cristo muore sulla croce vi è raffigurata la Maddalena, la Madonna e un gruppo di soldati che si avvicina alla croce;. 30) Cristo trafitto da Longino. 31) Deposizione dalla Croce. Il corpo del martire è sorretto da Giuseppe di Arimatea che lo porge alla Madonna e alla Maddalena;. 32) Compianto sul Cristo. La Madonna, san Giovanni e le pie donne accolgono il corpo esangue di Cristo;. 33) Discesa al Limbo. Nascosto dalla cornice;. 34) Resurrezione di Cristo. Nascosto dalla cornice;. 35) Incredulità di San Tommaso. Cristo è raffigurato nell'atto di mostrare la piaga del costato a san Tommaso;. 36) Cristo appare ai discepoli in Galilea. Gesù a figura intera benedice i discepoli genuflessi davanti a Lui;. 37) Cristo manda gli apostoli a predicare di difficile visione;. 38) Ascensione. Cristo sale al cielo davanti alla Madre e ai suoi apostoli;. 39) Discesa dello Spirito Santo;. 40) Remissione dei peccati. Il tondo raffigura un papa seduto sul trono e altri prelati a mani giunte;. 41) 42) Giudizio universale. Coperto dalla cornice in stucco;. 43) Giudizio universale. Cristo in trono circondato da quattro personaggi che escono dalle tombe;. 44) Glorificazione della Vergine. La Madonna è raffigurata posta seduta a destra di Cristo sul trono;. 45) Cristo in trono alla destra del Padre. I discepoli e la Vergine sono posti in primo piano;. 46) Cristo in trono circondato da santi e dai discepoli;. 47) 48) coperti dalla cornice in stucco.I tondi presenti nella parte superiori si presentano più elaborati, indicando una realizzazione più tarda rispetto alla parte inferiore, sicuramente eseguita dal medesimo artista, si ritiene quindi che la datazione del 1342 riguarda la parte inferiore con la prima versione, poi rivista successivamente confermando non tanto lo stile giottesco ma quello lombardo del Trecento, di cui è indicato il precursore nel Maestro di Sant'Abbondio a Como. Del medesimo tempo si segnala la presenza del Maestro del 1336 con gli affreschi sempre nella chiesa mariana. La definizione dei tondi mancanti è ricostruita in base al soggetto identico di Pacino di Buonaguida conservato a Firenze nella Galleria dell'Accademia.
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### Titolo: La famiglia (Schiele). ### Introduzione: La famiglia è un dipinto a olio su tela (152,5x162,5 cm) realizzato nel 1918 dal pittore Egon Schiele. È conservato nel Museo Österreichische Galerie Belvedere di Vienna. ### Descrizione. La figura maschile è Egon Schiele in un autoritratto proiettato nel futuro perché la moglie dell'autore, al momento del dipinto, era incinta. Rappresenta l'idea di famiglia e le sue aspettative. Il bambino è stato inserito nel quadro in un secondo tempo. Inizialmente il titolo di questo dipinto, non datato e senza firma dell'autore, era Coppia accovacciata ('Kauerndes Menschenpaar'), e si continua tuttora a sostenere falsamente che sarebbe stato realizzato nel periodo tra la morte della moglie Edith, incinta di sei mesi, e quella di Schiele, a causa dell'influenza spagnola, nel 1918. In realtà il dipinto è stato portato a termine tra il 1917 e il 1918. Fu esposto pubblicamente per la prima volta nel marzo del 1918 in occasione della XLIX mostra della Secessione Viennese e gli venne dato il titolo La famiglia dopo la morte di Schiele. A differenza di alcune opere precedenti, come L'abbraccio ('Umarmung') o La coppia di amanti ('Liebespaar'), sembra che si possa intravedere una visione più ampia: ad una rappresentazione di relazioni amorose di tipo erotico, sembra far seguito una valida estensione della tematica in ambito familiare, nel senso di una maggiore consapevolezza dei ruoli e dei compiti fondamentali di marito e moglie.
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### Titolo: Apoteosi di Omero (Ingres). ### Introduzione: L'Apoteosi di Omero è un dipinto a olio su tela (386x515 cm) di Jean-Auguste-Dominique Ingres, realizzato nel 1827 e conservato nel museo del Louvre di Parigi. ### Descrizione. Considerato uno dei manifesti del Neoclassicismo, l'Apoteosi di Omero raffigura il poeta greco Omero mentre siede su un trono rialzato da diversi gradini, davanti alla facciata di un tempio ionico esastilo, in procinto di essere incoronato dalla Vittoria alata con una ghirlanda d'alloro, il massimo riconoscimento che si può conferire a un poeta.Omero, come già accennato, è circondato da altri illustri poeti, che si accalcano tra di loro dando vita a una composizione che ricorda la Scuola di Atene di Raffaello: la schiera in alto è quella dei poeti antichi, mentre in basso troviamo i moderni. Virgilio e Dante Alighieri si trovano all'estrema sinistra dell'opera, con l'ultimo che porge ad Omero la sua Divina Commedia; nella composizione, oltre ai vari letterati citati nel paragrafo § Schema dei personaggi, troviamo anche Nicolas Poussin e Molière, entrambi colti nell'attimo in cui guardano lo spettatore e indicano Omero così da precisare il suo prestigio letterario. Due sono le eccezioni significative: la prima è Raffaello, autore del Parnaso e della Scuola di Atene (opere che sono servite da spunto per l'Apoteosi di Omero), raffigurato all'estrema sinistra mentre tiene per mano Apelle, e la seconda è Michelangelo, assorto in una cogitabonda riflessione.La figura di Omero in quest'opera è assimilata a quella di un dio onnipotente: la ieraticità divina del poeta greco è ribadita dalla decorazione frontonale del tempio retrostante (a lui dedicato), dove Omero è portato in volo da un'aquila, il rapace sacro a Zeus. Analogamente, una scritta in greco collocata al di sotto delle personificazioni dell'Iliade e dell'Odissea recita: «Se Omero è un dio, che lo si onori tra gli dei; se non è un dio, che sia considerato tale». Ingres compie insomma un'operazione di sacralizzazione del poeta, ribadita dalle offerte che ciascuno dei personaggi gli porge: Fidia, il protagonista dell'arte greca, gli offre lo scalpello e il mazzuolo, Dante come già accennato gli porge la Divina Commedia, mentre Alessandro Magno e Pindaro prestano ossequio esibendo rispettivamente una lira e una teca contenente gli scritti omerici. L'unico a non compiere azioni è Omero, con il volto impassibile e fisso avanti a sé; tale staticità che è sottolineata dal gioco dei raggi proiettivi che, convergendo presso lo sgabello dove il poeta poggia i piedi, descrivono uno spazio dove Omero è isolato dalle altre figure.
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### Titolo: La biblioteca di Charles Townley al n. 7 di Park Street a Westminster. ### Introduzione: La biblioteca di Charles Townley al n. 7 di Park Street a Westminster è un dipinto a olio su tela (127x102 cm) di Johann Zoffany, realizzato nel 1782 e conservato nel Towneley Hall Art Gallery and Museum di Burnley. ### Descrizione. Il dipinto testimonia le suggestioni esercitate dall'arte antica durante la stagione neoclassica, e il desiderio di possedere pezzi antichi, calchi o riproduzioni di statue romane o ellenistiche provato dagli intellettuali di quel periodo. Nell'opera Charles Townley, il padrone di casa, siede a destra su una poltrona di velluto rosso, impegnato in una discussione con tre amici suoi collaboratori. La stanza nella quale sono collocate le quattro figure è gremita di statue e gruppi scultorei celebri, quali il Discobolo scoperto nel 1791 a villa Adriana e aggiunto nell'opera (completata nel 1782) solo dopo tale anno. Nel dipinto, infatti, Zoffany non si occupa tanto di descrivere dettagliatamente gli interni della biblioteca (della quale si vedono solo il camino e la libreria in fondo), bensì di creare un pittoresco «spazio virtuale» dove raccogliere tutte le antichità disseminate nei vari ambienti della dimora londinese di Townley.Di seguito si riporta uno schema identificativo delle antichità e dei personaggi presenti nel dipinto:.
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### Titolo: I disastri della guerra. ### Introduzione: I disastri della guerra (in spagnolo Los desastres de la guerra) è il titolo di una serie di 83 incisioni, opera di Francisco Goya dal 1810 al 1820; le opere raffigurano vari episodi di barbarie (uccisioni, massacri, stupri) ambientati durante il periodo della guerra d'indipendenza spagnola. ### Descrizione. Le incisioni sono realizzate ad acquaforte spesso con interventi ad acquatinta e occasionali ritocchi a bulino o puntasecca, tutti su lastre da 5,5/17 20,5/22 cm circa. La serie è di solito divisa in tre gruppi che rispecchiano l'ordine in cui le singole incisioni sono state realizzate: le prime 47 incisioni si concentrano su incidenti avvenuti in guerra e sulle conseguenze del conflitto su singoli soldati o civili; la seconda serie (incisioni dalla 48 alla 64) si concentra sugli effetti della carestia che colpì Madrid tra il 1811 e il 1812, prima che la città fosse liberata dall'occupazione francese; le ultime 17 incisioni raffigurano il grande malcontento dei liberali al momento della restaurazione della monarchia dei Borboni al termine del conflitto.
