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@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca.
### Titolo: Cafauro.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Cafauro (in greco antico: Κάφαυρος) era un pastore figlio di Garamante e di una ninfa lacustre.\n\nEtimologia.\nIl nome 'Cafauro' deriva dalla canfora, che non cresce in Libia; la storia rimane comunque plausibile, viste le scarse conoscenze geografiche dei mitografi.\n\nNella mitologia.\nCafauro, discendente di Acacallide e di Apollo, pascolava come sempre con il suo gregge in Libia, quando Canto, un argonauta che, come gli altri, era rimasto senza cibo, affamato cercò di sottrargliene un paio.\nAccortosi del tentativo del furto, Cafauro assalì Canto e lo uccise. Gli altri argonauti, appena si resero conto dell'omicidio, vendicarono subito l'amico, uccidendo il pastore.
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### Titolo: Calaide.\n### Descrizione: Calaide (in greco antico: Κάλαϊς?, Kàlais) o Calai è un personaggio della mitologia greca, è il fratello gemello di Zete ed è figlio di Borea e Orizia.\n\nMitologia.\nAi due fratelli, ai quali era stato predetto che sarebbero morti allorché non avessero raggiunto chi inseguivano, quando divennero adulti, spuntarono le ali e furono scelti da Giasone per partecipare alla missione degli Argonauti per la cerca del vello d'oro.\n\nLe avventure degli argonauti.\nL'abbandono di Eracle.\nQuando Giasone decise di abbandonare Eracle con Polifemo, molti degli Argonauti non appoggiarono tale decisione. Una volta in mare tentarono anche di convincere il timoniere Tifi a tornare indietro a riprenderlo, ma proprio Calaide e Zete negarono tale possibilità.\nPer questo motivo Eracle non li perdonò.\n\nFineo e le arpie.\nApprodati a Salmidesso, Giasone chiese a re Fineo, figlio di Agenore informazioni sul vello d'oro e lui disse che avrebbe risposto se lo avessero liberato dalle Arpie che lo tormentavano da tempo. Grazie alle loro ali e alla loro abilità con l'arco, Calaide e Zete riuscirono a inseguire le orride creature fino alle isole Elote. Si fermarono solo dopo aver ricevuto da Iride, messaggera di Era, la garanzia che esse avrebbero smesso di tormentare Fineo.\nIn seguito furono loro a liberare i figli di Fineo e Cleopatra imprigionati per colpa di Idea.\n\nAltri pareri.\nCalaide ebbe a quanto pare una relazione omoerotica con Orfeo. Il rapporto tra i due sarebbe già nato ai tempi della spedizione degli Argonauti, per rinsaldarsi dopo la tragica fine di Euridice, moglie di Orfeo.\n\nLa morte.\nI due fratelli vinsero ai giochi funebri di Pelia due gare: Zete quella della corsa podistica più breve e Calaide quella più lunga. Mentre facevano rientro alla loro terra furono assaliti da Eracle, che non aveva mai perdonato loro il rifiuto di cambiare rotta quando lo abbandonarono. Eracle li abbatté a colpi di clava, ma pentitosi subito dopo di ciò che aveva fatto seppellì personalmente i cadaveri dei due giovani erigendo in loro memoria una stele funeraria.
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### Titolo: Calamo (mitologia).\n### Descrizione: Càlamo (dal greco antico κάλαμος, «canna») è una figura della mitologia greca, figlio di Meandro, una divinità fluviale.\nEra un bellissimo giovane, la sua storia viene narrata da Eros, nel poema epico intitolato Dionysiaca di Nonno di Panopoli, che cerca così di consolare Dioniso della morte del suo amato Ampelo.\nCalamo era innamorato di un suo coetaneo, Carpo (dal greco antico καρπóς, «frutto»), figlio di Zefiro e anch'egli bellissimo. I due amanti vivevano felici del loro amore reciproco, ma durante una gara di nuoto nel fiume Meandro, Carpo fu trascinato indietro da un vento contrario ed affogò. Disperato, anche Calamo si lasciò annegare nelle acque del suo stesso padre, pregando Zeus che gli togliesse la vita e lo riunisse all'amante. Il Dio, toccato dal dolore del giovane, trasformò Calamo in una pianta palustre, di quelle che crescono ordinariamente sulle sponde dei fiumi e alla quale diede il nome di 'Calamo', che significa 'canna'. Gli fu assegnato il compito di sostenere la vite contro il vento, mentre Carpo divenne un frutto del suolo.
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### Titolo: Calcomedusa.\n### Descrizione: Calcomedusa (in lingua greca Χαλκομέδουσα) è un personaggio della mitologia greca, secondo fonti omeriche fu sposa di Arcesio o Arcisio, madre di Laerte (argonauta e padre di Ulisse).\nCalcomedusa risulta quindi essere nonna paterna di Ulisse e bisnonna di Telemaco.\nIl suo nome, formato dal sostantivo χαλκος, 'bronzo', e dal participio µέδουσα, voce del verbo µέδοµαι, 'governare', significa 'colei che governa con il bronzo'.
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### Titolo: Calesio.\n### Descrizione: Calesio è un personaggio dell'Iliade.\n\nMito.\nCalesio era lo scudiero e auriga di Assilo, un alleato di Priamo proveniente da Arisbe. Queste mansioni gli vennero date in occasione della guerra di Troia, perché prima egli era semplicemente un servo di Assilo.\nFu ucciso col suo signore da Diomede. L'episodio si conclude con l'immagine delle due anime che discendono nell'oltretomba.\n\n(Omero, Iliade, traduzione di Rosa Calzecchi Onesti).
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### Titolo: Calimno.\n### Descrizione: Calimno (in greco Κάλυμνος?, Cálymnos; in italiano anche Càlino) è un'isola greca del mar Egeo facente parte del Dodecaneso. È famosa per l'abilità dei suoi abitanti nel pescare le spugne e per essere uno tra i centri più rinomati al mondo per la pratica dell'arrampicata sportiva.\n\nGeografia.\nCalimno è un'isola montuosa e brulla. Ha una forma massiccia con una lunga e smilza penisola che si protende verso Leros. Le sue coste sono assai frastagliate e al largo si trovano numerosi scogli e isolotti tra cui i più importanti sono Telendos, sul versante occidentale e Pserimos su quello orientale.\n\nStoria.\nIn contrasto con l'abbondante materiale archeologico rinvenutovi, la storia di Calimno è poco nota. Omero la cita nell'Iliade come una delle isole Calydnae. (Le altre erano probabilmente Leros, Telendos). Calimno fu colonizzata dai Dori. Al tempo delle guerre persiane fu soggetta ad Artemisia I di Alicarnasso insieme alla vicina isola di Coo e Nisiro. Finite le guerre divenne un'alleata di Atene.\nOvidio la descrive come 'l'isola dai boschi ombrosa' in contrasto con l'aspetto odierno dell'isola, alquanto spoglio. L'isola produce fichi, vino ed olio oltre ad un eccellente miele per cui era già celebre nell'antichità. Un sito archeologico si trova nella valle del porto di Linaria sul versante occidentale dell'isola. Le principali rovine sono quelle della grande chiesa dedicata a Cristo di Gerusalemme costruita sopra le fondamenta di un precedente tempio di Apollo di cui rimane ancora qualche traccia. L'epoca ellenistica è documentata nella zona di Vathy. Una necropoli è stata individuata a Damos.\nNel 1912, in seguito alla guerra italo-turca, fu occupata dall'Italia. La sovranità italiana venne riconosciuta nel 1923. Per due anni, fu governata dal Generale Francesco Traina Gucciardi.\nIl 24 settembre 1943 fu occupata dalle truppe britanniche, che la evacuarono il 4 ottobre, in seguito all'occupazione tedesca di Coo. Il 7 ottobre 1943 fu occupata dai tedeschi, dopo che metà delle truppe italiane si erano rifugiate in Turchia. Parte delle truppe italiane continuò la resistenza per circa un mese nell'interno dell'isola, prima di essere catturate. Occupata dalle truppe britanniche nel maggio 1945, fu annessa alla Grecia nel 1948.\n\nCentri abitati.\nPothia.\nPothia è il centro più importante e la sede del municipio. È affacciata su una profonda insenatura della costa occidentale. Pothia ha un piccolo museo archeologico accolto nella villa della famiglia Vouvalis. Le collezioni spaziano dal periodo arcaico, classico a quello ellenistico e provengono per lo più dalla necropoli di Damos.La villa della famiglia Vouvalis è stata restaurata e riportata all'aspetto del secolo XIX quando Calimno era un fiorente centro di pesca delle spugne.\n\nCastello della Crysocherià.\nA metà circa della strada tra Pothia e Chora, si ergono su un'altura le rovine del castello di Chrysocherià costruito al tempo in cui il Dodecaneso era sottoposto al dominio dei Cavalieri ospitalieri. Lungo la scala in pietra che conduce all'ingresso orientale castello si vedono gli stemmi del cavaliere Fantino Querini governatore di Coo e del Gran Maestro Jean Bompart de Lastic che ne decisero la costruzione tra il 1445 e il 1450. Sono visibili anche i blasoni di Adimaro Dupuy (1464 – 1466) e di Giacomo de la Geltru sotto i cui governi il castello fu rimaneggiato. Oggi il castello con le sue due torri e i suoi due ingressi si presenta in buone condizioni grazie ad interventi della fine del XX secolo. Al suo interno però restano solo tracce delle antiche costruzioni. Tra queste è la chiesetta di Crysocherià (la Madonna dalle mani d'oro) che preesisteva al castello. A breve distanza vi sono i ruderi di due mulini per la macina del grano di proprietà del cavalier Querini. Il castello fu abbandonato poco dopo, alla fine del XV secolo a seguito delle frequenti incursioni dei Turchi. Non fu più restaurato perché il governo aveva deciso la costruzione di una più grande fortezza a Chora in posizione più sicura. Quest'ultima fortezza fu completata nel 1495.\n\nChora.\nChora era l'antica capitale di Calimno. Oggi è un piccolo villaggio del retroterra, ad ovest del capoluogo. Sul monte che la sovrasta stanno i ruderi di un'antica fortezza bizantina.\nTra Chora e Panormos si trovano i ruderi della chiesa di Cristo di Gerusalemme, fondata su un antico tempio di Apollo.\n\nMegalo Kastro.\nMegalo Kastro è una fortezza costruita alla fine del XV secolo dai cavalieri di Rodi con lo scopo di difendere Kalymno dalla incombente minaccia turca. Megalo Kastro, il cui nome tradotto in italiano è Grande Fortezza, si trova ad un'altezza di 255 metri. La fortezza poteva ospitare una popolazione di 1.200 persone. All'interno si trovano numerose chiesette. La fortezza continuò ad essere abitata anche negli anni successivi della dominazione ottomana. Fu abbandonata solo verso la fine del XVIII secolo, quando diminuì il fenomeno della Pirateria e le coste furono nuovamente sicure.\n\nMyrties.\nMyrties è un villaggio su un promontorio della costa occidentale in posizione molto pittoresca, di fronte all'isola di Telendos. Vicino alla chiesetta di Agios Ioannis sono visibili i resti di un tempio.\n\nMasouri.\nMasouri è a 1 km più a nord di Myrties; è anch'essa una stazione balneare con molte spiagge nei suoi dintorni.\n\nEmporiòs.