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### Titolo: Madonna in trono col Bambino e due angeli. ### Introduzione: La Madonna in trono col Bambino e due angeli è un dipinto a tempera e oro su tavola (58,7x42,9 cm) di Gentile da Fabriano, databile al 1410-1415 circa e conservato nel Philbrook Art Center a Tulsa (Oklahoma). ### Descrizione e stile. La tavola è racchiusa dalla cornice originale, con la centina polilobata racchiusa in un riquadro che imita un arco con tanto di pilastrini laterali, medaglioni e decorazioni a rilievo. Maria è seduta su un trono ligneo che assomiglia a un lungo pancale gotico, come se ne vedevano nei cori delle chiese, scandito da guglie ricamate e svettanti e fini trafori nella base. Essa tiene in grembo il Bambino, che è in posizione rigidamente frontale in un gesto di benedizione che rivela la sua natura divina. Nel panneggio di Maria o nella veste accartocciata del Bambino che essa tiene con la mano, si ritrova quell'incedere ritmico e falcato dei panneggi, tipico del gotico internazionale, che presente anche in altre opere di Gentile di quegli anni, come la Madonna di Perugia e il Polittico di Valle Romita. Il manto di Maria in particolare si gonfia in pieghe dal bordo sinuoso, che sembrano non volere mai toccare terra ingolfandosi in onde capricciose. La fodera della veste è trattata, come in altre opere, con una raffinatissimo pointillisme d'oro, che dà riflessi brillanti e preziosi. Notevole è la lavorazione delle aureole incise nell'oro: in quella di Maria si legge 'Ave Maria Gracia Plena'. Agli angoli si trovano due angeli inginocchiati in adorazione, le cui fisionomie un po' leziose sono state talvolta messe in relazione con l'intervento di un aiuto di bottega.
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### Titolo: Natura morta con teschio. ### Introduzione: Natura morta con teschio (Conosciuto anche come Vanitas con tulipano, teschio e clessidra) è un dipinto di Philippe de Champaigne del 1671, oggi conservato nel Musée de Tessé di Le Mans, in Francia. ### Descrizione e stile. Si tratta di una natura morta legata al tema della caducità della vita umana, più precisamente detta Vanitas. La fragilità dell'uomo è rappresentata dai tre elementi disposti sul tavolo ovvero il teschio, simbolo della morte, il fiore, che avvizzisce simboleggiando la fragilità umana, e la clessidra, che rappresenta lo scorrere del tempo. Lo stesso tavolo si presenta spoglio e disadorno di decorazioni; il tutto è immerso in uno scenario semplice e tinto di colori scuri, accentuato dalla piccola dimensione dell'opera.
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### Titolo: Laocoonte (El Greco). ### Introduzione: Il Laocoonte è un dipinto a olio su tela (142 × 193 cm) di El Greco, databile al 1610-1614 e conservato nella National Gallery of Art di Washington. ### Descrizione e stile. Il dipinto descrive la morte di Laocoonte, sacerdote di Apollo e abitante di Troia. Secondo la mitologia greca tentò di salvare i troiani dall'insidia del cavallo di Troia, donato loro dai greci. Venne per questo punito da Atena, la quale parteggiava per gli Achei, che lo fece uccidere assieme ai figli da due giganteschi serpenti provenienti dal mare. Il tragico evento della morte di Laocoonte era già stato trattato nella celebre composizione del Gruppo del Laocoonte, situata ai Musei Vaticani; l'opera di El Greco si discosta certamente dallo stile classico di questo gruppo scultoreo, avvicinandosi prepotentemente allo stile manierista. I protagonisti dell'opera sono disposti su una roccia, la quale domina la città e apre la visione ad un cielo carico di nubi e dai colori tetri. Laocoonte lotta strenuamente con un serpente che sta tentando di morderlo sulla fronte, tenendogli la bocca con la mano destra e serrandone una parte del corpo con la sinistra. Alla sua sinistra uno dei figli ancora combatte con il serpente che tenta di ucciderlo. Alla destra delle scene di lotta di ergono due figure, probabilmente entità divine, le quali non intervengono nello scontro fatale tra il sacerdote e le bestie marine. Tutte le figure sono allungate e mostrano membra contorte e tese, mantengono posizioni quasi innaturali. Il colore dei loro corpi è volutamente distorto da quello consueto, scelta che fa risaltare, insieme alle tinte del cielo e dello sfondo, un'atmosfera tetra e oscura.
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### Titolo: Imago Pietatis (Cima da Conegliano). ### Introduzione: L'Imago Pietatis è un dipinto a olio su legno di pioppo (53,5x38,5 cm) di Cima da Conegliano, e conservato nel Museo di Wilanów a Varsavia in Polonia. ### Descrizione. Il dipinto date le sue piccole dimensioni potrebbe essere stato commissionato come immagine devozione privata o esser stato parte di un polittico. È decisamente ispirato alle opere di Giovanni Bellini che aveva declinato in senso umanistico la tradizionale iconografia bizantina dell'Imago Pietatis sempre viva a Venezia. La raffigurazione, quasi un “fermo immagine”, drammatizza il passaggio da narrazione di una storia a icona. Icona il cui scopo è quello di ispirare la contemplazione della morte di Cristo intesa come mistero e la sofferta partecipazione di Maria all’opera di redenzione. La tavola di Wilanów è particolare per la forza espressiva e la lirica calma profondamente mistica. L’assieme è soffuso da una luce calda dorata con colori delicati e ombre leggere mentre i personaggi si stagliano su di un fondo scuro, inquadrati in maniera monumentale da una visione prospettica leggermente ribassata. Il corpo di Cristo è idealizzato con solo l’accenno delle piaghe della passione; il volto meditativo di Maria è animato da più forti riflessi. In basso, appena sporgente dal margine, è il bordo di un sarcofago marmo rosso, simbolicamente anche altare su cui sia stato celebrato il sacrificio che porta alla Redenzione.
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### Titolo: Crocifisso di Mercatello sul Metauro. ### Introduzione: Il Crocifisso di Mercatello sul Metauro è una tempera su tavola sagomata di Giovanni da Rimini, conservata presso la chiesa di San Francesco a Mercatello sul Metauro, nelle Marche. ### Descrizione. Il Cristo ha una forma piuttosto allungata ed esile, molto aderente alla struttura della croce. Alle estremità della croce presenta, in alto la figura di Cristo giudice, e ai lati quelle della Maddalena e di San Giovanni Evangelista.Il crocifisso reca la firma dell'artista, 'Iohannes pictor' e la data di esecuzione (1309), riprende chiaramente quello del ben più noto maestro toscano, rivelandosi utilissimo per comprendere lo sviluppo della Scuola riminese.Presso il museo della città di Rimini è esposto un analogo crocifisso dell'artista, che però si differenzia dallo sfondo scuro della croce, anziché d'oro.
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### Titolo: Pala del beato Nicola da Tolentino. ### Introduzione: La Pala del beato Nicola da Tolentino, o Pala Baronci è un dipinto smembrato e parzialmente perduto (olio su tavola, misure ignote) di Raffaello Sanzio e Evangelista da Pian di Meleto, primo assistente alla bottega di Giovanni Santi, padre di Raffaello, databile al 1500-1501 e conservato in vari frammenti in musei italiani ed esteri. L'opera è la prima documentata dell'artista che, all'epoca diciassettenne, è già indicato nel contratto come magister. ### Descrizione e stile. Dell'opera originaria esiste una copia parziale del 1791 di Ermenegildo Costantini, conservata nella Pinacoteca comunale di Città di Castello, e alcuni disegni preparatori (all'Ashmolean Museum di Oxford e al Musée des Beaux-Arts di Lilla), che permettono di farsi un'idea della composizione originaria. Al centro si trovava Nicola da Tolentino, allora ancora beato, che schiacciava il demonio, affiancato da tre angeli con cartigli: due in coppia a destra e uno solitario a sinistra. In mano il santo reggeva un libro aperto e un lungo crocifisso. La parte superiore della pala, assente nella copia settecentesca, mostrava una triplice incoronazione del santo, da parte dell'Eterno in una mandorla di cherubini, da parte della Vergine Maria inginocchiata e da parte di sant'Agostino con gli abiti vescovili. Lo sfondo doveva essere composto da un'ampia arcata, aperta sul paesaggio. La predella infine mostrava storie del santo. I frammenti conosciuti sono:. Angelo, trasportato su tela, 31x27 cm, Brescia, Pinacoteca Tosio-Martinengo. Angelo, 58x36 cm, Parigi, Museo del Louvre. Eterno tra cherubini e testa di Madonna, 112x115 cm, Napoli, Museo nazionale di Capodimonte. Nicola da Tolentino resuscita due colombe, 29,2x54 cm, Detroit, Detroit Institute of Arts. Nicola da Tolentino soccorre un fanciullo che annega, 26,7x51,8 cm, Detroit, Detroit Institute of Arts. Nicola da Tolentino e gli impiccati, Pisa, Museo nazionale di palazzo RealeL'attribuzione di questi frammenti non è però univoca e alcune parti, soprattutto quelle a Detroit e a Napoli, sono assegnate talvolta a Evangelista. La figura dell'Eterno è di impostazione peruginesca e arcaica, che si trova anche in opere del padre di Raffaello, come la Pala Buffi per la chiesa di San Francesco a Urbino. Più convincenti sono la Vergine e gli angeli, in cui si scorgono influenze dei modi contemporanei di Pinturicchio. La concezione della tavola deve comunque spettare unicamente a Raffaello, come dimostrano i disegni preparatori. Essi hanno una qualità e una scioltezza sicuramente maggiori di quelle del maestro Perugino.
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### Titolo: San Francesco e storie della sua vita. ### Introduzione: San Francesco e storie della sua vita è un dipinto a tempera e oro su tavola (160x123 cm) di Bonaventura Berlinghieri, firmata, datata 1235 e custodita nella chiesa di San Francesco a Pescia. ### Descrizione e stile. La tavola, dalla tipica forma cuspidata, rappresenta san Francesco, posto in piedi in posizione centrale; il santo di Assisi è vestito con un saio legato tramite una corda ed è incappucciato, nella mano sinistra regge probabilmente il Vangelo, mentre con la destra benedice e mostra le stimmate. Come tipico di altre tavole sui santi dell'epoca, ai lati della figura in piena dimensione sono rappresentate alcune storie della sua vita. Nel catalogo della mostra giottesca, tenutasi a Firenze tra l'aprile e l'ottobre del 1937, si ebbe modo di registrare il rifacimento postumo dell'aureola del santo, che avrebbe ricoperto anche la punta del cappuccio del saio, sporgente a sinistra. Il cordone mostra i tre nodi che ricordano i tre voti dei frati: obbedienza, castità e povertà. All'altezza delle spalle, sono raffigurati due angeli racchiusi in due tondi, la cui funzione non è ancora del tutto chiarita: più che riempitivo dello spazio angusto, come avviene anche nelle Maestà duecentesche, è stata ipotizzata una loro derivazione dalla cimasa delle Croci lignee toscane contemporanee. Ai lati della tavola Bonaventura eliminò la cornice orizzontale, tipica del pannello agiografico bizantino, e distribuì le scene in quadretti aperti, facendole scorrere in successione cronologica secondo una scansione binaria: le sei scene di cui san Francesco è protagonista, rappresentate tre per lato, contano due episodi in vita (Predica agli Uccelli, Stimmate) e due miracoli post mortem. In senso orario, partendo dalla raffigurazione in alto a destra si trovano:. Miracoli degli storpi,. Miracoli degli zoppi,. Miracoli degli ossessi,. Guarigione di una bimba,. Predica agli uccelli. Stimmate.L'opera è molto interessante nell'ambito del Duecento italiano poiché è la prima conosciuta a trattare il soggetto delle Storie di san Francesco, che essendo pressoché contemporanee, non avevano un modello iconografico bizantino: tuttavia il rapporto degli episodi laterali con la miniatura bizantina, già notato in precedenza, è stato recentemente provato. Lo stile è comunque ancora legato alle fogge anticheggianti usate nelle storie bibliche, con la posa rigidamente frontale, la schematicità dei tratti fisiognomici e il carattere impersonale dell'effigie. L'opera venne restaurata da Alfio del Serra fra il 19 novembre 1981 e il 3 ottobre 1982. Il Cappuccio fu abraso verso la fine del '600 e rinvenuto nel restauro del Serra sotto l'aureola, falsa e perciò eliminata. Il cappuccio è stato suggerito e colorato con la tecnica della selezione dei colori come usava fare Alfio del Serra. Il Restauro fu finanziato la Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia.
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### Titolo: Deposizione di Cristo (Sante Cattaneo). ### Introduzione: La Deposizione di Cristo è un dipinto a olio su tela (430x220 cm) di Sante Cattaneo, databile al 1808 e conservato sull'altare del Santissimo Sacramento nella chiesa dei Santi Faustino e Giovita a Brescia. La tela si colloca, per qualità artistica, fra le migliori del pittore, ormai giunto alla piena maturità e dunque facilmente vittima di pure ripetizioni stilistiche, che invece dimostra di saper evitare riproponendo nuovi modelli compositivi. Il dipinto del Cattaneo arriva in sostituzione del Compianto sul Cristo morto del Romanino, da sempre pala principale dell'altare ma requisito nel 1797. La tavola del Romanino, fra l'altro, è oggi perduta. ### Descrizione e stile. L'opera, di considerevoli dimensioni, raffigura il tema della Deposizione di Gesù, quando il Redentore, ormai morto, viene tolto dal crocifisso e riportato a terra, fra le braccia della Madonna e di Maria Maddalena. Sante Cattaneo pone la scena in un contesto molto ombroso, permeato da una fioca e diffusa luce di incerta provenienza. Al centro, spostato verso sinistra e nella penombra, si scorge il crocifisso, sul quale, mediante una scala a pioli, è salito un uomo da destra per togliere i chiodi dalle mani e dai piedi di Gesù, il cui corpo sta per essere calato a terra tenuto per un braccio dallo stesso uomo, mentre un'altra figura ne sorregge le spalle e l'altro braccio. L'uomo sottostante, invece, lo sta per accogliere nel sudario tenuto aperto dalle braccia divaricate, mentre l'uomo salito sulla croce ne trattiene l'altra estremità. Ai piedi di Gesù è inginocchiata Maria Maddalena, mentre subito a destra, in piedi e coperta da una veste blu, sta la Madonna. Nello sfondo cupo e tenebroso della scena si scorge, in basso a sinistra, una lontana città fortificata illuminata da una spettrale luce arancione, quasi stesse andando a fuoco, mentre nell'angolo estremo si vedono, appoggiati a terra, uno scudo e un teschio. Sulla sommità del crocifisso è invece posto il tradizionale titulus crucis. La tela è opera della piena maturità di Sante Cattaneo e si caratterizza per la sua pregevolissima qualità artistica. Il Cattaneo, nella sua lunga vita foltissima di opere pittoriche sul tema sacro, riesce ancora a proporre con convinzione nuovi modelli rielaborati dall'ormai trascorsa arte del Seicento e del Settecento. In questa sua ultima fase stilistica, che poteva ormai apparire come una 'satura ripetitività', rinnova con nuova genialità le proposte del Neoclassicismo, con esiti assolutamente convincenti quali la tela in questione. Il ritmo generale è zigzagante e guizzante, con l'utilizzo di colori morbidi accompagnati da una generale cupezza, che comunque ben si adatta al tema trattato.
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### Titolo: Compianto sul Cristo morto (Romanino). ### Introduzione: Il Compianto sul Cristo morto era un dipinto del Romanino, anticamente usato come pala dell'altare del Santissimo Sacramento nella chiesa dei Santi Faustino e Giovita a Brescia. Requisito nel 1797 dal nuovo governo napoleonico cittadino, finirà al Kaiser Friedrich Museum di Berlino nel 1841, dove venne distrutto nell'incendio della Flakturm Friedrichshain del 1945. Lodato e ammirato dagli storici e dalle guide dell'epoca, è noto oggi solo tramite fotografie in bianco e nero e grazie ad una accurata descrizione dei colori stilata nel 1909. ### Descrizione. Il dipinto è oggi noto solamente per fotografie in bianco e nero, ma risulta molto utile la dettagliata descrizione che ne fece Hans Posse nel 1909, quando il dipinto è già a Berlino: secondo il critico, il lenzuolo era bianco-bruno, il Cristo dai capelli rosso bruni aveva il corpo dipinto in un colore giallo-ocra-bruno e il manto della Madonna era blu scuro. San Giovanni indossava una veste rossa con un mantello blu scuro, Maria Salome, a fianco di San Giovanni, una veste verde scura coperta da un manto rosso. La Maddalena ai piedi del Cristo aveva i capelli castano-scuri con un vestito verde oliva a maniche rosse, la Maria di Cleofe in piedi indossava un mantello giallo-bruno. Giuseppe d'Arimatea, alle spalle di San Giovanni, era vestito con un manto giallo-oro a strisce azzurre sopra una veste rosse-bruna, il donatore sulla destra era vestito di nero. Infine, la sottoveste della Maddalena, i veli delle Marie e il turbante di Nicodemo erano bianchi, mentre il cielo era blu scuro. Il dipinto è stato visto e ammirato da diversi storici dell'opera: Giulio Antonio Averoldi lo descrive dettagliatamente e ne indica la collocazione nel 1700, Bernardino Faino, come già detto, lo vede nel 1630 e annota: 'la pala è un Cristo morto con la Madonna et altre marie et figure del Romanino Cosa nobilissima'. Ugualmente, anche Carlo Ridolfi, nel 1648, lo dice come una delle opere migliori dell'autore.
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### Titolo: Vergine che mostra il Cristo dolente. ### Introduzione: La Vergine che mostra il Cristo dolente è un dipinto a olio su tavola (27,4x19,9 cm) di Hans Memling, databile al 1475 o 1479 e conservato nella National Gallery of Victoria di Melbourne. ### Descrizione e stile. Sullo sfondo della Croce Maria regge Gesù con i segni della Passione. Il Cristo, benché deposto dalla croce e quindi morto, è rappresentato come Christus patiens, cioè sofferente. Ben evidenti sono le ferite nelle mani e nel costato, da cui sgorgano rivoli di sangue, che simboleggiano come il sacrificio divino irrori il mondo. La stessa Vergine lacrima, anche se la sua espressione è alquanto composta, come tipico dell'intellettuale e misurato Memling. Gesù è avvolto in un sudario e dietro, sul fondo oro, sono dipinti tutti i segni della Passione: dalla colonna della flagellazione con le verghe, alle mani nei diversi gesti delle percosse e dello scherno, dalle figure dei sommi sacerdoti a quelle di Erode e di Pilato, dal rinnegamento di Pietro alla testa di Giuda impiccato.
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### Titolo: Allegoria (Uffizi). ### Introduzione: Allegoria è un dipinto a olio su tavola di quercia (30x23 cm) attribuito a Ridolfo del Ghirlandaio, databile al 1498 circa e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. ### Descrizione e stile. Sullo sfondo di Firenze vista da uno dei suoi colli, un personaggio con le gambe legate da un serpente si avvicina a un uomo anziano vestito di rosso e seduto ai piedi di un albero, che ha in mano alcune saette. Poco avanti si trova un piccolo ermellino, simbolo di purezza. Lo stesso personaggio si vede poi in primo piano mentre è già caduto a terra e dalla giubba aperta esce il solito serpente che gli cinge la vita e lo guarda minaccioso. Dalla sua bocca escono le parole 'NULLA DETERIOR PESTIS Q. FAMILIARIS INIMICUS', che vanno a finire vicino all'uomo vestito di rosso. Il soggetto è stato variamente interpretato: come la storia del Laocoonte o come allegoria di due fratelli nemici (a cui farebbe pensare l'iscrizione) o, più probabilmente, come ipotizzò Luciano Berti, è da mettere in relazione con le lotte civili legate alla presa del potere e caduta di Savonarola a Firenze, come farebbe pensare l'evidente sfondo che, nell'arte antica, non è mai una semplice decorazione. Un'altra interpretazione lega la tavoletta ai dissidi interni tra i cugini della famiglia Medici, Piero il Fatuo e Lorenzo il Popolano, soprattutto riguardo al momento della seconda cacciata e della calata di Carlo VIII di Francia. L'uomo vestito di rosso sarebbe il Dio Onnipotente o Giove e l'uomo sembra avvicinarsi a lui, quindi al paganesimo, con le gambe legate dal serpente, simbolo del diavolo, che lo farà poi inciampare.