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### Titolo: Giovane toro. ### Introduzione: Il giovane toro (titolo originale in lingua olandese De Stier) è un dipinto olio su tela di Paulus Potter che ha per soggetto principale un toro. Si trova nella collezione del museo Mauritshuis a L'Aia nei Paesi Bassi. ### Descrizione. Rappresentato a grandezza naturale, questa è una insolitamente monumentale pittura avente per soggetto un animale che sfida la gerarchia dei generi per il suo trattamento quasi eroico di un animale. Le grandi dimensioni danno spazio a un realismo molto dettagliato, tra cui la presenza di mosche, ammirato e criticato, soprattutto nel XIX secolo.Il dipinto è firmato e porta la data del 1647, significando che Potter, nato nel novembre del 1625, aveva solo 22 anni quando completò l'opera; egli morì nel 1654, prima di raggiungere l'età di trent'anni. Il dipinto fu molto ammirato nel XVIII e XIX secolo; negli anni 1870 l'artista e critico d'arte francese Eugène Fromentin disse confidenzialmente che questo dipinto, quello di Rembrandt, The Night Watch e il suo The Anatomy Lesson of Dr. Nicolaes Tulp (tutti nel museo Mauritshuis) erano i tre dipinti più famosi dei Paesi Bassi.Il dipinto venne allargato da Potter, che aggiunse delle strisce di tela su entrambi i lati e nella parte alta della tela originaria, che conteneva il solo toro. Il villaggio che si trova sullo sfondo è Rijswijk, tra Delft e L'Aia. Anche se dipinti di animali inseriti nel paesaggio erano la specialità di Potter, questo è il più grande, a parte il suo ritratto equestre a grandezza naturale, mentre la maggior parte degli altri sono molto più piccoli.La mucca era un simbolo di prosperità per gli olandesi, fino ad allora trascurato nell'arte, a parte il cavallo di gran lunga l'animale più comunemente rappresentato nella pittura del secolo d'oro olandese; le capre erano usate per indicare l'Italia. Si tratta di un ritratto enorme e famoso, che era nella Galleria del principe Guglielmo V che Napoleone Bonaparte portò a Parigi nel 1795 e attraverso un trattato successivo venne restituito nel 1815. Rimase esposto al museo del Louvre per 20 anni. Gli analisti di bestiame hanno rilevato che la rappresentazione delle varie parti anatomiche sembra essere un composto di studi di sei diversi animali di età diverse.Come l'uccello a grandezza naturale presente in The Threatened Swan, il toro può stare a simboleggiare la Repubblica delle Sette Province Unite. Probabilmente, un ritratto così monumentale di un animale non si trova fino al Whistlejacket, un dipinto di una corsa ippica di un secolo dopo.
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### Titolo: Agostino Carlini, Francesco Bartolozzi, Giovanni Battista Cipriani. ### Introduzione: Il dipinto coi ritratti degli artisti italiani Agostino Carlini, Francesco Bartolozzi e Giovanni Battista Cipriani è opera del pittore inglese John Francis Rigaud. ### Descrizione. Da sinistraː Carlini, corpulento e chiuso in un vistoso panciotto con grossi bottoni, tiene in mano il martello dello scultore; Bartolozzi, esile e con lo sguardo un po' perso, stringe una cartella con sue incisioni, mentre Cipriani è attivo e col pennello traccia sulla tela il profilo di una figura classica, seduta e che tiene in mano una tromba. I tre artisti italiani in questi quegli anni erano Inghilterra il fiore all'occhiello dell'arte neoclassica di derivazione italianaː influenzavano il gusto, nella decorazione di ambienti, di mobili e di sopramobili, perfino nello stile dei cartoncini d'invito ai balli.
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### Titolo: William Chambers, Joseph Wilton, Joshua Reynolds. ### Introduzione: Il dipinto coi ritratti degli artisti inglesi settecenteschi William Chambers, Joseph Wilton, Joshua Reynolds è opera del pittore inglese John Francis Rigaud. ### Descrizione. William Chambers (a sinistra) impugna una simbolica squadra, lascia ben in evidenza la decorazione che porta sul petto e che ha ricevuto dal re Giorgio III, poggia il braccio su un compasso e indica un disegno, su un foglio parzialmente arrotolato sul tavolino tondo. Sembra che stia sostenendo il suo punto di vista. Il pittore Joshua Reynolds (a destra) difende la sua tesi, mentre lo scultore Joseph Wilton, in piedi fra i due e con in una mano un martello, simbolo della sua arte, resta in attento e pensoso silenzio, volgendo gli occhi verso Chambers, in segno di approvazione. Con l'altra mano fa un cenno verso il fondo del quadro, dove si scorge un giardino all'inglese, ornato con la statua dell'Apollo del Belvedere. Joseph Wilton aveva realizzato, nel 1762, una copia dell'Apollo del Belvedereː proprio quella che si vede sullo sfondo del dipinto. La statua originale, che è conservata in Vaticano, per quegli artisti settecenteschi rappresentava la punta più eccelsa della scultura antica classica. A quel tempo, nel Cortile del Belvedere - prima della costruzione ottocentesca del Braccio Nuovo - la statua di Apollo era circondata da un boschetto di limoni e di aranci e non da cipressi e da altri alberi ad alto fusto, come appare la sua copia, nel dipinto di John Francis Rigaud. Il pittore è attento ai particolari degli abitiː con accuratezza definisce i tondi bottoni delle giacche e le minuscole spille da cravatta, con perlina o con piccola pietra, appuntate tra i merletti. Questi ritratti sono anche una fonte privilegiata, per ricostruire la moda del tempo. Grande espressività nei tratti dei volti, eseguiti con meticolosa preziosità, nelle minime increspature della pelle. Rigaud dipinse anche, nel 1777, il gruppo gli artisti italiani Francesco Bartolozzi, Agostino Carlini e Giovanni Battista Cipriani.
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### Titolo: Regolo (Turner). ### Introduzione: Regolo è un dipinto a olio su tela (91×124 cm) del pittore inglese William Turner, realizzato nel 1828-1837 e conservato al Tate Britain di Londra. ### Descrizione. Il soggetto del dipinto è il reimbarco per Cartagine del valoroso condottiero romano Attilio Regolo o, forse, il suo arrivo nella città africana, come sostenuto da alcuni critici. Nel corso delle guerre puniche Regolo, battuto dall'esercito cartaginese, fu fatto prigioniero. Gli venne poi affidato lo sciagurato incarico di recarsi a Roma per trattare la liberazione di alcuni prigionieri cartaginesi: Regolo, tuttavia, consigliò ai Romani di rifiutare la proposta del nemico e di proseguire la guerra. Fedele al giuramento, l'eroico console tornò poi a Cartagine, dove fu lasciato morire sotto atroci torture.La tradizione, infatti, ci racconta che Regolo fu sottoposto alla recisione delle palpebre, e poi abbagliato dalla luce solare: morì infine in una botte irta di chiodi fatta rotolare giù da una collina. Nel dipinto, tuttavia, non si riconoscono figure che si possono correlare al console romano: si tratta probabilmente di un'assenza che va ricondotta al desiderio di Turner di lasciare Regolo «fuori [...], accanto allo spettatore che come lui riceve i raggi del sole negli occhi». Il vero protagonista del dipinto, infatti, è proprio la luce emessa dal sole sull'orizzonte, che esplode in bagliori abbacinanti e quasi bianchi, che inonda uniformemente l'intero paesaggio urbano e marino. Gli edifici sulla destra sono quasi disintegrati dal furore della luce, e le onde sono solcate da luccichii dorati, descrivendo in questo modo un fascio che, ricongiungendo l'orizzonte con lo specchio d'acqua, sembra voler indicare «il cammino sfolgorante di Regolo verso la gloria eterna degli eroi» (Cricco, Di Teodoro).Nel Regolo la luce allude al tragico destino che attende il console romano e, soprattutto, serve a generare un senso di inquietudine e stupore, in pieno accordo con la poetica del sublime. Trasparente, in ogni caso, è il riferimento ai paesaggi di Claude Lorrain, con i quali Turner si confrontò già in altre opere, quali Didone costruisce Cartagine e Sole nascente nella foschia.
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### Titolo: Monna Vanna (Rossetti). ### Introduzione: Monna Vanna è un dipinto a olio su tela (88,9×86,4 cm) di Dante Gabriel Rossetti, realizzato nel 1866 e conservato nella Tate Britain di Londra. ### Descrizione. Monna Vanna non è il vero nome della donna effigiata nel ritratto, che in realtà raffigura Alexa Wilding, la principale modella del Rossetti che la immortalerà nelle proprie opere del 1879. «Monna Vanna» si tratta in realtà di un personaggio della Vita Nova di Dante Alighieri, opera particolarmente amata dal Rossetti che ne effettuò la traduzione in inglese: il suo valore simbolico è molto intenso e allude alla primavera, richiamata nel dipinto dal vaso di fiori in alto a destra e dai motivi floreali della veste.Il ritratto è a mezza figura: il corpo, ammantato con uno sfarzoso broccato dorato, è visto frontalmente, mentre il viso è ruotato di tre quarti. La donna ha uno sguardo deciso e penetrante, ed è abbigliata con diversi gioielli sfruttati dal Rossetti per dare prova del proprio virtuosismo pittorico: pensiamo alla collana di corallo rosso, oziosamente intrecciata tra le dita della donna, gli anelli, gli orecchini e il fermaglio per capelli a forma di conchiglia, accessorio particolarmente amato dal pittore che in questo modo intende sottolineare l'andamento circolare dell'intera composizione. La mano sinistra, invece, regge con decisione un particolarissimo ventaglio di piume striate, altro indubbio oggetto di lusso. L'incarnato, infine, è pallido, luminoso e delicato, in piena concordanza con i canoni estetici femminili dell'epoca.Il titolo originario dell'opera, Venus Veneta, rivela la meditata riflessione compiuta dal Rossetti sugli archetipi classici, specialmente del Cinquecento (trasparente è il riferimento a Tiziano). Era obiettivo del Rossetti, infatti, ritrarre «una donna veneziana in un ricco vestito bianco e oro – in breve l’ideale veneziano di bellezza femminile»: solo dopo il titolo venne cambiato in Monna Vanna, così da sottolineare la vacuità della vita, o più probabilmente per ribadire le origini italiane del soggetto. Nel 1873 l'opera venne ulteriormente rinominata Belcolore, in quanto Rossetti intendeva la denominazione precedente inadeguata per la modernità del personaggio: la tela, tuttavia, era ormai conosciuta come Monna Vanna, titolo che conserva ancora oggi. Acquistata dal collezionista William Blackmore, Monna Vanna giunse nelle collezioni di George Rae, uno dei mecenati di Rossetti, per poi trovare la sua collocazione definitiva nelle sale del Tate Britain, dove si trova tuttora.
