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@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Ritratto d'uomo (Tiziano Vienna). ### Introduzione: Il Ritratto d'uomo è un dipinto a olio su tela (88x75 cm) di Tiziano, databile al 1520 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Da uno sfondo scuro emerge un personaggio maschile a mezza figura, girato di tre quarti verso destra, con lo sguardo rivolto a un punto fisso, lontano. Indossa un'ampia casacca scura, sopra una giacca bruna e una camicia bianca. I capelli bianchi sono lunghi fino alle spalle e mossi. La mano sinistra regge una fascia del copriabito, mostrando due anelli che certificano l'alto status sociale dell'effigiato. Particolarmente efficace è la resa estetica del soggetto e le componenti psicologiche che trasmette: dignità, nobiltà d'animo, risolutezza, intelligenza.
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### Titolo: Bravo (Tiziano). ### Introduzione: Il Bravo è un dipinto a olio su tela (75x67 cm) di Tiziano, databile al 1520 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Da uno sfondo scuro emergono due personaggi maschili. Quello di destra è di spalle e poggia una mano sul collo di quello a sinistra facendolo voltare bruscamente. Nell'altra mano nasconde un pugnale o una spada di cui si vede solo l'impugnatura, facendo pensare a un agguato. Nella zona d'ombra, al di sotto della manica blu dell'aggredito, si vede la sua mano destra che impugna l'arma che ha al fianco. Il ragazzo attaccato è un giovane dalla fluente capigliatura bionda, con una ghirlanda di foglie di vite in testa e il viso in piena luce, ritratto con intensa individuazione fisiognomica. Il 'bravo' invece è ritratto quasi a profil perdu e in una fitta ombra, dalla quale risaltano però la manica di velluto rosso con i tagli tipici dell'epoca e i riflessi brillanti dell'armatura. La scena raffigurata può mostrare l'arresto di Bacco (o un suo seguace ) da Penteo, re di Tebe, (o da un suo soldato). La parte sinistra del dipinto è stato tagliata secoli fa. Questo pezzo mancante potrebbe aver mostrato l'uomo biondo in possesso di un tirso. Una radiografia dell'uomo sulla destra mostra la testa di un uomo che indossa una corona.
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### Titolo: Venere Anadiomene. ### Introduzione: Venere Anadiomene (in greco antico: Ἀφροδίτη Ἀναδυομένη?; Afrodite anadyomenē, cioè nascente [dal mare]) è un dipinto perduto del pittore greco Apelle. Più in generale indica anche un modo di rappresentare la dea Afrodite nascente dall'acqua, nell'atto di raccogliersi i capelli bagnati. ### Descrizione e stile. Plinio il Vecchio giudicò l'affresco come uno dei più celebri, realizzato per Alessandro Magno e, probabilmente staccato a massello, fu fatto trasportare a Roma da Cesare, che lo pose nel tempio di Venere Genitrice, anche se poi Augusto lo spostò nel Tempio del Divo Giulio. Si sa che all'epoca di Nerone l'opera era danneggiata e fu ridipinta o, addirittura, rimpiazzata da una copia. Raffigurava Afrodite che si leva nascente dalle acque e si strizza i capelli bagnati sollevando le braccia. Secondo Plinio, il pittore si era ispirato a Campaspe, amante di Alessandro; secondo Ateneo di Naucrati aveva tratto ispirazione dalla visione di Frine che usciva nuda dal mare durante i Misteri eleusini. Afrodite Anadiomene (Venere che sorge dalle acque), è riprodotta in un famoso affresco di Pompei (che alcuni ritengono una copia romana del dipinto di Apelle). Il mito dell'Anadiomene ispirò molti artisti dal Rinascimento in poi, che cercarono di rievocare la mitica opera perduta. Tra i primi vi furono Botticelli, Tiziano, Morto da Feltre ( in casa de' Mezzan a Feltre ), Antonio Lombardo, Giambologna, Rubens, Cornelis de Vos. Anche nell'Ottocento il tema godette di un notevole interesse, spingendo a cimentarsi artisti come Ingres, Cabanel, Amaury-Duval, Gérôme, Chassériau e Bouguereau. Nel Novecento sembra essere stato attratto dal tema anche Pablo Picasso.La scultura antica di una Venere Anadiomene, detta Venere Landolina, è conservata nel Museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa.
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### Titolo: Ritratto di Baldassarre Castiglione (Tiziano). ### Introduzione: Il Ritratto di Baldassarre Castiglione è un dipinto a olio su tela (124x97 cm) di Tiziano, databile al 1529 circa e conservato nella National Gallery of Ireland a Dublino. ### Descrizione e stile. L'identificazione si basa sulla scritta che chiarisce si tratti del 'conte Baldassarre Castiglione'. L'uomo è ritratto in una stanza dalla cui finestra aperta si scorge un paesaggio con alberi. La posa è molto originale, con il personaggio di spalle che si volta fino a guardare di tre quarti verso sinistra un punto indefinito nello spazio. Il Castiglione ha la barba lunga e gli occhi chiari, ma a differenza del noto ritratto di Raffaello, appare qui distaccato e assente, quasi altero nella sua posa eretta e lontana psicologicamente dall'osservatore, al quale dà addirittura le spalle, nonostante il gesto colloquiale di appoggiare il gomito su un ripiano. La pennellata è già pastosa e dai bordi indefiniti, tipica della produzione matura di Tiziano.
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### Titolo: Uccisione di san Pietro martire. ### Introduzione: Uccisione di san Pietro martire è un dipinto di Giovanni Bellini. Eseguito probabilmente verso il 1507, è conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Si tratta di un dipinto raffigurante il martirio dell'inquisitore domenicano Pietro da Verona, eseguito probabilmente con aiuti. Alcune analisi ai raggi X hanno rivelato un pentimento nella figura dell'assassino del santo, originariamente dipinto in una posizione più eretta. I boscaioli in secondo piano sono intenti ad abbattere alberi, in una scena che ricorda le modalità di uccisione del santo. Alcuni disegni preparatori furono riutilizzati dalla bottega del maestro per la realizzazione di una seconda versione dell'opera, conservata al Courtauld Institute di Londra.
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### Titolo: Madonna del Roseto (Domenico Veneziano). ### Introduzione: La Madonna del Roseto è un dipinto tempera su tavola (80,8x53,2 cm) di Domenico Veneziano, databile al 1432-1437 circa e conservato nel Museo nazionale d'arte della Romania a Bucarest. ### Descrizione e stile. L'opera è di solito datata alla fase della prima maturità dell'artista a Firenze, tra il 1432, ipotetica data del rientro da Roma, e il 1437, data degli affreschi perduti in palazzo Baglioni a Perugia, vicina ad altri lavori come la Madonna Berenson. Su una sedia di tipo 'Savonarola' e sullo sfondo di un roseto (motivo tipico della cultura tardogotica dell'Italia settentrionale), Maria, col Bambino in piedi sulle ginocchia, piega la mano destra per cogliere un fiore, suo tradizionale attributo. I colori bianco e rosa delle infiorescenze sottolineano rispettivamente la verginità di Maria e la prefigurazione del sangue della Passione di Gesù. La figura di Maria mostra una maggiore accentuazione plastica delle forme rispetto a opere precedenti, che farebbero pensare a un'influenza più sentita di Masaccio e di Donatello. Wohl ha notato come l'iconografia del roseto sia ben più diffusa in Umbria che a Firenze, postdatando l'opera al soggiorno perugino del pittore, verso il 1437-1438.
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### Titolo: Ritratto di giovane flautista. ### Introduzione: Il Ritratto di giovane flautista è un dipinto a olio su tela (70,3x100,3 cm) di Giovanni Gerolamo Savoldo, databile al 1540 circa e conservato nella Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia. ### Descrizione e stile. In una stanza chiusa un ragazzo si volta di tre quarti verso lo spettatore, sospendendo una sonata del flauto che impugna con le mani, davanti a un libro di musica e con alla parete un foglio musicale attaccato, oltre a un armadietto a muro in cui si intravedono alcuni libri e una piccola scatola rotonda che sporgono dal ripiano dell'armadietto. Il ragazzo è abbigliato in maniera vistosa, denunciando la sua alta estrazione sociale, ma è evidente anche un senso di malinconia, derivato da una personale interpretazione dell'opera di Giorgione. All'ambientazione pastorale Savoldo infatti sostituì l'interno chiuso, in cui la luce fa da padrona, misurando la solitudine dell'interno domestico e rivelando i particolari degli oggetti, non molto diversamente da come farà Vermeer nel secolo successivo. Il cappello calzato getta un'ombra sugli occhi del ragazzo, che appaiono così velati e sembrano far trasparire una trattenuta infelicità. Anche la pesante pelliccia del mantello appare quasi come un giogo, che fa curvare leggermente la figura. Le mani invece sono illuminate in maniera incidente, rivelando uno straordinario brano di verismo, tipico del Rinascimento bresciano, di cui Savoldo fu uno dei protagonisti, arrivando a influenzare anche Caravaggio.
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### Titolo: Autoritratto con sette dita. ### Introduzione: L'Autoritratto con sette dita (in francese: Autoportrait aux sept doigts) è un dipinto olio su tela (128x207, realizzato da Marc Chagall (1887-1985) tra il 1912 e il 1913. Il quadro fu dipinto a Parigi, nello studio La Ruche di Montparnasse, ed è oggi conservato nello Stedelijk Museum di Amsterdam. ### Descrizione. Nel dipinto, in stile cubista, il pittore è ritratto nel suo studio, a mezzobusto e con la tavolozza dei colori sulla mano destra, mentre ha appena realizzato un quadro che rappresenta uno 'spaccato' della sua città natale, Vicebsk (Bielorussia). Questo quadro è accarezzato dalla sua mano sinistra, raffigurata con sette dita, anziché cinque: le sette dita fanno probabilmente riferimento alle origini ebraiche di Chagall, in particolar modo farebbero riferimento ai sette giorni della creazione, oppure anche - secondo la teoria formulata dallo studioso Sándor Kuthy - all'espressione in yiddish Mit alle zibn finger ('Con tutte le sette dita'), espressione che è sinonimo dell'energia accumulata al termine di un lavoro. Sullo sfondo, è visibile una finestra, da cui si può chiaramente scorgere la Tour Eiffel di Parigi. Il nome della capitale francese, insieme a quello della capitale italiana Roma, altra città dove visse il pittore, campeggia sul quadro in caratteri ebraici.
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### Titolo: Lapidazione di santo Stefano (Gentile da Fabriano). ### Introduzione: La Lapidazione di santo Stefano è un dipinto a tempera e oro su tavola (16,4x27 cm) di Gentile da Fabriano, databile al 1423-1425 circa e conservata nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. In una radura ai piedi di un monte e vicino a una via che conduce a un boschetto, avviene la lapidazione di santo Stefano. Il santo, inginocchiato con la dalmatica indosso, riceve in testa una pietra che lo ferisce, ma prega impassibile, confortato dall'apparizione divina in una nube di cherubini (in parte mutila), creata solo tramite l'incisione dell'oro, una prerogativa raffinatissima dell'arte di Gentile. Tutto intorno si trovano le pietre del martirio. Quattro carnefici si dimenano per lanciare le pietre, mentre due uomini, a sinistra, assistono impassibili: uno è l'ordinante del martirio, che dirige l'operazione con un gesto della mano. I movimenti ritmici degli aguzzini, quasi da balletto, richiamano alcuni episodi della porta Nord del Battistero di Firenze, opera di Lorenzo Ghiberti, e scene simili sono documentate in area fiorentina fin dal Trecento, con lavori di Bernardo Daddi e Gherardo Starnina. Le pose appaiono studiatamente elegante, così come l'esuberanza decorativa delle vesti, paragonabile ai personaggi della Pala Strozzi, con un ampio ricorso dell'oro e delle lacche rosse.
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### Titolo: Melissa (Dossi). ### Introduzione: Melissa è un dipinto a olio su tela (176x174 cm) di Dosso Dossi, databile al 1522-1524 circa e conservato nella Galleria Borghese di Roma. ### Descrizione e stile. L'opera, a lungo identificata come una Circe, rappresenta più probabilmente la maga buona Melissa, protettrice di Bradamante in vari canti dell'Orlando Furioso, come farebbe pensare il cagnone bonario, interpretato come simbolo di fedeltà. Essa è rappresentata secondo l'iconografia delle sibille, come una fanciulla che scruta in alto un gruppetto di guerrieri ridotti a pupazzi appesi all'albero, probabilmente le vittime dei sortilegi di Alcina, una delle fate cattive nel poema. La maga è immersa in un paesaggio e vestita di abiti sontuosi, decorati da ricami e broccati, con un turbante dorato. Si trova seduta dentro un cerchio magico, ovvero un territorio delimitato durante la preparazione dell'incantesimo, e, guardando vacuamente verso sinistra, tiene in mano una tavola con simboli arcani da recitare e ricopiare durante il rito e una fiaccola che accende il braciere posato in basso a destra, simbolo di veggenza in quanto attributo della dea Ecate. A sinistra si vedono una lucente corazza, un cane e alcuni volatili, i tipici animali che compaiono al seguito di maghe e incantatrici. Appesi all'albero a sinistra si trovano poi alcuni 'omuncoli', forse simbolo di anime imprigionate. Sullo sfondo infine stanno alcuni giovani che omaggiano il gruppo del Concerto campestre di Giorgione e Tiziano. I colori e le atmosfere venete sono qui arricchite da accenni esotici e virtuosistici, come i vari effetti di consistenza dei materiali, dal metallo alla stoffa pesante. Tipica è anche la ricchezza di suggestioni simboliche e letterarie, talvolta esoteriche, oggi non pienamente rintracciabili.
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### Titolo: Pan e la ninfa. ### Introduzione: Pan e la ninfa è un dipinto a olio su tela (163,83x145,42 cm) di Dosso Dossi, databile al 1524 circa e conservato nel Getty Museum di Los Angeles. ### Descrizione e stile. L'opera è una complessa allegoria mitologica, con numerosi indizi ancora non completamente spiegati. In un luminoso paesaggio, vicino ad un albero di limoni, una fanciulla nuda sta dormendo su un letto di fiori coperti da un drappo blu scuro. Vicino ha un'anfora rovesciata e un libro parzialmente coperto dal drappo. Dietro di lei si avvicina una fanciulla di verde vestita con un drappo rosso sulle spalle gonfiato dal vento, e sta seduta una vecchia, che fa un gesto sollevando le mani come a invocare il silenzio, che non svegli la ragazza. La donna addormentata potrebbe essere la ninfa Eco, amata da Pan. La donna anziana è forse Gea, mentre l'altra figura femminile, probabilmente una dea, è di interpretazione difficile, resa ancora più complicata dal fatto che Dosso l'aveva coperta estendendo il paesaggio, di modo che è stata ritrovata solo nell'Ottocento. Dietro si trova Pan, con le gambe da caprone (è un satiro) e il flauto appoggiato vicino al tronco; egli è l'unica figura sicuramente identificabile nel dipinto. In alto, nel limpido cielo, un gruppo di cinque amorini sta scoccando le proprie frecce, ricordando quelli nel Trionfo di Galatea di Raffaello ma ricomposti con assoluta libertà. Il paesaggio idilliaco, che sfuma in lontananza in toni azzurrini per effetto della foschia, è un omaggio a Giorgione, primo maestro del Dossi. A parte l'interpretazione letteraria o mitologica, il dipinto spicca per la freschezza e ricchezza della composizione, la bellezza dei singoli soggetti (in particolare della fanciulla sdraiata, omaggio alle Venere dormiente di Giorgione), i colori smaglianti e la carica vitale delle figure. Indizi indicano che il dipinto è stato tagliato di circa 15 centimetri sulla sinistra, magari per adattarlo alla forma di una cornice: in alto a sinistra infatti spunta il braccio di un sesto putto. Le radiografie inoltre hanno rivelato un uomo nascosto nella parte inferiore a sinistra del paesaggio e diversi pentimenti, tra cui un'armatura e una spada appesi all'albero, un violoncello vicino alla donna dallo scialle rosso e lo sguardo diretto verso il basso della donna anziana.
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### Titolo: Allegoria di Ercole. ### Introduzione: L'Allegoria di Ercole è un dipinto a olio su tela (143x144 cm) di Dosso Dossi, databile al 1535 circa e conservato presso gli Uffizi, a Firenze. L'opera, a causa del soggetto incerto, è nota anche con i titoli Bambocciata e Stregoneria. ### Descrizione e stile. L'opera è nota anche con i titoli di Bambocciata (Mendelsohn) o stregoneria (Roberto Longhi), a confermare l'incertezza sul soggetto che rappresenta. Fu Felton Gibbon a ipotizzare che si trattasse di una trasposizione del tema dell'Ercole al bivio, cioè una rappresentazione allegorica dell'eroe davanti alla scelta tra una vita difficile ma virtuosa o una sperperata nella facile dissolutezza. Calvesi infine parlò di un'allegoria di Bacco e del suo seguito, leggendo vari simboli bacchici sparsi nella tela. Ercole, alludendo al vecchio duca, è rappresentato in primo piano come un vecchio seminudo con una ghirlanda di rose in testa e reggente due sfere, una vicina a sé e una trainata con una cordicella che passa attraverso: un'allusione al suo reggere lo Stato da vicino e da lontano, accompagnato da buffoni e donne lascive. Sicuramente l'artista era interessato a rappresentate una galleria di personaggi grotteschi, ispirato dalla pittura di genere nordica. La scena si svolge in un interno scuro, di ascendenza lombarda, dietro un parapetto su cui sono appoggiati alcuni simboli di non facile interpretazione: due baccelli, un piattino con del formaggio piccante e un coltellino, una gazza ladra (Pica pica) e un ramo di ciliegio, carico di frutti. Si tratta probabilmente di salaci allusioni erotiche, 'piccanti' appunto. A una tavola su cui è posato un esotico tappeto si svolge un allegro convivio tra vari commensali. Al centro un giovane riccamente vestito, che regge un arcolaio da cui spunta un rametto di sambuco: si tratta di un riferimento a una vicenda di Ercole che fu costretto a camuffarsi vestito da donna e filare per amore di Onfale. A destra da due cortigiane con un'elaborata cuffia in testa, secondo la moda del tempo, una delle quali ha il seno scoperto e regge un cesto di frutta, vicino a una maschera (simbolo dell'amore sensuale) e un tamburello. In secondo piano si allineano quattro personaggi maschili: un uomo dai capelli bianchi che guarda di tre quarti verso lo spettatore vicino a una capra (simbolo di lascivia), un uomo maturo di profilo e due inservienti, uno dei quali sembra reggere il cagnolino bianco di una delle donne. Tutti sembrano coinvolti nell'osservare il gioco dell'uomo anziano. I volti sono spesso rubicondi, con fisionomie cariche, quasi caricaturali. La tavolozza predilige i toni rossastri e bruni, che ben si addicono all'atmosfera un po' torbida dell'opera. L'atmosfera umida e ombrosa è rischiarata da un raggio di luce che si posa, guarda caso, proprio sul seno della donna scollacciata.
@Scribis @Italiano. Descrivi un dipinto.
### Titolo: Litigio. ### Introduzione: Il Litigio è un dipinto a olio su tavola (107x95 cm) di Dosso Dossi, databile al 1514-1516 circa e conservato nella Fondazione Giorgio Cini di Venezia. ### Descrizione e stile. L'opera, una rappresentazione simbolica dall'Ira, ha un insolito formato a losanga e mostra due donne che si accapigliano violentemente. Una ha un velo giallo/arancio e prende l'altra al collo, che è vestita di un ampio corpetto rosso ricamato di nero, tipico attributo dell'Ira, e con una ghirlanda di fiorellini che le decora la testa. La seconda afferra la rivale per la mascella e le tira i capelli attraverso il velo. Vari elementi, come la schiuma alla bocca, gli occhi rossi e le facce rigonfie rimandano all'umore sanguigno, quello più facile all'iracondia. Altre due figure maschili si trovano a sinistra: un ragazzo che si strappa i capelli, tipico gesto delle personificazioni dell'ira, e un altro che se la ride alle spalle delle donne, simbolo di malizia. In primo piano, su una pietra chiara, stanno un bicchiere rovesciato e una pagnotta smozzicata, forse un riferimento allo scompiglio portato dalla collera.
@Scribis @Italiano. Descrivi un dipinto.
### Titolo: Allegoria della Fortuna. ### Introduzione: L'Allegoria della Fortuna è un dipinto a olio su tela (179x217 cm) di Dosso Dossi, databile al 1535-1538 circa e conservato nel Getty Museum di Los Angeles. ### Descrizione e stile. Su uno sfondo scuro si stagliano le due figure simboliche del Caso e della Fortuna. Il primo è un giovane atletico, vestito solo di un drappo rosso bordato d'oro, che è vicino a una coppa con alti manici e sventola con la destra un mazzo di biglietti della lotteria, gioco all'epoca molto diffuso. La Fortuna regge la cornucopia, antico attributo della dea Tyche con il quale dispensava abbondanza e fertilità. Essa ha un mantello fluttuante, che indica la sua mutevolezza, e si trova su una grossa bolla, che sembra per scoppiare, altra allusione alla sua instabilità. Indossa inoltre i calzari, simbolo del Fato che decide il destino umano.
@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Allegoria della Musica. ### Introduzione: L'Allegoria della Musica è un dipinto a olio su tela (196x187) di Dosso Dossi, databile al 1530 circa e conservato nel Museo Horne di Firenze. ### Descrizione e stile. Su uno sfondo di nuvole bluastre si trovano quattro figure allegoriche. Da sinistra un genio porta la fiaccola dell'ispirazione a Vulcano, che sta forgiando sull'incudine le note musicali. I tre martelli sparsi nella scena alludono alle diverse sonorità, ottenute a seconda della forma e dimensione. Al centro si trova una donna a petto scoperto, forse allegoria della Musica profana, che si appoggia alla tavola con i canoni musicali. In quello dalla forma triangolare si legge 'Trinitas in Unum', allusione alla concordia degli opposti che si trova nell'unità divina. La viola abbandonata a terra indica forse la supremazia della polifonia (del canone) sulla musica strumentale. Chiude la scena una donna nuda in piedi di spalle, che forse è una personificazione della Musica sacra.
@Scribis @Italiano. Descrivi un dipinto.