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### Titolo: Allegoria della Fecondità e dell'Abbondanza. ### Introduzione: L'Allegoria della Fecondità e dell'Abbondanza è un dipinto a tempera su tavola (58x105,5 cm) di Luca Signorelli, databile al 1500 circa e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. ### Descrizione e stile. L'opera, coeva agli affreschi della cappella di San Brizio a Orvieto, è una di quelle allegorie a monocromo che, ispirate ai bassorilievi antichi, andavano a decorare geli 'studioli' degli umanisti. Essa è probabilmente una rappresentazione simbolica della fertilità agricola: una donna nuda con due figli tiene una cornucopia ed è incoronata da un personaggio maschile (Bacco?) con un perizoma fatto di foglie di vite e acini. Più indietro, seduta su una roccia, si trova una donna con un cesto ricolmo di frutti della terra. Le figure, sintetiche ed efficaci, rimandano agli ignudi disegnati dall'artista, sia negli affreschi orvietani che in opere come la Madonna col Bambino tra ignudi.
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### Titolo: Sette peccati capitali (Bosch). ### Introduzione: Sette peccati capitali è un dipinto a olio su tavola (120x150 cm) attribuito a Hieronymus Bosch o a un suo imitatore, databile al 1500-1525 circa e conservato nel Museo del Prado di Madrid. L'opera è firmata sotto il cartiglio inferiore ('Jheronimus Bosch'). ### Descrizione e stile. Quattro piccoli medaglioni, rappresentanti la Morte, il Giudizio Universale, l'Inferno e il Paradiso (i 'Novissimi'), sono disposti agli angoli della tavola, circondando un cerchio più grosso dove sono raffigurati i vizi capitali e, nella 'pupilla', Cristo che si erge dal proprio sepolcro, entro una fascia di raggi dorati che simboleggiano l'occhio di Dio. Sotto questa figura, si nota una scritta in latino:. Sui cartigli in alto e in basso si leggono testi biblici in latino: in alto «Gens absque consilio est et sine prudentia / utinam saperent et intelligerent ac novissima providerent» («È un popolo privo di discernimento e di senno; o, se fossero saggi e chiaroveggenti, si occuperebbero di ciò che li aspetta») e in basso «Nascondam faciem meam ab eis considerabo novissima eorum» («Io nasconderò il mio volto davanti a loro e considererò quale sarà la loro fine»).
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### Titolo: Polittico di Sant'Anna (Zenale). ### Introduzione: Il Polittico di Sant'Anna è un dipinto a tempera e olio su tavola di Bernardo Zenale, databile al 1490 circa e oggi smembrato. Due pannelli sono alla Collezione Contini Bonacossi di Firenze e uno nello Spencer Museum of Art di Lawrence (Kansas), ma si pensa che l'opera avesse altri scomparti a oggi ancora sconosciuti. ### Descrizione e stile. Sotto un'elaborata architettura in prospettiva, sullo sfondo di un cielo azzurro e di qualche brano di paesaggio, Maria in trono, senza il Bambino (riprendendo l'iconografia della Pentecoste) è adorata da un'affollata serie di santi, tra cui spiccano in primo piano Giovanni Battista (che tiene un cartiglio con una frase del Cantico dei Cantici 'NIGRA SVM SED FORMOSA FILIA YERVSALEM IDE') e santo Stefano. Probabilmente l'intenzione era quella di omaggiare l'Ognissanti. Il pannello centrale, che pure dovette essere ridotto nelle misure, è alto 129 e largo 63 cm. I pannelli laterali, alla Collezione Contini Bonacossi presso gli Uffizi, mostrano:. San Michele Arcangelo (115x51 cm) con la bilancia con cui soppesa due anime e la lunga spada con cui sconfigge un demonio ai suoi piedi, dall'aspetto grottesco derivato dalle stampe nordiche. San Guiglielmo da Vercelli (o san Bernardo) e un monaco cistercense (113x50 cm), in rappresentanza dei committenti. Il vescovo indossa un piviale con ricchi ricami di santi, che alludono a temi ambrosiani, come anche il bastone pastorale con flagello e tre corde, tipico attributo di sant'Ambrogio che allude alla Trinità e alla sua condanna dell'Arianesimo.I santi sono inseriti in una ricca architettura bramantesca, tipica della produzione lombarda prima dell'arrivo di Leonardo da Vinci; sicuramente anche la perduta cornice contribuiva a creare l'effetto di una loggia aperta come una finestra. A giudicare dalla prospettiva perfezionata per una visione dal basso, i tre pannelli facevano parte probabilmente del registro superiore di un polittico, piuttosto che di un trittico.
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### Titolo: Nave dei folli (Bosch). ### Introduzione: La Nave dei folli è un dipinto a olio su tavola (57,9x32,6 cm) di Hieronymus Bosch, databile al 1494 circa e conservato nel Museo del Louvre di Parigi. ### Descrizione e stile. Il trittico originale doveva essere composto dalla Nave dei folli a sinistra con l'Allegoria dei piaceri nella parte inferiore e la Morte di un avaro a destra. Ignota è la pala centrale, se esisteva (potrebbe anche essere stato un dittico), mentre il Venditore ambulante si doveva trovare sul retro dello sportello sinistro, tagliato nel senso della lunghezza per ricavarne due tavole. La Nave dei folli mostra una folla di personaggi stretti su una piccola imbarcazione, intenti a sprecare la propria vita nei vizi. La condanna del peccato, tema ricorrente nelle opere dell'artista fiammingo, si può accostare a quest'opera per la presenza di più elementi topici: si scorgono ad esempio tra i personaggi gesti e movenze poi ripresentate in altre opere simili, oltre alla presenza di simboli quali il gufo, in cima all'albero, e la ciliegia sul tavolo, entrambi icone del peccato, nonché la mezzaluna musulmana sul vessillo attaccato all'albero, che è un vero 'albero', a cui sono legati dei polli spennati, che un uomo, simbolo probabilmente della gola, si appresta a prendere. Il soggetto, come dimostrò la Cinotti, attinge ampiamente dalla tradizione popolare. Nel 1413 il poema De Blauwe Scuut di Jacob van Oestvoren parlava di una barca carica di una compagnia libertina, inoltre tale rappresentazione era usata nelle sfilate carnevalesche del Brabante e dava anche il nome a una confraternita, che metteva alla berlina i potenti. Negli stessi anni inoltre (1494) era pubblicato il poema satirico La nave dei folli di Sebastian Brandt che, reperibile in edizione tedesca e latina, fu tra le più importanti fonti di ispirazione per l'Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam. Essendo Bosch vicino ad alcuni circoli umanistici non è escluso che fosse a conoscenza di quest'opera.
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### Titolo: Trittico della Madonna in trono. ### Introduzione: Il Trittico della Madonna in trono è un dipinto a olio su tavola (69x47 cm il pannello centrale e 63,5x18,5 cm ciascuno scomparto laterale) di Hans Memling, databile al 1485 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna. ### Descrizione e stile. Il trittico mostra la Madonna in trono col Bambino, un angelo e un donatore nel pannello centrale, i santi Giovanni Battista ed Evangelista nei pannelli laterali. Come tipico dei trittici fiamminghi le ante laterali sono chiudibili e sul retro sono dipinte con la rappresentazione di Adamo ed Eva entro nicchie. La composizione del pannello centrale replicata più volte dall'artista, spesso con poche varianti. Si basa sulla figura della Madonna col Bambino seduta su un trono coperto da un baldacchino, con uno schienale foderato di fastosi damaschi, che enfatizzano il centro nevralgico della composizione. Ai lati si trovano il committente inginocchiato e l'angelo musicante con la viola, che porge al bambino una mela, simbolo del peccato originale e quindi della redenzione da parte di Cristo. Tale gesto si ritrova anche in altre opere dell'artista, come il Trittico Donne e la Madonna in trono tra due angeli degli Uffizi. I personaggi sono scanditi su un piano leggermente avanzato, a ridosso di un gradino su cui è posto un esotico tappeto anatolico. Il manto rosso di Maria crea un forte fulcro luminoso e coloristico nella scena, che è ripreso in alto dal baldacchino con frange mosse da un venticello, tra due festoni di frutta e fiori che rimandano all'arte norditaliana. La sacra conversazione è inserita in una fastosa architettura all'antica, con un grande arco aperto sul paesaggio e retto da colonne in marmi screziati, sui cui capitelli stanno coppie di putti nudi e altre figure. Ampio respiro hanno i due idilliaci paesaggi che si scorgono ai lati del trono, con un castello e una ponticello su un fiume e una città murata, dove l'artista mise a frutto tutta la conoscenza fiamminga nella resa atmosferica della prospettiva aerea.
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### Titolo: Trittico di Benedetto Portinari. ### Introduzione: Il Trittico di Benedetto Portinari è un dipinto a olio su tavola (primo pannello 45,5x34,5 cm, secondo 43x31, terzo 45x34) di Hans Memling, datato sul pannello destro 1487 e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze (pannelli laterali) e nella Gemäldegalerie di Berlino (scomparto centrale). ### Descrizione e stile. Il trittico, ambientato in una loggia aperta su un paesaggio, raffigura al centro la Madonna col Bambino reggente la mela (simbolo del Peccato originale), e ai lati Benedetto Portinari in adorazione e san Benedetto leggente, protettore del committente. L'opera spicca per il realismo dell'ambientazione e l'attenzione lenticolare al dettaglio, tipica dei fiamminghi. I personaggi sono ritratti a mezzo busto e si appoggiano a un parapetto, uno stratagemma tipico di questo formato, che giustificava il taglio a metà delle figure e permetteva una fusione tra mondo reale e mondo dipinto tramite la proiezione dei soggetti come se uscissero dalla cornice varcando il parapetto stesso. Dolcissimo è lo sfondo, che si perde in lontananza oscurato dalla foschia in attuazione della prospettiva aerea, punteggiato da segni della presenza umana e alberelli fronzuti: paesaggi del genere ebbero una profonda influenza su Leonardo da Vinci, Pietro Perugino e i pittori umbri. Il ritratto di Benedetto Portinari, a destra, non è sicuramente identificato, ma estremamente probabile, anche per la presenza del suo motto DE BONO IN MELIVS su un cartiglio sul retro della tavola, dove si vede anche una quercia.
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### Titolo: San Francesco riceve le stimmate e santi. ### Introduzione: San Francesco che riceve le stimmate e santi è un dipinto a olio su tavola di Francesco Beccaruzzi, conservato nel Duomo della città di Conegliano. ### Descrizione. Questo dipinto raffigura nella parte superiore san Francesco che sul monte La Verna riceve le stigmate, sotto sei santi: San Ludovico vescovo di Tolosa, san Bonaventura, santa Caterina d'Alessandria, san Girolamo, sant'Antonio da Padova e san Paolo.
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### Titolo: Madonna col Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista e Francesco. ### Introduzione: Madonna col Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista e Francesco è un dipinto ad olio su tavola di Francesco Beccaruzzi, conservato presso la Chiesa di Santa Maria delle Grazie della città di Conegliano. ### Descrizione. Questo dipinto raffigura la Madonna col Bambino in trono, sulla sinistra san Giovanni Battista e sulla destra san Francesco d'Assisi, in basso al centro l'angelo musicante.
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### Titolo: Trittico, Maggio-Giugno 1973. ### Introduzione: Trittico, Maggio-Giugno 1973 è un dipinto di Francis Bacon risalente al 1973. Si tratta di un trittico creato in memoria di George Dyer, amante di Bacon suicidatosi il 24 ottobre 1971. ### Descrizione e stile. Il trittico rappresenta il momento della morte di Dyer, ucciso da un'overdose in una stanza d'hotel, dipinto in tre diversi momenti. La scelta di questo tema ricorre più volte nelle ultime produzioni di Bacon, a detta dello stesso autore un modo per esorcizzare il ricordo di questa disgrazia. Lo spazio è diviso tra il pavimento di un colore rosa grigiastro, che occupa un terzo di ogni ala e il muro rosso, entro il quale si apre un uscio dove si trova la figura di Dyer. L'uomo è in tutte e tre le rappresentazioni chinato su un water, la forma del suo corpo e il suo volto sono sfigurati in modo da trasmettere le sensazioni di dolore e morte ispirate dalla tragedia. La parte centrale, a differenza delle ali, mostra sopra il capo di Dyer una lampadina accesa, la quale proietta a terra una larga ombra dalla forma demoniaca o di pipistrello; forse questa scelta vuole rappresentare il momento preciso della morte.
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### Titolo: Studio dal ritratto di Innocenzo X. ### Introduzione: Studio dal ritratto di Innocenzo X è un dipinto di Francis Bacon del 1953, custodito all'Art Center di Des Moines, in Iowa. ### Descrizione e stile. L'opera mostra una figura distorta e deformata basata sul Ritratto di Papa Innocenzo X, dipinto da Diego Velázquez nel 1650; fa parte di una serie nutrita di dipinti sullo stesso tema, creati da Bacon tra il 1950 e i primi anni del decennio successivo, per un totale di quarantacinque quadri. Innocenzo X è dipinto principalmente con i colori bianco e viola, distanziandosi dalle tinte del capolavoro di Velázquez. Il papa è mostrato con la bocca spalancata in un urlo, mentre si tiene saldamente ai braccioli del trono; che è, quest'ultimo, molto stilizzato, reso con il solo utilizzo del colore giallo. Lo sfondo, a differenza dell'opera di Velázquez, è formato da un colore nero che fa risaltare la figura del pontefice. Tutto il dipinto è ricoperto di passate verticali di colore più chiaro, le quali rappresentano i tendaggi originalmente alle spalle di Innocenzo X, ora resi trasparenti.
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### Titolo: Strage degli innocenti (Poussin). ### Introduzione: Strage degli Innocenti è un dipinto di Nicolas Poussin, completato in una data non meglio precisata tra il 1625 ed il 1629 e custodito al Museo Condé di Chantilly. ### Descrizione e stile. Basato sull'omonimo episodio presentato nel Vangelo di Matteo, il dipinto rappresenta la scena ispirandosi profondamente ad un'opera di Guido Reni sullo stesso tema e custodita nella Pinacoteca Nazionale di Bologna. Il pittore francese decide di centrare l'attenzione sull'uccisione di un neonato da parte di un soldato, il quale si getta sul corpo del bambino brandendo la spada e ignorando la disperazione della madre che cerca di ostacolarlo. Alle spalle di questa scena sono raffigurate quattro figure femminili, tre delle quali portano tra le braccia i propri figli presumibilmente uccisi; una di queste viene mostrata mentre scruta verso l'atto dell'omicidio dell'infante, prospetticamente posta nello spazio tra le gambe del soldato.
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### Titolo: Atalanta e Ippomene. ### Introduzione: L'Atalanta e Ippomene è un soggetto dipinto da Guido Reni noto in due redazioni, olio su tela, una (206×279 cm, allungata nel margine sinistro e inferiore con pezzi di tela aggiunti successivamente la morte del Reni) databile tra il 1618 e il 1619 e conservata nel Museo del Prado a Madrid, un'altra (192×264 cm) che parte della critica data tra il 1615-1618 e un'altra tra il 1620-1625, custodita nel Museo di Capodimonte a Napoli.Non si dispongono informazioni puntuali circa le vicende che hanno portato alla committenza delle due tele oggi note, né si conosce in che occasione queste siano avvenute e quali siano stati i contatti con Guido Reni. Parte della critica ritiene la tela oggi a Madrid, che rispetto a quella napoletana è più ampia di qualche centimetro ma anche più danneggiata a causa di ridipinture posteriori, quale opera 'originale' del maestro bolognese, da cui poi si sono succedute diverse repliche, tra cui la migliore per qualità e certamente autografa è quella di Napoli.Seconda un'altra parte della critica più recente, invece, la versione napoletana rappresenta l'idea originaria del pittore bolognese, risalente ai primi anni romani dell'artista, da anteporre cronologicamente di qualche anno a quella spagnola. ### Descrizione. La tela (sia la versione a Madrid che a Napoli) rappresenta il mito di Atalanta, da Le Metamorfosi di Ovidio, ninfa la cui imbattibile capacità nella corsa fu sconfitta solo da Ippomene tramite uno stratagemma ordito da Afrodite. Atalanta è infatti una donna avversa al matrimonio, pronta a sposarsi solo con colui che l'avrebbe battuta in una gara di corsa. I suoi spasimanti che vengono di volta in volta sconfitti pagheranno la posta in gioco con la morte, così Ippomene, con l'aiuto di Afrodite, che gli ha fornito i pomi d'oro, durante la corsa getta gli stessi nel giardino delle Esperidi, allorché Atalanta una volta che si china per raccoglierli, viene così sorpassata perdendo la gara.Guido Reni ritrae esattamente quest'ultimo momento culminante del mito, raffigurando le due figure in un paesaggio notturno, in cui i colori del cielo si uniscono idealmente alle tinte del terreno facendo risaltare prepotentemente i due personaggi. Atalanta e Ippomene hanno corpi dall'incarnato rosa pallido, ornati da pochi veli che ne coprono gli organi genitali; le loro figure sono tese in movimenti al limite della danza, con un solo piede d'appoggio e le braccia sinistre ripiegate verso il corpo, scelta che permette di creare una composizione geometrica particolare, simbolo della pittura classicista del tempo seppur già tesa al barocco. La versione spagnola, di qualche centimetro più grande di quella napoletana, sia in altezza (14 cm circa) che in lunghezza (15 cm circa), non è tuttavia un ingrandimento in scala di quest'ultima, bensì contiene sui margini qualche centimetro in più di tela: a destra consente così di avere due piccole figure in più che decorano il paesaggio sullo sfondo, mentre sul margine inferiore e di sinistra vi é una vera e propria aggiunta di tessuto posteriore che risale al Seicento, in anni successivi alla morte di Guido Reni, applicato con molta probabilità per allungare il terreno e il paesaggio così da dare più profondità e centralità alle due figure in primo piano. Il dipinto spagnolo, giunto a oggi privo di cornice originale, si sviluppa inoltre su due distinte fasce di tela a taglio orizzontale unite tra loro (si vede la linea di separazione pressoché sul livello del naso e bocca di Atalanta, che scorre poi lungo le zone pubiche dei due protagonisti per tutta la lunghezza dei quadro), mentre quello napoletano, con cornice antica, è su un unico supporto. Un'altra versione ritenuta più scadente e non autografa era anch'essa a Madrid, nel Museo del Prado, proveniente dalla collezione dell'allora direttore Josè Madrazo, che probabilmente confinò a suo tempo nei depositi l'altra attualmente nota proprio per sponsorizzare quella in suo possesso, poi venduta a Salamanca e ancora nel mercato di Parigi nel 1867. Alla Galleria degli Uffizi di Firenze è conservato un piccolo olio su rame, 23×23 cm, attribuito al Reni e databile sempre al terzo decennio del Seicento, che forse dà l'idea di quelli che dovevano essere i colori originali del cielo, fatti di un tono acceso e non scuro come invece appaiono oggi le due versioni del Prado e di Capodimonte, i cui esiti secondo parte della critica derivano da un impoverimento cromatico dovuto a un'imperfezione del colore blu utilizzato dai pittori bolognesi del tempo, che si attenuerebbe dopo circa ottant'anni dalla loro stesura.
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### Titolo: Martirio di sant'Erasmo. ### Introduzione: Martirio di Sant'Erasmo è un dipinto di Nicolas Poussin risalente al 1628, custodito nella Pinacoteca Vaticana. ### Descrizione e stile. L'opera narra l'evento del martirio di Sant'Erasmo, in particolare il leggendario evisceramento subito durante le persecuzioni di Diocleziano. Tale atto è presentato in maniera cruda e diretta, evidente anche dal punto di vista cromatico: il rosso del sangue del santo si unisce a quello dei suoi abiti vescovili gettati a terra e alla veste del 'boia'. Il sacerdote di fronte a Erasmo indica con la mano sinistra puntata l'idolo pagano di Ercole, che il vescovo si era rifiutato di adorare; attorno a questi primi tre personaggi si apre una folla di figure che rende la scena concitata, pur mantenendo un certo rigore nella composizione. Un soldato a cavallo indica il santo, sovrastato dalla discesa di due angeli che portano i simboli del martirio, la palma e la corona. == Note ==.