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### Titolo: Il risveglio della coscienza. ### Introduzione: Il risveglio della coscienza (The Awakening Conscience) è un dipinto a olio su tela (76,2×55,9 cm) di William Holman Hunt, realizzato nel 1853 e conservato nella Tate Britain di Londra. ### Descrizione. Il risveglio della coscienza raffigura un tipico interno londinese dell'Ottocento, descritto analiticamente in ogni possibile particolare, prendendo spunto dalla tradizione fiamminga del primo Rinascimento. Con questo dipinto Hunt intende riflettere su un tema contemporaneo, ovvero quello delle donne che - infuocate dall'amore - si lasciavano andare a licenziose avventure, senza tuttavia rispettare il sacro vincolo del matrimonio. L'uomo, seduto su una sedia, è vestito con grande eleganza: la tuba appoggiata sul tavolo suggerisce che questa non è la sua dimora, ma più probabilmente un'alcova segreta accomodata per la sua amante. Il suo sguardo, molto rilassato - si sta persino lasciando andare a una spontanea risata - ci fa comprendere che è completamente all'oscuro dell'epifania sperimentata dalla donna. La sua mano sinistra ancora guantata, invece, è poggiata sulla tastiera di un pianoforte; il guanto destro è a terra sul tappeto. Sul grembo dell'uomo siede una donna bellissima, abbigliata con una veste diafana e con un drappo color rosso fuoco. Molti critici hanno tentato di riconoscervi una prostituta, anche se più probabilmente si tratta di una semplice donna nubile che ha deciso di intraprendere una relazione sentimentale con quest'uomo (il suo nubilato è ribadito dall'assenza di un anello al suo anulare). Ciò malgrado, si tratta ugualmente di una «donna perduta»: i capelli sciolti non erano ammessi per una donna nemmeno nel proprio soggiorno, così come la veste da notte, e sedersi sul grembo del proprio uomo era proibito in pubblico anche alle donne sposate. Ebbene, questa donna è divorata dai sensi di rimorso ed ha un improvviso soprassalto d'oscura angoscia esistenziale. Il suo sguardo, tuttavia, è soave, a lasciar presagire forse un futuro pentimento, ed è rivolto verso il giardino esterno, riflesso nell'ampio specchio alle spalle dei due protagonisti. L'intera scena, in effetti, è giocata sul contrasto tra l'interno scuro e cupo, che allude inesorabilmente alla negatività della situazione della donna, e l'esterno inondato di luce, simbolo della sua innocenza perduta.La difficile relazione tra i due personaggi è sottolineata dai vari particolari che si accalcano nella scena. Sopra il pianoforte non solo è incorniciato l'episodio biblico dell'adultera, bensì vi troviamo anche un orologio racchiuso in una campana di vetro (allusione evidente alla prigionia che tormenta la donna). Sul pavimento giace una copia di una composizione di Alfred Tennyson, Tears, Idle Tears: sono state forse le note di questa poesia, musicata da Edward Lear e probabilmente appena suonata dall'uomo al pianoforte, ad aver toccato i sentimenti della ragazza. Spaventato dall'improvviso movimento della donna, inoltre, un gatto - classico seduttore - si lascia sfuggire un uccellino, che cerca così una via di fuga (proprio come la fanciulla). Hunt, pur consapevole della difficoltà della situazione, è tuttavia fiducioso che la donna si redimerà: per questo motivo dipinge sul piede del pianoforte un filo coloratissimo e aggrovigliato che, tuttavia, è illuminato da uno spiraglio di luce.
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### Titolo: La peste del 1630. ### Introduzione: La Peste del 1630, nota anche con il titolo alternativo La Vergine appare agli appestati, è un'opera pittorica di Antonio Zanchi che decora una della pareti dello scalone della Scuola Grande di San Rocco a Venezia. L'opera si compone di due grandi teleri, separati da una preesistente lesena architettonica. Pur nella duplicità delle tele, imposta dallo stato dei luoghi, la composizione è unitaria (e, come si dirà, ingloba illusionisticamente anche la lesena reale). Sulla parete che fronteggia l'opera dello Zanchi compare una seconda composizione (identica per dimensione e forma), dovuta a Pietro Negri, raffigurante La Madonna salva Venezia dalla peste, pendant della Peste del pittore di Este. Gli eventi raffigurati nei dipinti sulla scala della Scuola riguardano la spaventosa pestilenza che colpì Venezia nel 1630. ### Storia dell'opera. La Scuola Grande di San Rocco era la sede di una delle molte confraternite veneziane dedite ad opere di carità, quantunque l'appartenenza ad esse avesse spesso anche motivazioni di carattere corporativo e di prestigio sociale. Tali aggregazioni, molto diffuse a Venezia sin dal medioevo, solitamente si dotavano di sedi, dette per l'appunto scuole, che in molti casi, proprio per rimarcare il prestigio e il censo dei suoi membri, erano sontuosamente decorate. In questo senso tra le scuole veneziane, quella di San Rocco spicca per bellezza soprattutto grazie all'ampio ciclo di teleri che tra il 1564 e il 1588 vi realizzò, istoriandone gran parte delle pareti, il Tintoretto: il ciclo nel suo complesso, così come le singole raffigurazioni che lo compongono, si collocano indiscutibilmente tra i capolavori del Robusti e della pittura veneziana tout court. Tra i pochi spazi della Scuola di San Rocco che ancora a metà Seicento non erano stati decorati vi erano le pareti del monumentale scalone che collega il primo e il secondo piano dell'ambiente. Quando i membri della Scuola decisero di commissionare la decorazione della scala (in particolare delle pareti della seconda rampa) si rivolsero ad Antonio Zanchi (che licenziò l'opera nel 1666), per la parete destra, ed alcuni anni dopo a Pietro Negri, che realizzò le tele della parete sinistra, collocate nel 1673. La chiamata di questi pittori, e in particolare dello Zanchi, è forse dovuta alla loro appartenenza alla corrente artistica dei tenebrosi, nuovo fenomeno pittorico veneziano, caratterizzato dall'utilizzo di un marcato chiaroscuro, portato in Laguna poco meno di un decennio prima dal genovese Giovan Battista Langetti, di cui lo Zanchi fu uno dei primi e dei migliori seguaci. I tenebrosi veneziani, infatti, pur avendo come principale punto di riferimento l'arte di Jusepe de Ribera, trassero ispirazione anche dal Tintoretto. Dovendo le opere commissionate dalla Scuola essere collocate nel tempio della pittura del Robusti, la scelta di due tenebrosi forse apparve quella che meglio poteva assicurare, per quanto possibile, la maggiore continuità stilistica con la preesistente decorazione dell'ambiente. La scelta del tema per i teleri dello scalone cadde sulla tragica peste del 1630, soggetto quanto mai consono alla sede essendo la devozione a san Rocco collegata alle sue virtù di taumaturgo e protettore degli appestati. Con ogni probabilità Zanchi (come accade poi per il Negri), prima di ottenere l'incarico, dovette presentare un bozzetto dell'opera alla committenza affinché questa approvasse il suo lavoro. Il bozzetto in questione si è conservato ed è custodito nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. La decorazione dello scalone della Scuola di San Rocco si segnala anche perché, dopo le tante commissioni cinquecentesche di grandi teleri in chiese, scuole e palazzi cittadini, si tratta di una delle prime campagne decorative di ampio rilievo condotte a Venezia nel Seicento. Per lo Zanchi si trattò della prima importante uscita pubblica della carriera, cui molte altre ne seguirono, che lo proiettò tra i protagonisti del barocco veneziano. Nonostante le tante e prestigiose commissioni ottenute in seguito, la Peste resta però l'opera più famosa del pittore e probabilmente il suo capolavoro. ### Descrizione e stile. Le due tele che compongono l'opera sono due grandi trapezi col lato inferiore obliquo che segue la diagonale della scala. La duplicità delle tele è dovuta alla circostanza che sulla parete d'appoggio dei dipinti insiste una lesena aggettante che divide in due il muro. L'accorto espediente col quale Zanchi è riuscito, nonostante l'ostacolo architettonico, a dare egualmente vita ad una composizione unica è stato quello di inserire la vera parasta dello scalone nella “realtà” pittorica. La parasta infatti (come è ancor più chiaro nel bozzetto) diventa nel dipinto il più esterno di una serie di pilastri che regge una trabeazione a sua volta attraversata da un ponticello su un canale che è l'elemento di unificazione delle due grandi tele. L'evento raffigurato si svolge su un campo circondato dall'acqua, ipoteticamente collocabile all'imbocco del rio della Fornace con il Canal Grande, guardando in direzione della Giudecca. In uno scenario disperato, dove la morte portata dalla terribile pestilenza sembra dominare incontrastata, il plumbeo cielo di Venezia si apre ad un'apparizione ultraterrena. Lungo una diagonale segnata dal braccio proteso ed indicante del soccorritore del vecchio moribondo adagiato sul ponte (subito a sinistra della parasta divisoria) vediamo apparire san Rocco sorretto da un volo d'angeli: uno di essi porta il bastone da pellegrino tipico attributo del santo taumaturgo. Il protettore degli appestati è sovrastato, più in alto, dalla Vergine Maria che, in posizione orante e con espressione piena di pietà, intercede presso Gesù Cristo, il quale, al sommo della diagonale, sta seduto, contornato da un coro angelico, come supremo e severo giudice. Il Signore impugna nella mano destra dei fulmini che alludono al castigo: la peste è la conseguenza dei peccati della città - novella Gomorra -, cui solo il ritorno alla fede può porre rimedio. Ingiunzione che sembra essere immediatamente accolta dal gruppo di derelitti in primo piano che devotamente assistono alla miracolosa visione e su cui san Rocco incombe quasi a volerli accogliere e proteggere sotto il suo mantello rosso svolazzante. Ma l'apparizione divina tuttavia è piuttosto ammonitrice che risolutiva: tutt'intorno è ancora desolazione. A sinistra un corteo di monatti (pizzegamorti nel veneziano dell'epoca) trascina via i cadaveri mietuti dal morbo, mentre in lontananza si riconosce il campanile di San Marco. Ancor più straziante è quel che vediamo nella tela a destra della parasta. Qui i morti di peste, raffigurati con crudo realismo, vengono ammassati sul ponte e da lì gettati su una barca che solca il canale: un nerboruto monatto sta precipitando di sotto il corpo esanime di un uomo di cui è ancora intuibile il vigore virile ma reso livido dal morbo implacabile. Una figura intabarrata di nero attraversa rapidamente il ponte e fugge inorridita, turandosi il naso per il fetore della decomposizione. Nel groviglio di cadaveri raccolti sulla barca, scorgiamo il commovente motivo di una giovane madre e di sua figlia bambina, isolate dalla luce, abbracciate nella morte. Tra le quinte architettoniche di questa parte dell'opera si vede sullo sfondo (semicoperta dalla parasta) la basilica del Redentore. Forse la parte destra dell'opera accentua il senso di tragica afflizione per dare risalto al primo barlume di speranza per la salvezza di Venezia (che si compie solo nel pendant del Negri) annunciato dalla visione celeste di sinistra. Parte della composizione, quest'ultima, in cui altro embrionale elemento beneaugurante è stato scorto nell'imponente colonnato che si erge quasi alle spalle di san Rocco. Le colonne potrebbero idealmente alludere all'edificazione di un grande tempio come ex voto per la fine della strage, quindi alla costruzione della basilica di Santa Maria della Salute effettivamente edificata, come già rilevato, quale ringraziamento alla Madonna per la conclusione della terribile peste del 1630. L'impianto coloristico dell'opera crea un armonioso equilibrio tra i toni bruni e spenti delle parti in ombra e i vividi colori che risaltano laddove batte la luce. La varietà e l'efficacia delle pose dei tanti astanti, così come la coinvolgente resa dei moti dell'animo sono forse il risultato di studi dal vero con i quali il pittore si è preparato per questa complessa messa in scena. In tutto ciò si avverte l'influsso del Tintoretto sul quale Zanchi ha verosimilmente riflettuto a fondo per dar vita ad un'opera destinata ad una sede così segnata dal genio di quel grande maestro. == Note ==.