### Titolo: Giove pittore di farfalle, Mercurio e la Virtù. ### Introduzione: Giove pittore di farfalle, Mercurio e la Virtù è un dipinto a olio su tela (111,3x150 cm) di Dosso Dossi, databile al 1523-1524 circa e conservato nel Castello di Wawel a Cracovia. ### Descrizione e stile. L'opera è uno dei complessi dipinti allegorici ed esoterici che erano in voga alla corte di Ferrara nel primo Cinquecento, quando a corte erano ospitati letterati illustri tra i quali spiccava l'Ariosto. Lo spunto letterario è fornito dall'intercenale Virtus di Leon Battista Alberti, cui viene data dall'ideatore della raffigurazione una nuova interpretazione in chiave onirica. Dossi costruì un dipinto con tre figure principali legate da continui rimandi, in una struttura che ricorda l'arte veneziana ma più densa di simboli e messaggi reconditi, che mettono in secondo piano anche la bellezza delle figure o del paesaggio, qui ridotto a un accenno sintetico sullo sfondo di un cielo carico di nubi. A sinistra Giove, riconoscibile per la saetta appoggiata ai piedi, è ritratto nell'atto creativo, cioè mentre dipinge delle farfalle su una tela. L'animale è simbolo della volatilità del pensiero, così come anche l'arcobaleno che appare dietro il cavalletto è emblema dell'evanescenza delle idee. Col dipingere egli sottintende come al principio di ogni creazione sia necessario un'idea ispiratrice, legata a un concetto di ordine universale. La sua veste rossa, illuminata in maniera incidente, crea una forte macchia di colore, che si ricollega al drappo dello stesso colore su cui è seduto Mercurio, il secondo personaggio al centro. Anche i suoi attributi sono evidenti: il petaso e i calzari alati, nonché il caduceo dorato, che esprimeva il suo potere esoterico di addormentare e ridestare i viventi. Egli è il dio del Sonno e il conduttore dei sogni (dux somniorum), e il suo gesto di invocare il silenzio è rivolto a frenare l'irruenza del terzo personaggio, la donna che si presenta alle soglie dell'Olimpo. In passato è stata frequentemente identificata con la Virtù, ma essa non ne possiede le caratteristiche iconografiche. La sua immagine corrisponde piuttosto a quella dell'Aurora, come dimostrano i suoi attributi tipici: testa coronata di fiori, ghirlande di cui è agghindata, braccia nude, veste tripartita scossa dal vento. L’Aurora, secondo una tradizione che ricorre anche in Dante, è colei che, al suo apparire mattutino, disperde il sonno, e Mercurio le impedisce l'ingresso in Olimpo perché vuol proteggere il sonno di Giove. Questi dipinge ad occhi chiusi, e Dosso, seguendo l'analogia platonica tra sogno e pittura, allude al fatto che il signore degli dei sta sognando. Giove presenta la fisionomia del duca Alfonso I, e il dipinto, destinato alla camera da letto del duca nel Castello del Belvedere, è un’allegorica difesa del sonno e del sogno, nel luogo riservato al riposo e agli svaghi del signore estense.
@Scribis @Italiano. Il tuo compito è descrivere un dipinto.
### Titolo: Romeo e Giulietta: la scena della tomba. ### Introduzione: Romeo e Giulietta: la scena della tomba è un dipinto di Joseph Wright of Derby, completato nel 1790, esposto quello stesso anno durante l'Esposizione di Derby del 1839 nell'Istituto di Meccanica ed oggi esposto nel Derby Museum and Art Gallery. Il dipinto, realizzato con la famosa perizia di Wright of Derby nel rendere le scene illuminate a lume di candela, raffigura il momento del Romeo e Giulietta di William Shakespeare quando Giulietta, inginocchiata accanto al corpo di Romeo, sente un rumore di passi ed afferra il pugnale per uccidersi. Il verso è: Che! del rumore? Allora bisogna far presto. Oh, pugnale benedetto!. ### Descrizione. Il dipinto, alto 70 cm e largo 95, è realizzato con la famosa perizia di Wright of Derby nel rendere le scene illuminate a lume di candela, raffigura il momento del Romeo e Giulietta di William Shakespeare quando Giulietta, inginocchiata accanto al corpo di Romeo, sente un rumore di passi ed afferra il pugnale per uccidersi. Il verso è: Che! del rumore? Allora bisogna far presto. Oh, pugnale benedetto!. Oltre a questo dipinto, il Derby Museum possiede anche uno schizzo preparatorio di Wright. Da questo si percepisce un cambiamento posto in atto nella versione definitiva, lo spostamento del sarcofago e della nicchia a destra: Wright stava cercando di aumentare la dimensione dell'immagine della parete illuminata. La gladiatoria figura di Giulietta con le braccia tese attira lo sguardo e la posa eroica di Romeo è stata messa a confronto con il disegno di Michelangelo di Tizio.
@Scribis @Italiano. Descrivi un famoso dipinto.
### Titolo: Enea e Acate sulla costa libica. ### Introduzione: Enea e Acate sulla costa libica è un dipinto a olio su tela (58,7x87,6 cm) di Dosso Dossi, databile al 1520 circa e conservato nella National Gallery of Art di Washington. Faceva parte della decorazione dei Camerini d'Alabastro di Alfonso d'Este a Ferrara. ### Descrizione e stile. La rara iconografia causò molte speculazioni nella critica, che vi lesse un generico episodio leggendario o anche lo sbarco degli Argonauti. Si tratta invece del passo del libro I dell'Eneide in cui si narra il naufragio di Enea e del suo scudiero Acate sulla costa libica, prima di dirigersi verso la città di Cartagine, i cui palazzi si intravedono sullo sfondo. La scena è ambientata in un vasto paesaggio con alberi di un verde brillante, che ricordano vaporosi batuffoli, uno degli stilemi più riconoscibili di Dosso. I due protagonisti, con vesti sgargianti, sono rappresentati a tutta figura sulla destra, su uno spiazzo erboso, mentre al centro della scena l'equipaggio della nave, composto da colorate figurette, si affanna per ripararla. Lo sfondo è dominato dalla veduta, quasi irreale, della città africana, oltre la sponda di un'insenatura, nonché dai toni azzurrini carichi di notazioni atmosferiche.
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### Titolo: Discesa di Enea nei campi elisi. ### Introduzione: La Discesa di Enea nei campi elisi è un dipinto a olio su tela (58,4x167,8 cm) di Dosso Dossi, databile al 1520 circa e conservato nella National Gallery of Canada di Ottawa. Faceva parte della decorazione dei Camerini d'Alabastro di Alfonso d'Este a Ferrara. ### Descrizione e stile. La scena, di lunghezza doppia rispetto alle altre, è tratta dal VI libro dell'Eneide e mostra Enea a sinistra che, accompagnato dalla Sibilla Cumana, si prepara a visitare i Campi Elisi, cioè il paradiso dell'oltretomba greco-romano. Tale luogo è rappresentato come una vallata verdeggiante, in cui gli eroi si dedicano a varie amenità divisi in gruppetti: chi danza, chi amoreggia, chi disquisisce, chi fa pascolare dei cavalli bianchi. Il tema della discesa di Enea nell'aldilà aveva un particolare significato ermetico. L'eroe infatti simboleggiava l'anima peregrina che prima di arrivare all'elevazione spirituale (l'agognata costa italiana), doveva prima passare attraverso le tappe della sensibilità (la fuga da Troia) e dell'azione (la sosta a Cartagine). I Campi Elisi inoltre rappresentavano il raggiungimento della meta iniziatica: l'armonia e la felicità dell'anima.
@Scribis @Italiano. Descrivi un famoso dipinto.
### Titolo: Madonna col Bambino (Correggio Vienna). ### Introduzione: La Madonna col Bambino è un dipinto a olio su tela (65x45 cm) attribuita al Correggio, databile al 1512-1514 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. L'opera venne riscoperta nel 1928 nel castello di Salisburgo e donata al museo viennese. L'attribuzione al Correggio è incerta. ### Descrizione e stile. Una tenda rossa scostata e un lontano paesaggio fanno da sfondo alla Madonna col Bambino in grembo, rappresentata a mezza figura. Gesù, seduto su un cuscino azzurro intenso poggiato sulle gambe della madre, le rivolge un intenso sguardo, che essa ricambia mettendosi di profilo. La composizione si rifà probabilmente alle opere di Mantegna, modello ben presente nel giovane Correggio, sebbene la ricchezza cromatica rimandi piuttosto ai maestri veneti a cavallo fra Quattro e Cinquecento, come Cima da Conegliano, attivo in quegli anni anche a Parma. Ricorda Cima anche il luminoso paesaggio, con alberi antropomorfi e un castello velato dalla foschia, in lontananza.
@Scribis @Italiano. Il tuo compito è descrivere un dipinto.
### Titolo: Miravan apre la tomba dei suoi antenati. ### Introduzione: Miravan apre la tomba dei suoi antenati è un dipinto di Joseph Wright of Derby, terminato nel 1772. ### Descrizione. La storia di Miravan illustrata da Joseph Wright ha origine da un'opera di John Gilbert Cooper, Lettere sul gusto pubblicata nel 1755 . Cooper afferma che la storia è persiana, ma la fonte originale non è nota. Joseph Wright era noto per i suoi studi su un tipo di illuminazione insolita e questo dipinto li combina con uno stile che è stato definito neo-gotica e che Wright utilizzava anche nel suo dipinto Democrito studia l'anatomia . Questi due quadri mostrano anche una buona familiarità dell'artista con l'anatomia umana. Il dipinto mostra un nobile, Miravan, che ha scoperto una delle tombe di un suo antenato e spinto dall'avidità ordina che il sepolcro sia aperto dopo aver letto che l'epigrafe sulla tomba recita che 'tesoro più grande di quanti Creso ne ha mai posseduti' è lì all'interno. Il dipinto rappresenta la repulsione di Miravan nel compiere l'atto sacrilego e la sua angoscia quando capisce che è stato ingannato. Il suo antenato gli dice che non potrà godere del riposo eterno perché ha disturbato uno dei suoi progenitori .
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### Titolo: Cristo passo. ### Introduzione: Il Cristo passo è un dipinto olio su tavola (22x15,5 cm) di Cima da Conegliano, conservata a Ca' Rezzonico a Venezia nel Museo del Settecento Veneziano, Collezione Mestrovich inv. 3. ### Descrizione. La piccola tavola proviene dall’originaria collezione Correr. Passata per altre mani private è giunta al Mestrovich corredata da un’attribuzione al Cima di Giuseppe Botta, allora ispettore alle Gallerie Veneziane, datata 1866. Attribuzione poi condivisa da numerosi critici. Viste le piccolissime dimensioni dell’opera si può supporre che fosse destinata a portella di tabernacolo, come d’altra parte anche la tavoletta del Cima col medesimo soggetto di proprietà dei musei di Birmingham. Una conferma ulteriore all’autografia del Cima viene dal confronto con lo scomparto centrale della cimasa del Polittico di Miglionico. Complesso questo storicamente documentato, anche nelle vicende della sua acquisizione lucana a fine Cinquecento. In quest’ultima opera risultano infatti estremamente simili la trama pittorica, la modellatura del corpo prostrato nella morte e anche i dettagli del volto e della fitta capigliatura.
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### Titolo: Meditazione autunnale. ### Introduzione: Meditazione autunnale è un dipinto a olio su tela (54x69,8 cm) di Giorgio de Chirico realizzato nel 1912 e conservato in collezione privata a Milano. ### Descrizione e stile. L'opera, il cui stile è riconducibile alla pittura metafisica tipica di de Chirico, venne dipinto a Firenze, anche se datato a Parigi; questo è il primo di una serie di quadri dedicati alla meditazione, insieme a La meditazione del mattino e a due diverse opere intitolate La meditazione del pomeriggio. In tutti questi dipinti sono presenti delle statue viste di spalle, che guardano il mare, percepito e non visto attraverso alcuni elementi.La meditazione autunnale rappresenta una scena architettonica senza elementi umani o viventi. Come in altri due quadri dello stesso periodo, due palazzi delineati semplicemente nella loro muratura fanno da cornice alla statua; l'edificio a sinistra è illuminato dalla luce, mentre l'altro è immerso nell'ombra. Vicino ai piedi della statua vi è un basamento estremamente basso, al quale non è possibile appoggiarsi; a differenza delle altre meditazioni, che erano maggiormente malinconiche in quanto prive di qualsiasi elemento umano e incentrate sull'unica figura della scultura, nel dipinto vi è un bastone da passeggio appoggiato sul muro illuminato, segno del passaggio o della presenza di qualcuno. Lo stesso bastone tornerà in un'opera intitolata Il figliol prodigo. == Note ==.
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### Titolo: Madonna di Albinea. ### Introduzione: La Madonna di Albinea era un dipinto a olio su tavola (160x152 cm) di Correggio, oggi perduto. La migliore copia esistente si trova alla Galleria Nazionale di Parma, firmata da Antonio Leto. ### Descrizione e stile. Si tratta di una sacra conversazione ambientata in un paesaggio aperto, all'ombra di un albero, motivo allora assai popolare in area veneta, usato anche da Lorenzo Lotto. Maria è seduta e tiene il Bambino in braccio, tra le sante Maria Maddalena e Lucia. Premesso che ogni considerazione su questo dipinto deve essere fatta con cautela in quanto si tratta di una copia, si può dire che l'attenzione dedicata al paesaggio preannuncia già la ricerca in questa direzione che si trova nel Noli me tangere del Prado. Il volto della Vergine, inclinato verso sinistra a voler contraddire l'assialità del tronco dell'albero, ricorda quello della stessa figura nella Sacra Famiglia con san Girolamo di Hampton Court. La fisionomia del Bambino, con le guance gonfie, riprende quella di molte altre opere del periodo, a partire dalla Madonna di San Francesco (in cui si ritrova in un angelo ai piedi del trono della Vergine). Si può immaginare che alcuni dettagli come il vaso degli unguenti di santa Maria Maddalena e il piatto sottilissimo in bronzo su cui poggiano gli occhi di santa Lucia fossero descritti con quel particolare virtuosismo che il Correggio cominciava proprio in questi anni a riservare alla rappresentazione delle superfici lucide e curve degli oggetti metallici. Era questa una delle “difficoltà dell'arte” che, insieme agli scorci e alla rappresentazione delle nuvole e dei capelli, interessarono la sua ricerca artistica e contribuirono alla definizione di Vasari che chiamò il Correggio “grandissimo ritrovatore di qualsivoglia difficultà”.
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### Titolo: La battaglia delle Argonne. ### Introduzione: La battaglia delle Argonne è un dipinto realizzato nel 1959 da René Magritte. ### Descrizione. Si tratta di una delle opere più note ed emblematiche della poetica surrealista di Magritte. Una timida alba diffonde il suo chiarore sulla campagna, dove fuma una nebbiolina mattutina. Ma questo occupa solo la parte sottostante del dipinto: nel cielo incombono tre forme, una nube, un sasso e una falce di luna. La nuvola bianca pare fatta di pesante materia, mentre il sasso viene totalmente svuotato del suo peso e si libra nell'aria: è contro ogni legge umana e naturale che Magritte scaglia la sua ironia, generando spaesamento nell'osservatore. Disorientando, Magritte invita con un sorriso alla riflessione filosofica sull'arte stessa, ed in senso lato, sulla vita.
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### Titolo: Maria Maddalena leggente. ### Introduzione: Maria Maddalena leggente è un quadro a pittura a olio su tela dipinto da Antonio Allegri detto il Correggio, databile al 1527-1530 circa, considerato finora perduto. A lungo, una copia antica dell'originale fu custodita nella Gemäldegalerie di Dresda, poi andata dispersa nel 1945. ### Descrizione e stile. La Maddalena è rappresentata sdraiata nella grotta, mentre legge un libro e con una mano tiene il capo appoggiato, dai lucidissimi capelli biondi, appena increspati. Quando fu dipinta, la Maddalena leggente rappresentava un'iconografia piuttosto inusuale in Italia. Era invece un soggetto più noto nelle Fiandre e in quelle regioni francesi che erano in qualche modo legate alla devozione di santa Maria Maddalena. Infatti, secondo la Legenda aurea di Jacopo da Varazze e alla tradizione provenzale, la santa si sarebbe recata in Provenza per evangelizzare le coste francesi e avrebbe poi terminato i suoi giorni alla Sainte-Baume, ritirata in un'impervia montagna a fare penitenza. Nel santuario poi costruito in loco, si trovava una statua nella stessa posa coricata che poi tanti artisti, il Correggio incluso, avrebbero adottato per i loro dipinti.
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### Titolo: Ophelia (Millais). ### Introduzione: Ophelia è un dipinto a olio su tela (76,2×111,8 cm) del pittore preraffaellita John Everett Millais, realizzato nel biennio 1851-1852 e appartenente alla collezione della Tate di Londra. ### Descrizione. L'opera raffigura Ofelia che, appena caduta nel ruscello, è distesa a pelo d'acqua con le mani aperte e i fiori del mazzo che vanno disperdendosi nel fluttuante elemento. La ragazza, inserita in uno spazio efficacemente autentico (che comprende anche alcuni animali, tra cui un pettirosso ed un ratto d'acqua, e persino un teschio) non oppone resistenza alla corrente, abbandonandosi completamente a quello che sarà il suo fangoso sepolcro.Millais carica la flora dell'opera di un forte valore simbolico. Le specie floreali ivi presenti, infatti, sono incluse o perché sono state direttamente citate nella tragedia shakesperiana, o, soprattutto, per la loro pregnante valenza simbolica, atta a sottolineare la caducità della vita dell'infelice fanciulla.
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### Titolo: Sacrestia di Solimena. ### Introduzione: La sacrestia di San Paolo Maggiore (nota anche come sacrestia di Solimena) è un ambiente della basilica di San Paolo Maggiore di Napoli particolarmente rilevante per gli affreschi che ne decorano pareti e volta, realizzati da Francesco Solimena intorno al 1689. Il ciclo, che costituisce uno dei primi capolavori artistici del pittore, consta delle scene della Caduta di san Paolo e di Simon Mago sulle pareti frontali, mentre angeli, allegorie e virtù decorano la volta e le pareti laterali. ### Descrizione. I lavori in sacrestia sono eseguiti secondo i tipici canoni del tardobarocco napoletano. L'intera composizione narrativa risulta particolarmente preziosa sotto il profilo cromatico, eseguita dal Solimena durante la fase di piena maturità artistica. Le scene raffigurate furono realizzate senza particolari direttive da parte dei suoi committenti, eccezion fatta per il tema centrale sui santi Pietri e Paolo, su cui doveva volgere la narrazione. Le due grandi storie sulle pareti di fondo, entrambe firmate e datate dal Solimena (8x4 m), trattano una il tema della Caduta di san Paolo, datata 1689, e l'altra della Caduta di Simon Mago, datata 1690. Nella prima scena la concitazione della composizione trova il suo fulcro nella parte centrale, dov'è un cavallo bianco e nero e, più in basso, Saulo caduto dalla sella dopo esser stato folgorato da Dio, raffigurato invece in alto tra le nubi dorate. Nella seconda il tema è quello della caduta di Simone Mago, teologo e occultista che vantava la realizzazione di una serie di prodigi e miracoli, che per questo motivo venne condannato da Dio dietro le preghiere di san Pietro e Paolo, ritratti più in basso con le braccia al cielo mentre guardano l'eretico gettato nel vuoto dai suoi stessi demoni. Lo stesso pittore realizzò poi nelle otto centine laterali (quattro per parete) angeli, allegorie e virtù (sia teologali che cardinali), incorniciati da stucchi dorati a motivi fitomorfi e floreali compiuti da Lorenzo Vaccaro appena due anni prima del ciclo di affreschi, quindi nel 1687. Nei quattro scomparti posti all'estremità delle pareti sono affrescati angeli musicanti (con l'arpa, con l'organo, con il liuto e con il violoncello). In ognuno dei quattro scomparti centrali delle pareti lunghe sono invece disposte tre figure femminili rappresentanti virtù: quindi la Fede, Speranza e Carità e i Doni dello Spirito Santo su un lato, mentre sull'altro la Temperanza, Prudenza e Fortezza e, infine, l'Abbondanza, Giustizia e Pace. Al di sotto di questi ultimi scomparti sono infine altre centine incorniciate in stucchi dorati con affrescati coppie di angeli reggenti medaglioni contenenti i ritratti dei quattro fondatori dell'ordine dei Teatini: San Gaetano da Thiene, Paolo IV (alias Gianpietro Carafa), Bonifacio de' Colli e Paolo Consiglieri. La decorazione della volta è infine scandita in quattro fasce scandite anch'esse a loro volta da stucchi dorati finemente scolpiti da Lorenzo Vaccaro. Ogni fascia è caratterizzata da un riquadro centrale raffigurante un'allegoria, contornato da spicchi con putti con i simboli cristologici e, più all'estremità, da due lunette recanti altre figure allegoriche. Oltre al ciclo di affreschi è presente nella sala anche mobilia di fine Seicento, in particolare un armadio circolare che ruota intorno alle pareti laterali a quella di fondo sotto l'affresco di San Paolo. Quest'ultima anta ospitava in origine un orologio in tartaruga ornato da finiture bronzee, risalente al 1678 e firmato da Lorenzo Shaiter è tuttavia ricollocato oggi in ambienti del complesso monastico, mentre sull'altra parete di fondo, priva di mobilia, era un piccolo dipinto della Natività di scuola giordanesca incorniciato dagli stessi stucchi dorati del Vaccaro che seguono la decorazione della cappella.
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### Titolo: Autoritratto entro uno specchio convesso. ### Introduzione: L'Autoritratto entro uno specchio convesso è un dipinto a olio su tavola convessa (diametro 24,4 cm) del Parmigianino, databile al 1524 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. La tavola mostra appunto il giovane artista che ritrae il suo volto al centro di una stanza distorta dalla visione dello specchio convesso, con in primo piano una mano appoggiata sul ripiano dove sta lo specchio, che diventa oblunga e deforme, ma finissima nella stesura pittorica. Si tratta della mano destra (va considerato infatti che si tratta di uno specchio), con la sinistra che è fuori dal campo visivo, impegnata probabilmente a dipingere. Un anellino d'oro è infilato al mignolo e la manica plissettata è dipinta con veloci e sicure pennellate di bianco. Curioso è anche l'abito, rappresentato a grandi linee con pennellate veloci e sicure, una pelliccia da inverno padano, dalla quale sbuca il polsino a sbuffo della camicia bianca di batista. I capelli sono curati, a caschetto, il volto da adolescente (aveva ventun'anni), di angelica bellezza, come scrisse Vasari. La stanza mostra se non la ricchezza almeno l'agiatezza della famiglia: un soffitto a cassettoni e una finestra 'impannata', cioè copribile per tre quarti da un panno per proteggere dal freddo e filtrare la luce come si addiceva a uno studio di pittori. Non si vedono mobili, sintomo di una certa austerità. Negli studi sul manierismo, l'Autoritratto entro uno specchio convesso è diventato una sorta di emblema di quel periodo dell'arte, grazie alla presenza della visione anamorfica. Varie letture, talvolta bizzarre, sono state proposte sulla scia della sua fama e in base alla conoscenza dell'interesse dell'artista per l'alchimia. In particolare Fagiolo dell'Arco vi vedeva una rappresentazione dell'opus alchemico (1969-1970), con la rotondità della tavola che corrisponderebbe alla 'prima materia', lo specchio allo sperimentalismo alchemico, e l'espressione alla malinconia, tipica qualità del carattere dell'alchimista. Freedman (1986) e Boehm (1986) vi lessero un ritratto dell'animo interiore. Oggi queste interpretazioni sono considerate in genere troppo sottili, confermando piuttosto la giustificazione vasariana dello sfoggio virtuoso per l''entratura' nella competitiva corte pontificia.