\nEmporiòs (in greco Εμπορειός?) è una località balneare lungo la smilza penisoletta che si protende verso Nord Ovest fin quasi a toccare Lero. Nelle vicinanze di Emporiòs si trova il sito archeologico di Kastrì, un antico luogo fortificato. Un sentiero in salita conduce alla porta munita di due torri, di cui una ancora in piedi. All'interno del perimetro delle mura sono visibili tracce delle fondamente di vari edifici. Vi sono stati identificati un frantoio e due cisterne. Kastrì fiorì tra il IV e il III secolo a.C..\n\nVathy.\nVathy è un centro della costa orientale allo sbocco di una fertile valle che fu abitata fin dal Neolitico come hanno dimostrato importanti rinvenimenti in vari punti della zona.\nTra questi i più importanti sono:.\n\nLa Grotta di Daskaliò.\nLa grotta di Daskaliò si trova nel profondo e stretto golfo di Rina sulla rocciosa costa a nord dello scalo di Vathy. Nel 1922 fu esplorata dall'archeologo Amedeo Maiuri. All'interno della grotta vennero ritrovati reperti del Neolitico e dell'età del bronzo. Fra questi spiccano un'ascia in pietra, un idolo in bronzo del minoico, un disco in terracotta del minoico di mezzo e vasi micenei.\n\nCollina Peristeriàs.\nLa Collina di Peristerià (in italiano: Collina della Colomba) si trova nell'insenatura di Vathy, dalla parte opposta alla grotta di Daskaliò. È un sito che fu abitato alla fine Neolitico. La zona che si estende fino in località Voukolià al limite della strada asfaltata, ha prodotto alcuni vasi in ceramica nera del periodo geometrico. Non vi sono state rinvenute tracce di abitazioni. Probabilmente queste erano costituite da capanne.\n\nIl centro di Kastella.\nIl centro di Kastella si trova lungo le pendici del monte a settentrione di Vathì, a 500 m di distanza dalla località Metòchi. Le imponenti rovine si allargano fino al monte Rito ad occidente. Le costruzioni (circa 50), disposte su assi ortogonali, erano realizzate con blocchi di pietra locale, di forma quadrata e trapezoidale, posti l'uno sull'altro senza l'uso di materiali leganti. Alcune pietre hanno dimensioni di 1,60 m di altezza x 1,30 m di lunghezza. Nella parte alta dell'abitato si trovano mura spesse che appartenevano forse ad un tempio o all'abitazione di qualche dignitario. Il luogo fu abitato dalla preistoria fino all'età classica. Vi sono stati ritrovati idoli fittili della tarda età del bronzo, monili della tarda età del bronzo, monete di Mileto e di Coo e punte di frecce in bronzo del V secolo a.C. Probabilmente gli abitanti erano di etnia Caria. L'abitato cessò di esistere nel V secolo a.C.\n\nL'acropoli di Embola.\nL'acropoli di Embola era un luogo fortificato nella valle di Vathy, ad est della località Metòchi. È visibile il muro di cinta spesso poco più di 1 metro e con un perimetro di 75x 42 metri. Vi si aprivano porte di 4 metri di larghezza. L'acropoli fu costruita nel IV secolo a.C. e fu abitata per tutto il periodo ellenistico.\n\nLa basilica Taxiarchi.\nLa basilica Taxiarchi si trova a nord dell'acropoli di Embola. Fu costruita nel VI secolo d.C. con materiali di recupero dell'acropoli. Era una chiesa paleocristiana di 21,60 x 13,60 m, con il pavimento decorato a mosaico colorato per lo più con motivi geometrici. Vicino c'è una chiesa con tracce di affreschi del XIII e del XIV secolo.\n\nRina.\nRina era un porto del versante orientale, oggi all'interno. Il nome deriva da un'antica basilica paleocristiana di Santa Irene (La pace divina) o, più probabilmente, dalla parola greca 'reo' che significa scorrere. L'agglomerato fu fiorente nella prima era bizantina (V e VI secolo d.C.). Le abitazioni private erano dotate di cisterne per la conservazione di acqua potabile. Vi sono state rinvenute 7 chiese. L'abitato decadde nell'VIII secolo, molto probabilmente per le sempre più frequenti incursioni di Arabi dal mare. Si sviluppò nuovamente nel X secolo con la ripresa dello Stato bizantino.\n\nStimenia.\nStimenia è una località corrispondente alla zona nord ovest della valle di Vathy. A 50 metri dai ruderi della chiesa bizantina di San Nicola c'è una grotta che fu abitata in epoca preistorica. Intorno alla chiesa sono state rinvenute tombe di epoca bizantina.\n\nElies.\nElies è una località molto piccola, in realtà praticamente una piazza, lungo la strada che da Arxangelos porta a Myrties. Ritrovo serale di giovani e turisti, Elies conserva il naturale clima di ospitalità e allegria tipico della Grecia.\n\nSito d'arrampicata.\nL'isola è un importante sito d'arrampicata che offre più di 3000 vie verticali e strapiombanti su roccia calcarea. Grazie al clima prevalentemente asciutto può essere considerata una meta adatta per ogni stagione, sebbene la primavera e l'autunno siano le stagioni migliori per praticare.\nSull'isola sono presenti vie per ogni stile di arrampicata, ma il tratto distintivo sono sicuramente le vie strapiombanti in grotta caratterizzate da grosse stalattiti sporgenti dalla parete.\n\nI settori.\nAlcuni tra i settori più classici e frequentati dell'isola sono:.\n\nAfternoon.\nAhri.\nGrande Grotta.\nOdyssey.\nPanorama.\nSecret Garden.\nSikati Cave.\n\nLe vie.\nLe vie più difficili:.\n\n9a/5.14d:.\nLos Revolucionarios - 25 maggio 2009 - Adam Ondra.\n8c+/5.14c:.\nInshallah - ottobre 2007 - Nicolas Favresse.\nGora Guta Gutarak - maggio 2007 - Nicolas Favresse.\nTitanthrope - 23 ottobre 2006 - Dave Graham.\n\nAmministrazione.\nGemellaggi.\nCalimno è gemellata con:.\n\nArles, dal 2004.
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### Titolo: Callisto.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Callisto (in greco antico: Καλλιστώ?, pronuncia kallistɔ̌ː) era una ninfa o, secondo altre versioni, la figlia di re Licaone o di uno dei suoi figli, Keteus o Nykteus. Era una delle ancelle della dea Artemide (Diana per i romani), che Zeus sedusse poiché attratto dalla sua bellezza. Secondo alcune versioni, ispirate dall'omonima commedia di Anfide, Zeus si trasformò proprio in Artemide per poter attirare Callisto e giacere con lei. In seguito a tale rapporto ella rimase incinta e, quando venne scoperta, fu espulsa e trasformata in un orso da Artemide o Era. Come orso diede quindi nascita ad Arcade, eroe eponimo della regione Arcadia. Nell'ultima parte del mito, un attimo prima di essere uccisa proprio da una freccia del figlio (che l'aveva scambiata per un orso normale), Zeus le salvò la vita ponendola tra le stelle come l'Orsa Maggiore.\nUna delle lune galileiane di Giove ed un asteroide della fascia principale prendono il nome da Callisto.\n\nGenealogia.\nSecondo altre versioni, Callisto viene invece indicata come figlia di Nykteus o Keteus,, entrambi figli di Licaone. Uno scoliaste dell'Oreste di Euripide, nel 1646, indica come genitori Keteus e Stilbe.\n\nMitologia.\nEsiodo racconta di Callisto nella sua Astronomia. Anche se l'opera originale è andata perduta, Eratostene di Cirene riporta la versione di Esiodo nei suoi Catasterismi. In questa versione, Callisto era figlia di Licaone e viveva sulle montagne d'Arcadia, dove faceva parte del corteo di caccia della dea Artemide ed era, in quanto tale, votata alla castità. In seguito, Zeus la sedusse, giacque con lei e la mise incinta. Callisto riuscì a nascondere la gravidanza per un po' di tempo, finché Artemide riuscì a vederla nuda mentre faceva il bagno e si accorse del ventre gonfio. Infuriata, la dea la scacciò dal gruppo e la trasformò in un orso. In questa forma la principessa partorì il figlio Arcade, ma fu separata dal piccolo quando un gruppo di pastori tentò di cacciarla. Arcade venne quindi portato a Licaone. Alcuni anni dopo, Callisto entrò nel santuario di Zeus, non sapendo che fosse proibito accedervi; per questo motivo un gruppo di arcadi, tra cui il figlio stesso, la inseguirono per ucciderla, ma prima che lei potesse perdere la vita Zeus ebbe pietà e la mise tra le stelle come la costellazione dell'Orsa Maggiore (in greco in greco antico: Ἄρκτος Μεγάλη?, Arktos Megale). Questa versione della storia viene riportata anche nel De Astronomia di Igino l'Astronomo, dove viene aggiunto che Diana (Artemide) provava molto affetto per la ragazza a causa del loro carattere simile.\nIl primo ad aggiungere il dettaglio secondo cui Zeus si trasformò in Artemide stessa per sedurre Callisto fu il commediografo Anfide nella sua commedia omonima Kallisto. Sebbene anche tale opera sia ad oggi perduta, un riassunto è presente nel De Astronomia. Zeus avrebbe seguito, sotto forma della figlia, la principessa arcade come se volesse aiutarla nella caccia, e la prese non appena furono separati dal resto del gruppo. Quando Artemide le chiese il motivo del suo ventre gonfio Callisto disse che era stata colpa della dea, al che questa la trasformò in orso e la scacciò. A differenza della versione di Esiodo, Callisto non viene separata dal figlio, ma, trovati i due da un gruppo di etoli, essi furono portati in Arcadia come dono per Licaone. Quando l'orsa sconfina nel tempio di Zeus (indicato da Igino come quello di Iuppiter Lycaeus, in greco Zeus Lykaios) viene seguita dal figlio e gli arcadi quindi li inseguono entrambi, ma Zeus, conscio della propria indiscrezione, li salva ponendoli assieme tra le stelle.\n\nIgino racconta anche altre versioni. In una di queste, Callisto fu trasformata in un'orsa da Era mentre giaceva con Zeus. In seguito venne uccisa da Artemide, che non la riconobbe, ma appena scoperta la sua identità ella venne piazzata tra le stelle. In un'altra versione, che ricorda molto il mito di Io, fu Zeus stesso che, mentre inseguiva Callisto, la trasformò in un orso per nascondere il fatto ad Era, la quale lo aveva raggiunto mossa dal sospetto di un tradimento. Trovando un orso al posto di una ragazza, Era indicò la bestia ad Artemide, che stava cacciando nei dintorni, e questa la uccise. Nuovamente, fu trasformata in una costellazione da Zeus. Igino racconta anche che il motivo per cui l'Orsa Maggiore non tramonta mai è che Tethys rifiuta di accoglierla tra le sue acque poiché ella fu un'amante del marito di Era, della quale la titanide fu in passato nutrice..Pausania il Periegeta, nella sua Periegesi della Grecia, racconta similmente che Callisto fu trasformata in orsa da Era, e che Artemide la uccise per compiacere la regina degli dei; Zeus però chiese a Ermes di salvare il bambino che l'amante aveva in grembo (mostrando similarità con il mito di Semele), prima di trasformare questa nella costellazione.. Secondo Pausania, la storia di Io e quella di Callisto sono praticamente uguali, in quanto entrambe coinvolgono 'amore di Zeus, ira di Era, e metamorfosi, diventando la prima una mucca e la seconda un'orsa. Questo mostra come, per Pausania, la presenza di Era nel mito fosse uno degli elementi principali. Da notare, inoltre, che Pausania non descrive mai Callisto come compagna di Artemide, per quanto non si possa dire con certezza se tale mancanza sia intenzionale o meno. Sicuramente, però, egli era cosciente di come l'arcade fosse a volte legata al culto di Artemide: sempre nella Periegesi egli indica la posizione della tomba di Callisto, raggiungibile 'discendendo trenta stadi da Cruni' (vicino all'attuale Balčik, in Bulgaria), e la descrive come 'un tumulo di terra, sul quale crescono molti alberi, sia di quelli coltivati che di quelli che non producono alcun frutto. Sulla cima del tumulo vi è un santuario di Artemide, soprannominata Kalliste' (in greco antico: Καλλιστη?).Nella Biblioteca di Pseudo-Apollodoro viene ripresa la versione di Pausania, ma viene di nuovo fatto riferimento a Callisto come compagna di caccia di Artemide. Zeus la prese con la forza dopo averla ingannata con l'aspetto di Artemide od Apollo, e la trasformò in orsa per nasconderla ad Era. Anche in questa versione fu Artemide ad uccidere Callisto con una freccia, come richiesta da parte di Era oppure per punirla per non aver protetto la propria verginità. Zeus, tuttavia, riuscì a salvare proprio figlio dal grembo della madre e lo affidò alle cure di Maia (la madre di Ermes) in Arcadia; viene specificato, inoltre, che fu proprio Zeus a scegliere il nome di Arcade.