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### Titolo: Il ciclope (Redon). ### Introduzione: Il ciclope è un dipinto di Odilon Redon risalente al 1895-1900 e custodito al Museo Kröller-Müller di Otterlo. ### Descrizione. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Il ciclopeDescrizione:. L'opera di Redon ritrae un mondo da sogno, abitato da fate, mostri, spiriti e altre figure fantastiche. Ciò lo rende tipicamente rappresentativo del simbolismo, un movimento artistico della fine del XIX secolo con una forte inclinazione verso il subconscio, lo straordinario e l'inspiegabile. L'occhio In questo dipinto. il Ciclope Polifemo spia da dietro un'alta montagna la Nereide Galatea addormentata. Il soggetto di questo quadro è tratto dalla 12a favola del libro XIII de 'Le metamorfosi' di Ovidio 'Galatea, Aci e Polifemo' L'amore del gigante con un occhio solo rimane non corrisposto, poiché Galatea preferisce il dio fluviale Aci. L'occhio innaturalmente grande è la parte più evidente del dipinto. Nell'opera di Redon, l'occhio è spesso una creatura indipendente e dominante, simbolo dell'anima umana e del mondo interiore misterioso e sconosciuto. Colori vivaci. La minaccia del gigante, o meglio dell'occhio, che spia la donna nuda, è rafforzata dagli insoliti colori vivaci. Con questa rappresentazione personale e onirica di un tema del regno degli dei greci, Redon ha dipinto uno dei capolavori dell'arte simbolista. == Note ==.
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### Titolo: Figura in un paesaggio. ### Introduzione: Figura in un paesaggio è un dipinto di Francis Bacon risalente al 1945, custodita alla Tate Modern di Londra. ### Descrizione e stile. Il dipinto è basato su una fotografia dell'amico Eric Hall addormentato su una panchina a Hyde Park, scatto dal quale Bacon trasse un altro dipinto. Come accade di consueto per le figure dipinte da Bacon, la forma del corpo umano rappresentato è incompleta e inusuale: le gambe del personaggio spariscono nel nulla, la testa ed il tronco non sono minimamente accennati lasciando l'impressione che la giacca dell'uomo sia vuota. Rimangono solo le mani del personaggio, dal colore bluastro, appoggiate alla panchina e unico segno della presenza effettiva di un essere umano; la vegetazione alle spalle di Hall è dipinta con un tetro colore grigio, contrapposto ad un fazzoletto di cielo azzurro brillante posto nella parte superiore.
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### Titolo: Ritratto di giovane veneziana. ### Introduzione: Il Ritratto di giovane veneziana è un dipinto a olio su tavola di olmo (33x25 cm) di Albrecht Dürer, firmato e datato 1505, e conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna. ### Descrizione e stile. La ragazza è ritratta di tre quarti fino alle spalle, voltata a sinistra e su sfondo scuro uniforme. L'incarnato è chiaro e i capelli biondi, con quei finissimi riflessi luminosi sui riccioli, tipici dell'arte di Dürer. L'acconciatura mostra una scriminatura al centro e una preziosa reticella sul retro della nuca che tiene i capelli raccolti, tranne alcune ciocche libere che incorniciano il volto. Indossa una collana di piccole perle e pietruzze scure (forse vetri), che abbellisce l'ampia scollatura dell'abito signorile, di tonalità rosse e dorate, con ricami e nastri reggenti le maniche staccabili. La figura si staglia elegante e sensuale e mostra un'attenuazione della severità rispetto ai lavori precedenti dell'artista, grazie all'assorbimento di nuovi umori nella città lagunare.
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### Titolo: Martirio dei Diecimila. ### Introduzione: Il Martirio dei Diecimila è un dipinto a olio su tavola trasferito su tela (99x87 cm) di Albrecht Dürer, firmato e datato 1508, e conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna. L'opera è firmata su un cartellino appeso a un bastone che tiene l'autoritratto dell'artista al centro: 'Iste fatiebat Ano Domini 1508 Albertus Dürer Aleman'. ### Descrizione e stile. Il dipinto mostra il leggendario martirio dei diecimila soldati cristiani avvenuto sul monte Ararat in Armenia, condotto dal re persiano Sapore I su ordine di Adriano e Antonino Pio o, secondo altre tradizioni, ai tempi di Diocleziano. I carnefici indossano vistosi abiti alla ottomana, attualizzando la scena con le vicende politica dell'epoca. In una boscaglia tra radura e rupi si svolgono numerose scene di martirio, con un brulicare di personaggi concitati in tutta la tavola: in primo piano si vedono scene di crocifissione, decapitazione, stritolamento con un martello, sotto il comando dei crudeli carnefici, tra cui il re persiano che si vede apparire a cavallo a destra, come sultano. Nello sfondo si vedono gruppi deportati fino al culmine di una rupe e gettati tra rocce e arbusti spinosi, scene di combattimento, di lapidazione, di percosse con grosse clave. Al centro della concitata scena, vestiti di nero, si vedono due figure che sembrano passeggiare placidamente tra gli orrori: uno dei due è l'autoritratto del pittore che regge, a mo' di banderuola, la firma entro un'iscrizione attaccata a un bastone; l'altro è l'amico e umanista Konrad Celtis, morto pochi mesi prima. Il generale senso di raccapriccio e i numerosi spunti grotteschi vengono attenuati dal colore vibrante e dalla ricchezza di dettagli che dà all'insieme l'aspetto di un'elegantissima miniatura, in cui la massa di personaggi si muove calibratamente come in un balletto. Solo soffermandosi sulle singole scene si può cogliere la drammaticità degli eventi, ma la presenza dell'artista e dell'amico al centro, così tranquilli, nonché la placida descrizione della natura, non fanno che accrescere il senso di messa in scena, riuscendo a rendere piacevole un soggetto tanto macabro.
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### Titolo: Adorazione della Santissima Trinità. ### Introduzione: L'Adorazione della Santissima Trinità, o Altare Ladauer, è un dipinto a olio su tavola di pioppo (135x123 cm) di Albrecht Dürer, firmato e datato 1511, e conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna. L'opera è firmata su una tabella tenuta in basso da un autoritratto dell'artista: 'ALBERTUS DURER NORICUS FACIEBAT ANNO A VIRIGINIS PARTU 1511'. ### Descrizione e stile. L'altare era concepito all'italiana, senza sportelli e con una forma centinata, con una ricca cornice, progettata dallo stesso Dürer, in cui si trova una raffigurazione a intaglio del Giudizio Universale, oltre agli stemmi dei committenti. L'affollatissima pala mostra al centro, in alto, la rappresentazione della santissima Trinità, con Dio Padre tiene il crocifisso con Gesù ancora vivente, mentre in alto, in un nimbo di luce circondato da cherubini, appare la colomba dello Spirito Santo. Dio indossa la corona imperiale e sfoggia un ampio mantello dorato con fodera verde retto da angeli. Tutt'attorno, ispirandosi alle teorie di sant'Agostino, Dürer dipinse la schiera paradisiaca dei santi e delle sante, guidati rispettivamente san Giovanni Battista e da Maria. Più sotto la moltitudine umana è divisa in religiosi e religiose, a sinistra, guidati dal papa, e dai laici, mentre a destra guidato dall'imperatore, con una divisione analoga a quella già operata nella Festa del Rosario del 1506. A sinistra, accanto a un cardinale che sembra intercedere per lui, si vede inginocchiato il vecchio Matthäus Landauer, vestito dei ricchi abiti con pelliccia del suo ceto, che si sfila il cappello quasi intomorito dalla visione. Un contadino, con ancora in mano lo strumento per battere il grano, rappresenta le classi più umili. Tra le figure più enigmatiche, a destra si vede quella di una regina col volto completamente coperto da veli, che lascia intravedere solo gli occhi. La fascia inferiore è occupata da un amplissimo paesaggio dell'alba sopra un lago stretto tra colline che si perdono in lontananza, ispirato alle magnifiche vedute di Altdorfer e Patinier. Qui, solo, si vede nell'angolo destro il pittore che si autoritrae e regge la tabella all'antica con l'iscrizione.
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### Titolo: Madonna col Bambino disteso. ### Introduzione: La Madonna col Bambino disteso è un dipinto a olio su tavola di tiglio (49x37 cm) di Albrecht Dürer, siglato e datato 1512, e conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna. ### Descrizione e stile. Su uno sfondo scuro Maria tiene dolcemente tra le braccia il Bambin Gesù, quasi a mostrarlo allo spettatore. L'inquadratura si restringe per sottolineare lo stretto legame umano tra madre e figlio e il senso di intima familiarità. Il colore è elegantemente accordato sull'azzurro e i toni del bianco e del giallo dorato, con l'interesse dell'artista concentrato soprattutto nella dolce resa del volto di Maria e sul corpo in movimento del Bambino, che tiene in mano una piccola pera, frutto che simboleggiava il Peccato originale. Il velo su cui è poggiato il Bambino dopotutto ricorda un sudario, rimandando al ruolo salvifico del suo sacrificio. Un'altra allusione alla Passione è la cicatrice sul ventre del Bambino, che ricorda la ferita di Longino nel costato.
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### Titolo: Altare Heller. ### Introduzione: L'Altare Heller è un perduto dipinto a olio su tavola di Albrecht Dürer e Matthias Grünewald, databile al 1507-1509 e distrutto in un incendio nel 1729. Dell'opera restano oggi una copia dello scomparto centrale, eseguita nel 1615 e oggi allo Städel di Francoforte, e i pannelli laterali, eseguiti da aiuti su disegno del maestro, alla Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe. ### Descrizione e stile. La pala centrale, con l'Assunzione e incoronazione della Vergine, si ispirava probabilmente alla Pala degli Oddi di Raffaello, che presenta un'analoga commissione delle due iconografie. Non si sa se l'artista ebbe modo di vederla direttamente a Perugia, in un ipotetico viaggio verso Roma al termine del suo soggiorno veneziano del 1506, oppure se la conobbe tramite copie su incisione o disegno. Maria infatti è incoronata dalla Trinità (Gesù a destra, Dio Padre a sinistra e in alto la colomba dello Spirito Santo) e circondata da una moltitudine di cherubini, secondo un'iconografia ben radicata nel nord-Europa, usata già ad esempio in una famosa pala al Louvre di Enguerrand Quarton (1454). Sotto invece gli apostoli assistono stupiti all'assunzione di Maria in cielo, disposti attorno al sarcofago ormai vuoto. Sullo sfondo, come tipico delle pale di quegli anni, il pittore si autoritrasse, vicino a una tabella con la sua firma e la data. I pannelli laterali interni vennero dipinti da aiuti su disegno di Dürer. A sinistra è rappresentato il Martirio di san Giacomo, con sotto, inginocchiato in una nicchia, Jakob Heller vicino al proprio stemma. A destra il Martirio di santa Caterina d'Alessandria e la moglie Katharina von Melem. La scelta dei santi è evidentemente legata al patronimico dei donatori.
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### Titolo: Il cavaliere, la morte e il diavolo. ### Introduzione: Il cavaliere, la morte e il diavolo è un'incisione a bulino (24,5x18,8 cm) di Albrecht Dürer, siglata e datata al 1513 e conservata, tra le migliori copie esistenti, nella Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe. ### Descrizione e stile. L'incisione fa parte del trittico detto Meisterstiche, con il San Girolamo nella cella e la celeberrima Melencolia I, realizzato nel 1513. Sebbene non legate dal punto di vista compositivo, le tre incisioni rappresentano tre esempi diversi di vita, legati rispettivamente alle virtù morali (“Il cavaliere, la morte e il diavolo”), teologiche (“San Girolamo”) ed intellettuali (“Melencolia I”); o le tre forme di vita contemplate dalla teologia, ossia la vita attiva (“Il cavaliere la morte e il diavolo”), la vita contemplativa (“San Girolamo”) e la vita spirituale (“Melencolia I”). Potrebbero però anche essere legate alle tre vie della salvezza o salus animae: la salvezza morale (“Il cavaliere la morte e il diavolo”), la salvezza religiosa (“San Girolamo”) e la salvezza intellettuale (“Melencolia I”).Il Cavaliere in particolare, così denso di simboli e allegorie, si ispira alla figura del soldato cristiano descritto nel Miles christianus di Erasmo da Rotterdam. Esso è chiuso nell'armatura della fede, che gli permette di avanzare impavido nonostante l'orribile morte, che tenta di spaventarlo mostrandogli una clessidra col tempo di vita che gli è rimasto, e il mostruoso diavolo, che lo segue impugnando un'alabarda, con le fattezze grottesche di un incrocio di animali cornuti. Dettagli naturalistici denotano la perfetta padronanza di Dürer raggiunta nell'utilizzo del bulino: dall'effetto di prospettiva aerea nella lontana città sul picco, schiarita per effetto della foschia, ai vivaci ritratti del cane da caccia, della salamandra e della boscaglia. In basso a sinistra, vicino al memento mori di un teschio, si trova una tabella con il monogramma dell'artista e la data di creazione dell'opera preceduta dalla lettera “S”, lettera che per Claudio Bonvecchio è stante per “Salus” (Salvezza).Il cavaliere, nella particolare e personale lettura che del quadro forniva Husserl, avrebbe rappresentato la fenomenologia.
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### Titolo: Ritratto dell'imperatore Massimiliano I. ### Introduzione: Il Ritratto dell'imperatore Massimiliano I è un dipinto a olio su tavola di tiglio (74x62 cm) di Albrecht Dürer, siglato e datato 1519, e conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna. ### Descrizione e stile. Il sovrano è ritratto su sfondo verde girato di tre quarti verso sinistra, con tutto il busto fino ai gomiti e le braccia appoggiate su un ipotetico parapetto che coincide con il bordo inferiore del dipinto, secondo la maniera fiamminga. La mano destra è infatti appoggiata sul bordo, come faceva Rogier van der Weyden nei suoi ritratti, mentre la sinistra regge una grossa melagrana, simbolo di coesione nelle diversità e quindi dell'Impero stesso: i chicchi del frutto erano infatti i sudditi, che si riconoscevano nella guida del sovrano: Massimiliano, prendendolo dalla simbologia della Chiesa, ne aveva fatto un suo emblema personale. L'imperatore indossa un grande mantello con ampi inserti di pelliccia, e un cappello scuro a larghe falde e con una spilla al centro, degno del suo rango. I capelli grigi cadono a caschetto compiendo alcune onde e incorniciano un volto scavato dagli anni, ma dignitoso e colto da un aristocratico distacco, senza guardare verso lo spettatore; nonostante ciò l'imperatore non è privo di umanità, anzi i segni del tempo ricordano la sua età di 59 anni. Gli occhi sono incavati, il naso aquilino molto pronunciato, la bocca leggermente dischiusa, il mento tondeggiante. In alto a sinistra si trova lo stemma Asburgo con la corona imperiale e la catena del Toson d'Oro, accanto a una lunga scritta in caratteri capitali che riassume i titoli, le qualità e le date salienti della vita dell'imperatore.
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### Titolo: Ritratto di Johann Kleberger. ### Introduzione: Il Ritratto di Johann Kleberger (Bildnis Johann Kleeberger) è un dipinto a olio su tavola di tiglio (37x37 cm) di Albrecht Dürer, siglato e datato 1526, e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. L'opera è il più originale dei ritratti di Dürer e sicuramente uno dei più innovativi dell'epoca. Attingendo alle soluzioni della medaglistica antica, forse ispirandosi alle incisioni sulle medaglie romane di Hans Burgkmair, l'artista ritrasse il busto dell'uomo entro un medaglione che si apre nel muro, su cui corre un'iscrizione proprio come in una vera e propria moneta: E. IOANI KLEBERGERS NORICI AN AETA SVAE XXXX. Il busto però è trattato con estremo realismo e tagliato sotto il collo, come se si trattasse di un modello scultoreo di cera estremamente realistico, appoggiato nella rientranza tanto da proiettare anche l'ombra sulla parete: un vero e proprio antesignano del surrealismo. Molto originale è anche l'aspetto dell'uomo, con le lunghe basette di gusto 'ottocentesco', che fanno assomigliare l'insieme a un ritratto più neoclassico che rinascimentale. Johann Kleberger guarda verso sinistra, di tre quarti. Gli occhi sono grandi e concentrati, il naso dritto e robusto, la bocca stretta, il mento pronunciato. La fronte è alta per effetto di una leggera canizie, che ben descrive l'età dell'uomo a quarant'anni. La coloritura è estremamente naturalistica, come una persona che si affacci a una finestrella. Ai quattro angoli della rappresentazione si trovano motivi araldici e il monogramma dell'artista con la data 1526.
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### Titolo: Ritratto di Laura Dianti. ### Introduzione: Ritratto di Laura Dianti è un dipinto a olio su tela (119x93 cm) di Tiziano, databile al 1520–1525 circa e conservato nella Collezione Kisters a Kreuzlingen. È firmato 'TICI/ANVS F.'. ### Descrizione e stile. Il dipinto è il ritratto di Laura Dianti, amante di Alfonso I d'Este in seguito alla morte di Lucrezia Borgia. Ritratta in più occasioni da Tiziano, forse anche nel celebre dipinto del Louvre conosciuto come Donna allo specchio. La Dianti è ritratta con un sontuoso abito azzurro ricco di pizzi e ornamenti, l'acconciatura è complessa e sormontata da un vistoso diadema. Il braccio destro della donna è disteso lungo il corpo, mentre la mano sinistra si poggia sulla spalla di un paggetto africano.
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### Titolo: Pellegrinaggio a Citera. ### Introduzione: Pellegrinaggio a Citera è un'opera del 1717 di Antoine Watteau, saggio di ammissione per l'ingresso all'Accademia reale di Pittura; oggi è custodita al Louvre di Parigi. Nel 1718 l'autore preparò una nuova versione del quadro con evidenti differenze, cui donò il titolo di Imbarco per Citera: questa divenne proprietà di Federico II di Prussia, mentre oggi è custodita al Castello di Charlottenburg di Berlino. ### Descrizione e stile. Il tema di entrambe le tele è il viaggio verso Citera, l'isola natale della dea Afrodite; questa era, come la Venere romana, la divinità della bellezza e della sensualità. I critici non sono certi se il viaggio rappresentato nei due quadri sia quello verso l'isola di Citera o quello di ritorno, nonostante il titolo faccia propendere decisamente per la prima ipotesi; al di là di questa precisazione, il significato simbolico rimane solo in parte comprensibile. I personaggi sono forse in viaggio verso un mondo d'amore sconosciuto a chi non conosce tale sentimento, forse invece seguono, da destra verso sinistra, un percorso che si muove anche nel tempo; si passa infatti dall'incontro all'innamoramento, dal contatto al rapporto amoroso, fino a quel simbolico 'imbarcarsi'. La composizione del paesaggio è comune nelle due versioni del dipinto: sulla destra del dipinto si erge una collinetta erbosa, su cui sono posti dei personaggi che variano solo in parte tra le due tele. Questi sono coperti dalle fronde di un grosso albero, il quale si mescola con una fitta vegetazione nella parte all'estrema destra del dipinto. Poco sotto si trova una statua di Venere: nella versione del 1717 si tratta di un semplice busto sul quale crescono delle rose, simbolo della dea, mentre nella versione successiva la divinità è posta a figura intera, e ai suoi piedi si trova un amorino. Molti di questi cupidi, la forma mitologica di Eros, sono sparsi nel dipinto ad accompagnare il viaggio dei personaggi; nella prima tela si trovano solamente sopra l'imbarcazione alla sinistra del dipinto, nella seconda versione si muovono per tutta la composizione interagendo con i personaggi. Oltre la collina si apre un paesaggio sullo stile arcadico, caratterizzato con maggiori particolari nella prima versione. Proseguendo il percorso dei personaggi, dove le figure si fanno più numerose, si scorge uno specchio d'acqua (anche questo più visibile nella versione del 1717) nel quale si trova una particolare imbarcazione. Si tratta di una sorta di gondola dorata, sormontata da un velo rosso trattenuto da un angioletto; nella seconda versione del dipinto acquista anche un enorme albero maestro, circondato da un volo di cupidi ripreso dalla versione del Louvre.