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### Titolo: Piazza del Duomo a Milano. ### Introduzione: Piazza del Duomo a Milano è un dipinto di Alfredo Di Romagna. Eseguito nel 1944, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Con un tocco immediato e impressionista, Di Romagna organizza questo scorcio della piazza del Duomo giocando sulla contrapposizione fra le linee di sviluppo verticali, presenti nella fascia superiore della composizione, e quelle orizzontali, presenti in quella inferiore. Notevole è la scelta di escludere dalla composizione la parte più monumentale dell'ambiente per concentrare l'attenzione sul viavai di persone e vetture di vario tipo, a dispetto del momento di massima asprezza del conflitto bellico.
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### Titolo: Grano (Discovolo). ### Introduzione: Grano è un dipinto di Antonio Discovolo. Eseguito nel 1931, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Il dipinto è realizzato con pennellate corpose e in stile post-impressionista, come spesso nella maturità del pittore, ormai allontanatosi dalle sperimentazioni divisioniste. Il falcetto e il rastrello ancora in terra, con il grano fasciato solo in parte, danno alla composizione immediatezza e spontaneità. Il paesaggio sullo sfondo è ligure: sullo sfondo è probabilmente il versante orientale del Monte Bracco, rivolto verso Bonassola, dove il pittore soggiornava dal 1910.
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### Titolo: Amore: discorso primo. ### Introduzione: Amore: discorso primo è un dipinto di Leonardo Dudreville. Eseguito nel 1924, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di uno spaccato di un edificio, composto a mo' di polittico, in cui sono raffigurate diverse manifestazioni dell'amore: quello umano, animale, artistico, sacro, quello delle varie età, quello di vario tipo, coniugale, peccaminoso, desiderato, dimenticato. Nel dipinto vi sono riferimenti autobiografici: oltre all'ambientazione veneziana, nel riquadro in alto a sinistra il pittore si autoritrae con il bicchiere in mano, a destra suo padre è intento nella lettura, e al centro Marcella, la sua prima compagna, è ritratta con un bambino.
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### Titolo: Mattino d'estate sull'Adige. ### Introduzione: Mattino d'estate sull'Adige è un dipinto di Guido Farina. Conosciuto anche come Lungo Adige a Verona ed eseguito nel 1925, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di una veduta veronese caratterizzata da quegli aspetti considerati peculiari delle opere di Farina della metà degli anni venti: solidità formale, nitidezza cromatica e brillantezza luministica.
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### Titolo: L'alba d'estate. ### Introduzione: L'alba d'estate è un dipinto di Gennaro Favai. Eseguito verso il 1950, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Le vedute della laguna veneziana furono un soggetto costante, quasi esclusivo, della pittura di Favai, rese in modo sempre malinconico e decadente. Pur a tratti convenzionali, restituiscono come in questo caso visioni suggestive, dalla felice resa cromatica, luministica e atmosferica.
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### Titolo: Cristo morto e due angeli. ### Introduzione: Cristo morto e due angeli (Le Christ mort et les anges) è un dipinto a olio su tela (179×150 cm) del pittore francese Édouard Manet, realizzato nel 1864 e conservato alla Metropolitan Museum of Art di New York. ### Descrizione. In questa tela Manet sceglie di raffigurare Cristo morto, con la ferita della Passione ben visibile, mollemente adagiato su un sudario color bianco sporco e affettuosamente sorretto da un angelo. L'opera, portata a termine nel 1864, fu esposta al Salon dello stesso anno e suscitò critiche asperrime. Ad avvelenare gli animi erano soprattutto le infelici scelte cromatiche del dipinto, con il rosa ombrato dell'incarnato di Cristo che molti fraintesero per lercia sporcizia, e soprattutto con la resa del Cristo esanime, che Manet raffigurò come un mero cadavere, superando l'aspetto sacro della morte del Salvatore e sfociando in un realismo concreto, tangibile, che molti fraintesero per un atto dissacrante, se non persino blasfemo.La portata dello scandalo fu tale che la tela di Manet fu subito correlata alla Vita di Gesù di Ernest Renan, scritto nel quale gli eventi soprannaturali narrati nei Vangeli vengono interpretati come fatti pienamente spiegabili scientificamente. Furono in molti, inoltre, a vedere nel Cristo morto manetiano una risposta indiretta alle tesi promosse dal realista Gustave Courbet, che fu per Manet un artista non beatamente venerato, ma amato e contestato: Courbet, infatti, sosteneva che la pittura fosse un'arte concreta, e che perciò deve essere applicata alle cose reali, esistenti. Un partigiano del realismo come Courbet, pertanto, non poteva che contrastare fortemente l'astrazione, e per questo motivo inondò il Cristo morto e due angeli di scherno, criticandone soprattutto gli angeli, dalle ali blu e dalle sembianze umane. Appare tuttavia improbabile che Manet abbia deciso di eseguire la tela per controbattere alle teorie di Courbet, e oggi i critici concordano nel vedervi una libera interpretazione, se non un esplicito omaggio, ai brani pittorici di Tintoretto, Veronese e Mantegna. Di seguito riportiamo un commento di Théophile Thoré-Bürger pubblicato nel 1864 sull'Indépendance belge e incentrato sul Cristo morto e due angeli:.
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### Titolo: L'altipiano. ### Introduzione: L'altipiano è un dipinto di Napoleone Giovanni Fiumi. Eseguito nel 1926, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di un paesaggio in cui buona parte della composizione è riservata al cielo, contraddistinto da nubi raffigurate in maniera decorativa piuttosto che descrittiva; l'altipiano e le montagne presentano una marcata stilizzazione delle masse e una notevole decisione cromatica, sull'onda dell'influenza novecentista.
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### Titolo: Varenna dal Castello di Vezio. ### Introduzione: Varenna dal Castello di Vezio è un dipinto di Piero Fornasetti. Eseguito nel 1939, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Questa veduta del borgo di Varenna e del lago di Como, presa dal castello di Vezio, testimonia l'adesione di Fornasetti ad alcuni stilemi della pittura novecentista, in particolare la geometrizzazione delle masse compositive e l'atmosfera magico-realista e quasi metafisica.