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### Titolo: Il generale Johnson che salva un ufficiale francese ferito. ### Introduzione: Il generale Johnson mentre salva un ufficiale francese ferito da un tomahawk di un indiano del Nord America è un dipinto di Benjamin West, completato tra il 1764 ed il 1768. Raffigura una scena osservata da un nativo della Pennsylvania subito dopo quanto raffigurato nell'opera. Appartiene alla collezione del Derby Museum and Art Gallery. ### Descrizione. Il dipinto è importante in quanto si tratta di una visione contemporanea che mostra tutte e tre le potenze in gioco durante la guerra franco-indiana (che potrebbe essere chiamata più correttamente 'guerra anglo-franco-indiana' ). Esso raffigura il generale Sir William Johnson impedire ad un guerriero indiano di prendere lo scalpo del barone Jean Erdman von Dieskau , un soldato francese ferito e sconfitto, che giace a terra . Questo dipinto ha buoni dettagli della figura dell'indiano, ed il suo scalpo ed i tatuaggi vengono raffigurati in modo più dettagliato rispetto alle uniformi europee. West era noto per avere posseduto una collezione di manufatti del Nord America che ha impiegato nei suoi dipinti . Benjamin West era uno dei primi pittori americani. Egli affermò di avere ricevuto i rudimenti della pittura da un amico d'infanzia indiano che gli mostrò come potesse dipingere miscelando argilla al grasso d'orso. Probabilmente iniziò il dipinto poco dopo il suo arrivo a Londra, nel 1763, quando era tornato dall'Italia dove aveva trascorso tre anni. Proprio come con il precedente La famiglia indiana, un dipinto di circa il 1761, qui dimostra la stessa volontà di illustrare 'i giusti vestiti ed equipaggiamento'. Inoltre fornisce una delle due immagini note contemporanee della fanteria leggera britannica nel periodo delle guerre indiane. Mentre nella pittura italiana l'accuratezza e l'autenticità avevano lo scopo di dare una rappresentazione generica della vita indiana, qui principia un nuovo modo di utilizzare l'arte, quello di lasciare un resoconto di un recente evento storico . Anche se l'oggetto e alcuni 'dettagli fisici e simbolici' possono essere trovati più strettamente legati alla battaglia di Fort Niagara (1759) , il dipinto è generalmente ritenuto ritrarre un incidente accaduto durante la campagna del 1755. Presso il lago George erano schierati i francesi comandati dal barone Jean Erdman von Dieskau, con i loro alleati indiani, e una truppa mista composta da Mohawk e milizia del New England, guidata da Johnson. Dopo aver respinto un attacco contro il loro campo, gli inglesi ed i loro ausiliari prese il sopravvento: Dieskau, ferito tre volte, ebbe la vita salva da Johnson, che lo protesse dalla vendetta dei Mohawk per i loro parenti uccisi. Egli così sopravvisse e fu tenuto prigioniero a New York, poi a Londra, ed infine a Bath dove venne curato per una ferita ancora non cicatrizzate. Alla fine della Guerra dei Sette Anni nel 1763 fu rimpatriato in Francia, dove morì nel 1767. West ritornò sul tema della guerra americana con il suo La morte del generale Wolfe esposto nel 1771, opera molto più grande che consolidò la sua reputazione ma creò scalpore, per l'uso di vestiti contemporanei.
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### Titolo: Ritratto di Lorenzo Cybo. ### Introduzione: Il Ritratto di Lorenzo Cybo è un dipinto a olio su tavola (126x104 cm) del Parmigianino, databile al 1524 e conservato nello Statens Museum for Kunst a Copenaghen. ### Descrizione e stile. Il militare è ritratto con la figura eretta tagliata alle gambe, presso un paggio che gli regge la spada, sulla cui elsa egli poggia la destra, mentre la sinistra è sulla fiasca da militare legata alla cintura. Indossa un elegante abito decorato da tagli, secondo la moda più esuberante del tempo, rosso sopra la camicia bianca bordata d'oro e con una casacca nera senza maniche. Indossa un cappello vermiglio con piuma e tagli lungo la tesa, uguale a quello del ritratto di Galeazzo Sanvitale. La barba è lunga, i capelli corti e crepi, lo sguardo intenso e diretto verso lo spettatore. Davanti a lui, su un parapetto, il paggio regge i guanti e un vassoio su cui si trovano due medaglie bronzee e un dado, forse allusione al 'gioco del destino' e ai suoi interessi in campo artistico. Dietro si trova una balaustra oltre la quale un pergolato è invaso da un fittissimo fogliame. Stilisticamente l'opera è vicina al Ritratto di Galeazzo Sanvitale e al San Vitale a cavallo della chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma, e vi si registrano influenze varie, come quella del Pordenone nella figura del paggio. Tale vicinanza con opere immediatamente precedenti al soggiorno romano ne fanno forse la prima opera ad essere stata dipinta a Roma, prima che i lavori di Michelangelo e Raffaello innescassero un nuovo influsso.
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### Titolo: Conversione di san Paolo (Parmigianino). ### Introduzione: La Conversione di san Paolo è un dipinto a olio su tela (177,5x128,5 cm) del Parmigianino, databile al 1527 e conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna. ### Descrizione e stile. L'esattore romano Saulo è appena caduto da cavallo, quando uno squarcio luminoso nel cielo segna la sua illuminazione divina e conversione al cristianesimo. Il tema è svolto con il protagonista semisdraiato a terra, con le braccia spalancate, di cui una appoggiata al suolo, e le gambe divaricate, dando un grande dinamismo alla scena, magnificato soprattutto dal cavallo bianco che si impenna, di profilo col muso girato verso lo spettatore. Elemento curioso e sfarzoso è la sella di pelliccia d'ermellino. L'uso delle torsioni, le proporzioni allungate e gli arti gonfiati (soprattutto i polpacci e le cosce) sono perfettamente compatibili con la produzione dopo il soggiorno romano, influenzata da Michelangelo, ma rielaborata in qualcosa di più originale, di 'manierista'. Lo sguardo è estatico, rivolto verso l'alto, proprio come nel San Rocco e un donatore. La figura antinaturalistica del cavallo, dal collo gonfio e la testa piccola e sottile, le redini ridotte a un filamento capriccioso, la gualdrappa setosa, le vesti leggere del santo, le lumeggiature dorate della superficie, danno al dipinto il segno di un'invenzione decorativa, di un'astrazione deformata e compiaciuta. Il tutto è ambientato in un paesaggio fatto di alberelli fronzuti, colline e montagne, legato ai modi di Dosso Dossi e della pittura nordica, da cui sembra derivare il cupo cielo plumbeo, con toni rossastri attorno all'emanazione divina. Esiste un disegno che riproduce con poche variazioni la tela e se il riferimento alla Cacciata di Eliodoro di Raffaello, nelle Stanze vaticane.
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### Titolo: Centauro ferito. ### Introduzione: Il Centauro ferito è un dipinto a tempera d'uovo e olio su tavola (77,5x68,5 cm) di Filippino Lippi, databile al 1485-1490 circa e conservata nella Christ Church Picture Gallery di Oxford. ### Descrizione e stile. In un paesaggio roccioso, con un'ariosa apertura sul mare a sinistra, un centauro, uscito dalla grotta in cui si intravede la sua famiglia, ha trovato la faretra di Cupido e inavvertitamente si è ferito uno zoccolo con una freccia. Accanto alla grotta il giovane dio alato se la dorme tenendo l'arco rosso. La scena ha un evidente contenuto allegorico, derivato in parte dai Fasti di Ovidio (Libro V, 387 e ss.), in cui si racconta come il centauro Chirone, mentre ispezionava le frecce di Ercole, si ferisce rimanendo fatalmente contaminato dal veleno dell'Idra di Lerna. Il centauro, per metà uomo e per metà animale, era un simbolo spesso usato dall'Accademia neoplatonica per definire la natura umana, divisa tra istinti più bassi, animali, e ispirazioni alte, voltate al divino. Il messaggio che qui si è voluto rappresentare è un'allegoria dei pericoli dell'amore: a riprova di ciò c'è l'atteggiamento del centauro che, tutt'altro che contrariato per la ferita, osserva con curiosità le frecce nella faretra decorata d'oro e con un laccio terminante in nappe che svolazza creando sinuose curve, nello stile più tipico dell'artista. Grande attenzione è riservata al paesaggio, con lo sperone roccioso popolato di alberelli e arbusti a cui fa da contraltare la veduta marina, densa di valori atmosferici che spingono l'occhio in lontananza. Il prato in primo piano è descritto con la stessa amorevole cura, con un arbusto secco dal ramo spezzato. Sul retro della tavola si trova una composizione incompleta e frammentaria che forse rappresenta un'allegoria del Fato o della Fortuna, forse un'idea abbandonata piuttosto che il progetto per una decorazione fronte-retro.
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### Titolo: Porzia (Fra Bartolomeo). ### Introduzione: Porzia è un dipinto a olio su tavola (108x52 cm) di Fra Bartolomeo, databile al 1490-1495 circa e conservato negli Uffizi di Firenze. Fa coppia con una Minerva entro una nicchia del tutto analoga, nel Museo del Louvre. ### Descrizione e stile. Da una nicchia si affaccia una fanciulla che i carboni ardenti ai suoi piedi fanno riconoscere in Porzia, figlia di Catone l'Uticense, che si uccise ingoiandoli per la sconfitta del marito, Marco Giunio Bruto, durante la battaglia di Filippi. La donna doveva far parte di una serie di donne illustri, magari destinata a decorare una sala di un palazzo privato. La figura ancheggia sulla sinistra, indicando a destra un probabile pendant. L'ampio panneggio, che ricade con pieghe ampie e solenni, aumenta il senso del volume, così come la collocazione nella nicchia, riservata solitamente alla statuaria.
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### Titolo: Ingresso di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860. ### Introduzione: L'Ingresso di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860 è un disegno a china acquerellato su carta (38 × 58 cm) eseguito da Franz Wenzel Schwarz (1842-1919) in un arco temporale che va dal 1860 al 1875 e conservato presso il Museo civico di Castel Nuovo a Napoli. ### Descrizione. L'autore austriaco, operante a Napoli già durante il periodo borbonico, era noto per le sue esecuzioni rappresentanti scena di vita reale. La rappresentazione del disegno riguarda l'ingresso nella capitale del Regno delle Due Sicilie di Giuseppe Garibaldi con le sue truppe militari. Egli entra in città vittorioso ed acclamato dalla folla che, festeggiante, lo porta in trionfo. La scena si svolge nella vecchia piazza Spirito Santo divenuta immediatamente dopo questo evento, piazza sette Settembre. Interessante è notare lo sfondo del disegno, su cui si ammira il Palazzo Doria d'Angri di Luigi Vanvitelli, dal cui balcone principale Garibaldi proclamò l'annessione del Regno delle Due Sicilie a quello d'Italia. Del palazzo si può notare anche che la parte superiore è caratterizzata da otto sculture, sei delle quali (quattro del lato sinistro dell'edificio e due di quello destro) oggi perdute in quanto distrutte durante un bombardamento degli alleati avvenuto nella seconda guerra mondiale.
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### Titolo: Tarquinio Prisco fonda il tempio di Giove in Campidoglio. ### Introduzione: Tarquinio Prisco fonda il tempio di Giove in Campidoglio è un affresco staccato riportato su tela (132x150 cm) di Perin del Vaga, databile al 1521 circa e conservato negli Uffizi di Firenze. Proviene da palazzo Baldassini a Roma. ### Descrizione. Il re Tarquinio Prisco è raffigurato a sinistra, con un braccio alzato e la veste da guerriero, mentre osserva un architetto che in terra traccia i segni per gettare le fondazioni del Tempio di Giove Capitolino, lo storico edificio sacro che si trovava sull''acropoli' romana. Assistono vari personaggi, ritratti in isocefalia, che coi loro gesti e sguardi, ora sorpresi, ora interessati, ora distratti, sondano lo spazio indirizzando l'occhio dello spettatore in ogni direzione. In primo piano si vede un fanciullo accanto al re, mentre sullo sfondo, arrampicati sulle basi di alcune colonne, si trovano due trombicini e alcuni curiosi. Alcune figure si abbracciano, forse per simboleggiare arcadici tempi della concordia. Tra le colonne si aprono poi squarci con vedute di Roma, già costellata di monumenti. ### Stile. La scena mostra una monumentalità e una vivace vena narrativa formatasi a fianco di Raffaello nelle Stanze Vaticane. In particolare alcuni dettagli, come le persone abbracciate alle colonne per innalzarsi e meglio vedere la scena, sono citazioni testuali di affreschi come la Cacciata di Eliodoro dal tempio. Evidente è l'interesse decorativo, dato dai toni pastello delle vesti dei personaggi o dalla piacevolezza degli scorci cittadini.
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### Titolo: Giustizia di Seleuco. ### Introduzione: La Giustizia di Seleuco è un affresco staccato riportato su tela (148x197 cm) di Perin del Vaga, databile al 1521 circa e conservato negli Uffizi di Firenze. Proviene da palazzo Baldassini a Roma. ### Descrizione. Il re di Locri Epizefiri Seleuco, per mostrare la sua imparzialità davanti alle leggi da lui stesso promosse, arrivò a punire l'empio figlio, colpevole di adulterio, con l'esemplare pena di avere un occhio cavato, come previsto esplicitamente da una norma, senza sconti. Il re è rappresentato tra una serie di personaggi a sinistra mentre impartisce con fermezza l'ordine, nonostante le figure che piangono, e la pena viene eseguita a destra, sui gradini di un tempio, dove un boia si avvicina al giovane seduto, pronto a gettare l'occhio cavato in una bacinella lì presente. Molti sono gli astanti, con un paesaggio campestre che si apre nello squarcio centrale tra gli edifici. ### Stile. La scena mostra una monumentalità e vivace vena narrativa formatasi a fianco di Raffaello nelle Stanze Vaticane. In particolare alcuni dettagli, come la figura che distende le braccia per indicare il fulcro della scena, sono citazioni testuali di affreschi come l'Incoronazione di Carlo Magno. Evidente è l'interesse decorativo, dato dai toni pastello delle vesti dei personaggi o dalla piacevolezza dello scorcio paesistico.
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### Titolo: Camera nuziale Borgherini. ### Introduzione: La Camera nuziale Borgherini era un ciclo di pitture un tempo presenti in palazzo Borgherini a Firenze. ### Descrizione. La camera era stata disegnata da Baccio d'Agnolo ed era probabilmente un complesso di architettura lignea che comprendeva vario mobilio, rallegrato dai pannelli dipinti, tutti a olio su tavola. Vasari elencò 'spalliere, cassoni, sederi e letto di noce', tutti 'pieni di putti intagliati con somma diligenza' e decorati dalle pitture. Il tema, in generale, era quello della prefigurazione della vita di Cristo e dell'esaltazione della Divina Provvidenza, nonché delle virtù cristiane. Elenco dei pannelli.
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### Titolo: Ritratto di Costanza Rangoni, contessa Gozzadini. ### Introduzione: Il Ritratto di Costanza Rangoni, contessa Gozzadini, è un dipinto a olio su tavola (50x46,4 cm) del Parmigianino, databile al 1530 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. La donna ha indosso un sontuoso vestito rosato, con le maniche a sbuffo decorate da tagli alla francese, secondo la moda dell'epoca. È aperto sul petto e mostra la sottostante camicia bianca, fermata al collo da una fascia dello stesso colore dell'abito. In testa indossa una cuffia a ciambella con ricami d'oro, secondo una moda lanciata a suo tempo da Isabella d'Este e popolare nei primi decenni del Cinquecento in tutta l'area lombarda e padana. Il volto è di tre quarti e mostra una notevole finitezza, rispetto all'abito tratteggiato in maniera più svelta, con rapide pennellate non completamente fuse. Essa guarda lo spettatore intensamente, instaurando un muto dialogo da cui traspare la sua psicologia, di donna nobile, intelligente e carismatica.
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### Titolo: Giuseppe condotto in carcere. ### Introduzione: Giuseppe condotto in carcere è un dipinto a tempera su tavola (95,7x130,5 cm) di Francesco Granacci, databile al 1515 circa e conservato negli Uffizi di Firenze. Faceva anticamente parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. Sullo sfondo di una vasta architettura e di un paesaggio che si rifà alla scuola fiorentino-umbra di fine Quattrocento, l'artista rappresentò varie scene correlate della vita di Giuseppe. La narrazione si ispira molto fedelmente al racconto biblico (Genesi, 37 e 39). Giuseppe dopo essere stato venduto dai fratelli all'egiziano Putifarre soprintende alla gestione della casa di lui e, grazie alla benedizione del Signore, le cose prosperano. Alla miracolosa benedizione si riferiscono probabilmente le apparizioni celesti, anche se Putifarre è pagano, come mostra il suo gesto di adorare l'idolo su una colonna. Sullo sfondo, dentro un palazzo circondato da loggiato (da notare la fuga prospettica di archi al centro), si svolge l'episodio dell'adescamento da parte della moglie di Putifarre, consorte del padrone di Giuseppe, la quale vedendopsi rifiutata finge di essere da lui violentata, dando l'allarme. Accorrono numerose guardie e, in primo piano, catturano Giuseppe. Egli è poi condotto in prigione (finestrella con la grata nell'edificio al centro), dove conosce i due compagni del coppiere e del panettiere. Stilisticamente il pannello mostra un gusto ancora un po' arretrato, legato ai modi di quindici/vent'anni prima, ispirati all'ultimo Botticelli o a Pietro Perugino. Le figure infatti interagiscono ordinatamente con lo spazio, dividendosi nettamente tra sfondo e primo piano, con una gestualità pacata, espressiva quanto basta per capire il racconto. I colori sono sgargianti, in tonalità piene che evidenziano i volumi delle forme. Queste caratteristiche appaiono già superate nei pannelli di Pontormo della serie, di quella stessa prima fase, verso il cui gusto si orientaranno anche le scelte successive dei committenti.
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### Titolo: Giuseppe presenta al faraone il padre e i fratelli. ### Introduzione: Giuseppe presenta al faraone il padre e i fratelli è un dipinto a tempera su tavola (95×224 cm) di Francesco Granacci, databile al 1515 circa e conservato negli Uffizi di Firenze. Faceva anticamente parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. Sullo sfondo di una vasta architettura e di un paesaggio che si rifà alla scuola fiorentino-umbra di fine Quattrocento, l'artista rappresentò la scena finale della vita di Giuseppe. Sembra di scorgere infatti il battistero di Firenze senza il tetto. La narrazione si ispira molto fedelmente al racconto biblico (Genesi, 47, 7). Giuseppe, divenuto governatore d'Egitto, dopo varie vicende e dopo aver fatto portare il padre in terra nilotica, li perdona e, infine li presenta al faraone. Sullo sfondo di un palazzo, una sorta di anfiteatro ottagonale e una loggia si vede arrivare da sinistra il corte del faraone, con Giuseppe che lo precede e che fa un gesto di presentazione verso i quattro fratelli, tutti inginocchiati col bastone del pellegrino, e il padre al centro di essi. Nella parte destra e sullo sfondo, qua e là, vari personaggi di contorno riempiono la scena, variamente atteggiati. Stilisticamente il pannello mostra un gusto ancora un po' arretrato, legato ai modi di quindici/vent'anni prima, ispirati all'ultimo Botticelli o a Pietro Perugino. Le figure infatti interagiscono ordinatamente con lo spazio, dividendosi nettamente tra sfondo e primo piano, con una gestualità pacata, espressiva quanto basta per capire il racconto. I colori sono sgargianti, in tonalità piene che evidenziano i volumi delle forme. Queste caratteristiche appaiono già superate nei pannelli di Pontormo della serie, di quella stessa prima fase, verso il cui gusto si orienteranno anche le scelte successive dei committenti. Antonio Natali attribuì il paesaggio al Maestro dei Paesaggi Kress.
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### Titolo: Cupido che fabbrica l'arco. ### Introduzione: Cupido che fabbrica l'arco è un dipinto a olio su tavola (135x65,3 cm) del Parmigianino, databile al 1533-1535 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Il formato stretto e alto della tavola incornicia alla perfezione il corpo statuario di Cupido, che dimostra forse dieci o undici anni, dalla pelle perfettamente liscia. Il fanciullo, tutto nudo, è voltato di spalle ruotando la testa verso lo spettatore, mentre con un grosso coltello sta intagliando un arco da un ramo poggiato su alcuni libri, declassati a bancone da lavoro, su cui il giovinetto appoggia anche la punta del piede sinistro, col ginocchio piegato in avanti (forse allusione alla prevalenza dell'eros sulla scienza). Il capelli ricci e biondi sono raccolti da una catenella dorata, ricordando un'acconciatura prettamente femminile. Evidenti sono i risvolti erotici, dati dalle natiche dalla rotondità e morbidezza tipicamente infantili ben in vista, nonché dalla pittura 'a punti di luna', cioè dall'accento lunare posto sulla carne nuda che si staglia statuaria sullo sfondo scuro. L'attenzione nella metà inferiore del dipinto è attirata dai due putti che si intravedono tra le gambe di Cupido, stretti in un abbraccio sporgendo a mezza figura oltre il piano d'appoggio principale. Il maschietto, che è alato, indirizza allo spettatore uno sguardo di maliziosa complicità, stringendo con forza la femminuccia, che cerca di ribellarsi in una smorfia di rabbia molto ben rappresentata, che sicuramente richiese un accurato studio dal vero. Egli le blocca un polso e le afferra l'altro braccio, avvinghiandola a sé, in un gesto che Vasari lesse, forse un po' forzatamente, come «uno piglia l'altro per un braccio e ridendo vuol che tocchi Cupido con un dito, e quegli, che non vuol toccarlo, piange mostrando aver paura di non cuocersi al fuoco d'amore». I due fanciulli rappresentano forse le insidie dell'amore non corrisposto a cui Cupido, fabbricando la sua arma, metterà presto rimedio. Sulla coppia di amorini sono state formulate varie ipotesi interpretative: Anteros e Liseros (rispettivamente l'impulso maschile che dà forza all'amore e il principio femminile che lo estingue), oppure l'Amor sacro e Amor profano, o ancora gli opposti alchemici. Essi prefigurano, stilisticamente, il gruppo degli angeli di sinistra nella Madonna del collo lungo e appaiono come una riflessione sui putti del Correggio, anche se in uno spirito ormai lontano da quello così amabilmente spontaneo delle opere suo maestro. L'opera mostra affinità con le opere degli anni trenta, quali lo scintillare dorato dei capelli, gli occhi vivi, la luce fredda e artificiale. Vasari la definì «vaga per colorito, ingegnosa per invenzione e graziosa». Innocentemente malizioso, il dipinto ha una grande freschezza espressiva che riesce a mettere in secondo piano l'artificio antinaturalistico di quel corpo di marmo e di quelle ali che paiono di metallo. Dietro l'ispirazione letteraria, petrarchesca dell'opera, si cela un'esaltazione pagana e carnale dell'amore, non esente da una certa ambiguità sessuale, a cui sembra alludere la complice malizia dell'espressione del protagonista.
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### Titolo: Coperta di ritratto con grottesche. ### Introduzione: La Coperta di ritratto con grottesche è un dipinto a olio su tavola (73x50,3 cm) attribuito a Ridolfo del Ghirlandaio, databile al 1510 circa e conservato negli Uffizi di Firenze. L'opera è associata al ritratto di Donna velata nello stesso museo. ### Descrizione e stile. Non era infrequente, dall'inizio del Cinquecento, proteggere i ritratti con lastre lignee scorrevoli, dette appunto 'coperte' o 'tirelle'. Queste dovevano essere sottili ed avere dimensioni leggermente superiori delle opere, per adattarsi su di esse, compresa l'eventuale cornice; tale usanza era nata probabilmente in coincidenza col declino dei ritratti di profilo, che invece venivano chiusi a libro. La coperta degli Uffizi presenta un soggetto particolarmente evocativo, che introduce con un senso di mistero all'immagine celata, tramite la maschera e l'iscrizione 'SVA CVIQVE PERSONA' ('a ciascuno la propria maschera'). Su uno sfondo scuro si trova infatti la tabella biansata con l'epigrafe latina, circondata da estrosi girali di colore bronzeo in cui si riconoscono vari soggetti: due delfini, un'ampolla col fuoco acceso, una testina animale, due draghi dalla coda attorcigliata e maschere sotto le zampe. Al centro, in chiari colori carnicini, spicca la maschera simbolica, dai tratti indefinitamente maschili o femminili.