\n\nLa tradizione latina.\nOltre che nel De Astronomia, il mito di Callisto viene riportato anche nelle Fabulae (secondo alcuni da attribuire a Gaio Giulio Igino piuttosto che all'ancora ignoto Igino l'Astronomo). Anche in questa versione Callisto viene trasformata da Giunone (Era), catasterizzata da Giove (Zeus) e non può tramontare per divieto di Tethys, ma in questo caso la costellazione viene chiamata 'Septentrio', e viene riferito come nome greco 'Helice'. Questa è anche una delle versioni meno dettagliate della storia: Arcade viene citato come suo figlio e progenitore della razza degli arcadi, ma è mancante qualunque episodio coinvolgente i due e non viene menzionato in che occasione avviene il catasterismo; la stessa Diana (Artemide) sembra non vere alcuna connessione con Callisto, che fu semplicemente sedotta da Giove durante la di questi visita a Licaone. Un altro elemento di differenza è che, nonostante la paternità di Callisto venga attribuita al figlio di Pelasgo, la ragazza viene comunque considerata una ninfa, e infatti, nello stesso testo viene riportata la trascrizione di versi cretesi (un inno ad Arcade) in cui essa viene chiamata 'Ninfa Licaoniana'.Ovidio riprende il mito nelle Metamorfosi (II, 404-507), dove narra che Callisto fu inizialmente avvicinata da Giove sotto le sembianze di Diana, ma che, una volta accortasi della passione di questo, tentò di fuggire, costringendo il dio a riassumere il suo vero aspetto per prenderla con la forza. Uscita dal boschetto dove si trovava, Callisto notò Diana che la chiamava ma, per paura che potesse trattarsi di un nuovo travestimento di Giove, si rifiutò di avvicinarsi finché non vide il resto del corteo avvicinarsi, al che, convinta dell'identità della dea, si riunì al gruppo. Passato un po' di tempo, dopo aver partecipato ad una battuta di caccia con Diana e le altre ancelle, Diana propose di fare il bagno presso una fonte. Callisto tentò di nascondersi dietro alle altre ancelle per occultare il fatto di essere incinta, ma venne infine scoperta e Diana, adirata, la scacciò.\nCallisto diede quindi alla luce il figlio di Giove, Arcade, e solo allora Giunone, infuriata per la messa al mondo di un figlio illegittimo del marito, la trasformò in un'orsa. Callisto vagò nei campi e nei pressi degli uomini ma avendo le sembianze di un orso fu temuta e scacciata sia dagli uomini che dai cani. Similmente, nella natura, era lei stessa a fuggire dalle altre bestie selvagge, compresi i lupi, 'nonostante suo padre fosse un lupo'. Quindici anni dopo riconobbe il figlio Arcade che si era addentrato nella foresta per cacciare, ma quando cercò di avvicinarsi questo spaventato tentò di colpirla con una lancia nel petto. Giove, tuttavia, non permise il crimine di un figlio che uccide la propria madre, e mandò un vento che li sollevò entrambi da terra e lì collocò come costellazioni in cielo. Giunone, infuriata nel vedere i due venire onorati con questa condizione, si recò da Tethys e Oceano per chiedere che impedissero a madre e figlio di riposarsi nelle loro acque tramontando, e i due esaudirono tale richiesta.Nei Fasti, Ovidio associa Callisto all'Orsa maggiore ed Arcade all'Orsa Minore, chiamandole con i loro nomi greci (rispettivamente Arktos, 'Orso', e Arctophylax, 'Guardiano d'orsi'). Qui racconta in modo meno dettagliato la stessa versione presente nelle Metamorfosi, con la sola differenza che, durante la scena del bagno, Callisto non tenta di nascondersi ma invece rifiuta di spogliarsi; fino a che Diana, insospettita, le strappa la veste. Viene anche specificato che il corteo di caccia di Diana è composto da amadriadi, ma non è chiaro se anche Callisto sia una ninfa o meno.In entrambe queste narrazioni, Ovidio critica la freddezza e la spietatezza di Diana e Giunone e cerca di appellarsi alla loro pietà, dichiarando come Callisto non sia altro che un'innocente vittima di Giove.\n\nCallisto nell'arte.\nCallisto e Diana di Bernardo Castello (Genova 1557 - 1629) affresco sulla volta d'un salotto del piano nobile della Villa Centurione del Monastero (ora Presidenza della Scuola Secondaria di Primo Grado San Pier d'Arena), di Genova Sampierdarena, Piazza del Monastero, 6.\nDiana e Callisto di Pieter Paul Rubens (1637-1638).\nBagno di Diana e storie di Atteone e Callisto di Rembrandt (1634).\nGiovanni Faustini (circa 1619-1651), Calisto, libretto per La Calisto musicata da Francesco Cavalli (1602-1676). Altri libretti d'opera sullo stesso tema sono stati scritti da Luigi Groto, Francesco Clerico, Domenico Lalli e Almerico Passarelli.\nFrançois Boucher (1703-1770) Diana e Callisto (più versioni).\nCorneille Bos (1506/1510-1556) e Hendrick Goltzius, (1558-1617), Giove e Callisto (incisione).Anche Giambattista Tiepolo ha dipinto la storia della ninfa Callisto.
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### Titolo: Calunnia (divinità).\n### Descrizione: Calunnia era una divinità minore del pantheon greco e romano.\nConsiderata una divinità malefica, era onorata dagli Ateniesi sotto il nome di Diabolé (Διαβολὴ), da cui è derivato il nome di 'Diavolo' dato al Demonio, padre della menzogna e della calunnia. I Greci le innalzarono altari e offrivano dei sacrifici affinché non facesse loro alcun male.\nPer rappresentare la calunnia, il pittore Apelle, dipinse una donna molto bella e ben vestita, con sembiante fiero e adirato; con la sinistra teneva una fiaccola accesa e con la destra trascinava per i capelli un giovane, l'Innocenza, avanzando verso un re con delle orecchie lunghissime che stava seduto le tendeva la mano, con a fianco due figure che gli sussurravano nelle orecchie: il Sospetto e l'Ignoranza.\nSulla base della descrizione di Luciano di Samosata della tavola di Apelle, Raffaello ha dipinto il quadro della Calunnia. La stessa descrizione ispirò Sandro Botticelli per la sua Calunnia.
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### Titolo: Campe.\n### Descrizione: Campe (in greco antico: Κάμπη) è una figura della mitologia greca, era la custode del Tartaro.\n\nCaratteristiche.\nAveva l'aspetto di una donna anziana per la metà superiore, per la metà inferiore di drago ricoperta di serpenti, come i suoi capelli. Dove si congiungono le due metà la pelle ribolle e talvolta si formano teste di animali. Può essere armata di due spade avvelenate. Rea predisse a Zeus che avrebbe potuto vincere la guerra contro i Titani e spodestare il padre Crono solo se si fosse alleato con i Ciclopi (Arge, Sterope e Bronte) che tempo addietro erano stati confinati nel Tartaro dallo stesso Crono. Questi li aveva utilizzati nella guerra contro Urano e in seguito se ne era sbarazzato temendo le loro abilità di fabbri di oggetti magici.\nZeus quindi decise di liberarli e uccise Campe, che si era opposta. Liberò così i Ciclopi e gli Ecatonchiri. Secondo un'altra versione Zeus si limitò ad ubriacarla per poi procedere all'apertura della prigione.\nCampe è nominata anche nel libro Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo: La battaglia del labirinto come guardiana del centimane Briareo.
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### Titolo: Campi Elisi.\n### Descrizione: I Campi Elisi, Elisio o Esilio, sono, secondo la mitologia greca e romana, il luogo nel quale dimoravano dopo la morte le anime di coloro che erano giudicati buoni da Minosse, Eaco e Radamante, i giudici delle anime.\nDi questo regno fanno parte il poeta Museo, Anchise, Omero, Solone e le anime di coloro che devono ancora nascere (es.: Romolo e Remo).\n\nNella letteratura classica.\nNell'Odissea, Omero ricorda che i Campi Elisi saranno la destinazione di Menelao, amato appunto dagli dèi, poiché genero di Zeus in quanto marito di Elena, dandoci anche una descrizione del luogo (libro IV, 562-569): un luogo in cui per i mortali la vita è bellissima, mai toccata da neve o pioggia, né dal freddo, ma con eterni soffi di zefiro, rinfrescanti per gli uomini, mandati da Oceano. I Campi Elisi si presentano come immensi campi fioriti, dove si vive perennemente sereni.\nNell'Eneide di Virgilio, Enea, dopo la sua fuga da Troia, arriva in Campania, al lago d'Averno, per consultare la Sibilla; ella lo accompagna fino ai Campi Elisi, dove incontra suo padre Anchise, deceduto da poco.\n\nNella cultura di massa.\nNel videogioco rougelike Hades il protagonista, il dio ctonio Zagreus, figlio secondo il mito di Ade e Persefone, deve oltrepassare i Campi Elisi per riuscire a emergere dall'oltretomba; per riuscirci dovrà però affrontare l'eroe ateniese Teseo e il leggendario Asterio, toro di Minosse. Sconfiggendoli emergerà al Tempio dello Stige.\n\nVoci correlate.\nAde (regno).\nTartaro (mitologia).\nPrati D'Asfodelo.\nParadiso.\nOltretomba.\nAvenue des Champs-Élysées.\n\nAltri progetti.\nWikiquote contiene citazioni di o su Campi Elisi.\nWikimedia Commons contiene immagini o altri file su Campi Elisi.\n\nCollegamenti esterni.\n\n(EN) Elysium Greek / mythology / Also known as: Elysian Fields, Elysian Plain, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
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### Titolo: Campi del Pianto.\n### Descrizione: I Campi del Pianto, nella mitologia greco-romana, secondo Virgilio, sono il luogo dove i morti suicidi e coloro che in vita furono travolti dalla passione, passano la vita dopo la morte.\nQui si trova l'anima di Didone, regina di Cartagine suicidatasi per la perdita di Enea.