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### Titolo: Autoritratto al cavalletto. ### Introduzione: Autoritratto al cavalletto è un dipinto a olio su tela di Sofonisba Anguissola, databile 1556-1565 circa e conservato nel Castello di Łańcut. Non è solamente un autoritratto, ma è anche un quadro devozionale di Sofonisba Anguissola, della quale si conoscono altri autoritratti. ### Descrizione. Numerosi sono infatti gli autoritratti di Sofonisba Anguissola, tra cui Autoritratto alla spinetta (Napoli, Museo di Capodimonte) che sembra appartenere alla stessa epoca del quadro di cui qui si tratta, Autoritratto dipinto nel 1554, Vienna, Kunsthistorisches Museum e Autoritratto in miniatura, Boston, Museum of Fine Arts. Altre volte Sofonisba Anguissola dipinse se stessa insieme a persone della sua famiglia. Nell'autoritratto di Vienna appare di qualche anno più giovane e la sua pittura è sicuramente più immatura, meno sapiente è la stesura del colore e c'è qualche imprecisione nella rotondità del viso. Tiene in mano un libro aperto, in cui si legge questa frase: Sophonisba Angussola Virgo seipsam fecit 1554. Questo quadro si apparenta anche, per stile, con Autoritratto alla spinetta che si trova a Napoli. Non si conosce il dipinto che è sul cavalletto e non si sa se sia mai stato realizzato. Vivezza dei colori, sulla tavolozza appoggiata sulla mensola del cavalletto. Colletto orlato di pizzo. Veste morella, con soprveste nera. Sofonisba Anguissola entrò in contatto con la scuola pittorica bergamasca, in particolare con le opere di Giovan Battista Moroni, detto Il Moretto. Divenne allora più attenta ai particolari. In questo dipinto la punta del suo pennello lambisce il braccio del Bambino; sulla tavolozza, appoggiata sopra la mensola del cavalletto, è pronta una miscela di colori; il merletto inamidato del collarino e dei polsini risalta sulla severa veste color morello, con maniche arricciate alle spalle, perfettamente in sintonia con la moda del tempo; sull'abito la pittrice indossa un grembiule da lavoro nero; i suoi capelli sono spartiti da una riga centrale e poi raccolti in una treccia che le gira intorno al capo, come un diadema. Dolcissimo e tenero è l'abbraccio e il bacio della Madonna, il cui profilo ricorda quello delle sorelle di Sofonisba Anguissola. La datazione giusta di questo Autoritratto al cavalletto potrebbe essere il 1565, anno della morte di sua sorella Lucia Anguissola, che fu anch'essa pittrice. Questo spiegherebbe anche l'idea di quadro devozionale, dedicato alla Madonna con Bambino. Non si conosce il dipinto che è sul cavalletto e non si sa se sia stato poi realizzato. Sofonisba Anguissola ha abitato per molti anni a Palermo e prima aveva vissuto in Spagna, come pittrice di corte e dama di compagnia della regina. Sposò nel 1573 un nobile siciliano, Fabrizio Moncada, fratello del viceré di Sicilia, che morì dopo cinque anni, in un naufragio nei pressi di Capri. Conobbe poi il nobile Orazio Lomellini e si risposò.
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### Titolo: Ritratto di Alessandro Farnese (Sofonisba Anguissola). ### Introduzione: Il Ritratto di Alessandro Farnese è un quadro ad olio, dipinto da Sofonisba Anguissola nel 1560 ca. e conservato a Dublino, al National Gallery of Ireland. ### Descrizione. Nel 1557 il fiammingo Antonio Moro aveva dipinto un ritratto di Alessandro Farnese, ora conservato alla Galleria nazionale di Parma. Il giovane allora aveva dodici anni e viveva con la madre, governatrice delle Fiandre. Il ritratto di Alessandro Farnese, dipinto da Sofonisba Anguissola, fu acquistato a Roma nel 1864 e portato a Dublino. Era allora attribuito a Alonso Sánchez Coello; ma nel 1984 fu assegnato a un ignoto pittore italiano.In seguito a due studi di Maria Kusche, pubblicati su una rivista spagnola di critica dell'arte nel 1989 e nel 1992, questo ritratto fu assegnato a Sofonisba Anguissola.Rappresenta un giovane uomo di corte, un principe italiano, in formato a tre quarti, elegante nel suo mantello ricamato e foderato di ermellino. Alessandro Farnese guarda verso lo spettatore: è cosciente di sé. Con la mano destra si aggiusta delicatamente il guanto che veste la sua mano sinistra, con cui tiene la spada. È vestito di oro, di argento e di bianco e risalta sul fondo scuro. Sottili veli di ombreggiature rendono viva la sua espressione, sorridente, serena, fiduciosa. L'immagine del giovane appare spontanea, al contrario di quella delle regine e delle infante che l'Anguissola in quegli anni dipingeva in Spagna: ingabbiate e statiche, nei loro ricchissimi abiti damascati, ornati di gemme. Un ritratto di Don Carlos, figlio maggiore di Filippo II, dipinto da Sofonisba Anguissola nel 1566, è conosciuto per via di copie. Piacque tanto a Don Carlos che ne ordinò ventitré copie ad Alonso Sánchez Coello e sei a un pittore spagnolo di cui non sappiamo il nome. Una copia del ritratto di Alessandro Farnese dell'Anguissola fu inviata a Roma. Il cardinale Alessandro Farnese (1520-1589) nel 1559 stava costruendo il suo palazzo Farnese di Caprarola. Nella sala dei 'Fasti Farnesiani' dispose che Taddeo Zuccari aggiungesse all'affresco l'immagine del nipote Alessandro Farnese, con l'unica differenza della mancanza del copricapo, tolto al giovane perché raffigurato in presenza del papa. L'affresco 'Giulio III reintegra Ottavio Farnese come Signore di Parma' riflette un episodio realmente accaduto, il 24 febbraio 1550, quando Alessandro aveva circa quattro anni; ma nell'affresco, tratto dal dipinto della Anguissola, egli appare in età adolescenziale. Nel 1561 Antonio Moro fece un nuovo ritratto di Alessandro Farnese, sottolineando il cambiamento da fanciullo in adolescente. Lo schema è quello classico di un cavaliere armato e molto lontano dal gusto italiano.
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### Titolo: Partita a scacchi (Sofonisba Anguissola). ### Introduzione: Il dipinto Partita a scacchi (in inglese, The Chess Game, oppure Portrait of the artist's sisters playing chess) è un dipinto di Sofonisba Anguissola realizzato nel 1555. Il dipinto è firmato e datato sul bordo della scacchiera, dove l'autrice ha lasciato questa iscrizione: «SOPHONISBA ANGUSSOLA VIRGO AMILCARIS FILIA EX VERA EFFIGIE TRES SUAS SORORES ET ANCILAM PINXIT MDLV». ### Descrizione. In un giardino ameno Lucia, la terzogenita delle sorelle Anguissola, sta movendo gli scacchi; di fronte a lei Minerva, la quartogenita, parla con l'avversaria e le sue parole attraggono l'attenzione della sorellina minore, Europa, la quintogenita, che segue la partita e le sorride. Minerva tornerà nel Ritratto di famiglia Anguissola di Sofonisba Anguissola, ma sarà adolescente. Un Ritratto di Europa è stato dipinto da Lucia Anguissola forse l'anno successivo. Europa Anguissola è identificabile anche con la bambina nel disegno a matita, con rialzi di bianco, Vecchia che studia l'alfabeto ed è derisa da una bambina, che oggi è agli Uffizi, dove è presente anche la servente, ma è più vecchia della donna che appare nella Partita a scacchi. Lucia è in azione, mentre la governante si tende ad osservare la scena. Netto è il contrasto fisiognomico fra le giovani e la vecchia, fra le ragazze ricche e la popolana. Le giovani Anguissola hanno gioielli, abiti ricamati, pettinature elaborate. Minerva indossa la stessa collana, portata dalla Dama che è a Berlino, oggi identificata in Bianca Ponzoni Anguissola, cioè la madre delle tre ragazzine che sono intorno alla scacchiera. La piccola disputa tra le due sorelle adolescenti, parate con gioielli di famiglia, si svolge in una sfera domestica, dove circolano affetti, ma dove è anche reale l'antagonismo nel gioco degli scacchi. Nel bel giardino si erge un'antica quercia, ricca di fronde: è simbolo della solidità dei rapporti familiari. Si apre sullo sfondo un paesaggio azzurrino, alla fiamminga. Nel raffinato programma educativo delle ragazze Anguissola erano comprese lezioni di pittura al cavalletto e di musica al clavicembalo. Esse conoscevano testi di poesia, in latino e in italiano; inoltre sapevano tessere e ricamare. Appartenevano al nucleo intellettuale della città di Cremona.
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### Titolo: Partita a scacchi fra Ruy López de Segura e Leonardo da Cutro. ### Introduzione: Partita a scacchi fra Ruy López de Segura e Leonardo da Cutro è un dipinto di Luigi Mussini, datato 1882, che rappresenta un episodio realmente accaduto alla corte di Spagna, nel 1575, dove si svolse un torneo scacchistico con questa famosa partita. ### Descrizione. Mussini ricostruisce meticolosamente l'ambiente: il grande salone decorato di marmi scolpiti, col camino spento (l'episodio si svolge il 12 agosto). Uno studiato gioco di luci, oltre al fascio dorato che penetra dalla finestra, illumina la scena. Al tavolo il vescovo Ruy López, avvolto nelle sue ricche vesti, sembra affranto, mentre Il Puttino si alza vittorioso, allargando le braccia. Dietro al tavolo ci sono i due giudici, mentre Filippo II di Spagna, seduto su un trono, assiste alla partita. Ai suoi piedi due cani da caccia, suoi compagni inseparabili, e accanto, in piedi, la giovane regina Anna d'Austria, sua quarta moglie, che all'epoca aveva circa 25 anni, abbigliata in un elegante abito bianco e ritratta mentre ascolta le parole di una sua dama. Un altro gruppo di persone, composto da dame e da nobiluomini, è a parte, intorno ad un altro tavolo e sembra disinteressarsi della scena principale. La resa d'ambiente è minuziosa, precisa nei dettagli dei gioielli, delle pettinature, delle stoffe, degli affreschi, dei mobili. Grazie a una sapiente mescolanza di colori (nessuno dei quali predomina), e a una disposizione armonica delle figure, Mussini arriva ad una ricostruzione verosimile di quanto accadde.
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### Titolo: Partita a scacchi (Raffaello Sorbi). ### Introduzione: La Partita a scacchi è un dipinto ad olio di Raffaello Sorbi, firmato e datato, in fondo a destra: Raf. Sorbi 1886. ### Descrizione. La Partita a scacchi, durante la sosta all'osteria di campagna fu dipinta in diverse versioni. In una delle versioni del dipinto, due giovani donne, sedute al tavolo, giocano a scacchi, mentre i cacciatori, nel loro abito settecentesco, fanno da spettatori. In un'ulteriore versione si vedono da un lato i fucili appoggiati a uno steccato e dall'altro i cavalli in sosta. Parte integrante della scena sono il cane da caccia, le galline che razzolano tra i tavoli dell'osteria, i piccioni che becchettano in gruppo. Il fiasco impagliato, su una tavola coperta da una tovaglia di bucato, ci dice che siamo proprio in Toscana. Sullo sfondo si intravedono colline con casali sparsi. Il pennacchio di fumo grigio che esce dal camino, il cielo attraversato da nuvole bianche e l'albero spoglio ci confermano che è una giornata d'autunno. Il tempo è incerto, ma la temperatura è tiepida e si pranza e si gioca a scacchi all'aperto. Gli scacchi sono uno svago popolare, cui prendono parte le donne.