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### Titolo: Madonna in trono col Bambino tra i santi Giacomo Maggiore e Girolamo. ### Introduzione: La Madonna in trono col Bambino tra i santi Giacomo Maggiore e Girolamo è un dipinto a olio su tavola (148,9x138,4 cm) del Moretto, databile al 1517 circa e conservato nell'High Museum of Art di Atlanta. Si tratta di una delle prime opere note dell'autore, dai tratti ancora molto semplificati ma già ricca di numerosi particolari che saranno a lungo ripresi in dipinti successivi. ### Descrizione e stile. Il dipinto segue un'impostazione molto canonica e ricorrente, con la Madonna col Bambino seduta su un trono affiancata da due santi: a destra è posto san Giacomo Maggiore, a sinistra san Girolamo. Il trono dove è seduta Maria è preceduto da due gradini con decorazioni rinascimentali, mentre lo schienale ha una conformazione piramidale. I decori si ispirano agli intagli di Stefano Lamberti che, in quegli anni, stava lavorando a Brescia con grande successo producendo cornici, altari e altri apparati lignei. Sullo sfondo si apre un vasto paesaggio montuoso, mentre in basso, sul limite inferiore della tavola, spunta la cosiddetta 'quaglia infreddolita', citazione non insolita proveniente dall'arte del Romanino. Una rosa, invece, è appoggiata sul primo gradino del trono. La tavola è la prima nota del Moretto di questo genere, cioè una Madonna circondata da santi, e la si può pertanto considerare un'opera molto giovanile. I toni sono ancora incerti e semplificati, ad esempio nei panneggi delle vesti dei personaggi e del paesaggio sullo sfondo, molto stilizzato. Sfondati di questo genere, fra l'altro, avranno poco seguito nell'arte del Moretto, che col tempo preferirà di gran lunga ambientazioni architettoniche. Nell'opera già si notano comunque particolari che diventeranno in seguito vere peculiarità dell'autore, quali la rosa sul gradino, la minuscola figura che cammina su una strada nel paesaggio a destra di san Girolamo e le fronde dell'albero poco sopra che si stagliano in controluce.
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### Titolo: Sileno e satiri. ### Introduzione: Il Sileno e satiri è un dipinto a olio su tavola (31,1 x 41 cm) di Cima da Conegliano, databile al 1505-1510 circa e conservato nel Philadelphia Museum of Art. La tavola è un frammento laterale del fronte di un cassone, o della testata di un letto, attualmente diviso in tre parti: le altre due che completavano la composizione raffigurano Nozze di Bacco e Arianna e Baccante. ### Descrizione. Il quadro ritrae Sileno sul dorso di un asino assieme a tre satiri.
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### Titolo: Ritratto d'uomo in armi. ### Introduzione: Il Ritratto d'uomo in armi è un dipinto a olio su tela (72x56,5 cm) di Giorgione, databile al 1505-1510 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna. ### Descrizione e stile. Sulla scorta delle notizie del Michiel, si è riconosciuto in questa tela il ritratto di Girolamo Marcello, oppure, secondo altre ipotesi, quello dello stesso Giovanni Antonio Venier. Su uno sfondo scuro il gentiluomo in armi è ritratto a mezza figura di profilo, girato a destra e con un braccio appoggiato oltre un parapetto, un motivo tipico della ritrattistica veneta desunto da modelli fiamminghi. Con il braccio sinistro sorregge un'alabarda e sulla capigliatura porta un serto di foglie d'edera. A destra gli si contrappone un personaggio laido, dalla carnagione scura e con un'espressione grottesca, oggi poco leggibile a causa del cattivo stato di conservazione della tela. In questa figura si è letta l'influenza delle caricature di Leonardo da Vinci, di passaggio a Venezia nel marzo del 1500.
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### Titolo: Santa Giustina di Padova e un donatore. ### Introduzione: Santa Giustina di Padova e un donatore è un dipinto a olio su tavola (200x139 cm) del Moretto, databile al 1530 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. L'opera, fra i capolavori più raffinati del Moretto, segna il limite fra la prima maturità del pittore e la maturità piena: la tecnica compositiva, formale e cromatica della tela testimonia come il pittore abbia assodato la sua esperienza e i suoi studi passati, ricavando da qui un proprio stile che caratterizzerà poi tutta la sua produzione successiva. ### Descrizione. Il dipinto raffigura santa Giustina di Padova in posizione centrale e predominante, riccamente vestita con un abito rosso, cintura azzurra, velo bianco e un lungo mantello di broccato dorato con ricami neri. Nella mano destra tiene una lunga palma del martirio, mentre la sinistra regge un lembo del mantello. I capelli biondi sono raccolti in un'elegante pettinatura. A sinistra è seduto un unicorno dal manto lungo e fluente, un simbolo di purezza virginale derivato dalla mitologia classica e ben noto nel Rinascimento. A destra della santa, inginocchiato e in atteggiamento adorante, si trova una figura maschile, probabilmente il committente dell'opera, vestita di nero. Le tre figure sembrano poste sotto un albero, del quale si vedono le fronde lungo il margine superiore della tela. Sullo sfondo è dipinto un ampio sfondato prospettico, in particolare a sinistra di santa Giustina, dove si vede un centro abitato ai piedi di altissime montagne a dirupo. Il resto del paesaggio ha invece tratti più collinari e morbidi, mentre il cielo sovrastante è continuamente rigato da nuvole bianche ed è più lucente verso l'orizzonte. ### Stile. Il primo a fornire un giudizio critico sull'opera è Carl Ransonnet nel 1845, che la collocò tra la Santa Margherita d'Antiochia tra i santi Girolamo e Francesco d'Assisi e l'Incoronazione della Vergine con i santi Michele Arcangelo, Giuseppe, Francesco d'Assisi e Nicola di Bari, entrambe a Brescia. Seguono brevi osservazioni da parte di Joseph Archer Crowe e Giovanni Battista Cavalcaselle nel 1871, i quali ammirarono l'armonia dei colori argentei congiunta a un''elevata e soave modellatura, con un esito di grande freschezza e insieme di splendore'. I due critici lasciarono però sul vago l'ientificazione del soggetto del dipinto. Già il Ransonnet aveva contestato l'opinione tradizionale che vedeva raffigurati nel dipinto Alfonso I d'Este e la sua amante Laura Dianti, seguito da Gaetano Milanesi nel 1881, il quale escluse anche la possibilità che l'uomo inginocchiato potesse essere san Cipriano. Anche altri critici, allo stesso modo, negarono in seguito tutte queste eventualità, compreso Pietro Da Ponte nella sua monografia sul Moretto del 1898. Bernard Berenson rimane evidentemente molto colpito dalla bellezza dell'opera, tanto da scrivere, nel 1907, che essa 'è fra le creazioni eroiche dell'arte italiana, con un che d'antica grandezza e immediatezza'. Non fu dello stesso parere Roberto Longhi, che nel 1929 condannò 'quel suo tratto confidenziale che avvicina di troppo il divoto alla Patrona, come fosse uno di quegli scapoloni che, sui quarant'anni, se ne stanno ancora appesi alle gonne materne'. Adolfo Venturi, nel 1929, concentrò le sue attenzioni sull'ambientazione, immaginando la composizione come 'un duetto d'amore all'alba di un giorno tranquillo', soffermandosi poi sull'impianto maestoso della santa che 'sembra riverberare dal manto chiarori biondi sul terreno', e sul colore 'che è sempre più tirato, rasato, che non nei maestri veneziani, e anche il paese, da vicino, ha del raso, mentre si avvolge di nebbia nel lontano. Il broccato d'oro del manto della Santa sembra cuoio a stampa, nel suo baglior soffocato, mentre la seta della veste, tra il rosa e il viola, è tutta oscillazioni di luce'. Giuseppe Fiocco, nel 1939, osservò che in quest'opera e in altre coeve prende corpo 'un'integrità stilistica che rimarrà sostanzialmente inalterata fino alla morte del pittore'. György Gombosi, nel 1943, ragionò invece partendo dalle vicende del dipinto, sicuramente uno dei primi del Moretto dispersi dal contesto originario e pertanto assente nella letteratura artistica locale. Lo studioso, comunque, dubitava che il quadro avesse avuto una committenza d'oltralpe, poiché l'abbigliamento del donatore suggerisce un riferimento locale diverso. Il Gombosi, pertanto, ipotizza che 'la preziosa tavola sia una delle molte vittime di quel gran fervore di collezionare in virtù del quale, verso il 1620-1650, i paesi nordici, l'Inghilterra e l'Olanda si gettarono nel tesoro artistico di Venezia cercando di assicurarsi tutto ciò che vi era di Giorgione, Tiziano e Palma o che a questi pittori veniva attribuito. Brescia fu risparmiata da questo assalto, ed è probabile che l'arciduca del Tirolo sia andato a prendere questo capolavoro in una qualche collezione veneziana', escludendo la destinazione religiosa del dipinto. Quanto allo schema compositivo e ai suoi significati, il Gombosi trovava che 'il ritmo grandiosamente libero va a finire sulla parte superiore dei corpi, sulle teste, addirittura soltanto sugli occhi; sul corpo della Santa si riscontra ancora un ultimo residuo di angolosità e di scontrosità, soprattutto nel braccio che regge il ramo di palma e nelle pieghe sulla parte inferiore del corpo. Ma ciò non pregiudica minimamente la bellezza del dipinto: accanto ad una così intensa accentuazione lirica è persino piacevole che il portamento del corpo conservi ancora un grado di gravità statuaria e di grande, arcaica ieraticità'. Valerio Guazzoni, nel 1981, arrivò a escludere qualsiasi valenza religiosa nel dipinto e lo definì 'l'unico dipinto veramente mondano del Moretto'. L'opera è comunque da collocare, anche secondo il critico Camillo Boselli, al 1530, perciò assieme a quei dipinti, quali la Santa Margherita d'Antiochia tra i santi Girolamo e Francesco d'Assisi, che segnano il limite fra la prima maturità del Moretto e la maturità piena, nei quali il pittore assoda la sua esperienza e i suoi studi passati (Tiziano, Raffaello via Marcantonio Raimondi) e ricava finalmente un proprio stile che, come già notava il Fiocco, caratterizzerà tutta la sua produzione successiva.
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### Titolo: Nuda (Giorgione). ### Introduzione: La Nuda è un affresco staccato (250 × 140 cm) di Giorgione, databile al 1508 circa e conservato presso le Gallerie dell'Accademia di Venezia. Proviene dalla facciata del Fondaco dei Tedeschi. ### Descrizione e stile. Sotto una finta nicchia si trova una figura femminile nuda, coi capelli raccolti, sicuramente un soggetto simbolico di cui però oggi non si conosce il significato, anche per la perdita delle parti dipinte con gli eventuali attributi. Nonostante il pessimo stato conservativo si può ancora apprezzare nella figura lo studio sulla proporzione ideale, un tema allora molto in voga, ispirato alla statuaria classica e trattato in pittura in quegli stessi anni anche da Dürer. Inoltre è ancora percepibile la vivacità cromatica, che dava alla figura quel tepore delle carni come se fossero vive, caratteristica dello stile di Giorgione.
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### Titolo: Ninfa in un paesaggio. ### Introduzione: La Ninfa in un paesaggio è un dipinto a olio su tela (113x186 cm) di Palma il Vecchio, databile al 1518-1520 e conservato nella Gemäldegalerie a Dresda. ### Descrizione e stile. L'opera deriva iconograficamente dalla Venere di Dresda di Giorgione, tanto che alcuni l'hanno identificata pure come una Venere distesa. In realtà pare che questo lavoro sia ispirato maggiormente al contesto letterario del primo Cinquecento, in particolare ai messaggi moraleggianti contenuti in opere come Gli Asolani di Pietro Bembo. In quest'opera infatti si parla delle donne che nel mondo antico erano considerate alla stregua delle ninfe dei boschi, capaci di incantare gli uomini con un solo sguardo, trascinandoli in un mondo di gioie, ma anche di pene d'amore. Ecco quindi che il corpo languido e sensuale della donna, completamente nuda e sveglia, senza nemmeno un gesto di pudicizia come nella Venere di Urbino di Tiziano, sembra posta ad ostacolo della via tortuosa che si vede nel paesaggio, simbolo di elevazione morale.
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### Titolo: Banco di macelleria. ### Introduzione: Il Banco di macelleria è un dipinto a olio su tavola (233x150 cm) di Pieter Aertsen, databile al 1551 e conservata nell'Universitatgemalde Sammlung a Uppsala. ### Descrizione e stile. La critica lo considera come il prototipo della rappresentazione delle scene di mercato: ancora è presente un pretesto religioso, una piccola fuga in Egitto nello sfondo, ma il soggetto principale è assolutamente il banco di un macellaio, con salumi, animali morti e carni appese, e un garzone al lavoro.L'opera è un contrasto tra la dimensione materiale e quella spirituale, identificabili rispettivamente tra la carne e ogni bene materiale rappresentato e l'episodio biblico visibile sullo sfondo. Se pur limitato, il quadro ha un valore moralistico, educando l'osservatore alla durata limitata dei beni materiali a dispetto dei valori spirituali.
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### Titolo: Fruttivendola. ### Introduzione: La Fruttivendola è un dipinto a olio su tela (145x215 cm) di Vincenzo Campi, databile al 1580 circa e conservata nella Pinacoteca di Brera a Milano. É il dipinto più celebre di una serie che comprende anche la Pollivendola, la Cucina, la Pescivendola, tutti provenienti dal convento dei gerolimitani a Cremona, intitolato a San Sigismondo. ### Descrizione e stile. Il dipinto raffigura una fruttivendola nell'atto di mostrare all'osservatore la propria mercanzia, in particolare protende verso lo spettatore un grappolo di uva nera. Sullo sfondo, a sinistra, un giovane è salito sui rami di un frondoso albero per coglierne i frutti, mentre a terra una donna raccoglie altri frutti sul terreno. Sulla destra il paesaggio si estende fino a perdersi in un villaggio ai piedi di monti velati di nebbia. Il pittore organizza lo spazio in maniera precisa: esalta le superfici degli ortaggi ostentando un piacere contagioso e immediato. Storicamente il quadro può essere considerato un predecessore di quello che diventerà un vero e proprio autonomo genere artistico pochi anni dopo, ovvero la natura morta. Ne la Pollivendola e la Pescivendola è ancora più evidente il forte realismo popolaresco che assume toni umoristici e quasi grotteschi.
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### Titolo: Continenza di Scipione. ### Introduzione: La Continenza di Scipione è un dipinto a olio su tela (74,8x356,2 cm) di Giovanni Bellini, databile al 1507-1508 e conservato nella National Gallery di Washington. Fa parte probabilmente della stessa serie con l'Introduzione del culto di Cibele a Roma di Andrea Mantegna. ### Descrizione e stile. La tela si basa su un episodio della seconda guerra punica, narrato da Tito Livio e da Valerio Massimo. Publio Cornelio Scipione, poi noto come Scipione l'Africano per aver vinto Annibale in Africa, durante la campagna di Spagna, dopo la presa di Cartagena, nel 209 a.C., ricevette una bellissima vergine tra gli ostaggi, che gli fu consegnata personalmente. Ma egli, ascoltando le sue suppliche, la rispettò rimandandola ai genitori e al fidanzato, con l'unica raccomandazione che il suo promesso sposo, celtibero, si adoperasse per la pace tra Roma e Cartagine. Scipione viene quindi rappresentato in trono, nella metà sinistra, con davanti la fanciulla e il fidanzato (con spada ed elmo), vicini ai genitori che portano dell'oro per il riscatto, che egli rifiuta, e verso i quali pronuncia la generosa sentenza. Nella placca al centro si legge l'iscrizione: TVRPIVS / IMPER / VENERE / .Q. A. / MIS AI. Il divario stilistico tra Mantegna e Bellini si manifesta ormai, nel XVI secolo, più ampio che mai: alla rievocazione archeologica, la scansione grandiosa, nitida e lapidea del primo, si contrappone un chiaroscuro più morbido e avvolgente del secondo che, nonostante qualche durezza legata all'influenza di Dürer, ha già recepito le novità di Giorgione. Le figure di Bellini, almeno quelle di mano sua (quelle più periferiche sono infatti riferite alla bottega), traggono così un aspetto più animato e vivo, che scioglie il rigido classicismo del tema.
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### Titolo: Giovane donna nuda allo specchio. ### Introduzione: Giovane donna nuda allo specchio è un dipinto a olio su tavola di pioppo (62x79 cm) di Giovanni Bellini, databile al 1515 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. In una stanza, dove si apre una luminosa finestra sul paesaggio, una donna nuda sta acconciandosi allo specchio. La sua figura dalle proporzioni e dai lineamenti ideali rispecchia un limpido classicismo. Un altro specchio si trova dietro di essa e mostra una veduta tergale della preziosa retina damascata che tiene i capelli della donna, secondo quel tema della moltiplicità di vedute che animava il dibattito artistico dell'epoca sul paragone delle arti: la pittura infatti poteva garantire, con opportuni accorgimenti, una ricchezza visuale pari, se non superiore, a quello delle opere scultoree. Appaiono citazioni dalla pittura fiamminga il tema della finestra, il vaso trasparente sul davanzale, nonché il tappeto che copre il sedile su cui si trova la donna. Il soggetto della donna nuda, così inconsueto nella produzione dell'artista incentrata sulle opere di carattere sacro, è intonato su un modellato delicato della figura, tra la penombra dell'interno e la forte luce del paesaggio dalla finestra, e a una contemplazione tutto sommato casta, priva di quegli accenti sensuali delle opere coeve, ad esempio, di Tiziano.
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### Titolo: Passaggio agli Inferi. ### Introduzione: Il Passaggio agli Inferi è un dipinto a olio su tavola (64x103 cm) di Joachim Patinir, databile al 1515-1524 circa e conservato nel Museo del Prado di Madrid. ### Descrizione e stile. L'opera è una delle poche sicuramente attribuibili all'artista fiammingo, nonché uno dei migliori esempi della sua nuova sensibilità al paesaggio, che arriva a dominare la scena relegando in secondo piano il soggetto religioso, quasi ormai un puro pretesto. Al centro un piccolo Caronte sta attraversando un fiume infernale, lo Stige, per portare un'anima malvagia nel Tartaro. A sinistra un angelo appare più volte vicino a un'anima, simboleggiando il difficile cammino verso la salvezza, mentre a destra si vede la città infernale in fiamme, il cui ingresso è sorvegliato da Cerbero, il cane a tre teste. La rappresentazione fantastica del paradiso a sinistra, con la sua architettura di vetro nel lontano sfondo, e quella dell'inferno rimandano con evidenza a Hieronymus Bosch. La scena è però soprattutto dominata dall'ampia veduta paesistica, riprodotta a volo d'uccello e con un punto di vista lontano, che fa apparire immenso l'orizzonte. Tipico è il ricorso ai densi toni blu e verde, che compongono un lirico paesaggio accordato con acuta sensibilità nonostante i voluti contrasti interni. La parte sinistra è infatti serena e placida, il centro è pausato dall'ampio bacino del fiume, dalle sapienti variazioni cromatiche, e quella destra è intonata all'inquietante visione infernale, con toni cupi e dettagli grotteschi. Elementi fantastici e reali appaiono così fusi e la stessa natura mostra qua e là accenti inquietanti e bizzarri.
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### Titolo: Madonna col Bambino in trono tra i santi Elena e Tiziano. ### Introduzione: La Madonna con Bambino in trono tra sant'Elena e san Tiziano è un dipinto a olio su tavola di Francesco Beccaruzzi, conservato presso la chiesa di Scomigo dedicata a Sant'Elena imperatrice nel comune di Conegliano. ### Descrizione. La tavola rappresenta centralmente la Vergine in trono col Bambin Gesù, sul lato sinistro Sant'Elena imperatrice con la croce, sul lato destro san Tiziano vescovo.
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### Titolo: San Girolamo nel deserto (Cima da Conegliano Budapest). ### Introduzione: San Girolamo nel deserto è un dipinto a olio su tavola di Cima da Conegliano, databile 1495 e conservato presso il Museo di belle arti di Budapest in Ungheria. Quest'opera è stata attribuita in passato a Marco Basaiti; colpisce molto la sua somiglianza con il San Girolamo nel deserto di Harewood nello Yorkshire, di cui sembra essere una copia. ### Descrizione. Il dipinto rappresenta al centro San Girolamo con una pietra nella mano destra per percuotersi il petto, mentre con la mano sinistra regge una croce in legno che contempla.