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### Titolo: Madonna col Bambino (Alonso Berruguete). ### Introduzione: La Madonna col Bambino è un dipinto a olio su tavola (89x64 cm) di Alonso Berruguete, databile al 1515 circa e conservato negli Uffizi di Firenze. ### Descrizione e stile. Su uno scuro paesaggio di sfondo la Madonna, qui a mezza figura, tiene il Bambino solleticandolo. Egli è rappresentato in scorcio diagonale, coi piedini in primo piano su un cuscino rosso poggiato su un parapetto e la testa a destra, oltre quella di Maria, che è di profilo. Una tale composizione, ispirata da opere fiorentino del primo Quattrocento (soprattutto Donatello), si ritrova molto simile ma invertita in una Madonna del Bacchiacca, oggi al Walters Art Museum di Baltimora: probabilmente entrambi si ispirarono a un prototipo michelangiolesco, a cui rimandano le grandi e poderose mani di Maria. La tavolozza appare leggermente cangiante negli incarnati e molto accentuato è il rilievo scultoreo nella figura del Bambino.
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### Titolo: Salomè con la testa del Battista (Alonso Berruguete). ### Introduzione: Salomè con la testa del Battista è un dipinto a olio su tavola (87,5x71 cm) di Alonso Berruguete, databile al 1512-1517 circa e conservato negli Uffizi di Firenze. ### Descrizione e stile. Sullo sfondo di una parete scura, che rivela a sinistra un paesaggio nordico, Salomè seduta tiene nel vassoio la testa di Giovanni Battista recisa. Le forme sono allungate e sinuose, accentuate dai panneggi e dal velo trasparente mosso dal vento in testa alla donna. L'espressività è caricata, soprattutto nella gigantesca testa del Battista, che sembra rifarsi piuttosto all'iconografia di Golia. In basso a destra si vede un libro, appoggiato con una prospettiva distorta, da sott'in su.
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### Titolo: Presentazione al Tempio (Fra Bartolomeo). ### Introduzione: La Presentazione al Tempio è un dipinto a olio su tavola (155x159 cm) di Fra Bartolomeo, datata 1516 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. La scena è ambientata in una spoglia architettura classica, sullo sfondo di un altare racchiuso tra due colonne, delle quali si vede solo il fusto e la base. Al centro il sacerdote Simeone, con una sgargiante veste rossa, regge il Bambino benedicente e si colloca tra Giuseppe, a sinistra, e Maria (posti un gradino più in basso), mentre da dietro appaiono due figure femminili, tra cui la profetessa Anna (quella più anziana). Sull'altare l'ancona ritrae Mosè. Il ritmo pausato, la ricca corposità del colore, la maestosità e i volumi monumentali dei personaggi ne fanno un ottimo esempio dello stile del pittore e, più in generale, della 'scuola di San Marco' di cui Fra Bartolomeo fu il maestro indiscusso.
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### Titolo: Storie di Virginia (Filippino Lippi). ### Introduzione: Le Storie di Virginia è un dipinto a tempera su tavola (45x126 cm) di Filippino Lippi, databile al 1478-1480 circa e conservato nel Museo del Louvre di Parigi. ### Descrizione e stile. La scena ha come tema fondamentale l'onore violato, ispirato al racconto di Tito Livio: Virginia, dopo essere stata rapita da Marco Claudio (a destra), viene dichiarata schiava di Appio Claudio dai Decemviri (al centro). Il padre ed il marito della donna, però, dapprima chiedono clemenza, poi, per preservare l'onore della donna, la uccidono, il che innesca la rivolta dei Romani (a sinistra). Tipico pendant con Lucrezia romana, rappresentava un modello di castità e continenza per le giovani spose, per cui è frequente trovarla su arredi nuziali, come i cassoni, o su piccole opere destinate alla decorazione di camere e altri ambienti privati. Ispirate allo stile di Botticelli, le scene sono ambientate in una rigorosa architettura classica, dalle forme nitide, composta da un lungo portico, con scarsella chiusa al centro, oltre il quale si vedono alcuni edifici e un paesaggio, che in lontananza porta alle mura di una città, del tutto simili a quelle di Firenze. I personaggi sono particolarmente vivaci, ma l'unità narrativa è garantita dal raccordo dello sfondo architettonico.
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### Titolo: Storie dell'infanzia di Giuseppe. ### Introduzione: Storie dell'infanzia di Giuseppe è un dipinto a olio su tavola (98x135 cm) di Andrea del Sarto, databile al 1515-1516 circa e conservato nella Galleria Palatina di Firenze. Faceva anticamente parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. Una grossa rupe e alcuni edifici fanno da sfondo alle storie di Giuseppe, trattate in più gruppi di figure e disposti in diversi punti del dipinto, ora in primo piano, ora in lontananza. Lo schema ricorda Piero di Cosimo, primo maestro del Sarto, ma la sciolta articolazione delle storie, sebbene non raggiunga la frenesia di quelle di Pontormo, dimostra un pieno superamento dei modi quattrocenteschi, da cui ad esempio Francesco Granacci, altro artista attivo nella serie, non seppe mai allontanarsi. Da sinistra si svolgono gli episodi di Giuseppe, sempre riconoscibile per l'abito giallo. Egli dopo aver interpretato i sogni del padre Giacobbe (a sinistra), in cui dimostra la predilezione del genitore rispetto ai suoi fratelli (a cui alludono il sole e la luna in cielo, in cui si vedono le facce dei genitori), viene inviato al centro, da Giacobbe e Rachele, a unirsi ai suoi fratelli pastori, recandovisi subito lungo un tragitto che si sviluppa in profondità. Al centro però, verso destra, essi lo fermano e lo gettano in un pozzo per via della gelosia che egli suscita loro. Essi se ne tornano dunque a casa e uno di loro mostra, in primo piano a destra, la tunica del fanciullo imbrattata di sangue al padre disperato, che lo crede morto sbranato dai lupi. Lo stesso malvagio fratello si vede al centro mentre scende dalla rupe, con la veste del fratellino sottobraccio. Giuseppe però si è salvato e, come si vede a destra con un nuovo vestito rosso, viene raccolto da dei mercanti che decidono di portarlo in Egitto dove lo venderanno come schiavo. La complessa articolazione delle storie è risolta con originalità nei vari gruppi, unificati dal medesimo spazio, una cristallina veduta naturale, con squarci di ampio respiro ai lati, dove il paesaggio si fa più profondo, velato da una lontana foschia.
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### Titolo: Giuseppe interpreta i sogni del faraone. ### Introduzione: Giuseppe interpreta i sogni del faraone è un dipinto a olio su tavola (98x135 cm) di Andrea del Sarto, databile al 1515-1516 circa e conservato nella Galleria Palatina di Firenze. Faceva anticamente parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. L'Egitto in cui sono ambientate le storie venne immaginato come un luogo ideale popolato di costruzioni rinascimentali, immerse in un verdeggiante paesaggio. Più gruppi di figure, disposti in diversi punti del dipinto, ora in primo piano, ora in lontananza, svolgono il tema biblico, dimostrando un pieno superamento dei modi quattrocenteschi, da cui ad esempio Francesco Granacci, altro artista attivo nella serie, non seppe mai allontanarsi. Da sinistra si vede la tenda del faraone, vicino al quale si vedono le sette spighe piene (che spuntano nell'acqua, vicino a un putto) e le sette vacche magre, accalcate in riva a un fiume; sullo sfondo Giuseppe viene liberato di prigione, su suggerimento dei suoi ex-compagni di cella, e condotto dal faraone, a destra al quale interpreta correttamente i sogni e al centro riceve, come segno di gratitudine per la spiegazione, un collare d'oro, tra la sorpresa degli indovini di corte. La complessa articolazione delle storie è risolta con originalità nei vari gruppi, unificati dal medesimo spazio, una visione cittadina in cui dimostrò una piena padronanza della prospettiva, con alcune piacevoli aperture paesistiche a sinistra e a destra, sotto l'arco della scalinata. La veste di alcuni personaggi, tra cui soprattutto quello con la camicia rossa, aiuta a leggere lo svolgersi dei fatti. L'uomo dalla camicia rossa e il suo compagno con il corpetto bruno e la camicia verde compaiono ben cinque volte: al centro, mentre tre scendono la scala della prigione con Giuseppe (dalla veste azzurra) e una a destra, davanti al Tempio. Giuseppe, analogamente, compare quattro volte e i sacerdoti del faraone due. Alcuni elementi si distinguono come pure decorazioni di sapore manierista, ispirate probabilmente dall'ex allievo Pontormo: ne sono esempio l'uomo nudo sdraiato a sinistra, una personificazione fluviale che non ha un ruolo nella storia, ma appare piuttosto come sfoggio di bravura anatomica, e i due putti che reggono con nastri il baldacchino del faraone, un elemento puramente decorativo.
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### Titolo: Tributo a Cesare. ### Introduzione: Il Tributo a Cesare è un affresco (502x536 cm) di Andrea del Sarto e Alessandro Allori, databile al 1520 circa (prima fase) e al 1582 (seconda fase) e conservato nella villa medicea di Poggio a Caiano (Prato). ### Descrizione e stile. La scena è ambientata sui gradini di una maestoso edificio classico, scorciato in maniera adattata per l'angolo di visuale, l'altezza e l'illuminazione della parete. Nel brulicare di personaggi, che animano la scena su diversi piani, si riconosce al centro Cesare/Lorenzo de' Medici con la corona d'alloro, che riceve alcuni ambasciatori. Essi hanno portato numerosi doni, soprattutto animali, tra cui si vede incedere, sullo sfondo a sinistra, la famosa giraffa Medici, dono del sultano d'Egitto del 1487. La parte più antica è quella con la cromia più chiara a sinistra; dalla fine della gradinata si vede una cesura che affiora e la parte seguente leggermente più scura: si tratta dell'aggiunta dell'Allori. Al centro delle due parti, vicino a un putto vivacemente atteggiato accanto a un tacchino, si trova la firma dei due artisti su un blocco di pietra. Tra i personaggi più singolari, il gruppo di personaggi con animali a sinistra, dalle pose ricercate, il cagnolino che scende le scale e il nano con la scimmietta, seduto sui gradini in primo piano. Le statue che decorano l'edificio sono tutte simboli celebrativi: vi si vedono due personificazioni dell'Abbondanza, una Giuditta con la testa di Oloferne (allusione alla Giuditta di Donatello che decorava Palazzo Vecchio e che era simbolo del potere civile fiorentino), e una rappresentazione della Giustizia (in alto a destra). La scena si segnala per la ricchezza di pose, atteggiamenti dei personaggi, scalati nei vari piani della rappresentazione con estrema libertà. Ciò ne fa una rappresentazione su scala monumentale delle caratteristiche più avanzate, sperimentate nelle Storie di Giuseppe della Camera nuziale Borgherini. Il colore pesca in tonalità insolite e ricercate, prediligendo le tinte secondarie, come il violetto, il verde acqua, l'arancio, l'albicocca, all'insegna della massima preziosità, ben intonata al tema esotico della scena.
@Scribis @Italiano. Il tuo compito è descrivere un dipinto.
### Titolo: Susanna e i vecchioni (Alessandro Allori). ### Introduzione: Susanna e i vecchioni è un dipinto a olio su tela (202x117 cm) di Alessandro Allori, firmata e datata 1561, e conservato nel Musée Magnin di Digione. ### Descrizione e stile. Il tema di Susanna, preso dal Libro di Daniele (13), era popolare nell'arte del pieno Rinascimento, venendo spesso rappresentato dagli artisti quale esempio di virtù che vince il vizio, nonostante le insidie. Più che il tema moraleggiante, all'artista interessava rappresentare soprattutto una scena di raffinato erotismo, col corpo nudo della fanciulla che sembra accogliere, piuttosto che respingere, le avances dei 'vecchioni', rappresentati in pose audaci. Una ricca ornamentazione ne fa un esempio tipico di opera destinata alle élite dell'epoca. il colore ricco e smaltato è tipico dello stile dell'artista, primo allievo di Agnolo Bronzino.
@Scribis @Italiano. Descrivi un famoso dipinto.
### Titolo: Paesaggio vicino Figueres. ### Introduzione: Paesaggio vicino Figueres è un dipinto dell'artista spagnolo Salvador Dalí. ### Descrizione. Questo è uno degli iniziali lavori del pittore (il primo famoso), dato che lo disegnò quando egli aveva solo sei anni; l'immagine riporta i dintorni di Figueres, sua città natale e dove trascorse i suoi primi anni. Agli inizi della sua precoce carriera, Dalì fu influenzato dal movimento impressionista e l'opera ne è un puro esempio. Nei dieci anni successivi il suo lavoro si caratterizzò per l'uso di colori brillanti e luminosi, questo fino al 1920 quando iniziò a creare opere cubiste e surrealiste. Paesaggio vicino Figueres fu dipinto a olio su una cartolina delle dimensioni di 14x9 cm, soprattutto la parte superiore (che potrebbe rappresentare il cielo oppure montagne verdi o innevate), pitturata in maniera tanto sottile che si intravedono segni stampati sotto. È oggi parte di una collezione privata di New York, Stati Uniti.
@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Pala dei Fornai. ### Introduzione: La Pala dei Fornai è un dipinto a olio su tela sagomata (318×152 cm) di Francesco Savanni, datato 1753 e conservato nella chiesa di San Giuseppe di Brescia, al secondo altare sinistro. ### Descrizione. La pala presenta un notevole affollamento di soggetti, conseguenza degli accordi stipulati con la supplica, dove oltre al santo protettore Guglielmo da Vercelli, raffigurato in basso mentre distribuisce il pane ai poveri, si possono trovare una moltitudine di santi e sante dell'Ordine francescano in adorazione della scena superiore, con la presentazione di Maria al Padre Eterno da parte di sant'Anna, il tutto sovrastato dalla colomba dello Spirito Santo. La rappresentazione si svolge per la maggior parte tra le nubi ed è completata da alcuni angioletti frapposti alle figure dei santi. La tela è firmata e datata in basso a sinistra, su un lembo della veste del povero: 'FRANC:US SAUANI / FECIT 1753'. ### Stile. La composizione è di difficile esecuzione, soprattutto per la grande quantità di figure che il Savanni si trova a dover posizionare nello spazio ridotto e in una grande varietà di atteggiamenti. La dura prova porta comunque a un esito piacevole ma mancante di profondità, tanto che la composizione appare quasi bidimensionale e le distanze tra i piani risultano appiattite. Il Savanni ripropone qui i riferimenti artistici a cui sempre guarderà nella sua produzione, cioè Giovanni Battista Piazzetta e Giambattista Pittoni, quest'ultimo recuperato però in una chiave coloristica più sommessa. Il dover rappresentare santi e sante nei loro abiti monacali, con conseguente prevalenza di tonalità scure, costringe il pittore a un'armonizzazione tonale mediante delicate sfumature, non rinunciando però a vivaci inserti cromatici di bianco, rosso, verde e violetto, rilevabili in più punti. Secondo Gaetano Panazza e Camillo Boselli (1946), il dipinto è paradigmatico della produzione del Savanni, che rimarrà sempre orientato verso quella che i due critici definiscono 'aurea mediocrità'.
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### Titolo: L'incendio delle Camere dei Lord e dei Comuni. ### Introduzione: L'incendio delle Camere dei Lord e dei Comuni è un dipinto olio su tela, di 92,5x123 cm, realizzato dall'artista romantico William Turner nel 1835 e oggi conservato nel Museum of Art di Cleveland negli Stati Uniti. ### Descrizione. Questo dipinto ritrae l'incendio che distrusse il parlamento di Londra nella notte tra il 16 e il 17 ottobre 1834. Il protagonista del dipinto è sicuramente la natura distruttrice; questo quadro non è dunque altro che la rappresentazione del sublime: la nube di fuoco che sale dal fiume avvolgendo ogni cosa incute terrore e, nello stesso tempo, suscita un ammirato stupore per l'inesorabile forza della natura. Turner è riuscito a cogliere l'attimo in cui un soffio di vento ha spostato la fiamma verso sinistra, lasciando intravedere le torri biancheggianti dell'abbazia di Westminster. Nonostante la grande fiamma sia la protagonista assoluta del dipinto, l'artista non tralascia le figure di esseri umani, come le due quinte di spettatori, una assiepata vicino alla riva del Tamigi (a sinistra), l'altra seduta a cavalcioni della balaustra del ponte di Waterloo (in basso a destra del dipinto). ### Stile. Nel dipinto è assente la prospettiva e la diagonale formata dal molo e dalle barche si interrompe dove si riflette la luce delle fiamme che bruciano il Palazzo del Parlamento. Lo spazio della composizione è ellittico ed è dominato dal vorticoso turbine di fiamme che rende, attorno ad esso, impercettibili le forme e illimitati i confini spaziali. Il colore è svincolato dalla forma, tanto che sembra quasi sciogliersi (anticipa Monet); c'è un contrasto fra colori caldi (fuoco e fumi) e colori freddi (aria e acqua). Ispirandosi al trattato di Goethe, i primi suggeriscono sensazioni di calore ed energia, mentre i secondi di drammaticità e di negatività. Forma e spazio sono definiti da colori puri (o saturi), ovvero colori non mischiati con altri colori, in particolare nero e bianco, affinché possano avere massima luminosità.
@Scribis @Italiano. Il tuo compito è descrivere un dipinto.
### Titolo: Floriano Ferramola e i soldati di Gaston de Foix. ### Introduzione: Floriano Ferramola e i soldati di Gaston de Foix è un dipinto a olio su tela di Modesto Faustini, databile alla seconda metà del XIX secolo e conservato nella Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia. ### Descrizione. La tela fissa uno dei più singolari episodi accaduti durante il tragico sacco di Brescia del 1512: le cronache narrano che, mentre Floriano Ferramola dipingeva gli affreschi della corte di Palazzo Borgondio a Brescia, la soldataglia francese di Gaston de Foix-Nemours penetrò nel palazzo per saccheggiarlo e, giunta ai piedi dell'impalcatura, impose al pittore di scendere e di consegnare oggetti preziosi e denaro.Floriano, senza scomporsi, avrebbe risposto che 'se l'intendesse con la moglie' e, alle repliche, aggiunse che 'facessero quanto volessero, gli bastava il pennello'. A quel punto, i soldati francesi, saliti sull'impalcatura, lo trascinarono a terra e stavano per ucciderlo, quando sopraggiunsero alcuni ufficiali che lo liberarono per ordine diretto di Gaston de Foix. Condotto il Ferramola alla sua presenza, il condottiero volle da lui un ritratto, per il quale lo ricompensò con duecento scudi.Nel dipinto è quindi raffigurato il Ferramola sull'impalcatura, davanti agli affreschi in esecuzione, mentre con atteggiamento scostante si rivolge ai soldati in armatura che, ai suoi piedi, lo stanno minacciando di scendere. A fianco del Ferramola si trova un aiutante, mentre sul margine inferiore, sparsi sul pavimento, si trovano vari attrezzi di lavoro. ### Stile. Il dipinto, sebbene sia di modesto valore artistico, è celeberrimo e iconico per quanto riguarda il tema raffigurato. Più in generale, è possibile collocare l'opera nel più vasto ambito della pittura ottocentesca bresciana a tema storico, che rivela una chiara predilezione all'evento del sacco del 1512 come emblema di una tragedia civica riscattata dall'eroica resistenza dei cittadini.I fatti narrati dalle cronache dell'epoca, tra i quali questo del Ferramola o il sacrificio dei congiurati che provocarono la dura reazione dei francesi, furono idealmente associati, nelle menti e nei pennelli di questi pittori ottocenteschi, agli eventi che, a partire dalla caduta della Repubblica di Venezia, portarono alla nascita dello Stato nazionale con il Risorgimento. Di simile concezione, ad esempio, si trovano alcune tele di Luigi Basiletti e l'ugualmente celebre Arresto di Ventura Fenaroli di Francesco Hayez.
@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Galleria degli Specchi (palazzo Medici Riccardi). ### Introduzione: La Galleria degli Specchi (anche detta di Luca Giordano), è una sala monumentale del palazzo Medici Riccardi di Firenze, nota sotto il profilo artistico per il ciclo di affreschi nella volta compiuti da Luca Giordano tra il 1682 e il 1685, inneggianti l'Apoteosi della dinastia Medici.Si tratta di uno dei più importanti cicli di affreschi barocchi, nonché uno dei massimi lavori eseguiti dal pittore napoletano durante la sua carriera. ### Descrizione. La sala, ampia e di forma rettangolare, è decorata interamente con gusto barocco. Un lato della parete lunga, affaccia sul cortile interno del palazzo, mentre l'altro è adiacente alla biblioteca Riccardiana. Sul cornicione lungo le pareti sono collocati diversi cartigli nei quali sono scolpiti motti antichi; uno riporta la frase «SAPIENS DOMINATUR / ET ASTRIS» (il sapiente domina anche gli astri), a testimonianza che l'intero programma iconografico contemplava sia l'aspetto religioso, che mitologico che scientifico.La volta è decorata dal ciclo di affreschi di Luca Giordano (1682 e 1685). Lungo le pareti sono invece collocati elementi decorativi in stucco (eseguiti da Agnolo Tortoli, Giovan Battista e Marco Andrea Ciceri, Anton Francesco Andreozzi e Domenico Gori) armadi intarsiati, otto porte-finestre sul lato sinistro e, alternate in successione, quattro porte e quattro specchi dipinti. Questi ultimi costituiscono un elemento di particolare pregio della sala: composti da vetro veneziano, presentano uno decorazioni con motivi floreali e frutti di Bartolomeo Bimbi, uno con motivi animali ed erbe palustri, di Pandolfo Reschi, e putti compiuti da Anton Domenico Gabbiani.Il ciclo di affreschi vede ritratti ai lati (lunghi e corti) della volta otto episodi mitologici che rimandano ai quattro elementi, alle scansioni del tempo e all'età dell'uomo. Ai quattro angoli sono poste alcune figure allegoriche rappresentanti le Virtù cardinali e i Vizi, mentre nella parte centrale del soffitto sono inscenate quattro storie che vedono come fulcro Giove e l'Apoteosi dei Medici.Tutto il racconto si snoda mediante il succedersi delle scene a ciclo continuo, secondo lo stile che Pietro da Cortona adottò già anni prima nei cicli delle stanze dei Pianeti di palazzo Pitti a Firenze e che diverrà l'elemento distintivo e peculiare della pittura del Giordano da questo momento in poi.L'intera lettura narrativa prende il via dal centro della parete lunga sul lato occidentale della Galleria, e prosegue in senso antiorario.