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### Titolo: Canale di Serse.\n### Descrizione: Il canale di Serse è una ciclopica opera di ingegneria idraulica progettata, a fini bellici, da Serse I di Persia, quale atto propedeutico all'invasione della Grecia per mare, nella seconda spedizione delle guerre persiane.\n\nL'idea.\nL'intento dell'opera era quello di tagliare l'istmo della più orientale delle tre propaggini che costituiscono la penisola Calcidica: vale a dire il promontorio del Monte Athos.Erodoto narra come il canale dovesse permettere il passaggio delle navi persiane, evitando le insidie del pericoloso periplo del promontorio di Athos, che, già nella spedizione precedente (nel 492 a.C.), si era rivelato rovinoso per le sorti della flotta, condottavi da Mardonio.\nUna simile motivazione, già allo stesso Erodoto, doveva tuttavia apparire sproporzionata rispetto all'impegno da profondere nella sua realizzazione, soprattutto se la si confronta con la più facile alternativa del trasporto delle navi sulla terraferma.\nLo stesso storico di Alicarnasso fa mostra di ritenere come la reale motivazione dell'opera dovesse risiedere invece nella mania di grandezza del re persiano.\nMa poteva esserci, probabilmente, un ulteriore motivo: una simile impresa avrebbe fornito una notevole ostentazione di potere, trasformandosi in una potente arma nell'ambito di quella campagna di propaganda bellica e di guerra psicologica che Serse andava abilmente intessendo nella fase preparatoria all'invasione.\nNon bisogna dimenticare che il re persiano, durante la marcia di avvicinamento alla Grecia, aveva già offerto una spettacolare ostentazione di potere con lo scenografico transito dell'armata persiana sul ponte di barche sull'Ellesponto, un'altra notevole opera ingegneristica.\n\nFonti antiche.\nSeguendo Erodoto, la larghezza dell'istmo, nel punto da sezionare, era di circa 12 stadi, corrispondenti a oltre 2 chilometri.\nLa lingua di terra venne suddivisa in settori, ciascuno assegnato a una delle diverse nazionalità che partecipavano alla spedizione (ma allo scavo contribuirono anche gli abitanti del luogo). La direzione dei lavori fu affidata ad Artachea (figlio di Arteo) e Bubare (figlio di Megabazo), entrambi persiani.\nLo scavo procedeva sollevando i materiali su per i gradini intagliati nelle pareti appositamente sagomate.\nI più ingegnosi, ci riferisce Erodoto, si rivelarono, come sempre, gli astuti Fenici. Questi, nel tratto di loro competenza, adottarono una tecnica di scavo a pareti oblique, anziché verticali. Questa scelta, sebbene richiedesse una superiore mole di scavo, dovendosi partire da un invaso più largo, veniva ampiamente ripagata dal più agevole trasporto dei materiali di risulta lungo i fianchi inclinati.\nLa larghezza del canale doveva consentire il passaggio contemporaneo di due triremi affiancate spinte a forza di remi. Poiché l'ingombro di una trireme in fase di spinta era di circa 12 metri, se ne deduce, da questa descrizione, una larghezza di 25 metri e oltre.\nIl completamento dell'opera, tra turnazioni dei lavoratori e imperiali frustate, richiese tre anni.\nErodoto ci informa come, durante la costruzione, sopraggiungesse la morte per malattia di Artachea, uno dei due direttori dei lavori. Artachea viene descritto come il più alto tra i Persiani («5 cubiti imperiali meno 4 dita» - circa 2,15 metri) e dotato della voce più tonante del mondo (una qualità che dovette tornargli senz'altro utile durante la direzione dei lavori).\nSerse, affranto, gli tributò grandi onori erigendogli un tumulo a cui contribuì tutto l'esercito. Il tumulo è probabilmente identificabile con la collina presente presso lo sbocco occidentale del canale.\n\nStudi moderni.\nLa storiografia moderna ha sempre guardato con notevole scetticismo alla descrizione di Erodoto, in particolare per l'assenza di tangibili resti di tale opera ingegneristica.\nQuesto ha portato molti a ritenere più probabile che le navi siano state tuttalpiù trasportate sulla terraferma, attraverso un invaso o una pista tracciata.\nPer questi motivi l'effettiva costruzione del canale, sebbene attestata da una fonte storica, è sembrata, per lungo tempo, essere solo ipotetica.\nIl motivo psicologico che avrebbe portato Erodoto ad una simile falsificazione sarebbe da rinvenire nella volontà del logografo di ingigantire la potenza persiana e far così risaltare la successiva impresa dei Greci.Già nel XIX secolo alcuni studiosi o anche solo curiosi hanno riferito di tracce che potevano essere attribuite al canale.\nNegli anni novanta del XX secolo una ricerca multidisciplinare, svolta in sinergia tra archeologi, ingegneri e geofisici, di varia provenienza, utilizzando avanzate tecniche di prospezione geofisica, fotografica, sismica, sedimentologica, ha fornito conferma non solo della effettiva esistenza dell'opera ma anche della fondatezza della tradizione erodotea circa le caratteristiche tecniche della realizzazione.\nLa ricerca è stata in grado di determinare, ad esempio, la larghezza del canale, rivelatasi essere di 25–35 m nella parte alta e di 20 m sul fondale. La profondità del canale, dall'attuale livello del suolo, sulla base delle discontinuità dei sedimenti depositatisi, è stata stimata in 14–15 m.\nL'analisi del controverso sbocco a sud ha poi escluso l'esistenza di ostacoli e discontinuità nella costruzione, confermando che, quasi certamente, l'opera fu interamente completata.\nAnche l'assenza di organismi marini nella parte centrale del canale sembra avvalorare la narrazione erodotea, secondo la quale il canale fu abbandonato a se stesso subito dopo il suo utilizzo. La mancanza di manutenzione portò rapidamente all'ostruzione del passaggio in seguito al collasso delle pareti. Questa circostanza sembra suggerire, nelle parole degli stessi scopritori, «che Serse costruì il canale non meno per ottenerne prestigio e quale dimostrazione di forza che per il suo mero ruolo funzionale».
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### Titolo: Canto (mitologia).\n### Descrizione: Canto (in greco antico: Κάνθος?) è un personaggio della mitologia greca ed un Argonauta.\n\nGenealogia.\nEra figlio di Caneto e di Enioche nonché fratello di Scirone.\n\nMitologia.\nOriginario dell'Eubea, fu uno di coloro che risposero all'appello, diffuso dagli araldi inviati da Giasone in tutta la Grecia, a partecipare all'impresa di recuperare il vello d'oro sottratto al tempio di Zeus e custodito nella Colchide.\n\nLe avventure degli Argonauti.\nDurante il ritorno dalla Colchide gli argonauti si ritrovarono sospinti sulla costa libica. Canto scorse un gregge di pecore sulla terraferma e mosso dalla fame si avvicinò con l'intento di rubarne una. Cafauro, un pastore garamanto proprietario di quel gregge, si accorse del furto e lo uccise.\nI suoi compagni ne vendicarono la morte.
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### Titolo: Canzoniere di Santa María del Puerto.\n### Descrizione: Il Canzoniere di Santa María del Puerto (CSMP) è un gruppo di ventiquattro Cantigas de Santa Maria (CSM) il cui tema è relazionato all'immagine di Santa María de El Puerto, alla sua devozione, al suo santuario e ai suoi miracoli. Le cantigas in questione sono quelle catalogate con i numeri 328, 356, 357, 358, 359, 364, 366, 367, 368, 371, 372, 375, 376, 377, 378, 379, 381, 382, 385, 389, 391, 392, 393 e 398. Santa María del Puerto (nelle Cantigas, Santa Maria do Porto) era un'invocazione mariana che aveva radici nella popolazione andalusa di El Puerto de Santa María, chiamata Alcanate o Alcanatir all'epoca di al-Andalus. Alfonso X il Saggio trasformò la moschea di Alcanate in un santuario fortificato per la venerazione dell'immagine di Santa María di El Puerto. Oggi si conosce l'immagine con il nome di Nuestra Señora de los Milagros ('Nostra Signora dei Miracoli') e il santuario fortificato con il nome di Castillo de San Marcos, popolarmente detto el Castillito.\n\nDiscografia.\nEduardo Paniagua. Música Antigua. Santa María del Puerto I. [1]. Contiene, tra le altre, le Cantigas 328, 358, 356, 364, 377, 378, 382 e 385 che formano parte del Canzoniere de Santa María de El Puerto.\nEduardo Paniagua. Música Antigua. Cantigas de Jerez. [2]. Contiene, tra le altre, le Cantigas 359, 371, 381, 391 e 398, che formano parte del Canzoniere di Santa María de El Puerto e menzionano Jerez de la Frontera.
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### Titolo: Caos (mitologia).\n### Descrizione: Caos o Chaos (in greco antico: Χάος?, Cháos) è un'entità primigenia, propria della mitologia greca. È plausibile pensare che Chaos sia la personificazione del disordine primordiale, luogo dove nacquero spontaneamente le prime divinità.\nChaos viene menzionato e indicato nella Teogonia (Esiodo):.\n\nCaos nella mitografia.\nNella Teogonia, Caos è una delle quattro potenze principali, insieme a Gea, Tartaro ed Eros, e generò Erebo e Nyx. Anche nell'orfismo è una delle quattro potenze, però insieme a l'Erebo, il Tartaro, e Nyx.\n\nCaos nella filosofia.\nConsiderando che originariamente questa parola non aveva l'attuale connotazione di 'disordine' che si ritrova nella parola d'uso comune 'caos', il termine greco antico 'Chaos' viene reso come 'Spazio beante', 'Spazio aperto', 'Voragine' dove indica, nella sua etimologia, 'fesso, fenditura, burrone', quindi simbolicamente 'abisso' dove sono 'tenebrosità, oscurità'.\nEsiodo lo descrive come eghéneto, non il principio quindi, ma ciò che da questo per primo appare:.\n\nIl Caos, secondo alcuni autori, risulta essere nella mitologia e nella cosmogonia degli antichi greci, la personificazione dello stato primordiale di 'vuoto', il buio anteriore alla generazione del cosmo da cui emersero gli dèi e gli uomini.\n\nAltri interpreti della Teogonia avvertono che Caos non coinciderebbe solo con il 'Vuoto'. Graziano Arrighetti ricorda che su questa nozione/divinità non si ha concordanza tra gli studiosi ma «si è in generale d'accordo che Χάος non è semplicemente il 'vuoto', il 'luogo' dove le entità vengono in essere e trovano collocazione»; ma, da un'attenta disamina del termine, risulterebbe essere un'entità non solo spaziale ma anche materiale: «una sorta di nebulosità senza forma associata all'oscurità».Lo scoliaste lo descrive come kenón, lo spazio vuoto tra cielo e terra dopo che una possibile unità originaria fu spezzata:.\n\nQuello che Esiodo chiama Caos non coincide in realtà con quello che i posteri filosofi a partire da Talete identificarono come il principio di tutte le cose o come soprattutto Anassimandro identificò con il termine di archè, ma è l'origine di cose che prima non erano, l'entità eterna ma che non esiste dall'eternità. Da Erebo e Notte si generano le negatività del pensiero greco arcaico: Morte, Sonno e Sogni, le Moire e le Kere, Biasimo, Sventura, Discordia.\nEsiodo concepisce infatti una seconda generazione dovuta a Gaia (la madre Terra) che è all'origine del mondo naturale: il cielo, le montagne, il mare e dalla sua unione con Urano (il Cielo stellato) nasceranno gli dei. Gaia «non è generata da Caos, di essa si dice solo l'ingenerato esserci...né mai si incontrano, Gaia e Caos; neppure le loro discendenze si incrociano».Da notare che nella teogonia orfica riportata da Eudemo da Rodi e dal Papiro di Derveni in principio è la Notte (Nyx) e non Caos. Mentre nella teogonia di ispirazione orfica riportata da Aristofane in Gli uccelli Caos è all'origine unitamente a Erebo, Notte e Tartaro.\nCosì Filodemo di Gadara in Sulla pietà riassume, ad esempio, alcune differenti antiche dottrine teogoniche:.\n\nPer Anassagora come per Platone il 'caos' è il luogo della materia informe e rozza a cui attinge un principio superiore, la 'Mente' per Anassagora e il Demiurgo per Platone, per la formazione del mondo ordinato: il cosmo.\n\nCaos nella religione.\nLa Bibbia (Genesi 1, 1-5) dice che Dio creò il Cielo e la Terra e che 'la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: 'Sia la luce' E la luce fu'. Della separazione fra Cielo e Terra e del caos (Apsû) parlavano le religioni della Mesopotamia. La medesima idea si ritrova anche nell'Induismo (Brahmā e la sua nascita dal caos in Manusmṛti I, 5 sgg.) e nella religione egizia (caos).\n\nCaos nella scienza.\nL'origine dell'universo - secondo la scienza moderna - è in un punto che ha iniziato ad espandersi, mentre la sua energia diventava materia (big bang).\nLa teoria della relatività ci ha permesso di risalire fino a questo 'buco nero al contrario'. 'Buco' poiché risucchia anche masse enormi, come le galassie; 'nero' perché neanche la luce può uscirne; ed è 'al contrario' poiché espelle la materia invece di inghiottirla.\nDi questo espansione dell'universo da una sorgente puntiforme possiamo ricostruire la storia (13,8 miliardi di anni), ma ci manca ancora un piccolissimo pezzo di questa storia: i primi 10 alla -43 secondi (il cosiddetto tempo di Planck), quando le interazioni fondamentali, cioè le quattro forze dello spazio-tempo (gravitazionale, elettromagnetica, debole, forte) sono tutt'uno. Nell'era di Planck il cosmo emerge da un chaos, confuso ed indefinito, un vuoto nel quale, secondo la fisica quantistica, ci possono essere fluttuazioni di energia, che si trasforma in materia.
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### Titolo: Caradrio.\n### Descrizione: Il caradrio (anche caladrio o calandro) è un uccello bianco che, secondo la leggenda, viveva nei giardini reali. Ha la caratteristica unica di espellere feci mentre mangia. Platone lo cita nel Gorgia nel discorso di Socrate con Callicle per raffigurare l'uomo dissoluto alla perpetua ricerca dei piaceri.\n\nPoteri.\nLe sue feci si dice abbiano il potere di curare le infiammazioni degli occhi. Inoltre esso aveva la capacità di sapere se una persona era affetta da una malattia mortale o no. In tal caso l'uccello distoglieva lo sguardo dal malato, altrimenti lo fissava e ne assorbiva i malesseri, poi volava verso il sole bruciando in tal modo le malattie raccolte.\n\nSimbologia.\nConsiderato nel medioevo simbolo di purezza e del sacrificio di Cristo.