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### Titolo: Quattro visioni dell'Aldilà. ### Introduzione: Le Quattro visioni dell’Aldilà sono una serie di quattro dipinti a olio su tavola di Hieronymus Bosch conservati alle Gallerie dell'Accademia di Venezia. L'analisi del supporto ligneo basata sulla dendrocronologia determina un terminus post quem al 1482, l'analisi stilistica pone la datazione dell'opera tra il 1500 ed il 1503. Le dimensioni esatte di ciascun pannello sono le seguenti: (a) Caduta dei dannati = cm 88.8 x 39.6; (b) Inferno = cm 88.8 x 39.6; (c) Paradiso terrestre = cm 88.5 x 39.8; (d) Ascesa all'Empireo = cm 88.8 x 39.9. Il retro dei pannelli mostra una colorazione a finto marmo, rossa per (a) e (c); verde per (b) e (d). ### Descrizione e stile. La disposizione oggi adottata a Palazzo Grimani propone una lettura orizzontale dei quattro pannelli che comincia con la Caduta e termina con l’Ascesa secondo la sequenza: (a) - (b) - (c) - (d). Una lettura alternativa procede dall'ipotesi di una probabile sovrapposizione verticale dei pannelli, con a sinistra l’Ascesa sopra il Paradiso terrestre ed a destra, la Caduta dei dannati sopra l’Inferno. L’organizzazione per coppie di pannelli sovrapposti si conformerebbe al modello del Bouts che infatti svolge in un unico pannello le due scene riferite al Paradiso ed all'Inferno dando loro un’organizzazione verticale. L’originalità del Bosch sta nell'aver conferito uno spazio proprio a ciascuna scena senza rinunciare alla loro sequenzialità. In tal senso, i quattro pannelli potrebbero anche incorniciare non già una rappresentazione del giudizio universale bensì una rappresentazione dell’Ars moriendi, come suggerito da una miniatura del Livre d'heures noir, manoscritto attribuito a Philippe de Mazerolles e composto tra il 1466 ed il 1468. Tale miniatura, collegata all’ufficio dei defunti, raffigura il credente circondato dai suoi sul letto di morte che rivolge lo sguardo all’ampia finestra biforata che incornicia la doppia visione della Caduta dei dannati e dell’Ascesa degli eletti, come ultimo monito prima del trapasso.
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### Titolo: Estrazione della pietra della follia. ### Introduzione: L'Estrazione della pietra della follia, noto anche come Cura della follia, è un dipinto a olio su tavola (48x35 cm) di Hieronymus Bosch, databile al 1494 circa e conservato nel Museo del Prado di Madrid. ### Descrizione e stile. L'opera mostra un soggetto tratto da una storiella popolare, secondo cui un credulone si fa convincere da un ciarlatano a farsi togliere dalla testa la 'pietra della follia', ovvero la stoltezza. Ciò è chiarito dall'iscrizione che, con eleganti arabeschi, corre attorno al tondo: 'Meester snyt die Keye ras / Myne name is lubbert das', cioè 'Maestro cava fuori le pietre, il mio nome è 'bassotto castrato''. Il nome è un sinonimo di sempliciotto, quindi della persona che si fa ingannare. Al raggiro del ciarlatano, che sta tagliando con un bisturi la fronte dell'uomo per estrarne un fiorellino, assistono senza intervenire un monaco e una suora, uno con un boccale argenteo in mano, l'altra con un libro sulla testa. Il motivo del raggiro degli sciocchi è un tema caro nell'opera di Bosch e secondo la sua visione rappresentava una grave colpa tanto per l'ingannatore quanto per l'ingannato, reo della sua stupidaggine. In questa opera, il chirurgo intento all'estrazione indossa un copricapo a forma. di imbuto simbolo di stupidità, qui usato come pesante critica mossa contro chi crede di sapere ma che, alla fine, è più ignorante di colui che deve curare dalla «follia».
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### Titolo: Prestigiatore (Bosch). ### Introduzione: Il Prestigiatore è un dipinto a olio su tavola (53x65 cm) attribuito a Hieronymus Bosch e/o alla bottega, databile al 1502 circa e conservato nel Musée Municipal di Saint-Germain-en-Laye. ### Descrizione e stile. Il soggetto, che ha originato varie ipotesi e ricostruzioni nella critica, dovrebbe essere quello dello stolto che, colpevole della propria stupidità secondo la visione di Bosch, viene derubato da un prestigiatore e dal suo complice. Si dovrebbe rifare infatti a un proverbio fiammingo: chi dà ascolto alle illusioni perde il denaro e si fa schernire dai fanciulli. Sullo sfondo di un muretto su cui crescono varie erbette, la composizione è divisa in due metà: a destra il prestigiatore, che esegue un gioco con palline e tiene alla cinta un canestro con una civetta, animale notturno simbolo in genere negativo, ma che, ricorrendo in molte opere dell'artista, è stato variamente interpretato. Vicino si trova un cagnolino con un berretto da giullare. Nell'altra metà si vede la folla dove il sempliciotto, che è piegato in due, sta vomitando rane, forse per effetto di un trucco del ciarlatano o forse come simbolo della sua immoralità. Dietro di lui un complice del prestigiatore, con fare indifferente, gli sta rubando la borsa dei denari appesa alla cintura. Tra i vari personaggi (una coppia, una monaca e vari borghesi), spicca in basso un fanciullo che tiene in mano una girandola e che guarda curioso e divertito la scena.
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### Titolo: Ritratto di giovane con lucerna. ### Introduzione: Il Ritratto di giovane con lucerna è un dipinto a olio su tavola (42,3x35,3 cm) di Lorenzo Lotto, databile al 1506 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna. ### Descrizione e stile. Rappresentato a mezza figura, col busto di tre quarti e il volto girato verso lo spettatore, il giovane protagonista è ritratto con un vivo realismo, che si sofferma su particolari come le leggere imperfezioni della cute, il naso pronunciato, la morbidezza dei capelli. Lo schema compositivo, la curva discendente delle spalle e l'incidenza della luce sul viso rimandano alla fase giovanile dell'artista, vicino ad opere come il Ritratto del vescovo Bernardo de' Rossi, del 1505. Il volto è come incorniciato dalla veste e dal cappello neri, che spiccano sullo sfondo di broccato bianco, con un nastro verde sull'orlo. L'espressione è decisa e quasi altera, con il gesto delle labbra appena dischiuse e lo sguardo rivolto direttamente allo spettatore. A destra la tenda si apre su uno spiraglio scuro, dove si intravede una lucerna accesa, sicuramente un dettaglio simbolico, che allude alla personalità dell'uomo o alle sue vicende, e che è stato variamente interpretato. Alcuni lo hanno collegato alla parabola evangelica delle vergini savie, altri a un simbolo di saggezza o della caducità della vita umana: in questo senso la fiamma è fioca, come se avesse rischiato di spegnersi, e ciò è stato messo in relazione con la possibilità che il soggetto abbia corso un pericolo di morte. A partire da queste considerazioni si è proposta un'identificazione del soggetto con Broccardo Malchiostro, il giovane cancelliere del vescovo trevigiano Bernardo de' Rossi, che col suo superiore rischiò la vita durante una sventata congiura nel 1503. A conferma dell'ipotesi è stato anche visto nel tendaggio una sciarada: esso è infatti un broccato con decorazione di cardi, quindi 'broccato-cardo', 'Broccardo'. Allusioni del genere non sono estranee all'arte di Lotto, presenti almeno in un'altra opera della maturità, il Ritratto di Lucina Brembati.
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### Titolo: San Girolamo penitente (Lotto Allentown). ### Introduzione: San Girolamo penitente è un dipinto a olio su tela (30,9x32 cm) di Lorenzo Lotto, databile al 1515 e conservato nell'Allentown Art Museum ad Allentown (Pennsylvania). L'opera è firmata sulla roccia vicino al santo e risale al periodo bergamasco del pitrore. ### Descrizione e stile. Lotto dipinse almeno sei versioni del San Girolamo, un santo molto richiesto quale simbolo di sapienza cristiana. È raffigurato in ginocchio davanti al crocifisso in posizione di penitente, mentre sta per colpirsi il petto con la pietra. Vicino a lui si trova l'immancabile leone addomesticato, mentre sulla roccia a destra si trova abbandonata la veste da cardinale. Il paesaggio si rifà ai modi umbri che Lotto aveva avuto modo di ammirare nel contatto diretto con Raffaello a Roma. La luce sul santo però è forte ed incidente di matrice veneziana influenzata dall'esempio di Dürer. Piccole vignette nello sfondo mostrano scene del cammino spirituale del santo.
@Scribis @Italiano. Descrivi un dipinto.
### Titolo: Annunciazione (Pozzoserrato). ### Introduzione: L'Annunciazione è un dipinto a olio su tavola di Ludovico Pozzoserrato, conservato nel Duomo della città di Conegliano. ### Descrizione. Questo dipinto raffigura un cielo di angeli musicanti con al centro lo Spirito Santo in forma di colomba, l'Arcangelo Gabriele entra in scena da sinistra, ad annunciare la lieta notizia alla Vergine Maria, inginocchiata a destra davanti a un leggio, nell'atto di reagire tenendo la mano sinistra vicino al cuore; fra le due figure si apre uno sfondo nel quale si può riconoscere, abbracciato dal contorno sfumato dell'arco prealpino, un paesaggio collinare che richiama il coneglianese.
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### Titolo: Madonna col Bambino tra i santi Rocco e Sebastiano. ### Introduzione: La Madonna col Bambino tra i santi Rocco e Sebastiano è un dipinto a olio su tela (81,8x108,5 cm) di Lorenzo Lotto, databile al 1518 circa e conservato nella National Gallery of Canada di Ottawa. ### Descrizione e stile. L'opera ha apparentemente un tipico schema devozionale, con i personaggi a mezza figura allineati su un campo lungo orizzontale, la Madonna col Bambino al centro e due santi ai lati, su un modello ampiamente usato a Venezia da Giovanni Bellini e altri. In questo caso però Maria è disallineata, sedendo su un trono di nuda pietra, coperto solo da un telo verde, dove deve appoggiare anche le gambe, sul modello delle Madonne dell'Umiltà, ed è affiancata dai santi Rocco e Sebastiano (protettori dalle pestilenze) che stanno invece in piedi, su un livello più basso, e con una rotazione del busto complementare di tre quarti (frontale e dorsale). Rocco mostra la sua ferita nella coscia, che è miracolosamente risanata dal gesto benedicente del Bambino, Sebastiano invece compie una torsione in avanti per vedere, con espressione stupita, il prodigio. La costruzione della composizione ha un gusto squisitamente proto-manierista, con l'uso di linee diagonali e un sostanziale disinteresse verso la prospettiva (le proporzioni infatti non sempre quadrano, ma anzi sembrano variare per evidenziare i santi laterali). La luce è morbida e avvolgente, la stesura dà effetto setosi, come nella capigliatura bionda di Sebastiano, oppure lanosi, come nel cappello di Rocco, legato dietro le spalle. Straordinario il concerto di colori squillanti, evidenziato dallo sfondo grigio, e che ha il suo culmine nel rosso intenso della veste di Maria. Nei primi anni del XVII secolo Enea Salmeggia ne fece una copia di ottima qualità conservata a Costa Mezzate nel castello dei Camozzi Vertova..
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### Titolo: Beata Beatrix. ### Introduzione: Beata Beatrix è un dipinto a olio su tela (86×66 cm) di Dante Gabriel Rossetti, realizzato nel 1872 e conservato nella Tate Britain di Londra. ### Descrizione. Nel personaggio di Beatrice, la donna amata da Dante e scomparsa prima del tempo, rivive in questo quadro lo spirito di Elizabeth 'Lizzie' Siddal, l'amata moglie di Dante Gabriel Rossetti morta anch'ella prematuramente per abuso di laudano. È evidente, infatti, il parallelismo tra il tragico sentimento lirico di Dante per la dipartita della donna amata e il profondo sconforto che assalì Rossetti dopo la morte di Lizzie.Beatrice Portinari è raffigurata con una capigliatura fluente e rossa ed è appoggiata ad un balcone: il volto trasognato, le labbra appena aperte, le palpebre socchiuse e il corpo rilassato sono gli ingredienti utilizzati da Rossetti per definire l'estasi mistica in cui la donna è rapita. Il suo volto presenta un incarnato livido, alludendo alla sua morte prematura, mentre le sue mani sono giunte per accogliere un papavero di oppio (il sedativo da cui deriva il laudano, in riferimento all'overdose che ha stroncato la vita di Lizzie) tenuto nel becco da una colomba aureolata, con un chiaro rimando allo Spirito Santo. Se, tuttavia, nell'iconografia cristiana le colombe presentano sempre un piumaggio bianco e candido, le penne del volatile dipinto da Rossetti sono tinte di un rosso fuoco, colore che allude alla passione, ma anche alla morte: d'altronde, la stessa Lizzie quand'era ancora in vita era nota come «the Dove» (la Colomba). Questa lettura allegorica è avallata da una lettera che Rossetti inviò all'amico Robertson, cui confidò di aver dipinto «un uccello splendente, messaggero di morte, [che] lascia cadere un papavero bianco sulle sue mani aperte». Secondo il critico d'arte Frederic George Stephens, intimo amico del Rossetti, sono da leggere in chiave allegorica anche i colori della veste indossata da Beatrice: il verde viene infatti associato alla speranza e alla vita, mentre il grigio allude chiaramente al dolore sepolcrale, e pertanto alla morte.Si scorge un ulteriore suggerimento allegorico alle spalle di Beatrice, dove troviamo una meridiana collocata su un muretto in blocchi lisci isodomi. Questa, infatti, indica il numero nove, in riferimento a diversi dati biografici di Beatrice Portinari (nella lettera a Ellen Heaton del 19 maggio 1863 leggiamo: «La incontra all’età di nove anni, muore alle nove del 9 giugno 1290»). Questa scelta è tuttavia un nodo di significati, siccome il 9 è multiplo di 3, numero tradizionalmente associato alla Trinità cristiana e assai presente anche nell'opera dantesca (la Divina Commedia si articola in tre cantiche, le quali sono a loro volta strutturate su strofe di tre versi ciascuna). Dietro il muretto si intravedono Cupido e Dante mentre osserva la propria amata lasciare la vita terrena; sull'estremo sfondo si scorge invece il profilo orizzontale del Ponte Vecchio di Firenze, città dove il culto dantesco è mantenuto più vivo e pertanto particolarmente amata da Rossetti. Anche la cornice nasconde profondi significati allegorici, presentando citazioni tratte dalla Divina Commedia («l’amor che move il sole e l’altre stelle» è il verso che orna i suoi tondi) e dal XXIX canto della Vita Nova.
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### Titolo: Gilles (Watteau). ### Introduzione: Gilles (conosciuto anche come Pierrot detto Gilles) è un olio su tela (184x149) di Antoine Watteau, completato tra il 1718 ed il 1719. È custodito al museo del Louvre di Parigi. ### Descrizione e stile. Pierrot, noto personaggio della Commedia dell'arte, è raffigurato da Watteau come un uomo dal volto fortemente malinconico, con uno sguardo triste e perso verso lo spettatore. Alle sue spalle si trovano altri personaggi teatrali, probabilmente intenti a schernire Gilles in primo piano. Le varie figure si trovano in un ambiente esterno, caratterizzato da una leggera vegetazione ai lati del dipinto; le tinte dell'intera opera non sono particolarmente brillanti, con l'eccezione della veste rossa dell'uomo all'estrema destra.
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### Titolo: Ritratto di gentiluomo con zampino di leone. ### Introduzione: Il Ritratto di Leonino Brembati o Ritratto di gentiluomo con zampino di leone è un dipinto a olio su tela (95,5x69,5 cm) di Lorenzo Lotto, databile al 1524-25 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Sullo sfondo di un tendaggio rosso e uno verde, un gentiluomo, vestito di un sontuoso robone nero con guarnizioni di pelliccia, sta in piedi, porta una mano al petto e con l'altra mostra allo spettatore uno zampino leonino dorato. La posa leggermente di tre quarti, l'inquadratura fino al ginocchio, l'abito scuro, rimandano alla ritrattistica di Tiziano Vecellio, senz'altro l'artista allora più influente a Venezia. Il significato simbolico dello zampino è un tipico calembour lottesco - si pensi ad esempio ai 'tre visi' dell'orefice trevigiano - che identifica il personaggio come Leonino Brembati, marito peraltro di quella Lucina Brembati, il cui ritratto conservato nella pinacoteca dell'Accademia Carrara presenta l'ennesimo gioco di parole visivo del pittore: sulla luna sono inserite le lettere 'ci' in una sorta di rebus che va sciolto chiaramente in 'lu(ci)na'. I due ritratti presentano un'ulteriore prova a conferma dell'identificazione: sulle dita dei due nobili bergamaschi compare l'anello con lo stemma di famiglia, troncato bianco e nero con una banda rossa, ancora ben visibile nell'opera di Bergamo, e ravvisabile ormai solo in antiche foto su quella di Vienna.
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### Titolo: Triplice ritratto di orefice. ### Introduzione: Il Triplice ritratto di orefice è un dipinto a olio tela (52,1x79,1 cm) di Lorenzo Lotto, databile al 1530 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Su uno sfondo neutro, composto da una parete grigia e una tenda verde scostata, lo stesso soggetto, inquadrato a mezzobusto, è ritratto in tre pose: di profilo, frontale e di tre quarti ruotato all'indietro, secondo un'iconografia già esistente nell'arte medievale che veniva usata per dimostrare il virtuosismo dell'artista e, in questo caso, le possibilità della pittura di offrire molteplici vedute all'interno del dibattito sul 'paragone delle arti'. Pare che anche Leonardo avesse eseguito un triplice ritratto perduto, di Cesare Borgia. L'uomo è vestito sobriamente di scuro e porta alla mano sinistra un anello. Nel ritratto centrale tiene in mano anche un piccolo oggetto, scarsamente leggibile prima del restauro, che era stato interpretato come un gioco del lotto, allusivo quindi al nome del pittore che avrebbe qualificato un autoritratto. Dopo la mostra del 1953 e il restauro si scoprì invece che la scatolina altro non è che una custodia per anelli, riferibile quindi all'attività di un orefice che negli studi successivi hanno poi collegato l'uomo ritratto con l'orefice Bartolomeo Carpan, citato nel Libro di spese diverse del Lotto a partire dal 1538 e legato a lui da amicizia: si tratta di un'ipotesi di identificazione suggestiva ma non surrogata da altri documenti. Se fosse vera, anche la forma del triplice ritratto, con i 'tre visi', potrebbe essere un calembour per trovare il nome della sua città d'origine, 'Treviso'. Nel 1509-1510 Lorenzo Lotto aveva realizzato il Ritratto di gioielliere conservato nel Getty Museum raffigurante un soggetto con in mano una scatola di anelli.
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### Titolo: Trionfo della Castità. ### Introduzione: Il Trionfo della Castità è un dipinto a olio su tela (73x114 cm) di Lorenzo Lotto, databile al 1530 circa e conservato nella Collezione Rospigliosi Pallavicini di Roma. È firmato nell'angolo inferiore destro 'Laurentius Lotus'. ### Descrizione e stile. L'opera è un esempio della predilezione di Lotto per le allegorie 'parlanti' ricche di soggetti simbolici e allusivi, talvolta dal significato recondito o, diremmo oggi, 'enigmistico'. Su sfondo scuro una donna vestita, la Castità, scaccia Venere e Cupido. La protagonista ha sul collo un piccolo ermellino, simbolo di purezza, ed ha in mano l'arco spezzato di Eros. La Venere, ripresa da un sarcofago oggi nei Musei Vaticani, porta via con sé i simboli della vanità (unguenti, profumi e altro), ed ha un bracciale con la conchiglia, suo simbolo. Vicino le vola una colomba, in ombra, quindi una falsa emanazione divina, mentre Cupido è presso una fiaccola che non fa lume, ma solo fumo, altro simbolo della falsa divinità . Lo stile del dipinto contrappone parti ben illuminate e definite ad altre dalla pennellata più veloce e sommaria. La luce soffusa e la rapidità del tocco pittorico in alcuni dettagli permettono di datare l'opera al soggiorno veneziano dell'artista.
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### Titolo: Madonna col Bambino tra i santi Caterina d'Alessandria e Giacomo. ### Introduzione: La Madonna col Bambino tra i santi Caterina d'Alessandria e Giacomo maggiore è un dipinto a olio su tela (95,5x69,5 cm) di Lorenzo Lotto, databile al 1527 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. In un paesaggio campestre, all'ombra di un albero, la Vergine col Bambino sta seduta informalmente, vicino a santa Caterina d'Alessandria, con un libro in mano (si riconosce per le vesti principesche e la ruota dentata spezzata appena visibili tra lei e Maria), e san Giacomo maggiore, con il bastone da pellegrino e in posizione orante, mentre dietro di lei un giovane e sensuale angelo la incorona con una ghirlanda di foglie e fiori. La cromia ridotta, gli ampi panneggi, la vivacità di movimenti e gesti mostrano il ritorno di Lotto negli alvei della pittura veneziana, dopo il lungo soggiorno lombardo, mantenendo comunque il dinamismo delle luci e il libero accostamento dei toni, senza allinearsi troppo al placido sentimento elegiaco dei seguaci di Giorgione e Tiziano, ma cercando comunque un colore sontuoso e un tono aulico, in grado di soddisfare i committenti. L'opera, che mostra una qualità pittorica straordinaria, si distacca però dalle composizioni piramidali alla Palma, con figure più dinamiche e inquiete, traccianti una fitta rete di linee diagonali immaginarie, con guizzi luminosi improvvisi e panneggi dalle linee inquiete (come nella setosa veste dell'angelo).