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### Titolo: Partita a scacchi (Andrea Landini). ### Introduzione: La Partita a scacchi è un dipinto di Andrea Landini (1847-1935) firmato A. Landini, in basso a sinistra e databile 1870 ca. ### Descrizione. Il pittore fiorentino Andrea Landini dopo una prima fase, in cui dipinse soggetti storici o episodi tratti dalla vita di Dante, di Savonarola e di Petrarca, nello stile del purismo toscano, si specializzò in scene di genere. Era conosciuto, soprattutto in Francia, per le sue scene d'interno, in cui erano rappresentati cardinali, colti nel loro viver quotidiano. Nei loro sfarzosi palazzi, arredati con ricche suppellettili in stile Luigi XVI, questi cardinali sembrano lontani dai loro doveri di cura delle anime e si abbandonano a piccoli piaceri: brindano a champagne, sorseggiano il caffè corretto al liquore, vezzeggiano gattini e cagnolini e giocano a scacchi.
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### Titolo: Autoritratto di Sofonisba Anguissola. ### Introduzione: Autoritratto di Sofonisba Anguissola è un dipinto ad olio su tavola, di contenute dimensioni, firmato e datato 1554. ### Descrizione. Semplicità e modestia ispirano questo ritratto, prima pittura di Sofonisba Anguissola a noi nota. Il colletto della camicia bianca e leggera si gonfia sul collo, in piccole pieghe morbide. La ragazza non porta gioielli: è una giovane casta, ben educata e virtuosa. Una nota di femminilità sfugge nel piccolo ricciolo che scende accanto all'orecchio. Il naturalismo, ispirato da Leonardo da Vinci durante la sua permanenza a Milano, si diffuse in Lombardia, interessò Lorenzo Lotto e approdò nei ritratti di Sofonisba Anguissola. Gli occhi tondi e chiari creano un dialogo con chi guarda questo ritratto. Lo sguardo è franco, il mento volitivo, la pettinatura austera, il vestito modesto. La data è anteriore di solo un anno, rispetto a quella della Partita a scacchi della stessa pittrice; ma a prima vista questo ritratto sembra appartenere ad una fase artistica ben più acerba. Certe imperfezioni sono dovute anche ad una vecchia ripulitura, troppo energica, che ha asportato le velature. Del resto il padre, nell'inviare il dono al duca Ercole d'Este, si scusò di certe imprecisioni, dovute al fatto che il ritratto era stato realizzato guardandosi allo specchio: infatti la mano sembra lievemente deformata. Sofonisba indossa lo stesso abito e ha identica pettinatura ed espressione nel suo Autoritratto alla spinetta, conservato a Napoli.
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### Titolo: Assisi - San Damiano. Coretto di Santa Chiara. ### Introduzione: Assisi - San Damiano. Coretto di Santa Chiara è un dipinto di Andrea Fossombrone. Eseguito verso il 1963, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. L'opera, inserita nel solco della tradizione pittorica ottocentesca, sia quanto a gusto estetico quanto a soggetto, raffigura l'interno del cosiddetto «coretto di santa Chiara» (o «delle Clarisse») all'interno della chiesa di San Damiano nei pressi di Assisi.
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### Titolo: Nevicata (Franzosi). ### Introduzione: Nevicata è un dipinto di Umberto Franzosi. Eseguito verso il 1955, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. In questo malinconico scorcio milanese Franzosi raffigura la via Palestrina, nei pressi della Stazione Centrale e non lontano dal suo studio. Significativa è la resa cromatica, memore della lezione chiarista e giocata sulle tonalità dei rosa, degli azzurri e dei violetti.
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### Titolo: Castellammare (Donato Frisia). ### Introduzione: Castellammare è un dipinto di Donato Frisia. Eseguito nel 1934, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Questa veduta di Castellammare di Stabia costituisce un esempio del processo, verificatosi tra gli anni venti e trenta, di abbandono da parte di Frisia del naturalismo ottocentesco e di avvicinamento al modello novecentista, e in particolare al suo filone magico-realistico: la descrizione del paesaggio è minuziosa e fedele al vero, ma l'atmosfera è resa sospesa e quasi metafisica da una luce piena ma scaturente da un cielo coperto.
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### Titolo: Cattedrale con suonatore di tromba. ### Introduzione: Cattedrale con suonatore di tromba è un dipinto di Franco Gentilini. Eseguito nel 1955, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta del primo di una nutrita serie di dipinti su cattedrali, emblematiche della svolta nella pittura di Gentilini verificatasi in seguito al soggiorno parigino del pittore negli anni cinquanta: il dato reale diventa secondario e lascia posto ad atmosfere surreali e metafisiche, popolate da personaggi di vario tipo, in dipinti dove la sperimentazione contenutistica affianca quella realizzativa, visto l'utilizzo di sabbie e intonaci a ricreare prodotti a metà fra la tela e l'affresco.
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### Titolo: Studio di testa. ### Introduzione: Studio di testa è un dipinto di Giovanni Grande. Eseguito nel 1923, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Pittore noto principalmente come ritrattista, Grande lasciò questo dipinto ad uno stadio piuttosto abbozzato, cosa che induce a ritenere si tratti di uno studio più che di un'opera compiuta. Il sapore decadente, tipico della matrice novecentista, e la ricerca di sensualità, che rende il dipinto piuttosto artificioso, rimandano alla lezione di Giacomo Grosso, presso cui Grande si formò.
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### Titolo: Chiudo la porta su me stessa. ### Introduzione: Chiudo la porta su me stessa è un dipinto del pittore belga Fernand Khnopff, realizzato nel 1891 e conservato alla Neue Pinakothek di Monaco di Baviera. ### Descrizione. Si tratta di uno dei dipinti più enigmatici di Fernand Khnopff. Era costui un artista che, venuta meno la fiducia positivistica nella scienza e nei suoi metodi, predicò l'esistenza di un fitto tessuto di segrete analogie e corrispondenze tra le varie realtà fenomeniche. Chiudo la porta su me stessa, così come le altre tele khnopffiane, è in effetti gremita di simboli di difficile, se non impossibile, decifrazione. Nonostante queste consistenti difficoltà interpretative è possibile rintracciare una precisa fonte letteraria per questo dipinto: si tratta di un poema di Christina Rossetti denominato Who Shall Deliver Me? [Chi mi libererà?]. La Rossetti, sorella di Dante Gabriel (pittore preraffaellita al quale Khnopff si rifece più volte), in quel componimento riflette, con malinconica e pacata rassegnazione, sulle difficoltà che la vita propone ogni giorno agli uomini, che nulla possono fare per risolvere i propri conflitti interiori ed esteriori se non rivolgersi all'azione salvifica di Dio:. Khnopff in quest'opera dà vita artistica ai nuclei tematici della poesia di Christina Rossetti, nella fattispecie l'introspezione e la travagliata chiusura in sé stessi. Mentre, tuttavia, in Who Shall Deliver Me? viene ribadita l'essenzialità di Dio per la salvezza umana, Khnopff spoglia il proprio dipinto di ogni connotato religioso e preferisce indagare piuttosto le agitazioni caotiche e ribollenti che si annidano nella psiche umana. Un'atmosfera sospesa e misteriosa percorre il dipinto di Khnopff, al cui centro troviamo una figura femminile dallo sguardo conturbante, magnetico, quasi ultraterreno, eppure quieto e contemplativo: in questa donna che non si abbandona a gesti teatrali, ma che scruta l'osservatore con inquietante imperturbabilità, è magistralmente riassunta la natura ambivalente e contraddittoria della femminilità, caratteristica cifra tematica delle opere khnopffiane (si consulti, in tal senso, il paragrafo Fernand Khnopff § La donna).Questa donna, anzi, sembra quasi accogliere nella propria interiorità la «foresta di simboli» (nel senso baudelairiano del termine) che la chiude tutt'intorno. In primo piano troviamo dei gigli dalle tonalità aranciate: questi fiori, si ricorda, nell'arte medievale alludevano alla verginità di Maria. Nella tela di Khnopff, tuttavia, i gigli sono privi della loro significanza iconografica originaria: non solo, infatti, sono arancioni (e non bianchi, come imporrebbe la tradizione), ma sono anche appassiti. In una trama floreale apparentemente innocua, dunque, Khnopff convoglia un sentimento terribilmente misterioso e malinconico. Gli altri simboli che popolano la composizione sono ancora più enigmatici: sul comodino è disposto un busto di Hypnos, il dio greco del sonno di cui è fratello Thanatos, personificazione mitologica della morte. A destra del busto troviamo un esile papavero contenuto in un vaso e lo scorcio di una strada medievale (presumibilmente di Bruges), tristemente desolata e percorsa da un'unica figura nera incappucciata che ricorda il Monaco in riva al mare di Friedrich. Dal soffitto, poi, pende una catenella con annesso pendolo d'oro, probabile riferimento all'ipnotismo ed all'occulto, pratiche che nella seconda metà dell'Ottocento godevano di una notevole popolarità.L'arcana enigmaticità del dipinto, tuttavia, è ben lungi dall'esaurirsi qui: la superficie su cui la donna poggia i suoi gomiti, ad esempio, è una tomba o un altare sacrificale? O, ancora, dove conducono quelle fessure buie che si aprono sul fondo della parete retrostante, tutta animata da un rincorrersi di quadrati, cerchi e altri elementi geometrizzanti? Altrettanto disorientante è la presenza sulla destra di uno specchio opaco e deformante, sulla cui superficie (tutt'altro che riflettente) sono impressi due cerchi, circoscritti a quella che sembrerebbe essere l'immagine di un volto umano. Con Chiudo la porta su me stessa, dunque, Khnopff abiura dal proposito naturalista di rappresentare realisticamente la realtà circostante e preferisce confrontarsi con la realtà interiore delle cose, più autentica ed espressiva, da evocare più che da descrivere.