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### Titolo: Carcino.\n### Descrizione: Carcino (in greco antico Καρκινος, letteralmente 'granchio'), è un personaggio della mitologia greca, che viene descritto come un enorme granchio.\n\nMitologia.\nNel mito, compare durante la lotta di Eracle contro l'idra di Lerna emergendo dalla palude per soccorrere l'idra in combattimento, il carcino pizzicò i piedi di Eracle con le sue chele, ma l'eroe lo schiacciò sotto il tallone.\nPer ricompensarlo del suo sacrificio Era lo trasportò in cielo dove divenne la costellazione del Cancro.
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### Titolo: Care (mitologia).\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Care era il nome di colui che creò l'arte inaugurale di trarre auspici dal volo degli uccelli.\n\nIl mito.\nCare, cui diede il proprio nome alla Caria intera, viene ricordato, secondo una tradizione, come colui che è riuscito per primo a predire il futuro osservando il volo degli uccelli. Da tale studio vennero in seguito creati i cosiddetti auguri, sacerdoti addetti a tale culto anche nell'antica Roma.
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### Titolo: Cariddi.\n### Descrizione: Cariddi (in greco Χάρυβδις) è un mostro marino della mitologia greca.\n\nMitologia.\nIn principio era una naiade, figlia di Poseidone e Gea, dedita alle rapine e famosa per la sua voracità. Un giorno rubò a Eracle i buoi di Gerione e ne mangiò alcuni, tanto che Zeus la fulminò e la fece cadere in mare, dove la mutò in un gigantesco mostro simile a una lampreda, con una gigantesca bocca piena di varie file di numerosissimi denti e una voracità infinita, che risucchiava l'acqua del mare e la rigettava (fino a tre volte al giorno), creando enormi vortici che affondavano le navi in transito. Le enormi dimensioni del mostro facevano sì che sembrasse tutt'uno col mare stesso.\nLa leggenda la situa presso uno dei due lati dello stretto di Messina, di fronte all'antro del mostro Scilla, sicché le navi che imboccavano lo stretto erano costrette a passare vicino a uno dei due mostri.\nSecondo il mito, gli Argonauti riuscirono a scampare al pericolo, rappresentato dai due mostri, infatti sono stati guidati da Teti, una delle Nereidi e madre di Achille. Cariddi è menzionata anche nel canto XII dell'Odissea di Omero, in cui si narra che Ulisse, preferì affrontare Scilla, perdendo quindi solo sei compagni (i rematori più valorosi), divorati dalle altrettante teste di Scilla, anziché l'intero equipaggio. Tuttavia, dopo che Elio e Zeus distrussero la sua nave, Odisseo per poco non finì nelle sue fauci, aggrappandosi a una radice di un fico sull'isola di Cariddi, prima di venire inghiottito.\nAnche Virgilio, nel terzo libro della sua Eneide, fa una descrizione.\n\nOrigine del mito.\nNell’antichità questa leggenda si è originata poiché secondo molti la navigazione sullo stretto di Messina, in corrispondenza del passaggio tra Scilla in Calabria e il Capo Peloro era pericolosa, ma questo in realtà non corrisponderebbe al vero.
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### Titolo: Carite.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Carite (forme equivalenti del nome possono sono anche Charis o Carita) è una delle Grazie, o Cariti. Il nome stesso (Charis, in greco: Χάρις) la identifica come la Grazia personificata, simbolo dell'armonia e della perfezione, a cui un essere mortale dovrebbe tendere per considerarsi puro nel corpo e nello spirito.\n\nNel mito.\nLe origini.\nLe leggende legate a questa figura puramente astratta non trovano riscontri in altri miti; solo alcuni poeti, quali Nonno di Panopoli e Pausania, si sono interessati alle sue vicende e hanno trasformato tale personaggio in una figura più concreta, e quindi, in una divinità.Nessun autore, tuttavia, specifica le origini di Carite; la tradizione più semplice e più ovvia la definisce figlia di Zeus, padre della maggior parte delle Cariti: Eufrosine, Talia, Aglaia e Pasitea.\n\nMatrimonio con Efesto.\nNell'Iliade, Carite appare felicemente sposata con Efesto, il dio fabbro, figlio di Zeus e di Era e suo fratellastro. Tale matrimonio non è però altrimenti noto: nell'Odissea, poema attribuito addirittura allo stesso autore dell'Iliade, il dio appare al contrario maritato con Afrodite, mentre della giovane Carite non si fa menzione. Ulteriori tradizioni affermano che Efesto sposò un'altra Grazia, sorella della precedente, Aglaia.\n\nCarite, nell'«Iliade».\nL'unica comparsa di Carite in ambito letterario avviene infatti solo nell'Iliade, al libro XVIII. In tale occasione, Carite, definita da Omero «velo splendente» e «bella», è la prima ad accogliere Teti la Nereide, la quale, addolorata per lo sconforto del figlio Achille di fronte alla perdita dell'amante Patroclo in battaglia, ha intenzione di rivolgersi al dio Storpio per richiedere la costruzione di una ricca armatura.\nLa reazione di Carite di fronte alla sua visita, è di grande comprensione, venata tuttavia da un leggero rimprovero:.\n\nDopodiché l'accompagnò presso un trono a borchie d'argento, e chiamò il marito, il quale, alla vista di una presenza tanto cara e gentile, accorse subito in aiuto di Teti e forgiò per lei le armi con cui Achille giunse a Troia e vendicò la morte dell'amico.
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### Titolo: Carneio.\n### Descrizione: Carneio o Carneo, (in greco antico: Κάρνειος?) era una divinità antica dei Dori, fusa in seguito con l'epiteto d'Apollo, figlio di Zeus e di Leto (Latona per i Romani).\n\nIl mito.\nSono diversi i miti legati al nome di Carneio e alla sua origine, fra cui:.\n\nEsisteva un bosco sacro ad Apollo dei Cornioli, al che utilizzarono il suo legno per creare il cavallo poi usato per espugnare la città di Troia nella famosa guerra. La divinità si infuriò e per placarsi ebbe numerosi sacrifici, in quell'occasione venne chiamato per la prima volta Carneio spostandone alcune lettere dal nome precedente.\nIn Sparta veniva chiamato Oiketes (della casa), per via del fatto che si trattava di un culto domestico, primo cultore di tale era Crio il figlio di Teocle, per via delle antiche lotte fra Sparta e Dori (la conquista dei secondi della prima).\nIl nome di un veggente, Carno.\n\nCulto.\nDiverse prove del culto della divinità sono ormai andate perdute, ma alcune testimonianze le ritroviamo negli scritti e nei racconti dell'epoca, Pausania ricorda di un tempio a Sicione, vicino al santuario di Era.\n\nFestività.\nNel mese del carneo a Sparta si tenevano le Carnee, feste tenutesi in onore di Apollo Carneio, durante le quali ogni attività bellica veniva sospesa.
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### Titolo: Carno.\n### Descrizione: Carno (in greco antico: Κάρνος?, Kárnos), noto anche come Carneio o Carneo, è un personaggio della mitologia greca. Fu un Indovino.\n\nGenealogia.\nFiglio di Zeus e di Europa, fu adottato da Apollo e Leto.\n\nMitologia.\nCarno era un indovino proveniente dall'Acarnania. Quando giunse presso l'esercito degli Eraclidi che, riuniti a Naupatto si apprestavano ad invadere il Peloponneso, Ippote (figlio di Filante) ordinò che venisse ucciso, credendolo una spia.\nAlcuni giorni dopo scoppiò un'epidemia di peste che sconvolse l'esercito e l'oracolo, consultato, rivelò che la causa di ciò era l'ira di Apollo, sdegnato per l'uccisione del suo sacerdote.Per punizione Ippote fu cacciato via mentre gli Eraclidi tributarono un culto ad Apollo «Carneio».
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### Titolo: Caronte (mitologia).\n### Descrizione: Nella mitologia greca e nella mitologia romana, Caronte era il traghettatore dell'Ade. Come psicopompo trasportava le anime dei morti da una riva all'altra del fiume Acheronte, ma solo se i loro cadaveri avevano ricevuto i rituali onori funebri (o, in un'altra versione, se disponevano di un obolo per pagare il viaggio); chi non li aveva (o non aveva l'obolo) era costretto a stare in eterno senza pace tra le nebbie del bosco silente, nel vestibolo (o, secondo alcuni autori, per cento anni).\n\nNell'antica Roma vigeva la tradizione di mettere una moneta sotto la lingua del cadavere prima della sepoltura. La tradizione rimase viva in Grecia fino ad epoche abbastanza recenti ed è probabilmente di origine antica. Qualche autore sostiene che il prezzo era di due monete, sistemate sopra gli occhi del defunto o sotto la lingua. Nessuna anima viva è mai stata trasportata dall'altra parte, con le sole eccezioni della dea Persefone, degli eroi Enea, Teseo, Piritoo e Ercole, Odisseo, del vate Orfeo, della sibilla cumana Deifobe, di Psyche e, nella letteratura e nelle tradizioni successive a quella greca antica, di Dante Alighieri.\nCaronte è figlio di Erebo e Notte.\nNella mitologia etrusca il suo corrispettivo è.\nCharun.\nIl suo nome è stato dato al principale satellite di Plutone.\n\nDescrizioni.\nLe due opere più significative in cui s'incontra la figura di Caronte sono sicuramente l'Eneide di Virgilio e la Divina Commedia di Dante Alighieri. Alla fine del V secolo a.C., compare nella commedia Le rane di Aristofane, in cui urla insulti nei riguardi della gente che lo attornia. Nella Divina Commedia viene descritto con la barba e i capelli bianchi e con gli occhi cerchiati di rosso come il fuoco.\nViene spesso detto che Caronte trasportava le anime attraverso il fiume Stige; ciò è descritto nell'Eneide. Comunque per molte fonti, incluso Pausania e, in seguito, l'Inferno di Dante, il fiume era l'Acheronte.\n\nCaronte virgiliano nell'Eneide.\nCaronte viene citato nell'Eneide da Virgilio al libro VI, per la prima volta al v. 299.\n\nCaronte dantesco nella Divina Commedia.\nRitroviamo nel canto III dell'inferno delle terzine che descrivono Caronte in vari lati della sua figura:.\n\ncome vecchio e canuto;.\ncome nocchiero con la barba e gli occhi infuocati;.\ncome demonio severo, ordinato e sistematico.\nIl Caronte dantesco si differenzia dalla tradizione precedente perché viene infernalizzato, ovvero perde la sua virilità e la sua forza ma diventa un semplice esecutore in negativo della volontà divina (un demonio).\n\nNella cultura di massa.\nIl “Caronte” era lo schiavo incaricato di accertarsi della morte del gladiatore sconfitto, non graziato, dandogli il colpo finale, nel caso fosse ancora in vita. A tal fine utilizzava una mazza ed aveva il volto coperto da una maschera, rappresentante Caronte (il nocchiero mitologico che traghettava le anime dei morti da una riva all'altra del fiume Acheronte, nel regno degli Inferi). Dopo aver assolto a questo compito, recuperava il cadavere, caricandolo su un carro o su una barella, attraverso la porta dell'inferno e lo deponeva nello spoliarium, l’obitorio dell’anfiteatro, dove venivano tolti gli abiti e le armature al gladiatore morto.\nLo spoliarium era una stanza senza angoli (più facile da pulire) nella quale i caronti generalmente facevano commercio del sangue dei gladiatori, che era considerato sia amuleto che cura per debolezza ed impotenza. I caronti si coloravano la pelle con colore verdastro, tipico dei cadaveri in decomposizione. Il rituale della 'mazza' è rimasto fino ai giorni nostri, quando un papa muore viene chiamato tre volte con il nome di battesimo e gli viene dato qualche colpo di martelletto alla tempia per verificare che sia morto. A partire dal 2012 il suo nome è stato spesso utilizzato in Italia per riferirsi ad ondate di calore particolarmente intense nel periodo estivo con il significato allegorico di 'traghettare' nel cuore della torrida estate.