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### Titolo: Madonna col Bambino tra i santi Andrea e Pietro. ### Introduzione: La Madonna col Bambino tra i santi Andrea e Pietro è un dipinto a olio su tela (47,7x39,7 cm) di Cima da Conegliano, databile al 1510 e conservato nella National Gallery of Scotland, Edimburgo. ### Descrizione. Questo pannello devozionale incompiuto fornisce spunti affascinanti sui metodi di lavoro del Cima. L'opera raffigura la Vergine col Bambino, seduta sulle rocce in un paesaggio, affiancata da sant'Andrea a sinistra e da san Pietro a destra.
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### Titolo: Baccante (Cima da Conegliano). ### Introduzione: La Baccante è un dipinto a olio su tavola (24,6x19,4 cm) di Cima da Conegliano, databile al 1505-1510 circa e conservato nel Philadelphia Museum of Art. La tavola è un frammento laterale del fronte di un cassone, o della testata di un letto, attualmente diviso in tre parti: le altre due che completavano la composizione raffigurano le Nozze di Bacco e Arianna e Sileno e satiri. ### Descrizione. Il quadro rappresenta una figura satirica maschile (corpo umano con orecchie caprine) che trasporta sulla spalla destra una piccola botte.
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### Titolo: Liberazione di Andromeda. ### Introduzione: La Liberazione di Andromeda è un dipinto a olio su tavola (70x123 cm) di Piero di Cosimo, databile al 1510 o al 1513 circa e conservato negli Uffizi di Firenze. ### Descrizione e stile. Il dipinto, estremamente singolare e che nel complesso riprende fedelmente quanto narrato nel libro quarto de Le metamorfosi di Ovidio (vv. 663-764), ha come soggetto principale l'uccisione del terribile mostro marino inviato ad uccidere Andromeda. Autore della liberazione è Perseo che, vestito dei calzari alati, si vede prima planare dal cielo in alto a destra e poi afferrare la spada per decapitare il mostro al centro. Assiste alla scena un gruppo di personaggi intenti alla musica, che ricorda le combriccole carnevalesche. Gli strumenti usati sono di pura fantasia, privi di corde o di cassa armonica, che non potrebbero mai suonare. Il tono teatrale dei gruppi è evidenziato dalla mimica accentuata, dai costumi esotici e all'antica, dalla ricchezza delle espressioni dei volti, che vanno dallo gioia al pianto. Sia a destra che a sinistra si ripete il personaggio con turbante bianco del padre di Andromeda, Cefeo, mentre il personaggio barbuto che, all'estremità del gruppo destro, guarda verso lo spettatore è stato riconosciuto come un autoritratto del pittore. La composizione è dominata dal drago furibondo, che ha la testa di un grosso cane zannuto, con una criniera di squame, lunga coda da tritone e morbide zampe palmate, che annaspando muovono flutti d'acqua, dipinti goccia a goccia con la consistenza dei batuffoli di cotone. Esso con le narici spruzza getti d'acqua contro Andromeda, legata a un ceppo, che fa per scansarsi divincolandosi verso l'altro lato. L'occhio si perde sui mille dettagli ora curiosi, ora esotici, ora realistici, con i due lembi di paesaggio che, ai lati dell'insenatura in primo piano, si perdono in lontananza in curiose concrezioni rocciosi dall'aspetto antropomorfo, su cui sono arroccate casette di legno e paglia, derivate dalle stampe nordiche. Luciano Berti, nel 1980, ha ipotizzato che il dipinto celi significati politici, mettendo in scena la carnevalata allegorica messa in scena dalle compagnie del Broncone (a cui alluderebbe il ceppo a cui è legata Andromeda, secco ma con germogli) e del Diamante (l'anello di diamante era uno degli emblemi araldici di Casa Medici) in occasione del rientro dei Medici a Firenze, nel 1513: lo stesso Giambattista Strozzi si era infatti sposato con Clarice de' Medici nel 1508. Perseo allora sarebbe Lorenzo Duca di Urbino, mentre Fineo, lo zio promesso sposo di Andromeda, sarebbe suo cugino Giuliano Duca di Nemours, col pennacchio e il mantello rosso a capo della compagnia del Diamante. I rametti di alloro, tenuti dalla compagnia vincitrice del Broncone, sono simbolo della vittoria della virtù sul vizio, nonché richiami al nome di 'Lorenzo-Lauro', quale nuovo signore di Firenze liberata dal 'mostro' repubblicano.
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### Titolo: Newton (Blake). ### Introduzione: Newton è un monotipo di William Blake risalente al 1795, anche se venne riprodotto e ristampato nel 1805. È attualmente custodito alla Tate Gallery di Londra. ### Descrizione. L'opera è un monotipo, ovvero un'incisione stampata con successiva applicazione del colore; fa parte di una serie di 12 opere prodotte con la medesima tecnica tra il 1795 ed il 1805, tra le quali si trovano le rappresentazioni su Nabucodonosor II. L'uomo rappresentato nella raffigurazione è Isaac Newton, il celeberrimo fisico e matematico inglese; egli è ritratto seduto su una roccia che si sviluppa dal lato sinistro del dipinto, ricoperta di alghe e altri residui che richiamano l'ambiente marino. Newton è nudo, ripiegato su se stesso completando idealmente la forma del masso che lo sostiene; il suo sguardo è rivolto verso il basso, su disegni e diagrammi che sta analizzando con un compasso.
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### Titolo: Morte di Procri. ### Introduzione: La Morte di Procri è un dipinto a olio su tavola (65,4x184,2 cm) di Piero di Cosimo, databile al 1495 circa e conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione e stile. La tragica storia di Cefalo e Procri è narrata da Ovidio nelle Metamorfosi (VII, 752-765). Mentre Cefalo era a caccia, armato di un dardo infallibile e accompagnato da Lelapo, un segugio che riusciva sempre a catturare le prede, donatigli entrambi da Artemide, Procri si nascose in un cespuglio per controllare che l'uomo non avesse ripreso a tradirla con Eos. L'uomo la scambiò per un animale e la uccise con la freccia. Ovidio non dice che Cefalo fosse un satiro, come invece è riportato nel dipinto, ma tale iconografia del mito si trova già nella rappresentazione teatrale Fabula di Cephalo di Niccolò da Correggio del 1486, composta per Ercole d'Este e rappresentata alla corte di Ferrara nel 1487. Incongruenti sono anche le ferite e la mancanza dell'arma, per cui l'identificazione tradizionale è tutt'altro che certa. Il formato orizzontale della tavola è occupato dal corpo femminile disteso, con ferite alla gola, al polso e alla mano. Ai lati si bilanciano le due figure scure del satiro e del cane da caccia, mentre dietro di essi si estende un paesaggio lacustre reso azzurrino dalla foschia e popolato da animali (altri cani, un pellicano, alcuni aironi) e barche che ruotano attorno a un porto appena visibile. Forte è il senso della natura e l'attenzione con cui la veduta è curata, ispirandosi a modelli fiamminghi. La bellezza ideale della figura distesa, il suo abbigliamento all'antica e la precisione anatomica del disegno rimandano al filone fiorentino di cui fece parte anche Botticelli. Non a caso nel museo l'opera è esposta simmetricamente al Venere e Marte di analogo formato, proprio di Botticelli. Sul retro della tavola si trova un disegno architettonico, la cornice di un pilastro. In controluce, soprattutto nel corpo disteso di Procri, si vedono tracce del disegno sottostante, mentre nel cielo l'artista sfumò i colori con i polpastrelli, lasciando numerose impronte digitali.
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### Titolo: Storie dell'umanità primitiva. ### Introduzione: Le Storie dell'umanità primitiva sono una serie di dipinti di Piero di Cosimo, databili al 1500-1505 circa e oggi sparse tra più musei. ### Descrizione e stile. Il soggetto della serie è estremamente singolare e viene di solito indicato come scene della vita primordiale degli uomini incapaci di controllare e utilizzare il fuoco. La concezione del lento evolversi della civiltà attraverso il progresso tecnico e intellettuale, rara e comunque eterodossa sia rispetto alla concezione classica che a quella cristiana, si può ritrovare sia in Lucrezio (De rerum natura) che in Vitruvio, quest'ultimo citato da Boccaccio nella Genealogia Deorum Gentilium. Il primo pannello, la Caccia, presenta figure umane seminude, satiri, centauri e animali che lottano ferocemente ignari del pericolo costituito dall'incendio che divampa sullo sfondo; nel secondo, il Ritorno dalla caccia, si rappresentano le prime forme di vita comunitaria e l'utilizzo di primitive tecniche di costruzione; nel terzo, l'Incendio nella foresta, un uomo rivestito di abiti, consapevole dell'incendio, tenta di catturare bovini terrorizzati. Erwin Panofsky collegò a questi pannelli anche due tavole con la Caduta di Vulcano e Vulcano ed Eolo maestri dell'umanità, che rappresenterebbero l'era sub Vulcano, successiva a quella ante Vulcano dei primi tre pannelli. Nella prima Vulcano, scaraventato dall'Olimpo, viene soccorso dalle fanciulle di Lemno; nella seconda, Vulcano adulto, assistito da Eolo, lavora in una primitiva fucina e mostra ad un uomo su un cavallo domato l'uso del fuoco e le tecniche di lavorazione dei metalli; sullo sfondo, accanto ad una giraffa mansueta, si sta innalzando un'abitazione con tronchi non ancora squadrati e in primo piano una famiglia e un dormiente alludono sia al fatto che il lavoro di Vulcano inizia sul far della notte, sia che sta per sorgere una nuova era della civiltà. Panofsky ipotizzò che le due serie facessero parte di due ambienti diversi, salone anticamera, ma le differenze di formato, supporto e dimensioni hanno suscitato più di una perplessità negli altri studiosi. Alcuni collegano alla serie anche il pannello con la Costruzione di un edificio nel Ringling Museum of Art di Sarasota, che mostrerebbe l'avanzare delle conoscenze tecniche degli uomini: le misure sono compatibili ma leggermente superiori alle altre tavole. Caccia primitiva, olio su tavola, 71x168 cm, New York, Metropolitan Museum. Ritorno dalla caccia, olio su tavola, 71x169 cm, New York, Metropolitan Museum. Incendio nella foresta, olio su tavola, 71x203 cm, Oxford, Ashmolean Museum. Ritrovamento di Vulcano, olio su tela, 155x174 cm, Hartford, Connecticut, Wadsworth Atheneum. Vulcano ed Eolo maestri dell'umanità, olio su tela, 155,6x166,4 cm, Ottawa, National Gallery of CanadaIl soggetto è più che mai singolare nel panorama dell'epoca. La visione dei primi stadi dell'umanità come un processo di lento sviluppo verso la civilizzazione grazie alla graduale conoscenza e utilizzo del fuoco era infatti contraria alle dottrine dominanti, sia quella cristiana, legata alla Creazione biblica, sia quella neoplatonica, che parlava di un'Età dell'oro da cui l'uomo, in un'inesorabile declino, si sarebbe gradualmente allontanato.
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### Titolo: Caccia primitiva. ### Introduzione: La Caccia primitiva è un dipinto a olio su tavola (70,5x169,5 cm) di Piero di Cosimo, databile al 1500-1505 circa e conservato nel Metropolitan Museum di New York. Fa parte della serie delle Storie dell'umanità primitiva. ### Descrizione e stile. La serie è dedicata alle storie dell'umanità prima della scoperta del fuoco, senza la conoscenza dei metalli e quindi delle armi. In questo pannello, il primo delle storie, è rappresentata una foresta in profondità, con alcune file irregolari di alberi che guidano l'occhio dello spettatore verso lontano, secondo uno stratagemma già usato da Paolo Uccello nella Caccia notturna. La scena è dedicata al caos prima di qualsiasi forma di conoscenza. Brulica di figure umane seminude, animali ed esseri semibestiali, come satiri e centauri, che si affrontano in una lotta feroce e indiscriminata. Da sinistra si vedono, tra l'altro, orsi e leopardi che si avventano su un branco di cervi e cinghiali, un grosso cane bianco che addenta una leonessa al muso, due uomini che separano due orsi e un leone dalla lotta, mentre un satiro leva un grosso ramo per colpirli, un gruppo di uomini vestiti di pelli che trasporta un bue cacciato, un altro uomo al centro che regge un animale che si divincola, uno che assale un cavallo in corsa (non lo cavalca, come si vede dalle gambe accucciate sull'animale), centauri che fuggono con prede, due satiri che si avvicinano brandendo delle clave. La presenza delle semibestie è legata alla credenza che esse fossero il frutto dell'accoppiamento barbaro degli uomini con gli animali. Non c'è nessuna differenziazione psicologica tra animali, semiuomini e uomini. Altri animali popolano gli anfratti della foresta, scura e inquietante. L'omaggio a Paolo Uccello appare esplicito anche per l'uomo morto in basso a destra, che sta rigido e perpendicolare lungo un asse prospettico, in modo da venire scorciato a perfezione. In tutta questa animazione nessuno si avvede del pericolo rappresentato dallo scoppio dell'incendio nel profondo della boscaglia. Due scorci paesistici, ai lati, mostrano un paesaggio brullo e desolato.
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### Titolo: Ritorno dalla caccia. ### Introduzione: Il Ritorno dalla caccia è un dipinto a olio su tavola (70,5x168,9 cm) di Piero di Cosimo, databile al 1500-1505 circa e conservato nel Metropolitan Museum di New York. Fa parte della serie delle Storie dell'umanità primitiva. ### Descrizione e stile. La serie è dedicata alle storie dell'umanità prima della scoperta del fuoco, senza la conoscenza dei metalli e quindi delle armi. In questo pannello, il secondo delle storie, compaiono i primi segni della vita comunitaria e della conquista di conoscenze tecniche da parte dell'umanità, verso un progresso alle prime forme di civiltà. La scena mostra un gruppo di uomini primitivi, vestiti di pelli, che tornano da una caccia, sullo sfondo di un grande lago, su cui navigano alcune imbarcazioni. Da sinistra un uomo deposita un cinghiale ucciso che portava a spalle, e accanto a lui giace un bue morto. Su una barca, decorata da rami e da teste di lupo, stanno una coppia e un uomo che carica le prede morte a prua. Nell'imbarcazione successiva, più affollata, un uomo issato sull'albero indica la direzione, mentre alcune donne, aiutate da uomini stanno sbarcando o tuffandosi; un uomo sistema due pali a poppa. Intanto in primo piano, a destra, una donna seduce un centauro mentre gli sta in groppa. Nel fumoso lago sullo sfondo si vedono altri barconi primordiali e di nuovo, come negli altri pannelli, il tema del fuoco, che divampa in un'oscura foresta in lontananza.
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### Titolo: Incendio nella foresta. ### Introduzione: L'Incendio nella foresta è un dipinto a olio su tavola (71,2x202 cm) di Piero di Cosimo, databile al 1500-1505 circa e conservato nell'Ashmolean Museum di Oxford. Fa parte della serie delle Storie dell'umanità primitiva. ### Descrizione e stile. La serie è dedicata alle storie dell'umanità prima della scoperta del fuoco, senza la conoscenza dei metalli e quindi della armi. In questo pannello, il terzo delle storie, l'umanità ha già fatto decisivi passi avanti verso il progresso. Di nuovo scoppia un incendio in una foresta e gli animali fuggono spaventati, allineandosi ad arte sul primo piano: camosci, leoni, scrofe, una famiglia di orsi, un bue, un leone e un airone, mentre in alto volano stormi di uccelli disparati. Alcuni di questi animali hanno un volto umano, perché si riteneva che mostri del genere potessero nascere da incroci bestiali con l'uomo. Le figure umane compaiono in secondo piano: a destra un uomo, già ricoperto di vestiti (nelle altre spalliere gli uomini indossano pelli), non è spaventato dal fuoco, come le bestie, anzi approfitta del trambusto per catturare dei bovini. Sullo sfondo si vedono una capanna e alcune rozze forme di recipienti, che testimoniano i progressi fatti dalla tecnologia. Ai lati le vedute di paesaggio sono meno brulle e più verdi, rese con acuta sensibilità atmosferica: l'opera è ritenuta una delle prime in cui il paesaggio ha un ruolo preminente nel Rinascimento.
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### Titolo: Ritrovamento di Vulcano. ### Introduzione: Il Ritrovamento di Vulcano è un dipinto a olio su tela (155x174 cm) di Piero di Cosimo, databile al 1500-1505 circa e conservato nel Wadsworth Atheneum di Hartford (Connecticut). Fa parte della serie delle Storie dell'umanità primitiva. ### Descrizione e stile. La fonte principale della scena è Virgilio, sia dall'Eneide (VIII, 416-454) che dalle Ecloghe (IV, 62). La scena mostra Vulcano, divinità del fuoco, che da fanciullo è scaraventato fuori dall'Olimpo a causa del suo essere zoppo. Il ragazzo, nudo ma coperto ad arte da alcuni fiorellini, viene trovato sull'isola di Lemno da alcune fanciulle che lo soccorrono. L'artista si dedicò soprattutto a una descrizione lenticolare dei dettagli, specialmente le specie vegetali che animano il paesaggio. La scena è ricca di rimandi erotici, che dovevano essere graditi al committente. Al dio vengono incontro sei fanciulle con gambe e seno spesso scoperti, che gli offrono vario conforto: una gli offre vivande raccolte in un telo, uno porta un cestino di fiori, un'altra ne ha raccolti nel proprio velo e glieli porge, un'altra ancora si avvicina con un cagnolino.
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### Titolo: Vulcano ed Eolo maestri dell'umanità. ### Introduzione: Il Vulcano ed Eolo maestri dell'umanità è un dipinto a olio su tela (155,5x166,4 cm) di Piero di Cosimo, databile al 1500-1505 circa e conservato nel National Gallery of Canada di Ottawa. Fa parte della serie delle Storie dell'umanità primitiva. ### Descrizione e stile. La fonte principale della scena è la Genealogia deorum gentilium di Boccaccio (XII, 70), stampata a Venezia nel 1472 e poi diffusa attraverso edizioni successive. La scena mostra Vulcano ormai adulto che ha insegnato agli uomini l'uso del fuoco, per ringraziarli del suo salvataggio quando da fanciullo era stato cacciato dall'Olimpo. Lo assiste con un soffietto Eolo, dio del vento, e i due sono raffigurati in una primitiva fucina dove insegnano agli uomini a forgiare i mtealli. In particolare stanno creando un ferro di cavallo, che un cavaliere guarda con grande interesse dal centro della scena. La sua presenza sta a ricordare che in quella fase del progresso gli uomini avevano già imparato ad addomesticare gli animali. Il resto del dipinto mostra uomini e donne in un paesaggio colti in una varietà di pose. Spicca il gruppo di carpentieri a destra che sta costruendo una capanna con martelli ed altri strumenti che prevedono parti in metallo, simbolo della civilizzazione che sta avanzando. Il nucleo familiare allude alla rinuncia all'unione barbara con gli animali, che nelle altre tavole della serie dava origine a figure mostruose, mentre l'uomo in primo piano che dorme accovacciato starebbe a simboleggiare l'ora allo spuntare dell'alba, che alluderebbe al nascere degli albori della civiltà. Il paesaggio è ricco di valori atmosferici e mostra una precisa cura del dettaglio, popolato da numerosi animali, tra cui spicca, a destra, una giraffa, ricordo della giraffa Medici che per un po' aveva vissuto a Firenze.
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### Titolo: Disavventure di Sileno. ### Introduzione: La Disavventure di Sileno è un dipinto a olio su tavola (76,2x126,55 cm) di Piero di Cosimo, databile al 1505-1510 circa e conservato nel Fogg Art Museum di Cambridge (Massachusetts). ### Descrizione e stile. La scena è composta attorno a un nodoso albero secco, come nell'altra scena della serie e mostra le disavventure di Sileno, che nell'altra scena stava arrivando a cavalcioni di un asino. La caduta da un cervo per colpa dell'ebbrezza, al centro, lo ferisce agli occhi, dandogli però il dono della preveggenza (a sinistra). A destra si vede il dio rurale che non riesce più ad alzarsi, mentre alcuni satiri e menadi cercano di sollevarlo in ogni modo: tirandolo per le braccia o facendo leva con un'asse. Numerosi sono i riferimenti giocosi e comici, dai putti festosi ai fanciulli che inscenano giochi, fino all'itifallo del dio al centro del dipinto.