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### Titolo: Trionfo della Fede sull'Eresia. ### Introduzione: Il Trionfo della Fede sull'Eresia è un affresco (16×4 m) eseguito tra il 1706 e il 1707 da Francesco Solimena per la volta della sacrestia della chiesa di san Domenico Maggiore di Napoli. Rappresenta uno dei più alti capolavori artistici del pittore e più in generale del Settecento napoletano, divenendo un manifesto dell'arte classicista e rococò. ### Descrizione e stile. L'opera si sviluppa centralmente con una serie di personaggi distribuiti caoticamente nella scena, ma con una chiave di lettura della composizione continua e ben definita, che scorre dall'alto verso il basso a serpentina. La narrazione parte dalle figure che riempiono il cielo aureo, quindi l'Eterno Padre, il Cristo e la colomba dello Spirito Santo. Scendendo nella parte centrale sono in evidenza la Vergine che punta il dito sul dirimpettaio San Domenico, indicandolo come santo a cui i fedeli devono mirare per la buona condotta cristiana. Maria è accompagnata da santi e allegorie: alla sua sinistra sono san Tommaso d'Aquino con il sole in petto, mentre alla sua destra san Pietro Martire, santa Caterina da Siena, santa Caterina de' Ricci e santa Rosa da Lima. Sulla diagonale sinistra, invece, ci sono san Domenico che riceve una stella da un angelo, accompagnato ancora più in basso dalle virtù della Sapienza, con in una mano lo scudo recante la colomba dello Spirito Santo e nell'altra il libro della saggezza con sopra l'agnello pasquale, la Fede, più a sinistra, con il calice contenente il corpo di Cristo, mentre ancora più a sinistra è l'Obbedienza. La storia si conclude con San Michele Arcangelo che brandisce un fulmine che sta per scagliare contro gli eretici, ritratti questi in caduta al margine inferiore della composizione, sopra un arco in muratura. In basso a destra sintetizza a conclusione (o apertura) il tema narrativo il cane con la torcia in bocca e l'Idra di Lerna, che rappresentano proprio il concetto di investigazione e ricerca dei padri domenicani delle anime eretiche. Il predominante gusto rococò dell'affresco è sapientemente modulato dalla vivacità della composizione e dei colori che ravviano i fasti del primo rinascimento, lasciando intravedere peraltro, nella scelta dei colori oppositivi blu e rosso delle vesti della Vergine l'influenza di modelli che ricordano il Guercino. Un altro rimando artistico questa volta lo si scova nei confronti di Luca Giordano, dove nella figura dell'arcangelo Michele che sfiora col piede uno degli eretici si intravede la scelta compositiva che l'antico maestro compie nel San Michele Arcangelo sconfigge gli angeli ribelli (1666) del Kunsthistorisches Museum di Vienna.
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### Titolo: Il sogno (Henri Rousseau). ### Introduzione: Il sogno è un dipinto a olio su tela (204,5x298,5 cm) realizzato nel 1910 dal pittore francese Henri Rousseau. Si tratta di una delle ultime opere dell'artista. Il dipinto è un dono di Nelson A. Rockefeller al Museum of Modern Art di New York, dove è tuttora conservato. ### Descrizione dell'opera. L'autore ha realizzato, lungo tutta la sua carriera, più di 25 opere raffiguranti paesaggi che richiamano la giungla. L'aspetto peculiare è che Rousseau non era mai uscito dalla Francia metropolitana, pertanto l'artista si ispirava, nella realizzazione dei suoi dipinti, a descrizioni letterarie, oltre che alla visita di musei di storia naturale e di giardini botanici.Il dipinto rappresenta una giovane donna bianca nuda, sdraiata su un divano rosso, in una giungla: si tratta di Yadwigha, un'amica polacca del pittore. La attorniano vari animali - un grosso serpente arancione, alcuni uccelli, un elefante, una coppia di leoni (maschio e femmina) e un gruppo di scimmie - tutti affascinati dall'ascolto della melodia eseguita da un pifferaio indigeno; ma né essi né la giungla esistono, se non nel sogno di Yadwigha. Nel timore che il pubblico non capisse il quadro, Rousseau scrisse una poesia per accompagnarlo, intitolata Inscrizione per 'Il sogno':.
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### Titolo: Cacciata dei Bonacolsi. ### Introduzione: La Cacciata dei Bonacolsi è un grande dipinto a tempera su tela di Domenico Morone, realizzato nel 1494 e conservato nel Palazzo Ducale di Mantova. ### Descrizione. La tela illustra la vittoriosa battaglia che, il 16 agosto 1328, Luigi I Gonzaga ingaggiò a Mantova contro Rinaldo Bonacolsi per il possesso della città. Nell'opera è rappresentato sia l'infuriare della battaglia nella principale piazza cittadina, come raccontata dai vecchi cronisti, sia l'architettura della città così come appariva nel momento in cui il Morone la ritrasse, con le sue torri, i palazzi e, in fondo la piazza, la cattedrale di Mantova, rappresentata con la facciata tardogotica dell'architetto veneziano Jacobello dalle Masegne, ornata con le sculture del fratello Pierpaolo e di Giacomino da Pavia.Alle spalle del campanile romanico della Cattedrale si possono scorgere, non più esistenti, la chiesa di Sant'Agata con il suo campanile e il rione degli Scaglioni. Sulla sinistra del quadro si trova invece la torre, anche questa scomparsa, che sbarrava la strada che proveniva da Verona e che attraversava il ponte dei Mulini, da cui entrarono Guido Gonzaga e le sue truppe, giunto in città in aiuto del padre. Tra la porta e la piazza si staglia la torre della Gabbia mentre, sulla destra della tela, si trova il palazzo del Capitano.Questa architettura fa quindi da sfondo alla vita placida della città, rappresentata dal mulattiere che conduce il suo animale carico di sacchi di grano, che viene sconvolta dall'impeto della lotta tra le fazioni cittadine, riprodotta con grande realismo.
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### Titolo: Impressione III (concerto). ### Introduzione: Impressione III (concerto) (Импрессия III (Концерт)) è un'opera a olio su tela di Vasilij Kandinskij realizzata nel 1911. Misura 77,5×100 cm ed è conservata presso la Städtische Galerie im Lenbachhaus (Galleria Civica nel Lenbachhaus) di Monaco. ### Descrizione. Il dipinto Impressione III rappresenta un'esecuzione musicale, che Vasilij Kandinskij dipinse dopo aver assistito a un concerto del compositore viennese Arnold Schönberg, tenutosi a Monaco. L'opera contiene l'evidente forma del pianoforte nero che si trova su un palco e ai piedi i numerosi spettatori di diversi colori che mette in evidenza la folla del concerto, in lontananza si nota un albero arancio e alla destra dell'albero un presunto stagno blu.
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### Titolo: Episodio di vita ospedaliera. ### Introduzione: L'Episodio di vita ospedaliera è un affresco staccato (91x150 cm) di Pontormo, databile al 1514 circa e conservato nella Galleria dell'Accademia a Firenze. ### Descrizione e stile. La lettura più diffusa della scena è legata all'attività ospedaliera (Philippe Costamagna), anche se non manca chi via ha scorto episodi della vita di una santa, magari la Beata Umiltà (la Preghiera della Beata Umiltà che risuscita una bambina morta e il Miracolo del ghiaccio richiesto dalla Beata durante la malattia unita a una lavanda dei piedi che ricorderebbe la sua dote più celebre, l'umiltà appunto). In ogni caso la scena riprende il modello della Natività di Maria di Andrea del Sarto (con citazaioni letterarie quali le ciabatte appoggiate a terra e il bacile), intonato però a termini più dismessi e quasi realistici. La sobrietà è accentuata dalla riduzione della gamma cromatica (limitata ai toni rossi, bruni/verdi e violacei, con tocchi d'oro nelle aureole). Figure e pose hanno reminiscenze classiche, ma assolutamente nuova è l'angolosità dei loro contorni e il ritmo scattante dei movimenti, oltre alle espressioni pungenti, che marcano una direzione già verso il superamento dei canoni tradizionali. I volti sono appuntiti, gli occhi tondi, le bocche piccole e spesso dischiuse.
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### Titolo: Giuseppe riceve richieste d'aiuto dai fratelli. ### Introduzione: Giuseppe riceve richieste d'aiuto dai fratelli (o Giuseppe si rivela ai fratelli) è un dipinto a olio su tavola (36,3x142,5 cm) di Pontormo, databile al 1515 circa e conservato nella National Gallery di Londra. La tavola faceva parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. Non è chiaro se il pannello rappresenti la prima richiesta d'aiuto dei fratelli di Giuseppe (Genesi 42: 1-8), in cui egli li riconosce ma essi non riconoscono lui, oppure la scena della rivelazione della propria identità da parte di Giuseppe (Genesi 45, 4). Se lo stato d'animo dei fratelli ha fatto inizialmente pensare soprattutto a questa seconda ipotesi, la mancanza di alcuni personaggi orienta gli studiosi oggi più sulla prima. La scena della rivelazione è piuttosto quella del Bacchiacca, Giuseppe perdona i fratelli. La scena è quindi ambientata in Egitto, dove i fratelli di Giuseppe ebreo sono giunti per chiedere aiuto al faraone, affinché venda loro del grano per sopperire alla grave carestia che ha investito la terra Canaan . Qui interloquiscono con un alto funzionario, che altro non è che quel loro fratello tradito e tanti anni prima veduto per invidia a mercanti stranieri. Giuseppe si trova a sinistra, assiso su un trono, mentre distende placidamente il braccio in segno di autorità e dà il via, a destra, allo smercio del grano, che avviene in una piattaforma poligonale rialzata e decorata da parapetto con anelli e da una statua allegorica con iscrizione. Sul trono invece, una specie di una portantina mobile, ardono bracieri e sta un'iscrizione che ricorda la prefigurazione di Cristo ('Ecce Salus Mundi'). al di sopra di un bassorilievo con un putto, una rimembranza dei putti sui braccioli dei troni dei Veggenti sulla volta della Cappella Sistina di Michelangelo. I fratelli di Giuseppe fanno cerchio attorno ad esso, inginocchiati e colti in gesti di penitenza. Dal punto di vista formale il dipinto conserva una certa impostazione tradizionale, con lo svolgimento per lo più rettilineo della scena, simile all'iconologia delle Adorazioni dei Magi o dei Giudizi di Salomone. Vi si trovano sia lo schema piramidale (a sinistra, con la vertice Giuseppe), sia quello circolare (consesso dei fratelli di destra e forma del granaio), non legati però tra loro, ma scissi nelle due metà della scena. Anche le forme dei corpi è tradizionale, ma con qualche accenno alle novità, quali l'esasperazione di alcuni gesti o la creazione di figure longilinee e sciolte, come il fanciullino vestito d'azzurro.
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### Titolo: Giuseppe venduto a Putifarre. ### Introduzione: Giuseppe venduto a Putifarre è un dipinto a olio su tavola (61x51,6 cm) di Pontormo, databile al 1515 circa e conservato nella National Gallery di Londra. La tavola faceva parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. In un affollato mercato egiziano i mercanti isameliti, che avevano acquistato Giuseppe ebreo dai suoi fratelli invidiosi, rivendono il fanciullo come schiavo a Putifarre (Genesi 39: 1). La scena segna un innovativo brulichio di personaggi, ispirato probabilmente alle stampe nordiche che già allora circolavano a Firenze. Al centro della scena si vede il piccolo Giuseppe davanti al suo nuovo padrone, mentre a sinistra gli Isameliti si dividono l'incasso. Come nelle successive tavole del ciclo, la disposizione dei personaggi, che in questo caso aprono un varco al centro, guida l'occhio dello spettatore in profondità, dove stanno, al culmine di una salita, un gruppo di personaggi davanti a un edificio decorato da una statua della Carità. La scultura si trova non a caso sopra la figura di Putifarre, come a elogiarne le virtù. Al centro si vede un portale, affollato da molti personaggi tra cui un cavaliere con l'animale in suggestivo scorcio; a destra un uomo si affaccia da un oculo ruotando in fuori il busto, un'anticipazione degli evangelisti della Cappella Barbadori, che indica un personaggio rivolto verso lo spettatore, probabile autoritratto dell'artista. A sinistra invece una finestra ad arco con le ante aperte rivela lo stesso Putifarre che legge una lettera, simile nell'iconografia alle rappresentazioni di San Girolamo nello studio.
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### Titolo: Supplizio del fornaio. ### Introduzione: Il Supplizio del fornaio è un dipinto a olio su tavola (61x51,7 cm) di Pontormo, databile al 1515 circa e conservato nella National Gallery di Londra. La tavola faceva parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. Questo pannello presenta una doppia scena, legata al supplizio del fornaio e al perdono del coppiere del faraone (Genesi 40). I due servitori erano stati incarcerati nella stessa prigione dove si trovava Giuseppe per via dell'inganno della moglie di Putifarre. Una notte entrambi fecero un sogno che Giuseppe interpretò il mattino seguente. Il coppiere aveva sognato di spremere tre grappoli d'uva per il faraone e Giuseppe gli predisse che in capo a tre giorni sarebbe stato perdonato, raccomandandosi di ricordarsi della sua sventura una volta che avesse potuto parlare col sovrano. Il fornaio invece aveva sognato di trasportare tre canestri di pani in testa i quali venivano mangiati dagli uccelli. Giuseppe lesse in ciò un presagio di sventura, di modo che in tre giorni egli sarebbe stato condannato a morte. Entrambe le profezie ebbero poi luogo, ma il coppiere non si ricordò di invocare l'aiuto per Giuseppe che rimase in carcere. Pontormo compose la scena in maniera originalissima, zigzagando dal gruppo in primo piano a sinistra, dove il coppiere è riammesso a servire il faraone, per poi retrocedere a destra (il fornaio portato al supplizio) e poi di nuovo a sinistra sulla scala (liberazione del coppiere) e in alto a destra, dove in una stanza scura il panettiere è giustiziato. Riempiono poi la scena un cagnolino, simbolo di fedeltà, in basso a destra, e una statua di evangelista o profeta su una colonna a sinistra, che proietta una netta ombra sulla scalinata. Invece del tradizionale modo italiano di organizzare la scena attorno a un fulcro centrale, Pontormo sparse le figure agli angoli della tavola, creando qualcosa di innovativo ispirato probabilmente alle incisioni nordiche che a quel tempo iniziavano a circolare copiose anche a Firenze. Le diverse fasi della storia vengono rappresentate simultaneamente, leggibili facilmente anche senza il ricorso ad artifici tradizionali, come la ripetizione dei colori degli abiti che renda maggiormente riconoscibili i personaggi. L'occhio dello spettatore è quindi guidato in profondità tramite la disposizione dei personaggi, come in altre tavole della serie. Nel gruppo di sgherri a destra si notano facce grottesche derivate dalle caricature di Leonardo. Le figure sono slanciate e colte in movimenti che enfatizzano le torsioni e la varietà delle pose. I colori usati sono brillanti, scelti spesso in mezze tonalità acidule, con effetti cangianti.
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### Titolo: Giuseppe in Egitto (Pontormo). ### Introduzione: Giuseppe in Egitto è un dipinto a olio su tavola (96,5x109,5 cm) di Pontormo, databile al 1518 circa e conservato nella National Gallery di Londra. La tavola faceva parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. L'opera è forse la più celebre e innovativa di tutto il ciclo pittorico Borgherini-Acciaiuoli. Racconta il ricongiungimento di Giuseppe con la sua famiglia in Egitto (Genesi 47,13 e 48) con una serie di episodi rappresentati contemporaneamente e su piani diversi, con un brulicare di personaggi e figure ispirato più alle incisioni tedesche che alle tradizionali composizioni italiane. Nordico è infatti l'aspetto di numerosi personaggi, delle vesti, del massiccio castello al centro e anche degli alberi che punteggiano qua e là il paesaggio. In primo piano a sinistra Giuseppe presenta al faraone la sua famiglia da lui invitata a trasferirsi in Egitto; a destra Giuseppe procede sul carro trionfale trascinato da tre putti, mentre un quarto si erge su una colonna dietro il protagonista, il quale si sta piegando, aiutato da un altro fanciullo, verso un personaggio inginocchiato che gli presenta una supplica scritta, a simboleggiare il potere e la considerazione di cui egli godeva. A destra, su un edificio cilindrico, si avvolge una scala senza ringhiera, salita da Giuseppe che tiene per mano uno dei suoi figli mentre più in alto un secondo fanciullo è accolto dalla madre affettuosamente; dietro di essi sale il messaggero che ha mandato a chiamare Giuseppe su richiesta dell'anziano padre di lui Giacobbe. Giuseppe, i figli Efraim e Manasse sono infine accolti nella stanza aperta in alto a destra, dove Giacobbe, vecchissimo e ormai pronto a morire, impartisce loro la benedizione. Il protagonista appare quindi più volte, in una sorta di narrazione continua, facilmente identificabile tramite la tunica ocra, il mantello violaceo e il copricapo rosso. Tra i due edifici, ornati da statue che paiono vive, si assiepa una folla di persone mentre più dietro, tra i macigni di un sentiero in salita, alcuni personaggi di difficile identificazione rivolgono la loro attenzione a quello che avviene in primo piano. Tra le sculture, quella maschile di sinistra appare come un omaggio al Bacco di Jacopo Sansovino, in una posa che sarà sviluppata pochi anni dopo nel suo San Quintino. Secondo la testimonianza di Vasari il ragazzo con la veste marrone e il mantello scuro seduto su un gradino al centro sarebbe un ritratto del giovane Bronzino, allievo di Pontormo.
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### Titolo: Giuseppe riceve i fratelli. ### Introduzione: Giuseppe riceve i fratelli è un dipinto a olio su tavola (36,2x142,2 cm) di Bacchiacca, databile al 1515 circa e conservato nella National Gallery di Londra. La tavola faceva parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. Dopo aver fatto arrestare e poco dopo scarcerare i fratelli che lo avevano venduto da fanciullo, Giuseppe, divenuto nel frattempo un importante funzionario del faraone d'Egitto, senza essere riconosciuto da essi li manda a casa richiedendo loro di portare con sé, la prossima volta che sarebbero tornati in Egitto, il loro fratello più giovane Beniamino e il padre Giacobbe (Genesi, 43): egli li vuole infatti da lui in Egitto e il pannello mostra il loro arrivo, con i muli, la loro presentazione di doni a Giuseppe, che si affaccia al centro da un edificio a pianta centrale, e la loro ripartenza, a destra carichi dei sacchi di grani concessi dal loro parente, che non hanno ancora riconosciuto. Con loro sta il giovane Beniamino, vestito d'azzurro, ma non ancora il padre, che non è voluto partire: Giuseppe dovrà poi architettare per questo lo stratagemma della coppa rubata. Lo svolgimento della scena sfrutta la forma orizzontale della tavola proponendo una lettura da sinistra a destra di facile comprensibilità, senza i guizzi estrosi delle tavole di Pontormo o Andrea del Sarto, con uno svolgimento tradizionale e ordinato che comprende anche l'isocefalia di gran parte dei personaggi. Più originale è invece il trattamento del colore, che predilige toni brillanti e accesi, in un caleidoscopio molto gradevole, ma privo di quegli effetti atmosferici capaci di legare figure e paesaggio. L'ambientazione, con il paesaggio avvallato verso il centro dove fa da cerniera il grande edificio, visibile solo in parte, deriva fedelmente da esempi umbri di Perugino e Raffaello, mentre nell'affollamento di personaggi e nell'originalità della cromia, l'autore sembra sforzarsi di andare incontro alle novità pontormesche.
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### Titolo: Giuseppe perdona i fratelli. ### Introduzione: Giuseppe perdona i fratelli è un dipinto a olio su tavola (36,2x141,6 cm) di Bacchiacca, databile al 1515 circa e conservato nella National Gallery di Londra. La tavola faceva parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. Dopo aver architettato lo stratagemma della coppa rubata, facendola nascondere nella coppa del fratello più piccolo Beniamino, Giuseppe trattiene con sé il fanciullo come schiavo, certo che solo così riuscirà a far partire da Israele suo padre Giacobbe (Genesi 44). La scena mostra i fratelli di Giuseppe (che ancora non lo hanno riconosciuto), che vengono portati da esso con il piccolo Beniamino arrestato; tutti i personaggi si ritrovano nella parte destra dove Giuseppe, davanti a un edificio classicheggiante, tiene un discorso in cui si rivela ai fratelli che anni prima l'avevano venduto come schiavo per invidia. Lo svolgimento della scena sfrutta la forma orizzontale della tavola proponendo una lettura da sinistra a destra di facile comprensibilità, senza i guizzi estrosi delle tavole di Pontormo o Andrea del Sarto, con uno svolgimento tradizionale e ordinato che comprende anche l'isocefalia di gran parte dei personaggi. Più originale è invece il trattamento del colore, che predilige toni brillanti e accesi, in un caleidoscopio molto gradevole, ma privo di quegli effetti atmosferici capaci di legare figure e paesaggio. L'ambientazione, con il paesaggio dolcemente sfumato dalla prospettiva aerea, ha il sapore delle vedute umbre di Perugino e Raffaello, mentre nell'affollamento di personaggi e nell'originalità della cromia l'autore sembra sforzarsi di andare incontro alle novità pontormesche.
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### Titolo: Ricerca della coppa rubata. ### Introduzione: La Ricerca della coppa rubata è un dipinto a olio su tavola (26x19 cm) di Bacchiacca, databile al 1515-1516 circa e conservato nella Galleria Borghese di Roma. La tavola faceva parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. Ritrovati i suoi fratelli, che tanti anni prima l'avevano veduto come schiavo, Giuseppe, senza farsi riconoscere, li riempie di regali e chiede loro di tornare in Egitto col padre e col fratello più piccolo perché desidera ricongiungere la sua famiglia nella terra in cui è diventato uno dei più importanti funzionari del faraone. Ma siccome al viaggio successivo essi si presentano col piccolo Beniamino ma non col padre Giacobbe, Giuseppe è costretto a escogitare un piano per ottenere quello che desidera. Fa dunque nascondere la coppa d'argento del sovrano nel sacco di Beniamino, in modo da poterlo trattenere a sé come schiavo, facendo sì che la prossima volta il padre, tanto attaccato al figlio minore, venga in viaggio. La scena della Ricerca della coppa rubata (Genesi 44, 6) mostra un gruppo di armati che ferma la carovana dei fratelli di Giuseppe, bloccandoli e facendo scendere Beniamino dal mulo che lo trasporta. Compressi nel poco spazio, le numerose figure stanno accalcate in una varietà di pose, ma senza allontananrsi troppo dalla tradizione, come dimostra la sostanziale isocefalia. La tecnica pittorica è invece più aggiornata, con l'uso di colori brillanti e effetti cangianti, nonché un uso accentuato delle sfumature per restituire effetti di volume. Il paesaggio, con una città murata vicina a una radura con alberi, è dipinto nel solco della tradizione centro-italiana.