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### Titolo: Carpo (figlio di Zefiro).\n### Descrizione: Carpo (in greco antico: Καρπός?, Karpós, letteralmente 'frutto') nella mitologia greca era un giovane noto ed ammirato per la sua grande bellezza.\nFiglio di Zefiro (il vento di ponente) e di Clori (la primavera o nuova vegetazione-fioritura), viene così ad assumere in se stesso una metafora naturale: il vento di ponente che annuncia la rinnovata crescita primaverile, che in seguito darà i frutti. Carpo si trova quindi ad avere il potere di accrescere ed aggiungere sapore, colore e vita ai frutti e per le sue funzioni è associabile alla dea romana Pomona.\n\nMitologia.\nLa sua vicenda viene raccontata da Nonno di Panopoli nel suo poema epico intitolato Dionisiache: si narra dell'amore vicendevole tra due giovani, Carpo e Calamo (figlio del re Meandro, da cui prese il nome il fiume). Carpo annegò proprio in quel fiume, mentre i due amanti si trovavano impegnati in una competizione, una gara di nuoto.Calamo, sopraffatto dal dolore per aver perso il suo compagno, si lasciò anch'egli annegare tra le stesse acque. Egli sarà poi trasformato in una canna acquatica, il cui frusciare al vento è interpretato come un perenne sospiro di lamentazione.
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### Titolo: Carya (figlia di Dione).\n### Descrizione: Carya (in greco antico: Καρυά?) è un personaggio della mitologia greca, una delle figlie del re della Laconia Dione e Anfitea, figlia di Pronace.\nLe sue sorelle erano Lyco e Orphe.\n\nMitologia.\nApollo, nel ricambiare la referenza e dell'ospitalità ricevuta da Dione ed Anfitea, donò l'arte di profetizzare alle tre figlie imponendo però una restrizione e cioè che non tradissero gli dei e che non ricercassero cose proibite.\nDioniso a sua volta fece visita alla casa di Dione venendo ricevuto con altrettanta ospitalità e durante la sua permanenza si era innamorato di Carya giacendo con lei in segreto.\nPoi se ne andò e sentendone la mancanza, ritornò in breve tempo con il pretesto di consacrare un tempio che Dione aveva eretto in suo onore. Ma Orphe e Lyco, sospettando della storia d'amore fecero la guardia a Carya perché non si unisse con Dioniso e facendo questo ruppero una delle restrizioni imposte da Apollo. Dioniso quindi, dopo diverse minacce ed avvertimenti fece impazzire le sorelle così che esse corsero sul monte Taigeto, dove furono trasformate in rocce. Carya invece, fu trasformata da Dioniso in un noce (in greco karya).
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### Titolo: Cassandra (mitologia).\n### Descrizione: Cassandra è una figura della mitologia greca. È ricordata da vari autori tra cui Omero (sia nell'Iliade che nell'Odissea), Apollodoro, Virgilio e Igino. Gemella di Eleno e sorella minore di Ettore, figlia di Ecuba e di Priamo re di Troia, fu sacerdotessa nel tempio di Apollo da cui ebbe la facoltà della preveggenza. Profetizzò terribili sventure ed era pertanto invisa a molti.\n\nIl mito.\nIl dono della profezia.\nVi sono diverse versioni sull'origine del dono profetico di Cassandra. Secondo una prima versione, il giorno del compleanno di suo padre fu celebrata una festa nel santuario di Apollo Timbreo. Cassandra e il fratello gemello Eleno, stanchi dal gioco, s'addormentarono all'interno mentre i loro genitori li dimenticarono, abbacinati dal vino. Il mattino seguente, Ecuba corse al tempio e urlò inorridita quando vide che i serpenti sacri stavano lambendo le orecchie dei bambini per purificarli. I serpenti subito si ritrassero, strisciando in un cespuglio d'alloro, e da quel momento Eleno e Cassandra praticarono l'arte profetica.Secondo un'altra versione, la più famosa, Apollo le donò la dote profetica in cambio del suo amore, ma lei, una volta ricevuto il dono, rifiutò di concedersi; adirato, il dio le sputò sulle labbra e con questo gesto la condannò a restare sempre inascoltata.\nStando ad altre versioni ancora, Apollo le donò il potere della profezia, ma poi, quando ella cercò di fuggire dall'amore che lui le imponeva, il dio la maledisse e così nessuno credette più alla povera Cassandra.\nLa figura di Cassandra è presente nell'Iliade, in cui però non si fa mai cenno alle sue facoltà divinatorie.\n\nProfetessa inascoltata.\nAncora bambina, alla nascita di Paride predisse il suo ruolo di distruttore della città, profezia non creduta da Priamo ed Ecuba ma confermata da Esaco, interprete di sogni, che consigliò ai sovrani di esporre il piccolo sul monte Ida. Paride però si salvò e quando divenne adulto tornò a Troia per partecipare ai giochi; durante la competizione, fu riconosciuto dalla sorella, che chiese al padre e ai fratelli di ucciderlo, scatenando la reazione contraria e facendo ritornare il giovane Paride al suo rango originale di principe. Profetizzò sciagure quando il fratello partì per raggiungere Sparta, predicendo il rapimento di Elena e la successiva caduta di Troia. Ritenuta una delle più belle fra le figlie di Priamo ebbe diversi pretendenti, fra cui Otrioneo di Cabeso e il principe frigio Corebo, morti entrambi durante la guerra di Troia, il primo ucciso da Idomeneo, il secondo da Neottolemo (il figlio di Achille, detto anche Pirro), o, secondo altre fonti, da Peneleo. Quando il cavallo di legno fu introdotto in città, rivelò a tutti che al suo interno vi erano soldati greci, ma rimase inascoltata. Solo Laocoonte credette alle sue parole e si unì alla sua protesta, venendo per questo punito dalla dea Atena (o da Poseidone in alcune versioni), favorevole ai greci, che lo fece uccidere da due serpenti marini assieme ai figli.\n\nLa morte.\nLa città di Troia fu così conquistata dai greci, che le diedero fuoco, massacrandone i cittadini. I membri della famiglia reale si rinchiusero nei templi troiani, ma tutto ciò valse a poco. Priamo morì sull'altare del santuario ucciso da Neottolemo mentre Cassandra, rifugiatasi nel tempio di Atena, fu trovata da Aiace di Locride e violentata sul posto. Trascinata via dall'altare, si aggrappò alla statua della dea, il Palladio, che Aiace, empio e miscredente, fece cadere dal piedistallo. A causa del suo comportamento furono puniti quasi tutti i principi greci, che non ebbero felice ritorno a casa: Aiace trovò addirittura la morte in mare per volere di Atena e Poseidone.\nCome detto nell'Odissea, nell'Orestea e ne Le troiane, Cassandra divenne quindi ostaggio di Agamennone e fu portata da lui a Micene come schiava e concubina. Nel poema Alessandra si lascia intendere che Agamennone si innamorò poi della profetessa e la sposò, aumentando l'odio e la gelosia della moglie Clitemnestra. Giunta in città, profetizzò all'Atride la sua rovina, ma quest'ultimo non volle credere alle sue parole, cadendo così nella congiura organizzata contro di lui dalla moglie Clitemnestra (adirata col marito per via del sacrificio di Ifigenia) e da Egisto, nella quale morì la stessa Cassandra.\n\nModo di dire.\nPer antonomasia è frequente l'attribuzione dell'appellativo 'Cassandra' alle persone che, pur annunciando eventi sfavorevoli giustamente previsti, non vengono credute.Viene altresì detta 'sindrome di Cassandra' la condizione di chi formula ipotesi pessimistiche ed è convinto di non poter fare nulla per evitare che si realizzino.\n\nL'Alessandra di Licofrone.\nLicofrone, poeta calcidese del IV-III secolo a.C., compose un poema epico in trimetri giambici, l'Alessandra, Ἀλεξάνδρα, sinonimo greco di Cassandra, in cui descrisse le sue profezie con uno stile oscuro ed enigmatico ma di grande fascino.\n\nRiprese moderne.\nMarion Zimmer Bradley, La Torcia, Longanesi, 1988.\nChrista Wolf, Cassandra, Edizioni e/o, 1990, ISBN 88-7641-083-X.\nMarcial Gala, Chiamatemi Cassandra, Sellerio Editore, 2022, ISBN 88-389-4409-1.
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### Titolo: Cassifone.\n### Descrizione: Cassifone, secondo la mitologia greca, è la figlia di Ulisse e della maga Circe. Cassifone uccide per sbaglio il padre Ulisse, alcuni anni dopo che questi è riuscito finalmente a tornare ad Itaca. Telemaco, il figlio che Ulisse ha avuto dalla sua sposa Penelope, vendica Ulisse uccidendo Cassifone. Circe e Telemaco si innamorano e si sposano. Circe, venendo a sapere che il suo amato è colui che ha assassinato la figlia, tenta di ucciderlo, ma fallisce; è invece Telemaco ad uccidere lei per legittima difesa. Preso dai sensi di colpa, Telemaco si getta infine da un'altissima scogliera.\nSecondo altre versioni, Cassifone sposa il fratellastro Telemaco, per poi vendicarsi di lui, quando l'uomo le uccide la madre.
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### Titolo: Castalia (mitologia).\n### Descrizione: Castalia (in greco antico: Κασταλία?, Kastalía) era una ninfa amadriade, figura della mitologia greca, figlia di Acheloo.\nApollo si innamorò di lei, ma la ninfa fuggì da lui gettandosi in una fonte del monte Parnaso. Secondo una variante della leggenda Apollo la tramutò poi in una fonte, alle cui acque diede la virtù di far diventare poeti quelli che la bevessero. La fonte sarebbe stata consacrata alle Muse.\nAncora oggi i visitatori del santuario di Delfi passano nel loro percorso turistico dalla fonte Castalia.
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### Titolo: Catalogo Troiano.\n### Descrizione: Il Catalogo Troiano o Ordine di guerra troiano è una sezione del secondo libro dell'Iliade, che elenca tutti i contingenti alleati che combatterono per Troia nella guerra di Troia. Il catalogo è noto per la mancanza di dettagli rispetto al precedente Catalogo delle navi, che elenca i contingenti Greci.\n\nIl catalogo nel dettaglio.\nIl catalogo elenca sedici contingenti dei dodici diversi popoli alleati dei Troiani (Luce 1975). Essi vivevano in 33 posti diversi, identificati dai toponimi.\n\nNel libro XI del poema verrà citato come condottiero anche Timbreo, un re di cui non si conosce la provenienza.