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### Titolo: Primo moto. ### Introduzione: Il Primo moto è un affresco (120x105 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1508 e facente parte della decorazione della volta della Stanza della Segnatura nei Musei Vaticani. ### Descrizione e stile. Su uno sfondo a finto mosaico dorato è rappresentata una volta celeste sormontata da una figura femminile allegorica protesa sopra di essa e da due putti con libri sottobraccio su nuvolette ai lati, delle forme pressoché simmetriche. La scena è stata variamente interpretata come un'allegoria dell'inizio dell'Universo o come l'oggetto di studio della filosofia o ancora come personificazione della scienza astronomica che contempla il globo celeste. Urania, musa dell'Astronomia, regge con la mano il globo celeste, su cui è rappresentata la Terra e la configurazione del cielo al 31 ottobre 1503, giorno dell'elezione al soglio di san Pietro di Giulio II, tre ore dopo il tramonto sotto il segno dello Scorpione.Nel complesso di rispondenze tra il soffitto e le lunette laterali il Primo moto si inserisce nell'asse della parete est, con la Filosofia e la Scuola di Atene.
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### Titolo: Teologia (Raffaello). ### Introduzione: Teologia è un affresco (diametro 180 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1508 e facente parte della decorazione della volta della Stanza della Segnatura nei Musei Vaticani. ### Descrizione e stile. Su uno sfondo a finto mosaico dorato è rappresentata la personificazione della Teologia, seduta su un trono di nubi e indossante una veste gonfiata dal vento, di colore rosso, verde e bianco, i colori delle Virtù teologali di Carità, Speranza e Fede. Ai lati ha due putti che reggono tabelle biansate con iscrizioni: DIVINA[RUM] RER[UM] NOTITIA. Si tratta di una citazione da Giustiniano. Esiste un disegno preparatorio per il putto di destra (Lilla, Palais des Beaux-Arts) e uno per la figura principale, riferibile però anche alla Poesia, nell'Ashmolean Museum di Oxford. Nel complesso di rispondenze tra il soffitto e le lunette laterali la Teologia si inserisce nell'asse della parete ovest, con Adamo ed Eva e la Disputa del Sacramento; con un dito essa infatti indica la lunetta. La mancata corrispondenza tra putto ed elemento dominante della serie è ascritta a un cambiamento del programma decorativo in corso d'opera.
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### Titolo: Poesia (Raffaello). ### Introduzione: Poesia è un affresco (diametro 180 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1508 e facente parte della decorazione della volta della Stanza della Segnatura nei Musei Vaticani. ### Descrizione e stile. Su uno sfondo a finto mosaico dorato è rappresentata la personificazione della Poesia, seduta su uno scranno marmoreo con teste scolpite sui braccioli tra le nubi, con ai lati due putti che reggono tabelle biansate con iscrizioni: NUMINE AFFLATUR. Si tratta di una citazione dell'Eneide di Virgilio. Essa è coronata d'alloro e tiene in mano un libro e la lira, strumento da cui proviene la parola 'lirica'. È dotata inoltre di ali che tiene spiegate. Esistono alcuni disegni preparatori per la sua figura: uno riferibile anche alla Teologia, nell'Ashmolean Museum di Oxford, e uno con già gli attributi in mano, nella Royal Library del Castello di Windsor. Nel complesso di rispondenze tra il soffitto e le lunette laterali la Poesia s'inserisce nell'asse della parete nord, con Apollo e Marsia e il Parnaso. La mancata corrispondenza tra putto ed elemento dominante della serie è ascritta a un cambiamento del programma decorativo in corso d'opera.
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### Titolo: Filosofia (Raffaello). ### Introduzione: Filosofia è un affresco (diametro 180 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1508 e facente parte della decorazione della volta della Stanza della Segnatura nei Musei Vaticani. ### Descrizione e stile. Su uno sfondo a finto mosaico dorato è rappresentata la personificazione della Filosofia, seduta su un trono marmoreo con decorazioni tratte dal mondo antico: due Artemidi d'Efeso e sul bracciolo un uomo tra due aquile. Indossa una veste con i colori dei quattro elementi (giallo, verde, celeste e rosso), corrispondenza evidenziata dai ricami del tessuto setoso: elementi vegetali per la terra, pesci per l'acqua, fiamme nel fuoco e stelle per l'aria. Ai lati due putti simmetrici ma a contrapposto reggono sulle spalle tabelle con l'iscrizione CAVSARVM COGNITIO, tratta da Cicerone, che significa «conoscenza delle cause». Si nota anche che sotto la seconda 'V' di CAVSARVM vi era una 'O'. L'ipostasi della Filosofia regge due libri, sul quadrante del volume con legatura bruna si legge MORALIS e curiosamente si tratta della copertina posteriore. Sul taglio delle pagine del libro dalla legatura verde si legge NA...IS, probabilmente per NATURALIS. Nel complesso di rispondenze tra il soffitto e le lunette laterali la Filosofia si inserisce nell'asse della parete est, con il Primo moto e la Scuola di Atene.
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### Titolo: Madonna in trono col Bambino, sant'Antonio Abate e l'arcangelo Michele. ### Introduzione: La pala della Madonna in trono con il Bambino, Sant'Antonio Abate e l'Arcangelo Michele di Antonio Aleotti fu commissionato per l'ospedale di Sant'Antonio di Cesena nel 1511 e risente del influssi perugineschi, visibili soprattutto nella Vergine e nel Bambino. ### Descrizione. L'Arcangelo Michele ha invece le vesti classiche di guerriero, ritratto nel momento in cui trafigge il demonio, che a sua volta si contorce e cerca di ghermire le anime che sta sottoponendo sulla bilancia. Di fronte a loro c'è sant'Antonio Abate nel classico vestito da eremita con un porco a fianco.Sul basamento del trono si trova un'altra iscrizione riferita alla Madonna: «REGINA CELI REVERENTER ADORA QVIS QS HANC SPECTAS».
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### Titolo: Polifemo (Sebastiano del Piombo). ### Introduzione: Il Polifemo è un affresco (295 × 225 cm) di Sebastiano del Piombo, databile al 1512 circa e conservato nella Villa Farnesina di Roma. Situato accanto al Trionfo di Galatea di Raffaello, è in continuità iconografica con esso. ### Descrizione e stile. Fonte della rappresentazione fu Teocrito (Idilli) o Ovidio (Metamorfosi), magari filtrato dal Poliziano, o Apuleio (Asino d'oro). L'affresco mostra un enorme Polifemo che, in una monumentale torsione, rivolge il proprio sguardo malinconico verso il mare a destra, seduto su un idilliaco litorale sabbioso. Tiene in mano un bastone da pastore e un flauto, ed ha vicino un cane. La ricchezza e la densità del colore nella sua veste azzurra, così come gli effetti di avvolgimento atmosferico nel paesaggio (per quanto possibili nella tecnica ad affresco), rimandano al colorismo veneziano e all'intonazione malinconica dei seguaci di Giorgione, di cui Sebastiano faceva parte. Egli fu il primo a portare queste novità a Roma, riscuotendo un discreto successo. La monumentalità della figura rimanda all'esempio di Michelangelo, che proprio in quegli anni aveva scoperto gli affreschi della volta della Cappella Sistina, ma ha anche precedenti in area veneziana, come gli affreschi del Fondaco dei Tedeschi di Giorgione e del giovane Tiziano.
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### Titolo: Morte di Seneca (Luca Giordano). ### Introduzione: La Morte di Seneca è un dipinto a olio su tela (155×188 cm) di Luca Giordano, databile al 1684 e conservato nel museo del Louvre di Parigi. ### Descrizione. Luca Giordano in questo dipinto raffigura Seneca durante gli ultimi istanti della sua vita. Il capitolo che l'artista napoletano sceglie è quello dell'addio del filosofo ai suoi discepoli. Il fulcro del dipinto è Seneca. Questi, nonostante il fisico scarno, vecchio e malandato, supportato dal sostegno offertogli da un uomo, continua ad esprimere la sua saggezza. Gli ultimi istanti della sua vita vengono utilizzati per insegnare i precetti della sapienza e la forza dell'anima. Attorno a Seneca, diversi discepoli si concentrano sul suo pensiero ed attenti ascoltano le sue parole. Tutta l'opera è studiata per attirare gli occhi sul personaggio principale, illuminato egli con i discepoli ai suoi lati, e l'uomo in basso a sinistra che con un bisturi sta recidendo le vene del piede per accelerarne la morte come richiesto dallo stesso Seneca (fatto quest'ultimo di cui parla Tacito negli Annali). Il resto è celato nel buio.
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### Titolo: Persefone (Rossetti). ### Introduzione: Persefone (o Proserpina) è un dipinto a olio su tela (125,1×61 cm) di Dante Gabriel Rossetti, realizzato nel 1874 e conservato nella Tate Britain di Londra. ### Descrizione. Dopo la morte della moglie Elizabeth Siddal Rossetti si orientò definitivamente verso la ritrattistica femminile. In questo dipinto, realizzato nel Capodanno del 1874 (come ricordato dal cartiglio in basso), sceglie di ritrarre Jane Burden, moglie di William Morris e sua amante, nelle vesti di Persefone, regina dell'oltretomba insieme al consorte Ade. La figura di Persefone ritorna ossessivamente nella produzione pittorica di Rossetti (fra il 1872 e il 1882 realizzerà ben otto versioni di questo soggetto, alterando di volta in volta la tavolozza fino a far somigliare la modella, Jane, alla sua defunta moglie Elizabeth) e intende probabilmente alludere alla tragicità del suo matrimonio. Un'altra teoria è che stesse proiettando nei soggetti delle sue opere la sua fantasia secondo cui Jane gli era stata portata via da Morris contro la volontà di lei.Come sottolineato dal Rossetti in una lettera, Persefone è ritratta come una vera imperatrice dell'Averno, mentre posa «in un oscuro corridoio della reggia». La dea, ripresa a mezzo busto, è ammantata in una veste blu e presenta un'espressione pensosa, quasi mesta: il suo sguardo è molto penetrante e trasmette un'emozione intensissima, come se vedesse un qualcosa che va oltre l'osservatore. Il corpo è volto di lato, il viso è rappresentato a tre quarti, la pelle è diafana e i lineamenti sono affilati e precisi, quasi aristocratici. La fulgente chioma di capelli bruni sembra quasi imprigionare l'esile volto della dea, in cui risalta la bocca, che con il suo rosso riprende il colore del melograno, così come l'acquamarina degli occhi è un vero e proprio pendant cromatico dell'azzurro della veste.Tra le mani Persefone regge una melagrana appena sbocconcellata: si tratta di un simbolo di amore e fedeltà coniugale, ma anche di prigionia, siccome - come narra il mito - fu proprio questo frutto a negarle la possibilità di tornare stabilmente nel mondo dei vivi. Un risalto murario a sinistra della fanciulla sostiene un incensiere spento, «attributo di divinità», che richiama la dimensione spirituale di Persefone (associata dagli antichi all'immortalità dell'anima), mentre sul muro posteriore si inerpica un ramo di edera, «simbolo della memoria che avvince». La scena è immersa in un buio profondo, rischiarata esclusivamente da un quadrato luminoso alle spalle della dea che, come spiega l'artista, simboleggia la luce del mondo superiore, la quale filtra «da un'apertura improvvisamente dischiusa».L'amore che Rossetti prova per la civiltà italiana è ribadito anche in questo quadro. In alto a destra, infatti, è riportato un componimento poetico scritto dallo stesso artista, riposto all'interno di un cartiglio e dedicato a Proserpina e alla sua infelice condizione esistenziale:. La firma, in italiano, recita: 'DANTE GABRIELE ROSSETTI RITRASSE NEL CAPODANNO DEL 1874'.
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### Titolo: Loggia di Psiche. ### Introduzione: La Loggia di Psiche è un ambiente al piano terra di Villa Farnesina a Roma. Importante diaframma tra il giardino e gli ambienti interni, è celebre per il ciclo di affreschi di Raffaello e aiuti. ### Descrizione e stile. Nella loggia, un tempo aperta sul giardino, è dipinto il ciclo con le Storie di Amore e Psiche, tratte dall'Asino d'oro di Apuleio, opera di Raffaello e dei suoi allievi (Raffaellino del Colle, Giovan Francesco Penni, Giulio Romano) per il banchiere Agostino Chigi. Alcuni hanno messo in relazione la protagonista mitologica del soggetto, Psiche, con Francesca Ordeaschi, amante di Agostino Chigi, che da cortigiana si elevò al rango di moglie legittima del banchiere. Le scene sono inserite in un intreccio di festoni vegetali, opera dell'altro allievo Giovanni da Udine, che simulano un pergolato con festoni di fiori e frutta, dividenti la volta in scomparti, che hanno uno sfondo azzurro-cielo. La presenza degli intrecci vegetali accresce il senso di continuum della loggia con il giardino; vi sono riconoscibili la bellezza di circa duecento specie botaniche, soprattutto domestiche, tra cui anche numerose piante importate dalle Americhe, scoperte solo pochi anni prima. Il ciclo si divide in due grandi storie centrali che simulano arazzi tesi (Concilio degli dei e Convito nuziale), dieci pennacchi in corrispondenza dei pilastri e quattordici vele sopra gli archi. Storie di Amore e Psiche. I pennacchi sono quattro su ogni lato maggiore e uno per lato minore. Le scene dei pennacchi sono:. Venere e AmoreVenere sta mostrando a suo figlio Amore la bellissima principessa mortale Psiche, in modo che egli possa (con una delle sue frecce) indurla ad innamorarsi di un uomo indegno e deforme. È però lo stesso Amore ad innamorarsi della fanciulla. Amore e le GrazieIn questo episodio, assente nel racconto di Apuleio, Amore chiede alle Tre Grazie (anch'esse figlie di Venere) di intervenire a favore di Psiche che era stata mandata da Zefiro nel palazzo di Amore. La donna di spalle è uno dei nudi femminili più belli del Rinascimento e fu imitata molte volte. Venere con Cerere e GiunoneVenere ha scoperto il legame segreto tra il figlio e Psiche e si sta lamentando con Cerere (dea dei raccolti e dell'agricoltura) e Giunone (moglie di Giove e protettrice del Matrimonio e della Famiglia) dell'innaturale unione tra un dio ed una donna mortale. La dea della bellezza chiede alle due di unirsi a lei nella vendetta contro Psiche, ma Cerere e Giunone rifiutano. Venere sul carroLa dea della bellezza, quindi, si reca da Giove, su un cocchio dorato tirato da colombe, per chiedergli di aiutarla a punire Psiche. Nella scena, attribuita a Giulio Romano, si è riconosciuto l'intervento diretto del maestro Raffaello. Venere e GioveGelosa della bellezza di Psiche ed indignata del legame di quest'ultima con Amore, Venere chiede a Giove di cercare Psiche, introvabile, perché Amore l'ha fatta condurre da Zefiro in un magico palazzo. MercurioGiove ha incaricato Mercurio, messaggero degli dèi e dio del commercio, di cercare Psiche. Impugnando il suo Caduceo, Mercurio scende sulla Terra. Questo affresco è il più famoso di quelli rappresentati nei dieci pennacchi della loggia. Psiche trasportata da AmoriniDopo varie imprese, tra cui la discesa nell'Averno per ottenere l'Acqua della Bellezza da Proserpina, Psiche viene trasportata da due Amorini sull'Olimpo per offrire a Venere la magica ampolla. Venere e PsicheAl cospetto di Venere, Psiche le dona l'ampolla con l'Acqua della Bellezza avuta da Proserpina. Venere, che aveva sperato la morte della fanciulla, è delusa e stupita dalla riuscita dell'impresa di Psiche. Amore e GioveAnche Amore si è recato davanti a Giove. Il re degli dèi, baciando Amore, acconsente a sospendere la caccia a Psiche e di accoglierla nell'Olimpo come moglie di Amore. Mercurio e PsicheMentre nel racconto di Apuleio è lo stesso Giove ad accogliere Psiche nell'Olimpo e trasformarla in una dea, nel progetto di Raffaello questo compito spetta a Mercurio. È un'identificazione allegorica, quindi, tra il dio del commercio (Merucrio) e il ricchissimo banchiere Agostino Chigi, proprietario della Villa, amico di Raffaello e committente di questi affreschi. Inoltre, il volto di Psiche è, con buona probabilità, quello di Francesca Ordeaschi, l'amatissima moglie di Agostino. Sopra Psiche c'è un pavone: è il simbolo di Giunone, protettrice del Matrimonio. Le Storie di Amore e Psiche si concludono lietamente nelle scene del soffitto, il Concilio degli dei ed il Banchetto nuziale, che sono riferite generalmente al Penni o a Giulio Romano. Concilio degli deiGli dei sono ora riuniti per decidere le nozze di Amore e Psiche. Quest'ultima riceve dal dio Mercurio il nettare dell'immortalità: è diventata una dea. Amore nel frattempo implora, al cospetto di Giove, il perdono per la sua futura sposa. In basso a sinistra ci sono le personificazioni del Nilo (appoggiato ad una Sfinge) e del Gange (accanto ad una belva). Banchetto nuzialeNell'episodio finale di questo ciclo di affreschi, Amore e Psiche (a destra della tavola, l'uno accanto all'altra) siedono al banchetto nuziale, mentre le Ore (con ali di farfalla) spargono fiori e le Grazie profumi. Al centro vi è Ganimede che offre una coppa a Giove, alla cui destra è seduta Giunone. Anche le altre divinità sono presenti in coppia: Nettuno e Anfitrite, Plutone e Proserpina, Ercole ed Ebe. Vulcano sta aspettando sua moglie Venere con un'espressione adirata, Bacco, accanto ad Amore, è presente come coppiere ed Apollo è ritratto sulla sinistra come musagete. Insieme a Pan, suona per la danza in onore di Psiche. Le vele. Le vele invece mostrano amorini con animali e attributi delle varie divinità dei vicini pennacchi:. Amorino con aquila. Amorino con tridente. Amorini e Cerbero. Amorino con armi. Amorino con grifo. Amorino con caduceo. Amorino con pantera. Amorino con siringa. Amorino con elmo e scudo. Amorino con elmo e scudo. Amorini e arpia. Amorino e coccodrillo. Amorino, leone e cavallo marino. Amorini con arco.
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### Titolo: Santa Margherita (Raffaello). ### Introduzione: Santa Margherita è un dipinto a olio su tavola trasportato su tela (178x122 cm) di Raffaello e aiuti, databile al 1518 circa e conservato nel Museo del Louvre di Parigi. Una seconda versione (192x122 cm), databile allo stesso periodo, è conservata nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. La santa è ritratta a tutta figura su uno sfondo scuro di alberi e rocce mentre, con la palma del martirio in mano, compie una rotazione per girarsi verso lo spettatore. Indossa una veste azzurra con manto rosso ed è circondata dal terribile mostro della sua leggenda, le cui spire però non impauriscono la santa, che pare anzi impassibile e trionfante. Essa infatti gli pesta un'ala, causando al mostro l'atroce convulsione che lo porta a spalancare le fauci. Esiste un'altra versione di una Santa Margherita della bottega di Raffaello (olio su tavola di pioppo, 192x122 cm) nel Kunsthistorisches Museum, in cui la santa ha una posa diversa, crocifisso alla mano, ma molto simili sono il mostro e l'ambientazione. L'opera proviene dalle collezioni dell'avvocato e diplomatico di Venezia Zuanantonio Venier (1528), da dove passò per varie collezioni private in Inghilterra e in Belgio prima di approdare al museo austriaco.