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### Titolo: Ritrovamento della coppa rubata nel sacco di Beniamino. ### Introduzione: Il Ritrovamento della coppa rubata nel sacco di Beniamino è un dipinto a olio su tavola (26x19 cm) di Bacchiacca, databile al 1515-1516 circa e conservato nella Galleria Borghese di Roma. La tavola faceva parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. Ritrovati i suoi fratelli, che tanti anni prima l'avevano veduto come schiavo, Giuseppe, senza farsi riconoscere, li riempie di regali e chiede loro di tornare in Egitto col padre e col fratello più piccolo perché desidera ricongiungere la sua famiglia nella terra in cui è diventato uno dei più importanti funzionari del faraone. Ma siccome al viaggio successivo essi si presentano col piccolo Beniamino ma non col padre Giacobbe, Giuseppe è costretto a escogitare un piano per ottenere quello che desidera. Fa dunque nascondere la coppa d'argento del sovrano nel sacco di Beniamino, in modo da poterlo trattenere a sé come schiavo, facendo sì che la prossima volta il padre, tanto attaccato al figlio minore, venga in viaggio. La scena del Ritrovamento della coppa rubata nel sacco di Beniamino (Genesi 44, 12) mostra un gruppo di armati che, dopo aver fermato il gruppo dei fratelli nella scena precedente (Ricerca della coppa rubata) apre i sacchi di ciascuno, compreso quello del piccolo Beniamino seduto in basso al centro. In alto si vede una scena che avviene dopo, scavalcando il pannello di Giuseppe che perdona i fratelli: questi ultimi tornano infatti a Canaan senza il più piccolo e qui trovano il padre Giacobbe che li accoglie sorpreso, girandosi da una panca davanti a un tavolino presso la sua abitazione. Compressi nel poco spazio, le numerose figure stanno accalcate in una varietà di pose, ora frontali, ora di profilo, ora di spalle, ma senza allontananrsi troppo dalla tradizione, come dimostra la sostanziale isocefalia delle figure. La tecnica pittorica è invece più aggiornata, con l'uso di colori brillanti e effetti cangianti, nonché un uso accentuato delle sfumature per restituire effetti di volume. Il paesaggio ha qui accenti più nordici, con l'albero sinistro al centro e la casa dal tetto a falde spioventi, ispirati dalla conoscenza delle stampe nordiche, diretta o magari filtrata dai lavori coevi del collega Pontormo.
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### Titolo: Giuseppe venduto dai fratelli (Bacchiacca). ### Introduzione: Giuseppe venduto dai fratelli è un dipinto a olio su tavola (26x19 cm) di Bacchiacca, databile al 1515-1516 circa e conservato nella Galleria Borghese di Roma. La tavola faceva parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. Invidiosi della predilezione che loro padre Giacobbe ha per l'ultimo nato Giuseppe, i fratelli decidono di sbarazzarsi di lui, vendendolo a un gruppo di mercanti ismaeliti e dicendo al loro padre che è morto (Genesi 37, 28). La scena, non sicuramente identificata nell'episodio della vendita, mostra infatti Giuseppe tra i mercanti condotto dal fratello col bastone e la veste viola (riconoscibile anche in altre tavole della serie), ma egli è già adulto e non fanciullo come si vede ad esempio nella scena di Giuseppe venduto a Putifarre di Pontormo, che dovrebbe essere immediatamente successiva. Nello sfondo un gruppo di figure vicine a un cavaliere, probabilmente i fratelli che si spartiscono il ricavato della loro vendita. Pur senza ricercare schemi troppo innovativi, Bacchiacca si ispirò in questa scena alle stampe nordiche (soprattutto Luca di Leida e Albrecht Dürer) come denuncia il chiaroscuro accentuato, la foggia degli abiti e il paesaggio sinistro e incombente sulle figure. I colori usati sono accesi e denotano un'influenza michelangiolesca, presente un po' in tutti i manieristi fiorentini.
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### Titolo: Arresto dei fratelli di Giuseppe. ### Introduzione: L'Arresto dei fratelli di Giuseppe è un dipinto a olio su tavola (26x19 cm) di Bacchiacca, databile al 1515-1516 circa e conservato nella Galleria Borghese di Roma. La tavola faceva parte della decorazione della Camera nuziale Borgherini. ### Descrizione e stile. La carestia in terra d'Israele spinge i fratelli di Giuseppe ad andare in Egitto, dove al cospetto di un funzionario chiedono di poter acquistare del grano del faraone per sopperire alle loro necessità. Essi non sanno che quel funzionario è il loro fratello venduto anni prima per invidia, ma egli li riconosce e li fa arrestare accusandoli di spionaggio (Genesi 42, 15-17). La scena mostra i fratelli, riconoscibili anche in altre scene per il grande cappello di paglia o per il bastone del viandante, che sono arrestati delle guardie e condotti nella prigione, la cui bassa porta si vede a destra. La scena mostra debiti con le stampe nordiche e con i disegni di generali di Leonardo o Michelangelo per quanto riguarda l'elaborata forma dell'elmo del soldato di spalle. Il chiaroscuro è accentuato, e i colori sono scelti in tonalità accese e insolite, secondo il gusto dell'epoca.
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### Titolo: Leggenda del figlio del re morto. ### Introduzione: La Leggenda del figlio del re morto è un dipinto a olio su tavola (84,5x196 cm) di Bacchiacca, databile al 1523 circa e conservato nella Gemäldegalerie di Dresda. ### Descrizione e stile. La storia del figlio del re morto si basava su un passo delle Gesta Romanorum (45), in cui si narra la leggenda secondo cui il legittimo erede del trono è colui che è capace di scagliare una freccia più vicina al cuore del re morto, derivata anche da un passo delle sentenze di Salomone (1 Re 3, 16-28). Il figlio vittorioso si trova inginocchiato al centro alle soglie dei gradini dell'edificio, davanti al giudice e al gonfaloniere, mentre altri contendenti sono ancora occupati nella gara. Ordinati gruppi di personaggi in primo piano fanno da semplici quinte composte da figure eleganti e insolite, secondo un gusto legato al capriccio dell'epoca manierista. Bacchiacca nel realizzare la storia si ispirò al suo lavoro di qualche anno prima per la camera Borgherini, Giuseppe riceve i fratelli, in cui compare un simile edificio a pianta centrale nel mezzo del dipinto, anche se in questo caso amplificò lo spazio disponendo i personaggi su più livelli, fino a un lontano loggiato sullo sfondo, oltre il quale si intravede un paesaggio reso con colori freddi e diafani di gusto nordico.
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### Titolo: Vertumno e Pomona. ### Introduzione: Vertumno e Pomona è una lunetta affrescata (461x990 cm) di Pontormo, databile al 1519-1521 circa e conservato nel salone della villa medicea di Poggio a Caiano (Prato). ### Descrizione e stile. Ovidio raccontò la storia di Vertumno e Pomona nelle Metamorfosi (XIV, 622-697 e 765-769). Le due divinità sono rappresentate agli angoli inferiori della lunetta, ciascuna con l'attributo che le caratterizza: a sinistra Vertumno con il canestro, a destra Pomona con la falce. Essi indossano abiti da contadini, come anche gli altri personaggi presenti. Il mito è quindi calato in un'atmosfera popolaresca e rustica, assomigliando più alla rappresentazione del riposo di un gruppo di campagnoli durante un assolato giorno di festa. La scena non ha carattere narrativo. In alto si legge l'iscrizione tratta dalle Georgiche di Virgilio (1, 21), dove vengono invocati gli dei e le dee protettori dei campi: DIIQUE DEAEQUE QUIBUS ARVA TUERI. Al centro della lunetta si apre la finestra ad oculo (oggi coperta da un tendaggio, ma nata come fonte di illuminazione della sala), attorno al quale il pittore disegnò fronde di alloro che dipartono simmetriche e quattro putti, due sui rami e due seduti su un muretto, che reggono le estremità di una grande ghirlanda fatta di foglie, frutta e nastri. Sullo stesso muro stanno adagiate due figure, un uomo nudo dalla parte di Vertumno, e una donna vestita di rosso con camicia azzurra e scialle bianco dalla parte di Pomona, forse una rappresentazione della dea Cerere. Una terza donna si trova poco sotto, girata di spalle, mentre dal lato opposto stanno un uomo sdraiato e un cane in scorcio molto realistico (ma ottimizzato per la visione frontale piuttosto che dal basso, come sarebbe naturale per lo spettatore). L'adolescente nudo sopra Vertumno fa penzolare le gambe e si allunga, appoggiandosi sull'avambraccio destro e stendendosi, per sollevare il panno violetto e toccare una foglia di alloro. Egli potrebbe rappresentare un giovane Bacco, dio del vino. Un notevole realismo si può cogliere ad esempio nella figura di Vertumno, rappresentato come un vecchio col volto solcato, le mani nodose, le ginocchia ossute, deformate dal lavoro nei campi. Curiosa è la figura del cane smagrito, corrucciato e come sul punto di abbaiare, in posizione molto naturale derivata sicuramente da uno studio dal vero. Questo particolare interesse verso l'universo naturale venne ispirato probabilmente dalle stampe tedesche, allora già molto diffuse anche a Firenze, con animali, vegetali e uomini rappresentati con la stessa dignità e interesse dell'artista. Secondo un'interpretazione allegorica più complessa l'affresco potrebbe costituire una metafora politica esaltante il destino e l'immoratlità della casata medicea, ricollegandosi al tema celebrativo degli altri affreschi del salone. Il troncone d'alloro rappresentarebbe i vari rami della dinastia (Lorenzo de' Medici usò spesso il Laurus come rimando alla sua persona). Il rinnovarsi generazionale è evocato dall'idea della rigenerazione della natura nel trascorrere delle stagioni. Vertumno simboleggerebbe l'inverno e l'uomo seduto accanto a lui Apollo, dio del Sole; Pomona l'estate o la primavera e la donna di spalle accanto ad essa Diana, cioè la luna. Il complesso delle figure in primo piano simboleggerebbe quindi il trascorrere dei giorni e delle stagioni. La profondità spaziale, come in altre opere del periodo, appare assottigliata, senza però intaccare l'ariosità data dal cielo aperto dello sfondo. Tutto è calibrato con attenzione all'equilibrio generale, movimentato però dalla pluralità di direzioni che suggeriscono le articolate posizioni dei personaggi, i loro gesti e i loro sguardi.
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### Titolo: Dodici proverbi. ### Introduzione: I Dodici proverbi sono un dipinto a olio su tavola (74,5x98,4 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1558 e conservato nel Museo Mayer van den Bergh di Anversa. È firmato '15(5)8 BRVEGHEL'. ### Descrizione e stile. In un partito scuro sono allineati sue tre file dodici medaglioni, ciascuno contenente una figura che illustra efficacemente un proverbio o un modo di dire fiammingo, ciascuno accompagnato da una scritta chiarificatrice. A partire dal primo ordine, da sinistra, si incontrano:. 'Bere di continuo, anche da ubriachi, induce in povertà, disonora il nome e mena alla rovina'. 'Io sono un opportunista, d'un genere tale per cui voglio sempre il mantello dove il vento spira'. 'Porto il fuoco in una mano, l'acqua nell'altra, e passo il tempo con pettegoli e donnette' (cioè seminare discordia usando una doppia faccia). 'Nel fare baldoria nessuno mi stava alla pari; adesso, finito in miseria, me ne resto fra due sedie, seduto sulla cenere' (finire in miseria per l'indecisione). 'Il vitello mi guarda con occhio smarrito; che serve se chiudo il pozzo quando ormai è annegato?' (cioè è inutile provare rimorso tardivo se non giova a niente). 'Se a qualcuno piace faticare inutilmente, getti rose ai porci' (come il proverbio italiano 'Gettare le perle ai porci', cioè fare buone azioni per chi non se le merita). 'L'armatura fa di me un buon guerriero e attacco un campanellino al gatto' (cioè la tenuta militare rende arditi anche i paurosi, e la poca discrezione rende i piani segreti noti). 'La fortuna del vicino mi strazia il cuore; non sopporto che il sole si specchi nell'acqua' (cioè l'invidia impedisce la felicità). 'Sono bellicoso, fiero e iracondo; perciò batto la testa nel muro' (cioè l'iracondo è causa dei propri guai). 'A me tocca il magro, il grasso agli altri: e pesco sempre fuori dalla rete' (cioè l'incapace si arrabbia invano). 'Mi copro con un mantello celeste; ma quanto più mi nascondo, tanto più mi riconoscono' (cioè l'infedeltà della moglie rende famoso, suo malgrado, il marito). 'A qualunque cosa io miri, non riesco mai a ottenerla: orino sempre contro la luna' (cioè non si devono nutrire aspirazioni troppo alte).
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### Titolo: Caduta di Icaro. ### Introduzione: La Caduta di Icaro è un dipinto a olio su tavola (73,5x112 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1558 circa e conservato nel Museo reale delle belle arti del Belgio. ### Descrizione e stile. Il tema della caduta di Icaro, descritto da Ovidio, è qui trattato con estrema originalità: relegato in un angolo del dipinto, in basso a destra, tra l'altro senza alcun attributo come le ali di cera. La maggior parte della tela è infatti occupata da una visione mutuata dai suoi appunti di viaggio nello Stretto di Messina; difatti la luce e la conformazione del territorio che trova una corrispondenza con l'Etna sullo sfondo, lasciano intendere che il punto di vista dell'osservatore sia collocato sulla costa reggina dello Stretto arioso e inondato di luce, visto con una linea dell'orizzonte piuttosto alta che dà un effetto quasi 'a volo d'uccello'. La città sulla sinistra sarebbe dunque una importante e rara testimonianza di Reggio con il porto integro, prima dell'inabissamento di Punta Calamizzi. In primo piano un contadino sta arando il terreno con un cavallo al giogo, mentre un po' più sotto un pastore, col cane, sta facendo pascolare un gregge di pecore. I due personaggi principali, dunque, sono ritratti immersi nelle proprie attività e non si rendono conto dell'evento drammatico che avviene alle loro spalle; solo un uomo accovacciato, in basso a destra nella tavola, sembra sporgersi pigramente verso il luogo della sciagura. Un veliero passa lì vicino e altri si trovano nell'ampia veduta marina, tra scogli e città di mare, sorte all'ombra di ripide montagne. Nel cespuglio a sinistra si scorge il teschio di un uomo morto tra le frasche, una chiara allusione al proverbio fiammingo 'nessun aratro si ferma perché muore un uomo'. Il tema stesso del dipinto, quello più profondo, sembra infatti ispirarsi a questa massima, leggibile in chiave didascalica, ma anche politica: per quanto si stia verificando un evento di importanza eccezionale, la vita e le fatiche degli uomini comuni proseguono senza stravolgimenti. Alcuni elementi della tavola sono stati letti come simboli alchemici: il sole sarebbe l'oro filosofale e il vascello l'atanor, ovvero il forno dove si completava la trasmutazione alchemica, mentre il mare simboleggerebbe l'acqua mercuriale. Nel complesso la parte che più spicca è il magnifico paesaggio con la distesa marina, inondata da una luce dorata del sole che divampa al centro del cielo. Sviluppatissime appaiono le capacità dell'artista nel modulare gli effetti atmosferici e di distanza tra i vari piani, commistionando la precisione 'cartografica' alla fiamminga con l'ampiezza di respiro delle vedute della tradizione artistica italiana.
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### Titolo: Proverbi fiamminghi. ### Introduzione: I Proverbi fiamminghi è un dipinto a olio su tavola (117x163 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1559 e conservato nella Gemäldegalerie di Berlino. È firmato in basso a destra 'BRVEGEL 1559'. ### Descrizione. Il tema della rappresentazione moraleggiante dei vari proverbi popolari della cultura fiamminga era già stato praticato da Bosch (come nelle scenette della tavola dei Sette peccati capitali) o dallo stesso Bruegel (Dodici proverbi), ma mai così tanti episodi, circa 120, erano stati radunati in un'unica ambientazione. Con la precisione del cartografo, Bruegel compose le varie scene in un vero e proprio 'paese dei proverbi', dove le varie attività umane rispecchiano una serie di azioni legate a una riflessione sulla follia e i vizi. Ma gli intenti dell'artista non dovevano essere esclusivamente negativi, come critica della società, ma anzi era un omaggio e un riconoscimento all'immediatezza, l'ironia e la ricchezza della saggezza popolare. Come fonte il maestro dovette consultare gli Adagia Collectanea, repertorio di circa 800 detti popolari pubblicato nel 1500 da Erasmo da Rotterdam, in cui si parla del precario equilibrio degli uomini fra saggezza e follia. ### Stile. Nell'intera composizione risaltano soprattutto i colori rosso e blu, che evidenziano i vizi peggiori e le scelte meno razionali. Il rosso rappresenta infatti il peccato mentre l'azzurro l'inganno oppure la follia. La maggior parte dei personaggi ha quell'espressione attonita, senza vita, che si ritrova anche in altre opere dell'artista. L'orchestrazione spaziale è condotta con maestria anche grazie all'uso del colore, che schiarisce all'allontanarsi dei piani, per effetto della foschia, come si vede nell'apertura marina in alto a destra.
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### Titolo: Lotta tra Carnevale e Quaresima. ### Introduzione: La Lotta tra Carnevale e Quaresima è un dipinto a olio su tavola (118x164,5 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1559 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. È firmato in basso a sinistra 'BRUEGEL 1559'. ### Descrizione e stile. La brulicante veduta della piazza di un paese mette in scena un combattimento simbolico tra il Carnevale (metà sinistra) e la Quaresima (metà destra). Il primo è rappresentato come un uomo grasso a cavallo di un barile e circondato da succulente pietanze, mentre la seconda è una donna smunta e pallida, che ha come 'lancia' una pala con appena due aringhe, a fronte dello spiedo con polli infilzati del rivale. Il Carnevale è spinto da due uomini in maschera, mentre la Quaresima è trainata da un frate e una monaca. I personaggi a sinistra sono intenti al mangiare, al bere e alla rappresentazione di scene teatrali burlesche, tipiche del festoso periodo carnevalesco, mentre a destra sono inscenati sacrifici e sofferenze. Anche l'architettura entra in gioco per identificare i due gruppi: a sinistra si vede infatti un'osteria, mentre a destra è rappresentata una chiesa. Al centro del dipinto si vede una coppia di spalle guidata da un buffone: la donna ha una lanterna spenta legata in vita, che allude forse all'avanzare al buio dei due credi religiosi dell'epoca, il Cattolicesimo (Chiesa cattolica), simboleggiato dalla Quaresima, e il Luteranesimo, dal Carnevale. Si tratta però di una rappresentazione che non prende posizione, nel clima chiassoso e sarcastico generale. Entrambi i carri sono infatti guidati da follie e vizio e solo i poverissimi mendicanti, sparsi qua e là con la loro misera condizione rappresentata con realismo, appaiono come figure reali, nell'indifferenza generale. Fa eccezione solo la madre in basso a destra, che riceve un'elemosina da un uomo appena uscito dalla chiesa. Quest'ultimo però, per quanto colto in un atto caritatevole, veste panni rossi e azzurri, che simboleggiano il peccato e l'inganno, a ricordare come il suo atto generoso sia solo un modo ipocrita per considerare la propria anima lavata. Sul lato opposto va invece in scena una celebre farsa, tipica del periodo carnevalesco, la Sposa sudicia, ovvero un matrimonio zingaresco, e poco dietro è rievocato in maniera burlesca l'episodio di Ursone e Valentino, dal ciclo carolingio.
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### Titolo: Giochi di bambini. ### Introduzione: Giochi di bambini è un dipinto a olio su tavola (118x161 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1560 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. È firmato in basso a destra 'BRVEGEL 1560'. ### Descrizione e stile. La brulicante veduta della piazza di un paese ospita gruppi di bambini che mettono in scena circa ottanta giochi dell'infanzia. Il soggetto, già praticato nella miniatura medievale, viene qui per la prima volta riunito in un'unica scena. La veduta è infatti ottenuta tramite l'applicazione geometrica della prospettiva quattrocentesca, popolata da gruppi di figure e personaggi singoli equilibratamente sparpagliati, con un'organizzazione per zone facilitata dalla presenza di macchie colorate sul terreno, ora polveroso, ora fangoso, ora erboso, in piena luce oppure in ombra. I volti da adulti dei fanciulli, completamente assenti e indifferenti al divertimento ludico, sono interpretati come un richiamo alle futili abitudini umane, svolte in maniera meccanica e senza alcuna soddisfazione. Il lato sinistro del dipinto, dove oltre un'abitazione dalla parete rossa si vede un giardino e, più lontano, un'oasi frescheggiante sulle rive di un fiume, offre un punto di sosta e riposo per la mente dell'osservatore, con la piacevolissima veduta delle lontane case del villaggio.
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### Titolo: Due scimmie incatenate. ### Introduzione: Due scimmie incatenate è un dipinto a olio su tavola (20x23 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1562 e conservato nella Gemäldegalerie di Berlino. È firmato 'BRVEGEL MDLXII' sul bordo del davanzale. ### Descrizione e stile. Due scimmie (della specie Cercocebus torquatus) sono incatenate a un anello fissato al davanzale di una finestra ad arco, affacciata su una veduta del porto di Anversa, chiaramente riconoscibile. La scimmia di sinistra è accovacciata nell'angolo e rivolta verso lo spettatore, chiaramente derivata da una stampa di Dürer del 1498 circa (la Madonna della scimmia), mentre quella di destra è curva e mite, rivolta verso l'arioso paesaggio. Ma a differenza del modello dureriano, entrambe hanno espressioni tristi e malinconiche, che richiamano sentimenti umani. A destra si vede qualche guscio di noce, resti dello spuntino degli animali. Non è chiaro il significato del dipinto, forse una riflessione sulla condizione di prigionia o forse un'illustrazione del proverbio fiammingo 'andare dal giudice per una nocciola', ovvero fare un'azione sconsiderata: in quel caso la noce sarebbe la ragione della prigionia, e sottintende forse la schiavitù dell'uomo nei confronti delle tentazioni e del peccato. Un'altra interpretazione lega il dipinto a un motivo politico, come un'allegoria delle province fiamminghe sotto il giogo spagnolo. In questo dipinto l'artista mette in primo piano due figure di dimensione più grande, all'italiana, accantonando temporaneamente le piccole figurette brulicanti, come avverrà poi in maniera più decisa nella sua ultima fase produttiva.
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### Titolo: Suicidio di Saul. ### Introduzione: Il Suicidio di Saul è un dipinto a olio su tavola (33,5x55 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1562 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. È firmato in basso a sinistra con la scritta: 'SAUL XXXI CAPIT BRVEGEL M.CCCCC.LXII'. ### Descrizione e stile. Come ricorda l'iscrizione, l'opera illustra il passo biblico del suicidio del re Saul, sconfitto dai Filistei. Sul monte Gilboa infatti, vista la rovina delle sue truppe, ordina al suo scudiero di ucciderlo, ma al rifiuto ricevuto prende la propria spada e vi si getta sopra trafiggendosi, imitato subito dopo dall'armigero. La scena del doppio suicidio è rappresentata sul promontorio in basso a sinistra, mentre poco sotto due soldati nemici stanno per arrivare sul posto. Gran parte della tavola è comunque occupata dalla rappresentazione della battaglia, con le armature brillanti dei soldati e una selva di lance levate, riprodotte con la precisione del miniaturista. Più in lontananza si scorge un fiume, dove una parte dell'esercito sta guadando, un poderoso castello sulla cima di una rupe e una città murata, immersa nella foschia azzurrina. Lo straordinario sfondo, che riecheggia i paesaggi alpini visti durante il viaggio del 1552 circa, da un'improvvisa apertura ariosa alla tavola, a fronte della scura e densa materia pittorica del primo piano, relativa alla battaglia. In generale dominano i colori verdi, della foresta, e un'atmosfera umida e densa, del tramonto. In questo contesto spiccano come non mai i piccoli dettagli rossi, come gli stendardi, l'abito dello scudiero e il sangue dei due suicidi. La scelta del soggetto è forse legata a un intento moraleggiante, con Saul che è additato come esempio di superbia nel Purgatorio di Dante, vicino a Nembrot che fu soggetto pure di un dipinto di quegli anni, la Torre di Babele.