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### Titolo: Le carezze. ### Introduzione: Le carezze, anche noto come La sfinge, è un dipinto del pittore belga Fernand Khnopff, realizzato nel 1896 e conservato al Museo reale delle belle arti del Belgio di Bruxelles. ### Descrizione. Nel repertorio figurativo simbolista un ruolo di primaria importanza viene giocato dalla Sfinge. Il suo volto è femminile, eppure il suo corpo è leonino: così come la fisionomia anche la sua psiche risponde a un'ambiguità di fondo, essendo al tempo stesso ingegnosa ma crudele, mitica ma demoniaca, con una lacerante ambivalenza del tutto analoga a quella che scuote l'inconscio umano. Questa profonda riflessione filosofica viene venata di dichiarati compiacimenti simbolisti. Dipinto ermetico, irto di ellissi comunicative e di simbolismi di difficile interpretazione, Le carezze propone un'improbabile unione tra un giovinetto dai lineamenti androgini e una creatura dal volto femmineo e dal corpo di ghepardo. Si tratta ovviamente della Sfinge, quella creatura terrificante che secondo la mitologia aveva portato il terrore e la morte a Tebe. Era infatti sua abitudine divorare quanti non sapessero rispondere al suo astuto enigma («Qual è quell'animale che all’aurora cammina con quattro zampe, al pomeriggio con due, la sera con tre?»). L'unico ad aver sciolto l'enigma e ad aver soggiogato la bestia fu l'eroe greco Edipo: la città di Tebe fu così finalmente liberata dalla Sfinge che, per disperazione, si suicidò gettandosi in un baratro. Alla luce di quest'esegesi il giovane uomo ritratto alla sinistra della composizione è certamente Edipo. L'opera di Khnopff, in effetti, risponde perfettamente al celebre mito greco, e raffigura il momento successivo alla risoluzione dell'enigma da parte di Edipo. Vi è, tuttavia, una leggera discrepanza. La Sfinge, infatti, non si è precipitata nel dirupo, così come narra il mito, bensì decide di sottomettersi all'eroe che l'ha domata e, con fare suadente e insinuante, avvicina il suo volto a quello di Edipo. La sua soddisfazione è palpabile: una delle sue zampe arriva persino a lisciare affettuosamente il ventre indifeso di quella che doveva essere un'altra sua vittima, scampata miracolosamente alla morte. La Sfinge, tuttavia, è ben lungi dal diventare schiava, e la coda all'erta tradisce un'eccitazione animalesca, quasi incontrollabile: anche le sue zampe sono pronte per scattare repentinamente in un balzo e attaccare il suo presunto amante. Nessuno saprà mai l'esito di questa pace armata. Anche Edipo è incerto sul da farsi: il suo sguardo è rivolto verso un punto lontano, oltrepassa l'osservatore, sembra quasi essere sognante. A un'analisi più attenta, tuttavia, si scopre come in realtà Edipo sia agitato da un ansioso smarrimento, come se avvertisse fin troppo limpidamente l'imminenza di un pericolo tremendo. Attributi regali come lo scettro e la corona nulla possono per colmare i pericoli di una femminilità così ambigua e contraddittoria. Il paesaggio che suggella quest'unione improbabile, poi, riflette in maniera quasi subliminale la profonda inquietudine che permea il dipinto. Dietro Edipo e la Sfinge, infatti, si erge un basamento marmoreo vergato da incomprensibili scritte cabalistiche. Ancora dietro, poi, si estende un deserto di sabbia rossa: il confine tra l'aldiquà e l'aldilà viene marcato da due esili colonne di marmo, mentre i due cipressi sullo sfondo sembrano quasi voler indicare la fine della vita.Di seguito si riporta l'analisi di Luigi Ceccarelli:.
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### Titolo: Baracconi in periferia. ### Introduzione: Baracconi in periferia è un dipinto di Beppe Guzzi. Eseguito nel 1955, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo. ### Descrizione. Si tratta di una veduta di periferia, tema prediletto da Guzzi, in cui gli elementi della composizione sono raffigurati con una decisa tendenza all'astrazione, resa dalla semplicità del disegno, dall'utilizzo di colori puri e dall'accentuazione delle ombre.
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### Titolo: Orfeo (Moreau). ### Introduzione: Orfeo è un dipinto a olio su legno del pittore simbolista francese Gustave Moreau, realizzato nel 1865 e conservato al Museo d'Orsay di Parigi. ### Descrizione. In quest'opera, presentata al Salon del 1866, Moreau si riallaccia a un celebre mito classico, quello di Orfeo, di cui la versione più nota era quella dell'undicesimo libro delle Metamorfosi di Ovidio. Era Orfeo un sommo cantore e musico, talmente abile da aver piegato al suono della sua lira le bestie più feroci e l'intero regno dei Morti. Il suo fascino magnetico non venne meno neanche dopo la morte dell'amata Euridice: egli, infatti, infatuò le Menadi, senza tuttavia cedere alle loro offerte. Avvelenate dal rifiuto del musico, le Menadi lo avrebbero sbranato. Moreau in quest'opera decide di prolungare leggermente il racconto mitologico di Orfeo. Secondo la tradizione, infatti, le Menadi dopo aver ucciso il musico ne avrebbero gettato immediatamente le membra nel fiume Ebro. Secondo l'interpretazione proposta da Moreau, invece, il suo corpo mutilato viene scovato da una donna tracia che, mossa a pietà e indignata dal truce delitto delle Menadi, depone il capo dell'illustre musico su quella che fino a poco tempo prima era la sua lira. Gli occhi ormai esanimi di Orfeo e lo sguardo della donna si incontrano e, anzi, si contemplano vicendevolmente, dando vita a una compenetrazione indissolubile che probabilmente durerà per sempre. Sullo sfondo si estendono sereni paesaggi di leonardesca memoria, i quali con la loro bucolica calma stemperano l'atrocità del delitto appena perpetrato. Nell'angolo in basso a destra, infine, troviamo due tartarughe: sono stati i loro intestini, secondo il mito, ad aver fornito le corde della prima lira mai esistita, fabbricata dal dio Ermes.Il vago sapore mistico-fantastico che permea l'opera, la sua atmosfera suggestiva, sensuale, eppure lievemente inquietante, i dolci passaggi chiaroscurali e la tavolozza giocata sulle tonalità dorate sono tutte peculiarità riscontrabili in questo quadro e in una parte abbastanza rilevante della quadreria di Gustave Moreau, che a ragione si può definire uno degli interpreti più convinti e sensibili del Simbolismo in pittura. L'Orfeo, non a caso, fu tra le prime opere del Moreau a essere consacrata all'ufficialità del museo del Luxembourg, che lo aveva acquistato nel 1866 in ragione delle sue singolari qualità stilistiche. Il canto di Orfeo, che echeggia dopo la sua morte, simboleggia la sua simbiosi con la natura e l'eternità della poesia. Moreau interpreta liberamente il mito, cinge la testa di Orfeo con alloro apollineo, simbolo d'immortalità. Il tema della vittoria del canto sulla caducità della vita rinvia al potere universale dell'arte.
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### Titolo: Autoritratto con la Morte che suona il violino. ### Introduzione: L'Autoritratto con la Morte che suona il violino è un dipinto del pittore svizzero Arnold Böcklin, realizzato nel 1872 e conservato all'Alte Nationalgalerie di Berlino. ### Descrizione. In quest'opera eloquente e dal forte impatto emotivo Böcklin approfondisce la sua visione sulla morte, tematica che aveva tinto con le sue ombre la sua intera produzione pittorica (pensiamo alle varie redazioni dell'Isola dei morti, alle Rovine sul mare, alle Erinni, o ancora alle Mura cittadine con patibolo) ma anche la stessa tradizione figurativa svizzera, assai sensibile (soprattutto nel Medioevo) alla raffigurazione di danze macabre. In primo piano è raffigurato ovviamente Arnold Böcklin, dai capelli bruni e scarmigliati, mentre osserva la sua immagine riflettersi sullo specchio: ha in mano gli strumenti del lavoro (la tavolozza e i pennelli) con i quali sta consegnando alla riflessiva immobilità dell'arte la sua fisionomia. Ma osserviamo meglio: il capo leggermente voltato, il collo torto, lo sguardo sagace, scrutatore e al contempo sgomento sono tutte spie che comunicano all'osservatore l'imminenza di un evento misterioso e imprevedibile. Dietro Böcklin, infatti, una sconvolgente presenza sorprende l'osservatore: si tratta nientedimeno della Morte, qui personificata com'è tradizione da uno scheletro, in riferimento alla consunzione delle carni alla quale il corpo di ogni essere umano tende inesorabilmente. Böcklin reinventa genialmente le codificazioni estetiche del memento mori: il tema dell'ineluttabilità della morte, infatti, era da secoli radicato nella storia dell'arte, che tuttavia tentò di esorcizzarlo (soprattutto nel Seicento) con l'inserimento nella composizione di simboli che però non erano che meri moniti, volti a rammentare all'osservatore la perpetua fugacità dei piaceri mondani e pertanto estranei alla vicenda narrata. Nell'opera Böcklin, invece, «la presenza della morte non è il frutto di una maturata consapevolezza, ma l'amaro esito di un fortuito, accidentale apprendimento» (Simone Rossi).Ebbene, qui la Nera Signora è colta mentre suona un violino dove, tuttavia, le tre corde più alte sono saltate. L'unica corda superstite è proprio la quarta, il Sol, quella che - come hanno osservato numerosissimi critici - se suonata da sola produce un suono misterioso e penetrante, simile ad una campana. La presenza di queste tre corde spezzate rende inevitabile un confronto simbolico con il mito delle Tre Parche, mitiche filatrici che presiedevano al destino dell'uomo dalla nascita alla morte, rispettivamente filando, svolgendo e tagliando il filo della vita. Neanche le divinità del consesso olimpico potevano frenare l'ineluttabilità cieca delle Parche: né può, d'altronde, Böcklin, pienamente consapevole che se pure quell'ultima corda sarà recisa, anche la sua vita avrà fine. La Morte, d'altronde, è pienamente consapevole di avere in pugno la situazione e appare in preda a un'estatica gioia: la chiostra dei suoi denti scoperti, orribilmente ghignante, simula un sorriso quasi demoniaco e tradisce un'eccitazione palpabile. La Morte sa di aver vinto. Böcklin, dal suo canto, non può fare a meno di ascoltare quella melodia letale: si tratta di una commistione tra suoni e colori squisitamente simbolista, con il pittore che esita a guardare l'osservatore negli occhi, ma preferisce ascoltare in modo concentrato il suono monocorde prodotto dal violino, fino a quando l'ultima nota non sarà suonata, con il definitivo sopraggiungere dell'Eterna Vincitrice. Le esegesi che sono state fornite di quest'opera, tuttavia, sono disparatissime, tanto che è lecito parlare di una vera e propria polimorfia interpretativa. Alcuni critici vi hanno ravvisato chiari spunti autobiografici, interpretando quest'immagine così macabra come una proiezione figurativa delle sue miserie economiche e della morte di cinque dei suoi bambini (un sesto sarebbe morto nel 1876, quattro anni dopo la realizzazione di questo dipinto). Altri, invece, preferiscono pensare che una simile raffigurazione alluda al contrasto vigente tra l'esuberanza artistica di Böcklin e la sterilità della tradizione accademica. Hermann Beenken, invece, sostiene che in questo quadro così realistico «la morte non è pensata come limite, bensì, al contrario, come esaltazione della vita, proprio come nei versi finali della poesia di Hebbel», che riportiamo di seguito: «'Alla Morte': Ancora sfiorami o Morte / quando in me mi disperdo / finché risovvenga a me stesso / me stesso al pensiero di te».