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### Titolo: Affreschi da villa La Pelucca. ### Introduzione: Il ciclo di affreschi da villa La Pelucca è un'opera di Bernardino Luini, databile al 1520-1523 e conservata, nella porzione più consistente, nella Pinacoteca di Brera a Milano. Altri frammenti si trovano alla Wallace Collection di Londra, al Louvre, al Museo Condé di Chantilly e in altre collezioni private. ### Descrizione e stile. Gli affreschi di villa La Pelucca provengono da vari ambienti e compongono un vasto ciclo di stampo umanistico, con episodi tratti dal mondo cortese, dalla mitologia e dalla Sacra Scrittura. La sala più grande, col camino, era decorata dalla Fucina di Vulcano e alle pareti si trovavano Storie dell'Esodo. Una stanza adiacente aveva un sopracamino con il Sacrificio di Pan e sulle pareti il Busto di fanciulla, il Cavaliere e la Scena di metamorfosi, da Ovidio. Un altro ambiente vicino, più piccolo, mostrava il Bagno delle fanciulle, forse la più celebre tra le scene, e la scena di lettura non chiara, che sullo sfondo ha la Nascita di Adone; vi si trovavano inoltre il cosiddetto Gioco della mano calda (un specie di schiaffo del soldato), il frammento con la Coppia di giovani e le lunette con Putti vendemmianti. Dalla cappella, tuttora esistente, provengono infine il Corpo di santa Caterina d'Alessandria trasportato dagli angeli e altri frammenti: un Eterno benedicente un Angelo adorante nei depositi di Brera e un secondo angelo oggi in collezione privata. Le scene note sono (dove non segnalata la collocazione si intende la Pinacoteca di Brera, le misure sono in cm):. Cavaliere, 165x133. Famiglia di satiri che compie un sacrificio a Pan, 176x147. Scena di metamorfosi, 167x156. Celebrazione della Pasqua, 117x173. Morte dei primogeniti, 211x169. Preparativi per la partenza degli Ebrei, 275x170. Doni degli Egiziani agli Ebrei, 149x120. Canto di trionfo degli Ebrei, 243x143. Raccolta della manna, 200x145. Busto di fanciulla, 47x37. Coppia di giovani, 53x61. Gioco della mano calda, 140x100. Scena mitologica con nascita di Adone sullo sfondo, 208x193. Bagno di fanciulle, 135x235. Tre putti vendemmianti, 50x72, 60x65, 60x72. Corpo di santa Caterina d'Alessandria trasportato dagli angeli, 123x228. Esercito egiziano sommerso dal Mar Rosso, 179x168. Esercito egiziano sommerso dal Mar Rosso (bis), 130x170. Fucina di Vulcano, 240x163. Mosè fa scaturire l'acqua dalla roccia, 122x173. Mosè in preghiera, 68x50. Eterno benedicente. Angelo adorante. Angelo adorante, collezione privata. Lunetta con putto vendemmiante, 49,2x64, Wallace Collection. Testa di donna, 48,4x35,6, Wallace Collection. Frammento di lunetta putto vendemmiante, 32x41, Museo Condé, Chantilly. Busto di donna, 29x30, Museo Condé, ChantillyDa un punto di vista stilistico gli affreschi mostrano l'influenza del Bramantino: nelle Donne al bagno ad esempio la figura di spalle è un omaggio palese agli arazzi dei Mesi, in particolare quello di Febbraio.
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### Titolo: Narciso alla fonte. ### Introduzione: Il Narciso alla fonte è un dipinto a olio su tavola (19x31 cm) di Giovanni Antonio Boltraffio, databile al 1500-1510 circa e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. ### Descrizione e stile. L'opera mostra chiari influssi leonardeschi, con elementi comuni ad altri colleghi del Boltraffio (come Bernardino Luini o Andrea Solario), che hanno causato spesso difficoltà attributiva. Un giovane di profilo, interpretato come Narciso per il suo guardare in basso, si trova in un paesaggio che ricorda da vicino quello della Vergine delle Rocce. La bellezza malinconica, lo sfumato morbido e l'ambiguità dei volti sono tutti elementi leonardeschi, trattati però, come avviene nelle opere della scuola, in maniera abbastanza superficiale, tanto che si è parlato anche di un certo 'accademismo' leonardesco. Inusuale è il taglio orizzontale dell'opera, forse dovuto a una riduzione del bordo inferiore. Esiste una copia londinese, attribuita a un seguace del Boltraffio, in cui si vede anche il bacino d'acqua in cui il giovane si riflette.
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### Titolo: Arearea. ### Introduzione: Arearea (Giocosità) è un dipinto del pittore francese Paul Gauguin, realizzato nel 1892 e conservato al museo d'Orsay di Parigi. ### Descrizione. Arearea è uno dei dipinti più significativi del primo soggiorno tahitiano di Gauguin. Di seguito si riporta una riflessione condotta dalla critica d'arte Maria Grazia Messina:. Quello individuato dalla Messina è un fil rouge che si dipana per tutto il primo soggiorno tahitiano di Gauguin, investendo opere come Due donne tahitiane e, appunto, Arearea. Il dipinto reca un titolo in lingua maori che, oltre a testimoniare le ansie antropologiche del pittore (desideroso di immergersi nell'umanità tahitiana in modo totale, con piena disponibilità ad assimilarne la lingua), riassume icasticamente l'atmosfera che ivi si respira. Giocosità: è questo il titolo italiano del dipinto, che in effetti coinvolge l'osservatore con un senso di spensierata gaiezza, di «giocosità» primigenia per l'appunto che descrive splendidamente la relazione tra i tahitiani e la natura, secondo un legame di intima correlazione tra gli uni e l'altra (Gauguin, infatti, non considera la Natura come una realtà esterna ed estranea al popolo tahitiano, ma come qualcosa di cui esso è intrinsecamente parte). Immerse in questo contesto naturalistico lussureggiante e ameno troviamo due donne, di cui una intenta a suonare placidamente il flauto, e infine un cane dal pelo di un arancio vivo, che non mancò di destare stupore e sarcasmo quando l'opera fu esposta a Parigi nel novembre del 1893.In questo microcosmo paesistico di eccezionale intensità visiva e cromatica, dove è raggiunto un pieno accordo tra gli indigeni, l'elemento divino e la vegetazione, troviamo poi sullo sfondo alcune danzatrici di tamuré che si cimentano in danze rituali davanti a un totem della dea lunare Hina. Prima, non a caso, si è fatto riferimento al cromatismo gridato del dipinto, il quale inserendosi in uno straniante contesto spaziale veicola un notevole antinaturalismo pittorico, concretato in colori che non intendono riprodurre fotograficamente la realtà, ma che invece vogliono cantare il legame simbolico e arcano che lega l'uomo con la natura e la religione, caricandosi così di enigmatici connotati leggendari.
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### Titolo: Volpe blu e nera. ### Introduzione: Volpe blu e nera (anche Volpe blu-nero) è un dipinto di Franz Marc risalente al 1911, custodito al Von Der Heydt Museum di Wuppertal. ### Descrizione. Il dipinto rappresenta una volpe, sdraiata ed addormentata, immersa in un paesaggio dai colori fortemente contrastanti e brillanti. L'opera fa parte di una serie di dipinti in cui i protagonisti sono gli animali, mostrati non con lo sguardo asettico di un osservatore, ma filtrati attraverso la personalità dell'autore stesso; questi venivano ad assumere persino tratti umani, dato sul quale Paul Klee ebbe a dire:.
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### Titolo: Nascita di Adone. ### Introduzione: La Nascita di Adone è un dipinto a olio su tavola (35x162 cm) attribuito a Tiziano, databile al 1506-1508 circa e conservato nei Musei civici di Padova. Fa coppia con la Selva di Polidoro nello stesso museo. ### Descrizione e stile. In un ampio paesaggio si svolge la scena mitologico/letteraria, derivata dalle Metamorfosi di Ovidio: al centro un gruppo di persone sta liberando Adone bambino dai rami dell'albero in cui sua madre era stata trasformata. A sinistra il motivo degli amanti si riferisce al suo concepimento, mentre a destra si vede Venere che si innamorerà di lui nel futuro del fanciullo. L'attribuzione a Tiziano si basa sull'intensità cromatica e la concitata espressività delle figurette.
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### Titolo: Selva di Polidoro. ### Introduzione: La Selva di Polidoro è un dipinto a olio su tavola (35x162 cm) attribuito a Tiziano, databile al 1506-1508 circa e conservato nei Musei civici di Padova. Fa coppia con la Nascita di Adone nello stesso museo. ### Descrizione e stile. In un ampio paesaggio si svolge la scena mitologico/letteraria, derivata dalle Metamorfosi di Ovidio: per ordine del padre Priamo Polidoro porta al fratellastro dell'oro di Troia perché lo custodisca, ma viene ucciso, a destra, per impossessarsi del bottino. Al centro si vede l'incendio di Troia. Le figure femminili a sinistra sono forse Ecuba e una serva. L'attribuzione a Tiziano si basa sull'intensità cromatica e la concitata espressività delle figurette.
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### Titolo: Orfeo ed Euridice (Tiziano). ### Introduzione: Orfeo ed Euridice è un dipinto a olio su tavola (39x53 cm) attribuito a Tiziano, databile al 1508 circa e conservato nell'Accademia Carrara di Bergamo. ### Descrizione e stile. In un dolce paesaggio pastorale è raccontato in due fasi il mito di Orfeo: in primo piano a sinistra la morte di Euridice, morsa da un drago bipede e privo di ali (Lindworm), che sostituisce il serpente del mito, mentre a destra Orfeo esce dagli Inferi con la moglie al seguito, ma volgendosi a guardarla la perde per sempre. Il sentimento per la natura, vera protagonista della scena, deriva da Giorgione: essa si adatta ai sentimenti dei personaggi, infatti a sinistra è tranquilla e pacifica, mentre a destra balugina per il furore delle fiamme degli inferi. L'attribuzione a Tiziano si basa sulle affinità, nella disposizione delle figure, con altre opere giovanili, quali soprattutto gli affreschi del Fondaco dei Tedeschi e quelli della Scuola del Santo a Padova. Il verde della vegetazione si è ossidato nel tempo fino a diventare bruno.
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### Titolo: Tre età dell'uomo (Tiziano). ### Introduzione: Tre età dell'uomo è un dipinto a olio su tela (106x182 cm) di Tiziano, databile al 1512 circa e conservato nella National Gallery of Scotland di Edimburgo. ### Descrizione e stile. In un sereno paesaggio campestre si trovano tre gruppi di figure, a diversa distanza dallo spettatore. A sinistra un uomo seminudo e disteso, vicino a una fanciulla vestita e che sta per suonare un doppio flauto; al centro in lontananza un vecchio che medita sulla morte reggendo due teschi; a destra, a mezzo campo, tre putti, due dormienti e uno alato che fa per arrampicarsi su un tronco secco. Il paesaggio invece si perde in un susseguirsi di colline viste dall'alto, fino a un indefinito orizzonte azzurrino. Evidenti sono i rimandi giorgioneschi, sia nell'ambientazione, sia nel tema di criptica evocazione simbolica, anche se tipica di Tiziano è la salda e veritiera rappresentazione dei personaggi, tutt'altro che aulica. Il tema del dipinto è generalmente indicato in una rappresentazione delle tre età dell'uomo, cioè infanzia, età adulta e vecchiaia, in particolare legate al tema dell'amore. A destra i fanciulli dormono ancora, ma il Cupido, innalzandosi a fatica sul tronco, indica il desiderio di crescere fino ad essere come i giovani amanti a sinistra. Durante la vecchiaia invece, età della solitudine, i pensieri sono rivolti all'imminente dipartita, con i due teschi che ricordano la caducità dell'amore sensuale, ma la chiesa sullo sfondo ricorda la promessa della vita eterna in cielo.
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### Titolo: Madonna zingarella. ### Introduzione: La Madonna 'zingarella' è un dipinto a olio su tela (68,8x83,8 cm) di Tiziano, databile al 1512 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Il titolo è ottocentesco e si riferisce ai capelli scuri e ai lineamenti della Madonna, vagamente 'gitani': si tratta di una definizione adottata a quell'epoca anche per molte altre Madonne e figure femminili cinquecentesche di vari pittori. Il tipo di Madonna, dagli occhi scuri, è usato da Tiziano solo in questa opera. Ispirata alle opere di Giovanni Bellini, la Madonna col Bambino è rappresentata a mezza figura sullo sfondo di un panno verde disteso (sono ancora visibili i segni sul tessuto da ripiegato), mentre a sinistra, oltre un parapetto, si intravede un paesaggio bucolico. Il Bambino si trova in piedi su una soglia marmorea appena sopra il bordo inferiore del dipinto. Gli sguardi di madre e figlio sono malinconicamente rivolti verso il basso, citando lavori di Giorgione. Il colore, steso con la tecnica tonalista, crea ampie campiture che accrescono il senso di volume delle figure. La figura di Maria appare infatti come dilatata nello spazio, con l'ampia piega del mantello che crea una sorta di manica foderata di preziose damascature. Tutt'altro che idealizzato è però il rapporto tra madre e figlio, resi con pulsante umanità, secondo una delle caratteristiche più evidenti dello stile di Tiziano.
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### Titolo: Riposo durante la fuga in Egitto (Tiziano). ### Introduzione: Il Riposo durante la fuga in Egitto è un dipinto a olio su tavola (46,5x64 cm) di Tiziano, databile al 1512 circa e conservato nella Longleat House a Warminster, nel Wiltshire. ### Descrizione e stile. In un paesaggio boscoso la Madonna col Bambino si riposano durante la Fuga in Egitto, con Giuseppe che assiste quieto e malinconico a sinistra. Alla lezione di Giorgione rimandano l'atmosfera agreste e composta, mentre l'intesità cromatica, stesa con pennellate pastose e sfilacciate, soprattutto nel vestito fiammeggiante di Maria, è tipica di Tiziano.
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### Titolo: Tuttomondo. ### Introduzione: Tuttomondo è un grande murale realizzato da Keith Haring nel 1989 sulla parete esterna della canonica della chiesa di Sant'Antonio Abate a Pisa. La superficie della parete misura circa 180 metri quadri (10 metri di altezza per 18 metri di larghezza); si tratta dell'ultima opera pubblica dell'artista statunitense prima della sua morte, nonché l'unica pensata per essere permanente. ### Descrizione. Il dipinto ritrae 30 figure dinamiche e di grande vitalità, concatenate e incastrate tra loro a simboleggiare la pace e l'armonia del mondo. Al centro del murale si trova la 'croce pisana', rappresentata con quattro figure umane unite all'altezza della vita. Più in alto, un uomo sorregge sulle spalle un delfino, a sinistra compaiono un cane, una scimmia e un volatile: il legame dell'uomo con la natura è indispensabile per l'armonia del mondo. In alto a destra un paio di forbici, a simboleggiare il bene, rappresentate come l'unione di due figure umane, tagliano in due un serpente, a simboleggiare il male. Una donna con in braccio un bambino e un uomo con un televisore al posto della testa rappresentano il contrasto tra la naturalità della vita e la tecnologia che ne stravolge i ritmi. Si può notare in alto a sinistra una persona gialla, come una matriosca, a simboleggiare che anche una persona con chili di peso in eccesso, nei diritti e nei doveri dal suo interno, è uguale a tutti gli altri. Due gemelli siamesi al centro, uniti nel tronco, e altri due a destra uniti all'altezza delle spalle, sono probabilmente una condanna ai disastri nucleari. In basso, al livello della strada, è stata raffigurata una figura gialla che cammina: rappresenta il pubblico, un passante o un turista, che dedica un momento di riflessione all'opera, prima di proseguire in direzione della Torre di Pisa.
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### Titolo: Violante (Tiziano). ### Introduzione: Violante è un dipinto a olio su tavola (64,5x51 cm) di Tiziano, databile al 1515 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Una donna dalla bellezza ideale si affaccia da un ipotetico parapetto appoggiandovi il braccio sinistro. Il busto e il volto sono di tre quarti, rivolti a destra, con lo sguardo che cerca quello dello spettatore. Il sontuoso vestito, tipico delle nobildonne veneziane, mostra una generosa scollatura, che esalta la bellezza del soggetto e conferisce una forte valenza sensuale. Lo sfumato delicatissimo, di derivazione giorgionesca, rimanda alla fase giovanile dell'artista.
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### Titolo: Giovane donna con veste nera. ### Introduzione: La Giovane donna con veste nera è un dipinto a olio su tavola (59,5x44,5 cm) di Tiziano, databile al 1515 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. L'opera venne già attribuita a Palma il Vecchio, poi a Giovanni Cariani, finché Roberto Longhi non la assegnò a Tiziano, ipotesi per lo più accettata dalla critica successiva. Su uno sfondo scuro una giovane donna è ritratta a mezza figura, rivolta frontalmente verso lo spettatore, con una leggera torsione del busto verso destra che annulla ogni staticità. Una mano regge il mantello aperto sulla camicia bianca, con una generosa scollatura. Il tipo fisico della donna, forse l'amante di Tiziano, ricorda numerose altre opere dell'epoca, come ad esempio la Flora degli Uffizi o la Donna allo specchio del Louvre.
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### Titolo: Cristo della moneta. ### Introduzione: Il Cristo della moneta è un dipinto a olio su tavola (75x56 cm) di Tiziano, databile al 1516 circa e conservato nella Gemäldegalerie di Dresda. È firmato 'Ticianus F.[ecit]'. ### Descrizione e stile. La scena è tratta dal Vangelo di Matteo (17:24–27), in cui Gesù invita Pietro a recarsi presso il lago, pescare il primo pesce, ed estrarre dalla sua bocca la moneta necessaria a pagare un tributo richiesto per entrare nella città di Cafarnao. Il soggetto è raro e quasi sempre veniva commissionato ai pittori da gabellieri o sovrani che imponevano nuove tasse, per dare un fondamento religioso alle richieste di denaro. Per Tiziano le due figure emergono dalla penombra con notevole forza plastica, invase da una luce incidente che accende i colori delle vesti e il chiarore degli incarnati. Sciolta è la disposizione dei personaggi, studiata in modo da accentuare l'intensità dello sguardo tra Gesù e Pietro. La figura dell'apostolo è di estremo realismo, vestito come un popolano e con uno zingaresco orecchino a un lobo. Significativa è una testimonianza di Sigmund Freud a proposito del Redentore:. «[…] Un altro quadro mi ha incantato, il “Cristo del tributo” di Tiziano, che conoscevo senza averlo notato particolarmente. Questa testa di Cristo, mia cara, è la sola verosimile che possiamo pensare avesse un tal uomo. Mi è sembrato, anzi, di dover credere che egli fosse stato davvero così importante, perché la sua rappresentazione è così riuscita. E in tutto ciò niente di divino, un nobile volto umano assai lontano dalla bellezza, e severità, interiorità, profondità, una mitezza superiore, una passione profonda: se tutto ciò non si trova in quel quadro, allora non esiste la fisiognomica. L’avrei portato volentieri via, ma c’era troppa gente […]. Dunque, me ne sono andato commosso. […]». (Sigmund Freud, 'Lettere alla fidanzata', traduzione di Mazzino Montinari, Paolo Boringhieri editore, Torino 1963, pp. 75–76). L'opera era molto apprezzata anche da Fëdor Dostoevskij, assiduo frequentatore della pinacoteca.
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### Titolo: Madonna delle Ciliegie. ### Introduzione: La Madonna delle Ciliegie è un dipinto a olio su tela trasportatoa su tavola (81,6x100,2 cm) di Tiziano, databile al 1516-1518 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Una tenda rossa, damascata di oro, fa da sfondo alle mezze figure della Madonna col Bambino tra santi. Gesù si dimena su un parapetto offrendo ciliegie alla madre, richiamo al Peccato originale e al colore rosso del sangue della Passione, mentre dall'altra parte si sporge san Giovannino. Chiudono ai lati i santi Giuseppe e Zaccaria. Si tratta di una composizione abbastanza tradizionale in area veneziana, riferibile a prototipi di Giovanni Bellini, ma anche alla Madonna del Lucherino di Albrecht Dürer, eseguita proprio a Venezia nel 1506. Tiziano attualizzò comunque il tema con un maggiore senso di movimento che anima i personaggi, ora rivolti verso il basso ora verso l'alto, e con la cromia accesa e corposa, all'insegna del superamento del tonalismo.
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### Titolo: Festa degli amorini. ### Introduzione: La Festa degli amorini o Omaggio a Venere è un dipinto a olio su tela (172x175 cm) di Tiziano, databile al 1518-1519 e conservato nel Museo del Prado a Madrid. ### Descrizione e stile. Il soggetto del dipinto era stato deciso direttamente da Alfonso (come ricordò Ridolfi), ispirandosi alla descrizione di uno dei dipinti di Eroti descritto nel sesto libro delle Immagini di Filostrato. Una schiera di amorini è radunata per fare un offerte di frutta alla dea Venere, la cui statua campeggia in alto a destra. Essi brulicano in atteggiamenti giocosi nella metà inferiore, mentre alcuni si sono levati in volo per cogliere i frutti, delle pesche, dagli alberi. In primo piano alcuni si scambiano tenere effusioni, in omaggio alla dea dell'amore, mentre uno di loro sta per colpire una puttina che sorride divertita. Molti degli amorini citano celebri statue classiche. Due ninfe, a destra, presenziano la scena. Una tiene in mano uno specchio, probabile rimando alla bellezza.