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### Titolo: Salita al Calvario (Bruegel). ### Introduzione: La Salita al Calvario è un dipinto olio su tavola (124x170 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1564 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. È firmato in basso a destra 'BRVEGEL MD.LXIIII'. ### Descrizione e stile. Più di 150 personaggi affollano la composizione, quasi tutti vestiti in abiti contemporanei in modo da attualizzare il dramma cristiano, come aveva già fatto, ad esempio, Jan van Eyck. Protagonisti assoluti della tavola non sono tanto i fatti evangelici, ma il teatro naturale della folla e il paesaggio. Nel brulicare di figure, fa eccezione il gruppo in primo piano a destra delle pie donne e san Giovanni che confortano Maria. Quest'ultima figura è rappresentata attingendo alla cultura fiamminga del secolo precedente, riecheggiante volutamente i modi un po' arcaici di Rogier van der Weyden e Hugo van der Goes. Al centro, nell'indifferenza generale, Cristo è caduto nel trasporto della croce verso il Calvario, in alto a destra, dove in una radura si è già assiepata una folla di persone, disponendosi a cerchio. Tra le sotto-scene riconoscibili, quella sinistra della moglie di Simone di Cirene che tenta di trattenerlo dall'andare ad aiutare Cristo; più a destra un carro conduce i due ladroni, consolati da due frati. Il momento rappresentato è quindi quello in cui Gesù è abbandonato dagli uomini, mettendo in scena il dramma dell'insensibilità dell'animo umano. A parte lo sperone roccioso, il paesaggio ricorda da vicino quello fiammingo, coi mulini a vento e con una città murata che simboleggia Gerusalemme. Oscuri presagi di morte sono disseminati qua e là, come le gazze nere, i teschi di animali, la macabra ruota issata su un palo, dove venivano messi a seccare - a monito - i corpi dei delinquenti giustiziati. Alla luminosa ariosità della sinistra fa da contrasto l'oscurità a destra, filtrata da passaggi coloristici finissimi che si riflettono anche nello spegnersi della vegetazione, da verde e rigogliosa a spoglia e quasi desertica. L'uomo vestito di bianco in basso al bordo destro è stato indicato come un possibile autoritratto del pittore, che si sarebbe rappresentato mentre guarda interdetto la scena.
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### Titolo: Giornata buia. ### Introduzione: La Giornata buia è un dipinto olio su tavola (118x163 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1565 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. È firmato in maniera poco leggibile; si legge solo '...V', che è stato interpretato come la fine della data MDLXV. ### Descrizione e stile. Non è chiaro quale mese rappresenti la Giornata buia, ma sicuramente è da riferire ai primi mesi invernali dell'anno, probabilmente gennaio-febbraio. In primo piano a destra un gruppo di contadini si appresta a finire il proprio lavoro di potatura e legnagione prima che la luce termini. Un uomo sta infatti tagliando i rami secchi o improduttivi di un albero e un altro li sta raccogliendo in fascine. Le tre figure più a destra sono invece dedite alla compagnia e all'allegria, un probabile riferimento al Carnevale: a tale periodo fanno pensare anche la corona di carta in testa al bambino che porta la lanterna e l'uomo che mangia le cialde. Più in lontananza, nell'angolo sinistro, una donna e un bambino conducono per mano un uomo all'osteria 'Sotto le stelle', come riporta l'insegna. Vi si vede anche un suonatore e un contadino che sta appoggiato con la faccia al muro, forse ubriaco; un altro si trova accovacciato vicino al suo carro, forse mentre vaglia il grano, e uno sta riparando il tetto di casa. Alle spalle del villaggio si apre un vastissimo paesaggio, con una baia dove le barche sono in difficoltà per via dei flutti del mare, essendo appena passata una tempesta. Il cielo è denso di nubi, ma sulla sinistra la luce si rischiara, presso lo straordinario paesaggio di montagne innevate punteggiate da castelli. Di incredibile suggestione è la resa cromatica del dipinto, con la contrapposizione tra i toni caldi del bosco e del villaggio e quelli freddi, gelidi, dell'acqua, del cielo e delle montagne. Rimandi incrociati qua e là animano la scena, come i bianchi che compaiono sui monti, sul solaio della casa rustica a destra, nel carretto e nelle vesti di alcuni dei personaggi in primo piano.
@Scribis @Italiano. Descrivi un famoso dipinto.
### Titolo: Ritorno della mandria. ### Introduzione: Il Ritorno della mandria è un dipinto olio su tavola (117x159 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1565 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. È firmato 'BRVEGEL MDLXV'. ### Descrizione e stile. La scena rappresenta probabilmente i mesi di ottobre e novembre, col faticoso cammino degli uomini e degli animali, di ritorno dal pascolo, verso la stalla in secondo piano. Come in altre opere dell'artista, gran parte della tavola ospita un vasto paesaggio, in questo caso autunnale, dominato dal contrasto tra i colori caldi della vegetazione e quelli cupi e freddi del cielo che volge all'oscurità. Attentamente descritta è la natura e i mutamenti che essa subisce sia per il variare delle stagioni che per l'attività dell'uomo. In secondo piano si vede ad esempio un vigneto vendemmiato e una rete per l'uccellagione, segni della presenza umana. Per rendere gli effetti più fini, come la secchezza degli alberi e il fogliame a terra, Bruegel punteggio il colore di base col pennello quasi asciutto, in modo da lasciare visibili i singoli segni e il fondo opportunamente preparato, in terra di Siena. Non è chiaro se l'intero ciclo celebri l'epopea contadina nell'anno solare o, contrariamente, la grandiosità della Natura, con le piccole figure quasi schiacciate.
@Scribis @Italiano. Descrivi un dipinto.
### Titolo: Cacciatori nella neve. ### Introduzione: I Cacciatori nella neve è un dipinto a olio su tavola (117x162 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, realizzato nel 1565 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. È firmato 'BRVEGEL M.D.LXV.'. Il Ritorno è probabilmente l'ultimo dipinto del ciclo, come suggerisce lo stesso tema della conclusione del percorso. ### Descrizione e stile. Si tratta di una scena invernale, simbolo forse di dicembre/gennaio. In una pungente giornata in cui la neve ha coperto tutto il paesaggio, un gruppo di cacciatori in primo piano a sinistra si appresta a rientrare al villaggio coi cani al seguito e con qualche uccello come preda. Il loro passo è pesante e silenzioso. Uno dei tre trasporta una volpe uccisa, un altro un carniere contenente un bottino che si intuisce piuttosto esiguo. Attenta è l'analisi delle attività umane in questo periodo dell'anno: a sinistra alcuni contadini, davanti alla locanda Al cervo (come recita l'insegna), stanno strinando il maiale appena ucciso; anche se l'animale non si vede, la circostanza è chiarita dalla presenza del mastello di legno usato durante la macellazione. L'osservatore è invitato a spaziare visualmente in direzione delle lontananze ghiacciate ed il cielo grigio-azzurro, immergendosi in una immobilità silenziosa, turbata appena dall'elegante volo dell'uccello nero che si staglia sulle cime innevate; si tratterebbe di un gheppio (esso stesso un cacciatore invernale). La discesa conduce lo sguardo in lontananza, verso la spianata ghiacciata dove piccole figure di adulti e bambini sono alle prese con giochi e corse su pattini e slittini. Lo sfondo è occupato da una distesa di campi resi candidi dalla neve, punteggiati da casolari e chiesette, che arrivano fino ai piedi delle montagne innevate, un elemento estraneo al paesaggio fiammingo, ma che Bruegel aveva visto anni prima in un viaggio in Italia, attraversando le Alpi. Al centro la pianura si estende a perdita d'occhio, fino alla riva marina, velata dai rami degli alberi in primo piano, spogli e carichi di neve. I colori dominanti sono freddi (bianco, grigio-verde, nerastro), perfetti per rendere il gelo dell'atmosfera invernale, e su di essi risaltano i dettagli di colore bruno, come i cacciatori e la muta dei cani, il cotto delle abitazioni, il fuoco a sinistra. L'opera fu dipinta verosimilmente durante il gelido inverno del 1564-65, ricordato dalle cronache come uno dei più rigidi della storia, con temperature polari in Russia, nelle Fiandre, in Germania ed in quasi tutta Europa.
@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Strage degli innocenti (Bruegel). ### Introduzione: La Strage degli innocenti è un dipinto olio su tavola (109,2x154,9 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, databile al 1564 circa e conservato nella Royal Collection presso il Castello di Windsor. Ne esiste una seconda versione (116x160 cm), da alcuni considerata di derivazione, nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Altre versioni sono note, tra cui una al Museo Brukenthal di Sibiu. ### Descrizione e stile. Un villaggio fiammingo innevato fa da sfondo alla scena della strage degli innocenti, con l'irruzione di un gruppo di soldati che cerca e uccide i bambini, nello sgomento generale delle madri. In passato la versione delle collezioni reali inglesi era stata considerata copia e quella viennese l'originale, finché Grossmann, basandosi su esami radiografici, non ribaltò questa convinzione, sostenendo che la prima presentasse brani di qualità migliore. La versione inglese è infatti appesantita da ritocchi probabilmente seicenteschi, con i quali si camuffò il tema trasformando i bambini uccisi per ordine di Erode, gli 'innocenti', in sacchi o, per quanto riguarda il gruppo centrale, in oche. L'insieme si configurò quindi come un semplice saccheggio di un villaggio, piuttosto che come episodio biblico. La mano dell'artista si riconosce solo in alcuni brani non alterati, come nella parte dell'araldo a cavallo o nei volti tondeggianti di molte figure. Un'altra differenza tra le due versioni riguarda il capo degli armati, al centro, che nella versione inglese ha il volto coperto dall'elmo, mentre in quella viennese mostra il viso barbuto ed è stato identificato con il Duca d'Alba, sanguinario invasore dei Paesi Bassi per conto della Spagna. Se tale identificazione fosse reale, il dipinto viennese sarebbe da posticipare al 1567, anno dell'invasione.
@Scribis @Italiano. Descrivi un dipinto.
### Titolo: Fienagione (Bruegel). ### Introduzione: La Fienagione è un dipinto olio su tavola (117x161 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1565 e conservato in Palazzo Lobkowitz a Praga. ### Descrizione e stile. La scena è ambientata in uno dei primi mesi estivi, giugno o luglio, con un gruppo di contadini intenti al taglio e la raccolta del fieno. In primo piano, nell'angolo inferiore sinistro, un uomo sta affilando la falce e, al centro, tre ragazze si dirigono verso di lui; poco dietro, a destra, quattro portatori di ceste vanno nella direzione opposta, assieme a una contadina a cavallo. Il gruppo passa tra ceste piene di baccelli e frutti rossi, forse corbezzoli, e un'edicola della Madonna, posta sul ciglio della strada. Il piano intermedio, dominato da un luminoso giallo, mostra vasti campi dove i contadini si dedicano al taglio, la raccolta e il trasporto del fieno con un carro. Nello sfondo si vedono alcune case, un villaggio in collina e, a sinistra, uno sperone roccioso con un castello su una delle sommità; a destra invece la veduta si perde a vista d'occhio con la vallata di un fiume che arriva fino al mare. I differenti piani sono esaltati dai contrasti coloristici di toni caldi (primo e medio piano) e freddi (sfondo). Figure umane e umane e natura appaiono perfettamente fuse e domina un senso di tranquillità, senza quell'incedere frettoloso dei lavoranti che spesso si incontra nei lavori di Bruegel. Mancano anche le deformazioni caricaturali, ma anzi il gruppo delle donne, con una che guarda verso lo spettatore, appare come una piacevole parentesi. In definitiva sembra che Bruegel, nel dipingere la stagione calda, abbia volute ritrarre gli uomini allegri e soddisfatti, liberi sia dall'ozio che dalla fatica del lavoro inutile.
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### Titolo: Mesi (Bruegel). ### Introduzione: La serie dei Mesi è un ciclo pittorico incompleto di Pieter Bruegel il Vecchio, realizzato attorno al 1565. ### Descrizione. Le scene mostrano solitamente un gruppo di figure in primo piano, dedite alle attività contadine della stagione, e nella restante parte del dipinto una spettacolare visione di paesaggio, accuratamente descritta nelle componenti luminose e atmosferiche delle stagioni. Da un punto di vista simbolico si è cercato di dare un significato più profondo alla serie, vista ora come celebrazione dell'epopea contadina nel ciclo annuale, dall'altra come simboli di una Natura dominante, che schiaccia le figure minimizzandole. Prima parte.
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### Titolo: Conversione di san Paolo (Bruegel). ### Introduzione: La Conversione di san Paolo è un dipinto a olio su tavola (61,5x114,4 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1567 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. È firmato 'BRVEGEL M.D.LXVII'. ### Descrizione e stile. Gli Atti degli Apostoli (IX, 3) raccontano come l'esattore Saulo, cadendo da cavallo sulla via per Damasco, ebbe una rivelazione divina che lo chiamò, divenendo da allora l'apostolo delle genti, Paolo di Tarso. Bruegel ambientò la scena su un impervio passo montano, tra dirupi scoscesi e cime aguzze, in cui un gruppo di soldati, a cavallo e a piedi, si sta inerpicando faticosamente Come in altre scene dell'artista, l'evento principale è relegato in secondo piano, dove un capannello di soldati guarda il loro compagno caduto, mentre il primo piano è occupato da figure secondarie, elegantissime e ritratte nei minimi dettagli. Per aiutare lo spettatore a trovare l'episodio chiave, Bruegel mise una figura, a destra, che indica con energia e che essendo l'unica voltata frontalmente attira l'attenzione. Tutto esprime un'idea di verticalità, dalle aguzze conifere montane, alle rupi appuntite, dalle lance ai vessilli, fino alla presenza di una nube a destra. Il taglio di alcuni oggetti dal bordo superiore (come la bandiera a destra), amplifica il senso di uno spazio che si sviluppa ulteriormente in altezza. A sinistra, dove prosegue la gola in lontananza con i personaggi che si fanno microscopici, si apre un vasto panorama, lontanissimo e sfumato dalla foschia.
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### Titolo: Paese della cuccagna (Bruegel). ### Introduzione: Il Paese della cuccagna (Luilekkerland) è un dipinto a olio su tavola (52x78 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1567 e conservato nell'Alte Pinakothek di Monaco di Baviera. È firmato 'M.DLXVII BRVEGEL'. ### Descrizione e stile. Il paese di Cuccagna è un soggetto della fantasia popolare, citato e descritto anche in numerose opere letterarie, molto note nelle Fiandre all'epoca di Bruegel. Se le tracce più antiche risalgono all'antichità (Luciano di Samosata), a quell'epoca se ne trova traccia negli scritti dei fratelli Grimm, nel capitolo 108 della Nave dei folli di Sebastian Brant e nella farsa del 1530 di Hans Sachs, Sclauraffennlandd ('Cuccagna'). Quest'ultima fonte venne pubblicata in prosa nel 1546 ad Anversa, ed è in particolare questo testo a cui dovette ispirarsi Bruegel, facendone una sorta di illustrazione. Un contadino, un chierico e un soldato, i tre ceti della società feudale, riposano indolenti all'ombra dell'albero della cuccagna, dal quale pende una tavola piena di vivande. Sono tutti giovani, perché nel paese di cuccagna esiste la fonte della giovinezza. Il contadino, con la mazza per la trebbiatura con cui si batteva il grano fino a separare le spighe dalla paglia, dorme su un fianco, il soldato sta a cavallo della propria lancia e il chierico, adagiato nella morbida imbottitura di pelliccia del suo abito, sogna ad occhi aperti. Essi sono disposti a raggiera attorno all'albero, secondo un ordinato schema compositivo e spaziale. A sinistra un altro soldato emerge da un rifugio col tetto coperto di torte, allusione al modo di dire fiammingo che significa 'essere ricchi'. L'uomo guarda in alto e apre la bocca, poiché sta per cadergli addosso un piccione arrosto. Ogni genere di ghiottoneria popola la scena, dall'uovo à la coque che vaga con le proprie zampette e con un coltello giù conficcato per essere gustato, al pollo arrosto che si accomoda su di un piatto, fino al maiale che corre con un coltello sul dorso che lo sta affettando. A sinistra un uomo sta scendendo da un buco in una montagna di polenta, poiché, come scrisse anche Sach, solo mangiando e scavandosi un buco si può arrivare al paese; l'uomo tiene infatti un mestolo in mano, e sembra cadere sorpreso di essere arrivato. Divertita e ironica appare la descrizione di questi particolari surreali, in parte riecheggianti Bosch, in parte derivati dal altri dipinti di Bruegel (come i Proverbi fiamminghi e la Mietitura), in parte originali. Il messaggio finale della tavoletta resta oscuro: forse contiene una condanna della gola e della pigrizia, o forse un ammonimento moraleggiante verso i potenti, di come il paese potrebbe essere senza la durezza del loro governo.
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### Titolo: Parabola dei ciechi. ### Introduzione: La Parabola dei ciechi (in olandese: De parabel der blinden) è un dipinto a tempera su tela (86x154 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, databile al 1568 circa e conservato nel Museo nazionale di Capodimonte di Napoli. ### Descrizione. Il dipinto raffigura sei uomini ciechi e sfigurati, che camminano in un percorso delimitato da un fiume da un lato e da un villaggio con una chiesa dall'altro. Il primo uomo è già caduto con la schiena in un fossato e, essendo tutti aggrappati l'uno all'altro con i bastoni, sembra trascinare i propri compagni con lui. A guardare la scena, inoltre, vi è un mandriano sullo sfondo.L'opera di Bruegel traduce in immagini la parabola evangelica del cieco che guida un altro cieco, riportata da Matteo 15:14, in cui Cristo si rivolge ai Farisei. Bruegel, tuttavia, rinnova questo concetto portando il numero di ciechi da due a sei; sono tutti ben vestiti, e non presentano l'abbigliamento da contadino, caratteristico delle opere della tarda maturità di Bruegel. La faccia del primo uomo, rovesciato sulla schiena, non è visibile: il secondo gira il capo durante la caduta, forse per evitare di ruzzolare con la faccia per terra. Il terzo uomo condivide il bastone con il secondo, dal quale verrà trascinato. Gli altri devono ancora inciampare, ma seguiranno inevitabilmente lo stesso destino: è solo questione di pochi attimi, di pochi passi. La posizione assunta dal primo uomo già caduto, tra l'altro, evidenzia la padronanza di Bruegel nella tecnica prospettica dello scorcio. Si noti che, sebbene le ambientazioni di Bruegel in genere sono fittizie, quella della Parabola dei ciechi è stata identificata: si tratta del villaggio fiammingo di Sint-Anna-Pede. Charles Bouleau ha sottolineato la tensione nei ritmi compositivi di Bruegel. Il dipinto è diviso in nove parti uguali da un fascio di rette parallele; queste ultime sono a loro volta suddivise da altre linee. La tela invita lo spettatore a seguire l'azione piuttosto che soffermarsi sulle singole figure. Gli uomini ciechi si rassomigliano nell'abbigliamento e nell'espressione somatica, e sembra che si stiano succedendo in un singolo movimento che culmina nella caduta che viene preceduta da varie azioni: «il vagabondare, poi l'esitazione, l'allarme, e l'inciampo». La successione delle teste descrive una linea curva e, andando avanti con la successione, aumenta anche lo spazio fra queste ultime, il che suggerisce allo spettatore la velocità crescente. I tetti spioventi delle case sullo sfondo contribuiscono alla sensazione di movimento dell'intera composizione.Lo storico dell'arte Gustav Glück notò delle incongruenze nell'abbigliamento dei mendicanti, in quanto questi sono ben vestiti e portano con sé doghe e borse piene. Gli accademici Kenneth C. Lindsay e Bernard Huppé hanno sottolineato che i ciechi rappresentano i falsi sacerdoti che hanno ignorato gli ammonimenti di Cristo di non portare oro, borse, o doghe. Il primo della fila, tra l'altro, porta una ghironda, strumento musicale ai tempi di Bruegel suonato dai mendicanti: ciò forse sta a simboleggiare un falso menestrello, uno che non canta le lodi per Dio. L'edificio sullo sfondo, identificato come la chiesa di Sint-Anna, nell'odierna città belga di Dilbeek, ha suscitato molti commenti. Una possibile interpretazione è che il santuario sia la prova dell'intento moralistico della tela: mentre i primi due ciechi inciampano e sono al di là della redenzione, gli altri quattro sono dietro l'edificio religioso, e quindi possono ancora essere salvati. Un'altra esegesi vuole che la chiesa, con un albero appassito piantato nelle circostanze, sia un simbolo anti-cattolico, e che coloro che la seguono cadranno come il primo degli uomini ciechi. Altri, invece, negano ogni simbolismo nel luogo di culto, notando che i dipinti di Bruegel non erano nuovi a chiese inserite nella città come parte integrante del paesaggio urbano. Il ricercatore Zeynel A. Karcioglu, invece, suggerisce che la chiesa alluda all'indifferenza sociale verso la misera condizione dei disabili. ### Stile. L'opera, ad oggi una delle quattro tempere sopravvissute di Bruegel, è precisamente un tüchlein, ovvero un dipinto realizzato con un colore preparato mescolando pigmenti con una colla solubile in acqua; questo metodo, tra l'altro, era già consolidato nel campo dei manoscritti miniati prima dell'introduzione del colore ad olio. Non è ancora chiaro da chi Bruegel possa aver assimilato questa tecnica: si pensa alla suocera miniaturista Mayken Verhulst, al maestro Pieter Coecke van Aelst o al pittore Giulio Clovio, che collaborò con l'artista durante la sua permanenza in Italia. A causa della solubilità della colla e dell'alta deperibilità della tela di lino, tuttavia, i tüchlein tendono a degradarsi velocemente, con danni difficili da restaurare: la Parabola dei ciechi. in ogni caso, versa in un ottimo stato di conservazione e non ha presentato danni molto gravi. Il dipinto, firmato e datato Brvegel.M.D.LX.VIII, misura 86 cm × 154 cm (34 in × 61 in) ed è il più grande realizzato nel 1568. Il tono austero dell'opera viene enfatizzato dall'uso di colori spenti e freddi: la tavolozza di Bruegel comprende infatti il grigio, il verde, il nero, il marrone e il rosso. La linea obliqua creata dai corpi, un po' sfasata rispetto al primo piano, taglia diagonalmente la composizione e accentua la loro fragilità e il loro drammatico isolamento. Il paesaggio sullo sfondo è tipicamente fiammingo, al contrario del resto dei dipinti di Bruegel, che era solito introdurre in paesaggi locali anche elementi estranei tratti da altri paesi.La tradizione pittorica di allora era solita raffigurare i ciechi come beneficiari di doni celestiali. Bruegel, invece, prende le distanze da questa concezione, ritraendo i propri uomini abbandonati a sé stessi e in procinto di cadere; avviene addirittura un rovesciamento di questo precetto, nel caso dell'uomo senza occhi che si ritrova tale in seguito a una punizione divina.Bruegel in questa composizione riprende l'oggettività empirica tipica del Rinascimento. Nei dipinti precedenti, i ciechi erano in genere raffigurati con gli occhi chiusi. Qui, invece, a ogni uomo viene assegnata una patologia oculare diversa; ciò avviene con un realismo così crudo da aver permesso l'identificazione delle loro malattie da esperti successivi, anche se continua a persistere qualche disaccordo diagnostico. I primi studi in merito si ebbero nel 1889 con la pubblicazione di Les difformes et les malades dans l'art (La deformazione e la malattia nell'arte), di Jean-Martin Charcot e Paul Richer; seguì il patologista francese Tony-Michel Torrillhon, con ulteriori indagini sulle figure di Bruegel. Gli occhi del primo uomo non sono visibili nel dipinto; i bulbi oculari del secondo sono stati enucleati ed eviscerati; il terzo soffre di leucoma corneale, e il quarto di atrofia del nervo ottico; il quinto sembra essere cieco (con una percezione visiva nulla) o fotofobico; il sesto invece è danneggiato dal pemfigoide bolloso. Charcot e Richer hanno messo in evidenza lo sguardo perso nel nulla dei sei uomini, a indicare il fatto che per orientarsi fanno affidamento sugli altri sensi.