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### Titolo: Madeleine appoggiata sul suo gomito con fiori nei capelli. ### Introduzione: Madeleine appoggiata sul suo gomito con fiori nei capelli è un dipinto del pittore francese Pierre-Auguste Renoir, risalente al 1918. ### Descrizione. Il ritratto in questione, grande testimonianza dell'impressionismo, è stato rubato l'8 settembre 2011 in Texas. L'opera è stata inserita dall'FBI nella top ten delle opere più ricercate al mondo, affermando che chiunque abbia informazioni al riguardo riceverebbe una somma di denaro pari a 50.000 dollari. == Note ==.
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### Titolo: Giostra dei Caroselli. ### Introduzione: La Giostra dei Caroselli è il titolo di un dipinto realizzato per tramandare il ricordo di una spettacolare festa - tenutasi a Roma il 28 febbraio 1656, durante il Carnevale di quell'anno - organizzata dalla famiglia Barberini in onore di Cristina di Svezia. A Filippo Gagliardi spettano gli sfondi architettonici della composizione mentre il Lauri dipinse le tante figure (più di duecento) degli spettatori e dei protagonisti della scena che compaiono nella grande tela. L'opera è una delle più significative testimonianze giunteci sulla festa e sul teatro del periodo barocco, tesi, con la ricchezza degli apparati, delle scenografie, dei costumi e grazie all'uso di ardimentose macchine sceniche, a stupire, entusiasmare, ingannare i sensi dello spettatore, in una parola a meravigliarlo. ### Descrizione. Tutto si svolge in uno dei cortili esterni di Palazzo Barberini (il Cortile della Cavallerizza, in larga parte ora coincidente con l'attuale Via Barberini): sul lato destro del quadro vediamo la fiancata Nord dell'insigne dimora nobiliare, mentre al centro del dipinto si scorge la facciata (seminascosta dagli spalti in legno montati per l'occasione) del teatro dei Barberini: in particolare si vede il portale del teatro, disegnato alcuni anni addietro da Pietro da Cortona. Il piazzale è contornato da una struttura provvisoria in legno, riccamente decorata, che contiene spalti e gradinate per il pubblico (parte di questa struttura poggia sullo stesso palazzo e sull'edificio che ospitava il teatro). Lungo tutto il perimetro esterno dell'effimero teatro ligneo e poi sulle tettoie degli spalti ardono, in innumerevoli bracieri di foggia ricercata, delle fiaccole che illuminano a giorno il cortile. Sul lato dell'arena che fronteggia il palazzo si apre uno sfarzoso portale istoriato in rilievo con le fatiche di Ercole. Da alcune finestre dell'attico di quest'arco trionfale si vedono dei musici le cui melodie accompagnarono la festa. Proprio di fronte al portale, sul balcone del primo piano che si apre sulla facciata Nord di Palazzo Barberini, vi è il palco d'onore allestito con ricchi tendaggi di velluto rosso bordati d'oro. Qui era seduta Cristina di Svezia (che nel quadro di Palazzo Braschi è quasi scomparsa per un deperimento del colore) accompagnata da cinque cardinali. Di quattro di essi conosciamo l'identità grazie al resoconto del Priorato: si tratta dei cardinali Jean-François Paul de Gondi (cardinale di Retz), Lorenzo Imperiali, Federico Borromeo e Decio Azzolino che tanta parte avrà nelle future vicende romane della regina svedese. Verosimilmente il quinto porporato che vediamo nella postazione d'onore è Francesco Barberini. Altri cardinali sono su un altro palco allestito in corrispondenza del balcone del secondo piano (proprio sopra quello d'onore). Due ordini di spalti girano lungo l'arena: qui siedono le dame della nobiltà romana, che vediamo in abiti elegantissimi, prelati e cavalieri. Vi sono poi, sul lato opposto alla facciata del palazzo, due grandi gradinate per il popolo: alcuni spettatori sono in maschera a ricordarci che siamo a Carnevale. Quest'effimero teatro, realizzato senza badare a spese, come si evince dallo sfarzo dei decori, era capace di ospitare tremila spettatori: per costruirlo i Barberini non si fecero scrupolo di abbattere alcuni edifici di loro proprietà che occupavano parte del cortile. Nonostante la capienza della struttura, non tutti riuscirono ad assistere alla festa: con gusto quasi da quadro di genere vediamo nella tela di Palazzo Braschi (in basso a destra) delle guardie armate che respingono energicamente gli ultimi arrivati (ma alcuni cavalieri, riconoscibili dall'eleganza dell'abito, dalle spade e dai vistosi simboli dell'ordine di appartenenza, passano). Per allestire il teatro e realizzare la scenografia dello spettacolo i Barberini si rivolsero a Giovanni Francesco Grimaldi, pittore ed architetto bolognese richiestissimo anche come artefice di apparati festivi e fondali teatrali. Venendo allo spettacolo vero e proprio, è il Priorato che ci racconta come esso si svolse. Sulla scena si fronteggiano due squadre contrapposte: i Cavalieri e le Amazzoni. I primi indossano costumi turchesi bordati d'argento e le Amazzoni sono abbigliate in rosso ed oro. Gli splendidi finimenti dei cavalli hanno gli stessi colori. Tanto i Cavalieri che le Amazzoni indossano degli elmi con grandissime e fantasiose pennacchiere. Ognuna delle squadre di cavallerizzi (che erano dodici per parte) è assistita da una lunga schiera di palafrenieri a piedi loro similmente abbigliati. Ciascuna delle parti in campo aveva un proprio carro allegorico dall'ornamentazione ricchissima. Il carro dei Cavalieri (come si evince dai colori turchese ed argento) è, nel resoconto del Priorato, quello di Roma festiva che ha assunto le sembianze di Amore. Questo carro è trainato dalle Grazie che dedicano un canto di lodi alla regina Cristina. Il carro della schiera contrapposta allegorizza lo Sdegno ed è guidato dalle Furie. Le Grazie e le Furie, con un dialogo in musica, lanciano la sfida tra le rispettive schiere. Segue un arditissimo carosello equestre in cui Cavalieri ed Amazzoni, al suono delle trombe, inscenano una battaglia alla pistola (le armi sono ovviamente caricate a salve). A questo punto irrompe sulla scena una spettacolare macchina teatrale: un terzo carro in foggia di drago che sputa fiamme reali. Sopra di esso vi è Ercole che invita i contendenti ad interrompere la tenzone. Al seguito del carro di Ercole fanno ingresso nel piazzale le Esperidi che nel dipinto di Palazzo di Braschi vediamo con dei vassoi colmi dei celeberrimi pomi d'oro del loro giardino. I frutti sono distribuiti tra Cavalieri ed Amazzoni. Ha luogo quindi una nuova contesa equestre che è ora combattuta con il reciproco lancio dei pomi delle Esperidi. A portare definitivamente la pace è il quarto ed ultimo carro che arriva sulla scena: quello di Apollo. Sul suo carro, oltre allo stesso Febo, vi sono altri quattro figuranti che rappresentano le stagioni e un quinto in veste di Giano bifronte. Tutt'intorno al carro ventiquattro fanciulle raffigurano le ore del giorno. Apollo intona un nuovo canto elogiativo della regina svedese al termine del quale le due fazioni, ora finalmente concordi, sfilano in parata lungo il cortile. Alla testa del corteo equestre, in primo piano al centro del dipinto, è raffigurato, mentre in costume da Amazzone guarda verso lo spettatore, il padrone di casa Maffeo Barberini, Principe di Palestrina. Altro momento di rilievo della festa - omesso nel dipinto ma annotato dal Priorato - fu uno spettacolare gioco pirotecnico che precedette il carosello, ulteriore elemento che contribuì a fare della Giostra per Cristina un evento memorabile.