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### Titolo: Catalogo delle navi.\n### Descrizione: Il Catalogo delle navi (in greco antico: νεῶν κατάλογος?, neṑn katàlogos) è un passaggio del secondo libro dell'Iliade di Omero (II, 494-759) che elenca i contingenti dell'esercito acheo giunti a Troia in nave.\nIl catalogo indica i nomi dei comandanti di ogni contingente, il luogo di provenienza di ogni contingente, indicato a volte con un epiteto descrittivo che completa un emistichio o articola il flusso di nomi, discendenza e luogo di provenienza; inoltre indica il numero di navi con cui ogni contingente era arrivato a Troia, con ulteriori indicazioni circa la loro importanza. Il Catalogo delle navi è seguito da un simile, anche se più corto, Catalogo dei Troiani e dei loro alleati (II, 816-877).\n\nContesto storico.\nLa designazione Catalogo delle navi suggerisce che il passaggio sia in qualche modo separabile dal suo contesto. Esso costituisce una parentesi tra due invocazioni. Nel dibattito che si è instaurato sin dall'antichità sul Catalogo, le questioni centrali riguardano la credibilità delle informazioni elencate, se il Catalogo sia stato composto da Omero stesso, fino a che punto esso rifletta un documento pre-omerico o la tradizione orale, forse risalente alla civiltà micenea, o se sia il risultato di uno sviluppo post-omerico. Il dibattito sull'identità di Omero e sull'autore dell'Iliade e dell'Odissea è denominato convenzionalmente 'Questione omerica'.\nPrima della metà del XX secolo, era pacifico che il Catalogo delle navi non fosse opera dell'uomo che compose l'Iliade, anche se l'autore si era sforzato di renderlo un'opera d'arte; inoltre era pacifico che il materiale del testo fosse essenzialmente miceneo o sub-miceneo. Invece non c'era accordo sulla portata delle aggiunte posteriori.\nSe si assume che contenga un resoconto accurato, il Catalogo delle navi fornisce un raro sommario della situazione geopolitica nella Grecia antica, in un'epoca tra l'Età del bronzo e l'VIII secolo a.C. Seguendo la teoria di Milman Parry sulla poesia orale omerica, alcuni studiosi, come Denys Page, sostengono che il Catalogo rappresenta una recitazione pre-omerica incorporata nell'epica di Omero. Alcuni sostengono che le parti delle recitazioni, come le formule che descrivono i luoghi, risalgono all'età della guerra di Troia, alla metà del XIII secolo a.C., o forse a un'epoca precedente. Altri affermano che il Catalogo risale all'epoca di Omero stesso, l'VIII secolo a.C., e rappresenta un anacronistico tentativo di imporre informazioni contemporanee a eventi accaduti cinque secoli prima.\nSecondo una teoria intermedia, il Catalogo si è formato in un processo di accrescimento che ha accompagnato la tradizione orale del poema e riflette la graduale inclusione delle città di mecenati locali, protettori dei singoli cantori. In un recente studio sul Catalogo, Edward Visser dell'Università di Basilea, conclude che il Catalogo è compatibile con il resto dell'Iliade nella sua tecnica di improvvisazione ritmica, che l'ordine dei nomi ha un significato e che gli epiteti geografici indicano una concreta conoscenza geografica. Visser sostiene che questa conoscenza fu trasmessa dal mito eroico e ogni sezione geografica introduce elementi di mito eroico. W. W. Minton colloca il Catalogo all'interno di simili 'enumerazioni' in Omero ed Esiodo e suggerisce che in parte il loro scopo era quello di impressionare l'uditorio con una dimostrazione di memoria da parte dell'aedo.La caratteristica più notevole della geografia del catalogo è che non rappresenta la Grecia dell'Età del ferro, cioè l'epoca in cui visse Omero. A quell'epoca un gruppo di tribù, i Dori, avevano invaso la Grecia occidentale, il Peloponneso e Creta, mentre le coste della Ionia erano densamente popolate da un popolo che sosteneva di discendere da famiglie delle regioni neo-doriche della Grecia. La parte nord-occidentale della Grecia non è mai menzionata e questi popoli (epiroti, macedoni, alcuni tessali ecc.) pensavano di essere di stirpe dorica. Il Catalogo ritrae invece delle città-stato unite tra di loro da legami non molto stretti, soprattutto della Grecia continentale, governate da dinastie ereditarie sotto l'egemonia de re di Micene. Praticamente nessuno di loro è dorico e i greci della Ionia mancano quasi del tutto. Questa fotografia politica è innegabilmente una fotografia della Grecia della tarda età del bronzo, ma con delle eccezioni. Mancano infatti diverse cittadelle fortificate fiorenti nella tarda età del bronzo (in particolare nelle isole Cicladi ed Egee), anche se l'assenza di numerose realtà politiche micenee non implica necessariamente che furono dimenticate e sono possibili anche altre ipotesi: ad esempio non erano città legate all'alleanza con Agamennone e Menelao, e quindi non presero parte alla spedizione.\nUn altro dato da sottolineare è la presenza di due ordini di dati nel catalogo: il numero dei regni che partecipò all'alleanza achea contro Troia e il numero dei soldati (approssimato in base alla navi) che questi mobilitarono. La verosimiglianza di un dato è indipendente da quella dell'altro: anche oggi è di dominio comune ricordare quali Stati europei parteciparono alla prima o alla seconda guerra mondiale e quali restarono neutrali, mentre le dimensioni degli eserciti sono dati ricordati solo dagli specialisti.\n\nIl Catalogo.\nIl Catalogo greco elenca ventinove contingenti guidati da 46 comandanti, per un totale di 1.186 navi. Se consideriamo il numero dei Beoti di 120 uomini per nave, il risultato è un totale di 142.320 uomini trasportati nella Troade. Essi sono chiamati con vari etnonimi e vivevano in 164 luoghi descritti da toponimi. Quasi tutti questi luoghi sono stati identificati ed erano occupati durante la tarda età del bronzo. I termini Danai, Argivi e Achei o 'figli degli Achei' sono usati per l'esercito nel suo complesso.
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### Titolo: Catasterismo.\n### Descrizione: Per catasterismo (dal greco καταστερίζω, letteralmente 'colloco fra le stelle', composto da κατά, 'giù', e ἀστήρ, 'astro') si intende, nella mitologia greca e romana, quel processo attraverso il quale un eroe, una divinità, una creatura o anche un oggetto viene tramutato in astro o in costellazione.\n\nLetteratura.\nOvidio, ultimo esponente del Circolo di Mecenate, fu costretto da Augusto all'esilio volontario (relegatio) presso Tomi, sul Mar Nero. Il motivo dell'esilio è incerto. Alcuni autori, esaminando gli accenni di Ovidio tramandanti, ipotizzano fosse conseguenza della sua Ars amatoria (II, 359 – 372), con la quale si pensò che alludesse alla figlia dell'imperatore Augusto.Per riconquistare la stima di Augusto e soprattutto la possibilità di tornare nei territori romani, Ovidio scrisse un'opera intitolata Le metamorfosi, ove narrò le trasformazioni epiche. L'opera, divisa in quindici libri, doveva esaltare l'immagine di Augusto nei confronti di Cesare; Ovidio trattò strategicamente nel quindicesimo libro il catasterismo di Cesare: Luna volat altius illa flammiferumque trahens spatioso limite crinem stella micat natique videns bene facta fatetur esse suis maiora et vinci gaudet ab illo (l'anima vola più in alto della Luna e, trascinandosi dietro lungo lo spazio una coda di fiamma, brilla come stella, ma vedendo i meriti del figlio ammette che sono maggiori dei suoi e gioisce che lui vinca).\nIn età contemporanea, Catasterismo, è il titolo di un'opera pubblicata da Francesco Pirovano.\n\nEsempi.\nMitici.\nFigure della mitologia greca divenute costellazioni includono:.\n\nIl grande toro in cui si era trasformato Zeus per rapire la principessa Europa divenuto il Toro (costellazione).\nL'aquila in cui si trasforma Zeus per rapire il bellissimo principe dei troiani Ganimede divenuta l'Aquila (costellazione).\nLo stesso Ganimede, nella sua qualifica di coppiere degli dèi diviene l'Aquario (costellazione).\nAndromeda (mitologia) divenuta Andromeda (costellazione).\nI Dioscuri divenuti i Gemelli (costellazione).\nErcole divenuto Ercole (costellazione).\nCarcino divenuto il Cancro (costellazione).\nL'Idra di Lerna divenuta l'Idra (costellazione).\nLa Dea Demetra (ma anche Iside) assimilata alla Vergine (costellazione).\nAsclepio divenuto Ofiuco.\nCassiopea (mitologia) divenuta Cassiopea (costellazione).\nCeto (mitologia) divenuto Balena (costellazione).\nPan (in alternativa Amaltea (mitologia)) divenuto il Capricorno (costellazione).\nIl Leone di Nemea divenuto il Leone (costellazione).\nOrione (mitologia) divenuto Orione (costellazione).\nPegaso (mitologia) divenuto Pegaso (costellazione).\nPerseo divenuto Perseo (costellazione).\nIl satiro Croto divenuto il Sagittario (costellazione).\nChirone divenuto il Centauro (costellazione).\nCefeo (figlio di Belo) divenuto Cefeo (costellazione).\nEridano (mitologia) divenuto Eridano (costellazione).\nCallisto divenuta l'Orsa Maggiore.\n\nPersonaggi storici.\nEsempi di catasterismo rivolti a personaggi terreni eroicizzati o divinizzati post-mortem sono quelli riguardanti Berenice II d'Egitto moglie di Tolomeo III; lo stesso Callimaco, uno dei più fini rappresentanti della cultura nel periodo ellenistico, aveva creato il catasterismo a lei dedicato, trasformando i capelli della regina in una costellazione: la Chioma di Berenice.\nUn altro celebre catasterismo è quello sorto attorno alla figura di Antinoo, il giovinetto amato dall'imperatore romano del II secolo Publio Elio Traiano Adriano e morto prematuramente in un incidente: divenne così la costellazione di Antinoo - nei pressi dell'Aquila - la quale si richiama a sua volta alla mitico personaggio dell'adolescente Ganimede rapito da Zeus in forma di Aquila.\n\nOggetti.\nCome per l'esempio concernente la 'Chioma di Berenice' vi sono stati altri oggetti particolari, perlopiù appartenenti ad importanti figure mitiche, che sono stati assunti in cielo; tra questi:.\n\nLa corona di Arianna divenuta la Corona Boreale.\nLa lira appartenuta ad Orfeo, che diventa la Lira (costellazione).\nLa nave Argo su cui viaggiarono gli Argonauti, che diviene la Nave Argo (costellazione).\nLa lettera Delta, quarta dell'alfabeto greco ed iniziale del nome Zeus (oppure il Delta del Nilo) divenuto il Triangolo (costellazione).
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### Titolo: Cattedrale di Poti.\n### Descrizione: La cattedrale di Santa Maria (in georgiano ფოთის საკათედრო ტაძარი?), chiamata anche Soboro, è una cattedrale ortodossa di Poti, in Georgia.\n\nStoria e descrizione.\nI lavori di costruzione della cattedrale furono avviati il 14 settembre 1906, nel giorno della festività dell'Esaltazione della Santa Croce, con la benedizione del vescovo di Guria e Samegrelo Giorgi Aladashvili. La cattedrale fu completata nel 1907. Rappresenta un'imitazione della basilica di Santa Sofia a Istanbul e può contenere fino a 2.000 persone. Un grande contributo alla sua costruzione fu dato dall'allora sindaco di Poti, Niko Nikoladze. Egli stesso scelse il punto in cui l'edificio sarebbe dovuto sorgere, individuando nell'area centrale della città la posizione ideale che avrebbe reso visibile la cattedrale da ogni zona di Poti.\nI progettisti della cattedrale, tipico esempio di architettura neobizantina, furono Zelenko e Marfeld. I bassorilievi e le decorazioni del tempio furono realizzati ricalcando lo stile di quelli delle chiese e dei monasteri medievali della Georgia e delle zone montane di Trebisonda. Le tre iconostasi della cattedrale vennero dipinte da Viktor Dumirashko, un pittore dell'Accademia Russa di Belle Arti. Tra le icone spiccano quelle dedicate a Santa Nino, a Sant'Andrea apostolo ed al re e santo Davide IV di Georgia.\nNel 1923, dopo l'invasione sovietica della Georgia, la cattedrale fu chiusa al culto e successivamente trasformata in teatro. Nel 1930 le campane furono rimosse e destinate al fondo di industrializzazione. Nel 2005 l'edificio fu restituito alla Chiesa ortodossa georgiana. Nel dicembre 2011 il presidente della Georgia Mikheil Saak'ashvili ha assegnato 700 000 lari al progetto di ricostruzione della cattedrale.
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### Titolo: Cavalle di Diomede.\n### Descrizione: La cattura delle cavalle di Diomede fu l'ottava delle dodici fatiche di Eracle.\n\nVicenda.\nNella mitologia greca le 'cavalle di Diomede' o 'cavalle della Tracia' erano quattro feroci giumente che si nutrivano di carne umana. Bestie splendide e incontrollabili, appartenevano al gigante Diomede, re della Tracia, figlio di Ares e Cirene, che viveva sulle rive del Mar Nero. Si diceva che le giumente si nutrissero della carne dei soldati caduti in battaglia, e che quando non era in guerra Diomede avesse risolto il problema dando ogni giorno una grande festa nel suo palazzo per poi uccidere i suoi ospiti, dandoli in pasto ai feroci animali. La leggenda volle poi che Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno, fosse un discendente di tali cavalle.\n\nL'ottava fatica.\nIncaricato di rubare le giumente, Eracle portò con sé Abdero, uno dei suoi eromenoi, ed alcuni altri giovani. Essi riuscirono a rubare le cavalle e furono perciò inseguiti da Diomede e dai suoi uomini. Eracle non sapeva però della pericolosità delle cavalle, e quindi incaricò l'amico Abdero di sorvegliarle mentre lui uccideva Diomede; Abdero fu così divorato dalle giumente. Per vendetta, Eracle diede in pasto Diomede ai suoi stessi animali, che poi si lasciarono domare. In memoria del ragazzo fondò poi la città di Abdera sul sito della sua tomba. Una volta a Micene, Eracle lasciò le cavalle a Euristeo che le liberò sul monte Olimpo.