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### Titolo: Belisario chiede l'elemosina. ### Introduzione: Belisario chiede l'elemosina è un quadro del pittore francese Jacques-Louis David del 1781. ### Descrizione. L'opera è incentrata sul generale bizantino Belisario, rappresentato ormai in disgrazia, vecchio, cieco ed in compagnia di un bambino, mentre protende l'antico elmo chiedendo l'elemosina. Lo riconosce solo un soldato, che aveva militato ai suoi ordini. Il messaggio morale dell'opera è la caducità della gloria. Ispirato a un popolare romanzo di Marmontel, l'opera testimonia il nuovo orientamento davidiano, indirizzato al neoclassicismo. Il dipinto fu accolto con favore dall'Accademia e, presentato al Salon, ottenne anche gli elogi di Diderot.
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### Titolo: Misantropo (Bruegel). ### Introduzione: Il Misantropo è un dipinto a tempera su tela (86x85 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1568 e conservato nel Museo nazionale di Capodimonte di Napoli. È firmato 'BRVEGEL 1568'. ### Descrizione e stile. In basso una scritta in fiammingo chiarisce il soggetto della piccola tela:. A differenza della maggior parte delle opere di Bruegel sono qui mostrate sinteticamente due figure principali, in primo piano e isolate dal paesaggio di sfondo. Un uomo anziano, dalla lunga barba bianca, procede silenzioso e mesto con le mani incrociate, indossando una cappa scura con cappuccio. Dietro di lui un ometto vestito da straccione, dal volto grottesco e dentro un globo trasparente con la croce sulla sommità, chiarissima metafora del Mondo, gli sta tagliando via una borsa per derubarlo; ma il sacco ha l'evidente forma di un cuore umano, simboleggiando quindi la delusione e l'inaridimento dei sentimenti che la vita nella società comporta. Le spine e il fungo velenoso che poi si trovano davanti all'uomo simboleggiano il pericolo del suo cammino. Ne esce quindi una visione molto pessimistica della vita e dell'umanità, un po' come nella Parabola dei ciechi che si trova nello stesso museo e che ne condivide, oltre che la storia e la tecnica esecutiva, l'ipotesi di datazione. La figura del misantropo svetta al centro del tondo, costituendo un solido volume che stacca rispetto al paesaggio dai colori caldi. Qui si vedono un pastore tra il suo gregge e un mulino a vento tra campi e zone boschive.
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### Titolo: Ladro di nidi. ### Introduzione: Il Ladro di nidi è un dipinto a olio su tavola (59,3x68,3 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1568 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. È firmato 'BRVEGEL M.D.LXVIII'. ### Descrizione e stile. Il tema del dipinto proviene dal proverbio popolare 'Chi sa dov'è il nido lo conosce, chi lo ruba lo possiede', inteso come 'chi è invadente ottiene quello che vuole', soprattutto legato al conquistare una ragazza. La composizione della scena è diversa dalle tipiche scene frenetiche e corali di Bruegel, poiché mostra un personaggio di grandi dimensioni al centro, in questo caso un contadino che avanza ed indica, arrampicato su un albero a sinistra, il ladro di nidi, che sta rubando le uova di uccello in posizione precaria, facendo cadere il cappello all'indietro. Lo sfondo è composto da una luminosa visione campestre, schiarita in lontananza e molto curata, ma non ricchissima di dettagli come in altri lavori dell'artista. A parte la descrizione della fattoria, di un tronco secco e di qualche specie vegetali, il fondale appare tratteggiato sinteticamente, come in un acquerello, con una definizione per lo più data dalla cromia, dalla picchettatura e dalla luce, dell'erba, degli alberi e di un ruscelletto che scorre in primo piano. Di difficile spiegazione è la presenza, nello sfondo a sinistra, di una piramide confusamente visibile dietro gli alberi: forse un semplice nido di un fienile, forse un'allusione filosofica più profonda. Secondo alcuni studiosi c'è un significato moraleggiante nel fatto che il protagonista, distratto nell'additare il ladro, stia per cadere in un ruscello: forse è una trasposizione del Vangelo di Matteo quando dice 'non bisogna badare alla pagliuzza nell'occhio del fratello, dimenticando la trave nel proprio' (VII, 3). L'uomo potrebbe indicare anche la piramide, alludendo al possesso di una conoscenza più profonda, ma il fatto che sia per cadere contrasterebbe con la sua credenza. Tuttavia il fatto che il contadino abbia in mano degli attrezzi, avendo già appoggiato un sacco un poco indietro, e stia sorridendo, può suggerire che il ladro sia sì scoperto, ma lasciato fare, avendo il protagonista cose più importanti a cui attendere, simboleggiate dalla lontana piramide.
@Scribis @Italiano. Descrivi un famoso dipinto.
### Titolo: Banchetto nuziale. ### Introduzione: Il Banchetto nuziale è un dipinto a olio su tavola (114x164 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, databile al 1568 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Dentro un grande edificio, forse un granaio o un pagliaio, si sta svolgendo il pranzo nuziale di una coppia di contadini. La sposa è ben visibile davanti al telo verde appeso alle sue spalle (un elemento che si trova anche in molte Madonne fiamminghe) e indossa la corona con aria vagamente sognante, accanto ai genitori (il padre indossa il mantello foderato di pelliccia ed ha una sedia preminente rispetto alle altre panche); lo sposo secondo la tradizione deve servire ai tavoli ed è forse da identificarsi con l'uomo che sta versando della birra (probabilmente lambic) in una brocca all'estrema sinistra, o con quello dal berretto rosso che si volta al centro per prendere le scodelle col cibo (forse polenta, data la rigidità che sembra mantenere, specialmente nel piatto che viene servito dal presunto sposo) e passarle ai convitati, portate da sue inservienti su un rudimentale vassoio fatto d'assi. In primo piano si vede un bambino che sta leccando un piatto, indossante un berrettone con piuma di pavone che gli copre gli occhi e sulle cui gambe è appoggiato un pezzo di pane imburrato. Lo sguardo dello spettatore è guidato in profondità dalla posizione obliqua della tavola, lungo la quale si allineano i vari ospiti, ciascuno ritratto nella sua singolarità. Un cane spunta da sotto la tavola, vicino a un prelato che sta discutendo con un uomo dalla barba rossa di profilo: qualcuno lo ha indicato come un possibile autoritratto di Bruegel. In quest'opera non è forse un caso che l'autore sembri sciogliere, infine, quel distacco verso i suoi personaggi che l'aveva caratterizzato, partecipando in qualche misura alla gioia dell'evento. Sempre in primo piano sono ben visibili due camerieri che trasportano un grande 'vassoio' di legno con dei piatti. La grande curiosità di questa immagine è la posizione del piede sinistro del cameriere con la giubba rossa. Effettivamente si nota che 'i piedi sinistri' in realtà sono ben due, uno un po' più arretrato, sotto il piano in legno, ed uno più avanzato quasi come l'altro. In realtà pare che l'artista non sapesse come posizionare quel piede, se in modo tale da far intendere a chi lo osservasse che quel cameriere si fosse fermato girandosi oppure stesse avanzando. Due suonatori di zampogna stanno in piedi nel medio piano, e quello con la giubba rossa ha momentaneamente smesso di suonare e s'è girato ad osservare, con un'espressione di golosità, i piatti che i camerieri stanno servendo; in lontananza altri personaggi si accalcano alla porta e un bambino, seduto all'estremità del tavolo, si sta succhiando un dito. Nel centro del dipinto si scorge inoltre la personificazione di uno Scemo del villaggio. La descrizione è quindi arricchita da molti dettagli quotidiani, che fanno dell'opera un prototipo per la pittura di genere.
@Scribis @Italiano. Il tuo compito è descrivere un dipinto.
### Titolo: Danza di contadini. ### Introduzione: La Danza di contadini è un dipinto a olio su tavola (114x164 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, databile al 1568 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Il tema del ballo dei contadini, già rappresentato ad esempio nella Danza nuziale di Detroit, è qui trattato con maggiore maturità: al brulicare di figure l'artista ha ormai sostituito la preferenza per grandi personaggi nel primo piano, in questo caso scomponibili in due metà: a sinistra una tavola imbandita dove stanno seduti anche il suonatore di zampogna e un suo amico rubicondo che gli porge una brocca di vino; a destra una coppia che prende parte alle danze, rappresentata con qualche tono grottesco (come le espressioni intontite) e con grande cura dei dettagli, come il brosello della donna che pende con le chiavi, o il cucchiaio appuntato in testa al berretto dell'uomo, dimostrando la sua intenzione di non arrivare impreparato al banchetto. In primissimo piano a destra si vedono poi una ragazzina che insegna a ballare a una bambina: si tratta di figure fuori scala rispetto al corpulento suonatore che sta loro dietro, ma di grande indagine descrittiva e psicologica. Al tavolo alcuni personaggi sembrano inebetiti dal bere (un uomo sembra rifiutare malamente l'abbraccio di una donna dietro di lui) e un mendicante si avvicina (estrema sinistra) per chiedere l'elemosina, ma viene scacciato bruscamente dall'uomo a capotavola; dietro di loro una coppia si bacia. Sullo sfondo altre coppie prendono parte alle danze, compresa quella che sta uscendo dalla casa col vessillo rosso, in cui il marito sembra trascinare controvoglia la moglie. Più che a una danza nuziale, la scena farebbe pensare a uno di quei festeggiamenti speciali, magari con l'occasione della consacrazione della chiesa che si vede sul fondale. In primo piano, sul suolo, si vedono alcuni gusci di noce, il manico di una brocca rotta e alcuni fuscelli di paglia. La descrizione è quindi arricchita da molti dettagli quotidiani, che fanno dell'opera un prototipo per la pittura di genere.
@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Gazza sulla forca. ### Introduzione: La Gazza sulla forca è un dipinto a olio su tavola (45,9x50,8 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1568 e conservato nell'Hessisches Landesmuseum di Darmstadt. È firmato 'BRVEGEL 1568'. ### Descrizione e stile. Un vasto e arioso paesaggio occupa circa due terzi del dipinto, che grazie al punto di vista rialzato e all'abile uso della prospettiva aerea, si allontana a perdita d'occhio tra boschi, villaggi, rocche con castelli, città murate e fiumi. In primo piano è collocata una forca, sinistramente inclinata, sulla quale si è posata una gazza, simbolo tradizionale della Vanitas. La forca è costruita usando un paradosso di prospettiva: la parte superiore infatti sembra andare in profindità verso destra, mentre in quella inferiore i piedi della forca sono sullo stesso piano, anzi quello destro sembra quasi più vicino allo spettatore. Un'altra gazza è posata sullo spuntone di un tronco, in primo piano davanti alla forca. Leggermente a destra e in basso rispetto al piede della forca, si scorge un teschio di animale, forse un cavallo o un asino, con probabile intento simbolico e sarcastico. A sinistra un gruppo di ballerini paesani è accompagnato da un suonatore di zampogna e circondato da un gruppetto di curiosi: forse sono saliti fin qui dal villaggio, che si vede a sinistra, in occasione della festa per la consacrazione di una chiesa. Gli uomini in primo piano a sinistra rimandano l'attenzione dello spettatore verso la forca, indicandola, mentre alle loro spalle, nell'ombra, un uomo è accovacciato mentre espleta i propri bisogni corporali. A destra si intravedono una croce di legno e in lontananza un mulino ad acqua, forse metafora del chiacchiericcio (il cui suono ricorda quello del gorgoglio) e della sua stigmatizzazione, come nel detto popolare 'mandare qualcuno al capestro con le chiacchiere', cioè eliminare le maldicenze. L'intera rappresentazione sembrerebbe quindi mettere in scena le debolezze e la stoltezza umana, alle quali fa da contrasto l'immutabilità della natura; si crea però una sorta di precario equilibrio tra il timore e i pericoli del futuro incerto e la tranquillità derivata dalla leggerezza del presente.
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### Titolo: La Primavera (Bouguereau). ### Introduzione: La Primavera (in francese Le Printemps ), conosciuto anche come Il ritorno della primavera, è un dipinto di William-Adolphe Bouguereau del 1886. L'opera è la rappresentazione di una ninfa all'inizio della primavera. Attualmente si trova in mostra presso il Museo d'Arte Joslyn a Omaha, Nebraska. Nel 1890 e nel 1976 il dipinto fu vittima di tentativi di vandalismo da parte di alcune persone che ritenevano offensiva la nudità apertamente sensuale dell'opera: quando è stato esposto a Omaha nel 1890 ha finito per essere vandalizzato da un pastore della chiesa presbiteriana, che gli lanciò contro una sedia e procurando in tal modo un ampio strappo alla tela: la giustificazione dell'atto compiuto fu che l'opera risvegliò in lui pensieri e desideri impuri. ### Descrizione. La ninfa, figura centrale nella pittura, è circondata da nove amorini sullo sfondo di una campagna fiorita. Gli amorini sembrano essersi appena svegliati e questo è suggerito dai tre amorini nella parte inferiore del quadro; i tre nella zona centrale sembrano ignorare la situazione mentre altri tre amorini sono attorno alla ninfa: due le raccolgono i capelli mentre un altro la contempla. La ninfa, appena sveglia, pare sorpresa di prima impressione, come suggeriscono le braccia intorno al petto, ma poi diventa parte della situazione, come si può leggere dall'espressione estasiata del suo volto.
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### Titolo: Dio Padre (Pontormo). ### Introduzione: Il Dio Padre è un affresco perduto di Pontormo, databile al 1525-1528 circa e già conservato nella cupoletta della Cappella Capponi nella chiesa di Santa Felicita a Firenze. ### Descrizione e stile. «Nel cielo della volta fece un Dio Padre, che ha intorno quattro patriarchi molto belli». Così Vasari descrisse gli affreschi perduti della cappella Capponi. Dai frammentari studi conservati si sono fatte varie ipotesi di ricostruzione. Una delle più accreditate è che lungo il bordo della cornice in pietra serena stessero seduti i patriarchi e sopra di essi Dio Padre in posizione più elevata e la colomba dello Spirito Santo al centro. Non è chiaro se Dio si trovasse sul lato sopra l'altare o l'ingresso; tra le due ipotesi appare più verosimile la prima, poiché più agevole alla vista dalla navata, e poiché ad esso tendeva probabilmente il corpo di Cristo nella sottostante Deposizione, da intendere come preparazione del suo posto alla destra del Padre nel giorno del Giudizio. Inoltre nel disegno degli Uffizi l'ombreggiatura verso sinistra suggerisce la posizione con la finestra della cappella a destra.
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### Titolo: Il colosso. ### Introduzione: Il colosso (El Coloso) è un dipinto a olio su tela eseguito probabilmente da Francisco Goya o da Asensio Julià intorno al 1808, oggi custodito al museo del Prado di Madrid. ### Descrizione. Il colosso è uno dei quadri goyeschi più enigmatici. Raffigura un intero popolo che fugge in modo frenetico e vorticoso da un pericolo imminente e mortale: a far parte di questo esodo improvviso vi sono un branco di grosse bestie che, ormai non più impedite dal recinto, fuggono dai mandriani, ma anche una colonia di sfollati alla deriva con masserizie al seguito, e altre persone che implorano aiuto, consapevoli che ogni attimo per sfuggire da quel rischio immane potrebbe rivelarsi vitale. C'è chi, colto da un improvviso malessere fisico, tracolla, e vi è persino un cavaliere disarcionato. A destra, infine, notiamo un piccolo villaggio addormentato, ormai inadatto per proteggere i suoi abitanti. L'unico essere vivente a non curarsi del pericolo imminente è un asino, simbolo dell'ignoranza e caparbietà umana. Le cause di quest'apocalisse, tuttavia, sono ignote. Nel cielo, tuttavia, possiamo notare una figura improvvisa e abnorme: si tratta di un colosso nudo, barbuto e devastato dalla furia, come si può notare dagli occhi chiusi per la collera e dai pugni chiusi in modo minaccioso. Si potrebbe rintracciare proprio nel gigante il motivo di tanta disperazione, e in questo caso vi andrebbe letta una metafora del potere assolutista, del conflitto bellico scoppiato con la Francia o - persino - dell'insensibilità dell'uomo moderno verso la natura. Potrebbe darsi, tuttavia, che il colosso in realtà stia proteggendo la popolazione in fuga da un nemico che non riusciamo a vedere, situato oltre le colline: ad avallare questa tesi vi è la posizione stessa del gigante, che non attacca il popolo inerme bensì gli dà le spalle, o meglio lo protegge, e l'esistenza di un poema di Juan Bautista Arriaza, Profecía del Pirineo (1808). dove si narra proprio di un colosso di statura e forza straordinaria, vero e proprio nume tutelare della Spagna, che emerge dalle montagne e si confronta con l'invasione napoleonica.
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### Titolo: Coro di San Lorenzo. ### Introduzione: Il coro della basilica di San Lorenzo a Firenze conteneva un perduto ciclo di affreschi di Pontormo, databile alla sua estrema attività (1546-1556, un anno prima della sua morte) e probabilmente il suo capolavoro. Fu distrutto per le connotazioni religiose non ortodosse verso il 1738. ### Descrizione. La disposizione originaria delle scene non è sicura e si basa sulle indicazioni fornite da Giorgio Vasari (Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, 1568), da Francesco Bocchi (Bellezze della città di Fiorenza, 1591) e da un'incisione tardo cinquecentesca nell'Albertina di Vienna. I disegni preparatori superstiti, venti in tutto, sono tutti al Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi salvo due, come indicato in seguito. Il ciclo doveva avviare nel registro superiore della parete centrale dove, intervallati da due finestre, si dovevano trovare le prime storie della Genesi: da sinistra, la Cacciata dal Paradiso terrestre (un disegno preparatorio della scena, uno della sola Eva), Cristo in gloria e creazione di Eva (un disegno preparatorio generale, uno del solo Adamo disteso in basso) e il Peccato originale. La centralità della figura di Cristo e l'allusione alla sua redenzione effettuata dopo una prima, rovinosa vittoria del maligno sull'umanità (il tema ricorrente della morte e della catastrofe). Era legato a una particolare religiosità di ascendenza riformista, legata alla teoria della giustificazione per la sola fede, all'insegna di un contatto più diretto possibile con la divinità. Su questo stesso livello nelle pareti laterali, sempre intervallate dalle finestre, si trovavano tre scene per lato: a sinistra Sacrificio di Caino e Abele e uccisione di Abele (due disegni praparatori), Storie di Noè e Mosè che riceve le tavole della Legge (un disegno preparatorio con Mosè di spalle che solleva le tavole, sulle quali Dio punta l'indice dall'alto, uno col solo Mosè); a destra i Quattro evangelisti (un disegno preparatorio), il Sacrificio di Isacco (un disegno preparatorio all'Accademia Carrara di Bergamo) e il Lavoro di Adamo ed Eva (due disegni preparatori in cui si vede Adamo che affonda la zappa nella terra ed Eva che tiene un fuso e una conocchia). Il registro inferiore conteneva due grandi scene laterali in cui erano presenti numerosissime figure, avviluppate senza 'né ordine di storia, né misura, né tempo, né varietà di teste, non cangiamento di colori di carni, et insomma non alcuna regola, né proporzione, né alcun ordine di prospettiva', come criticò Vasari. A sinistra doveva trovarsi il Diluvio universale e Noè che parla con Dio (tre disegni preparatori), a destra la Resurrezione dei corpi prima del Giudizio Universale (due disegni preparatori). Più complessa era la parte inferiore della parete centrale, poiché non si è sicuri se presentasse una doppia finestratura come il registro superiore o meno. Nella parte più alta dovevano trovarsi due coppie di putti abbracciati, mentre al centro si trovava il Martirio di san Lorenzo (un disegno preparatorio), affiancato da due scheletri reggitorcia; in basso infine doveva inscenarsi l'ascensione delle anime (due disegni preparatori di cui uno alle Gallerie dell'Accademia di Venezia). Molto probabilmente queste scene formavano un tutt'uno, a giudicare dalla confusione suscitata in un osservatore preparato come Vasari, il quale non riusciva a cogliere 'la dottrina' del complesso decorativo. In generale quindi le scene riflettevano sull'opposizione tra mondo della legge e mondo dell'errore, nella realtà rinnovata dalla grazia divina tramite il sacrificio di Cristo. L'accostamento di Gesù risorto (con gli evidenti strumenti della Passione) alle storie dei Progenitori sottintende infatti una nuova creazione dell'uomo. Al peccato che incorre nella vita umana si riferivano le scene con Caino e Abele e alla sua espiazione il Lavoro dei Progenitori, mentre Noè prefigurava la salvezza dell'umanità, così come il Sacrificio di Isacco inscenava l'offerta del figlio che Dio fece con Gesù. Alla nuova legge stabilita da Cristo alludevano i quattro Evangelisti, mentre al rinnovarsi della vecchia legge si riferiva la presenza di Mosé. L'ultimo atto della storia umana era poi simboleggiato dalle scene (parziali) del Giudizio. ### Stile. Ciò che risulta dai disegni superstiti e dalle testimonianze è che gli affreschi di San Lorenzo fossero privi di una qualsiasi organizzazione spaziale, arrivando a negare la fisicità delle figure e la loro caratterizzazione sessuale in figure maschili o femminili. Scrisse R. Corti (1977) come invece venivano evidenziati gli 'aspetti inorganici, la flaccidità della carne rispetto ai muscoli, l'assenza di una precisa individualità come di una forza attiva e vitale'. Si tratta di un'evidente polemica aperta con Michelangelo Buonarroti, rovesciando l'eroismo e il vigore anatomico dei suoi nudi nella volta della Cappella Sistina (1508-1512) e nel Giudizio universale (1537-1541). Le torsioni espressive del Buonarroti sono qui portate alle estreme conseguenze, con i personaggi di Pontormo in preda a pose instabili, spesso incrociate a avviluppate, spiraliformi e serpentinate, all'insegna di uno spiccatissimo anticlassicismo e antinaturalismo. Nel disegno preparatorio del Gruppo di morti ad esempio, la composizione è caratterizzata da un inestricabile viluppo di corpi, legati a catena e sviluppato verso i lati e verso l'alto, in un insieme libero da regole spaziali di alcuna sorta.