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### Titolo: Cavalli di Elio.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Elio, figlio di Iperione era il dio del Sole e possedeva un carro fatto completamente di fuoco e trainato da quattro cavalli.\n\nI nomi.\nEssi erano i 4 velocissimi destrieri del carro di fuoco che, aggiogati dal dio, percorrevano rapidissimi la volta celeste diffondendo la luce del giorno:.\n\nEòo.\nEtone.\nFlegone.\nPiroide.
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### Titolo: Cavallo di Troia.\n### Descrizione: Il cavallo di Troia è una macchina da guerra che, secondo la leggenda, fu usata dai greci per espugnare la città di Troia. Questo termine è entrato nell'uso letterario, ma anche nel lessico comune, per indicare uno stratagemma con cui penetrare le difese.\n\nStoria del cavallo di Troia.\nPer quanto l'episodio del cavallo costituisca a tutti gli effetti l'atto conclusivo della guerra di Troia, la narrazione del mito non appartiene all'Iliade di Omero, che si conclude, mentre il conflitto è ancora in corso, con i giochi funebri in onore di Patroclo e con il funerale di Ettore, e neppure all'altro poema omerico, l'Odissea, nel quale la vicenda è solamente citata. Viene invece ampiamente sviluppato nel secondo libro dell'Eneide di Virgilio: Enea, esule troiano, durante la sua permanenza nella città di Cartagine, riferisce infatti la storia del cavallo alla regina Didone.\nDopo dieci lunghi anni di assedio inconclusivo, i Greci, attuando un piano escogitato da Ulisse, abbandonano la spiaggia di fronte a Troia, lasciandovi un enorme cavallo di legno costruito da Epeo con l'aiuto di Atena, e si nascondono presso la vicina isola di Tenedo, fingendo di ritornare in patria; dentro al cavallo si celano però alcuni tra i più valorosi guerrieri di Agamennone, guidati da Ulisse stesso.\n\nI Troiani, avendo assistito all'apparente ritirata dei Greci, si convincono che la guerra sia realmente conclusa: si dividono soltanto sulla sorte da riservare al cavallo. In merito alla questione interviene Laocoonte, guerriero troiano divenuto sacerdote di Apollo, che consiglia ai suoi concittadini di diffidare del nemico e di distruggere il cavallo; lancia dunque verso quest'ultimo un giavellotto, spaventando gli Achei nascosti all'interno, senza riuscire però a rivelarne la presenza:.\nMentre i Troiani discutono a proposito del destino del cavallo, giunge sulla spiaggia Sinone, un giovane greco che si consegna spontaneamente al nemico. Egli, giurando il falso, racconta che Ulisse, al quale egli era stato apertamente ostile, aveva spinto l'indovino Calcante a sacrificarlo come augurio per un tranquillo ritorno in patria: sarebbe poi riuscito a sottrarsi alla cerimonia fuggendo tra le paludi.\nAlla domanda di Priamo, che, pur provando compassione per le sciagure del giovane, vuole conoscere le cause della ritirata dei Greci, Sinone risponde che Atena, la divinità che prima fra tutte proteggeva l'esercito di Agamennone, aveva cessato di sostenere i Micenei da quando Ulisse aveva profanato il tempio a lei dedicato nella città di Ilio, costringendo l'intero esercito alla resa. Il cavallo sarebbe dunque un'offerta alla dea, affinché espiasse il sacrilegio commesso. Sinone giustifica inoltre le dimensioni della suddetta effigie dicendo che era stata costruita in modo tale da impedire ai Troiani di trasportarla all'interno delle mura della fortezza, poiché se questo fosse avvenuto l'ira di Minerva si sarebbe riversata sui Greci. Nel caso in cui i Teucri avessero distrutto o danneggiato il cavallo, la dea avrebbe invece perseguitato quest'ultimi. Gli abitanti di Troia decidono dunque di aprire una breccia nelle loro stesse mura al fine di consentire l'accesso dell'enorme cavallo di legno, per quanto Laocoonte e la profetessa Cassandra avessero consigliato di non farlo.\nPer portare a termine l'inganno di Ulisse è perciò fondamentale la presenza di Sinone, che a causa delle sue menzogne viene giudicato sleale e ingannatore da Enea, quando egli racconta alla regina di Cartagine Didone la fine di Troia: il giovane greco aveva chiamato infatti a testimonianza della validità del suo giuramento gli altari e le bende che sarebbero stati necessari per il suo sacrificio, il quale però non si sarebbe mai dovuto svolgere.\n\nMentre Laocoonte è intento a compiere il rito di immolazione di un toro nel tentativo di convincere gli dei ad impedire l'imminente distruzione della città, due terrificanti serpenti, dagli occhi infuocati e dalle alte creste, emergono dalle acque spumeggianti e agguantano i suoi giovani figli; il sacerdote sopraggiunge in loro aiuto brandendo le armi, ma anch'egli viene stritolato dai mostri marini: le sue bende sacre sono così tragicamente cosparse del suo stesso sangue. Terminato il proprio compito i due serpenti si dileguano infine tra le onde, rifugiandosi ai piedi della divinità che li aveva mandati in ausilio agli Achei, Pallade Atena, e trovando riparo sotto il cerchio del suo scudo.\nQuella stessa notte i soldati rimasti per tutto quel tempo all'interno del cavallo escono cautamente dal loro nascondiglio e, cogliendo di sorpresa i Teucri che stanno festeggiando l'improvvisa ed inaspettata vittoria, riescono ad uccidere le sentinelle e aprire le porte della rocca fortificata ai loro compagni, avvertiti nel frattempo da Sinone e sbarcati nuovamente sulla costa, agevolando così decisamente la conquista della città.\nIn questo modo gli Achei riuscirono finalmente ad entrare a Troia, incendiandola e sterminandone gli abitanti: il massacro continuò anche per l'intera durata della giornata seguente, poiché i Troiani, benché disperati e confusi dagli effetti dell'alcool, cercarono di difendere la propria città con tutti i mezzi che avevano a disposizione. Neottolemo, figlio di Achille e della principessa Deidamia, uccide Polite e Priamo malgrado essi fossero indifesi e sotto la protezione delle divinità, trovandosi presso l'altare di Zeus all'interno del palazzo del re stesso. Conclusa la strage i Greci si dividono il bottino: Agamennone si aggiudica Cassandra mentre Andromaca è data a Neottolemo ed Ecuba a Odisseo. Enea, uno dei pochi eroi rimasti in vita, prende il padre sulle spalle, il figlio per mano e fugge dalla città in fiamme.\n\nNelle versioni più recenti (fra cui il film Troy o i romanzi di Valerio Massimo Manfredi), si vede il cavallo di legno come ultima vittima delle fiamme che avevano bruciato la città.\n\nIpotesi interpretative.\nNel corso del tempo sono state formulate molteplici ipotesi, che hanno messo in dubbio, di volta in volta, la sua natura di 'dono', il suo aspetto esteriore, o la stessa essenza materiale (trasferendo talvolta la simbologia del cavallo su un piano metaforico).\nNel IV secolo a.C. Palefato nelle sue Storie incredibili spiega che il cavallo venne costruito appositamente troppo grande per poter passare attraverso le porte di Troia. I troiani smontarono le porte per farlo entrare, e gli argivi, nascosti poco lontano, ne approfittarono per entrare ed espugnare la città.\nGià nell'antichità, Pausania, celebre storico greco vissuto nel II secolo d.C., nella sua Periegesi della Grecia metteva in dubbio la verosimiglianza dell'episodio, visto che la scelta di far entrare tra le mura un cavallo donato dai nemici, qualificherebbe come dabbenaggine il comportamento tenuto dal popolo troiano.\nIl naturalista romano Plinio il Vecchio, nella Naturalis historia, ha sostenuto che il cavallo di Troia fosse in realtà un ariete da assedio. Secondo l'autore infatti equus, 'cavallo', era appunto il nome di una macchina da assedio, introdotta da Epeo per assediare Troia e corrispondente all'aries ('ariete') romano. Anche alcuni storici moderni hanno ipotizzato che il cavallo di Troia fosse in realtà un ariete da assedio a forma di cavallo, la cui descrizione sarebbe poi stata trasformata nel mito attraverso i processi di tradizione orale che ne hanno tramandato la memoria.\nUn'altra teoria, proposta in origine da Fritz Schachermeyr, trasferisce su un piano metaforico l'idea del cavallo di Troia, sostenendo che, in realtà, si trattasse di una metafora riferita a un devastante terremoto che avrebbe danneggiato le mura di Troia permettendo ai Greci di penetrare nella città. Secondo questa teoria, il cavallo rappresenterebbe Poseidone, dio del mare, ma anche dio dei cavalli e dei terremoti. Come sostegno a tale ipotesi vi sarebbe anche il fatto che gli scavi archeologici condotti sul sito hanno mostrato come la distruzione della cinta muraria di Troia VI mostri chiari segni degli effetti di un terremoto, ma una tale teoria è difficile da riconciliare con la pretesa mitologica secondo cui sarebbe stato Poseidone l'artefice delle mura della città.\nUno studio di un archeologo navale dell'Università di Aix-en-Provence e Marsiglia, Francesco Tiboni, sostiene un'ipotesi interpretativa secondo cui il Cavallo di Troia, in realtà, sarebbe stato una nave, per la precisione una nave oneraria fenicia molto diffusa a quei tempi, chiamata 'Hippos' (plurale Hippoi) per via della polena ornata da una testa di cavallo. Secondo Tiboni, col tempo si sarebbe perso l'accostamento al significato navale, e i diffusori e copiatori dell'opera omerica sarebbero incappati nel facile errore di interpretazione di ἵππος come 'cavallo'. Questo giustificherebbe le dimensioni della struttura in legno e la possibilità da parte dei soldati greci di nascondervisi comodamente, rendendo più plausibile la vicenda.\n\nUomini nel cavallo.\nDalle fonti classiche ci sono giunte numerose varianti circa il numero di uomini che presero parte all'inganno del cavallo di Troia nascondendovisi dentro. Secondo la Piccola Iliade, antico poema andato perduto, essi erano 13, secondo Apollodoro 50, per Tzetze 23, mentre Quinto Smirneo, nei Posthomerica (versi 641-650), dà il nome di 30 capi, affermando però che ve ne erano anche molti altri. Nella tarda tradizione si stabilì la seguente lista di 35 uomini:.
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### Titolo: Cecrope.\n### Descrizione: Cecrope (in greco antico: Κέκροψ?, Kèkrops) è considerato il primo mitico re di Atene o il secondo, che avrebbe governato per 50 anni.\n\nGenealogia.\nSposò Aglauro, figlia di Atteo, dalla quale nacquero le figlie Aglauro, Erse e Pandroso e fu padre anche del maschio Erisittone che non ebbe figli.\n\nMitologia.\nNacque dal suolo (alcune versioni dicono dal seme di Efesto che cercava di sedurre Atena) e mutò il nome alla sua terra da Atte o Attice a Cecropia. Era rappresentato come una sorta di uomo rettile, metà uomo e metà serpente, poiché nell'antichità il serpente era uno dei simboli della terra.\nSecondo un'altra versione, nacque a Saida in Egitto. Alla testa di una colonia di egizi approdò nell'Attica 400 anni avanti la caduta di Troia, dove sposò Agraulo, figlia di Atteo e primo re di Atene, che lo adottò per suo successore. Gli abitanti dell'Attica vivevano nei boschi come selvaggi; Cecrope li sottomise e li trasse fuori dalle foreste.\nSecondo Filocoro, Cecrope riunì gli abitanti originari dell'Attica e li organizzò in una dodecapoli costituita da Cecropia, Tetrapoli, Epacria, Decelea, Eleusi, Afidna, Torico, Braurone, Citero, Sfetto, Cefisia e Falero; condusse un censimento in cui ogni abitante dovette portare una pietra (contando le pietre si sarebbe poi saputo il numero degli abitanti).Costruì il castello di Cecropia sull'Acropoli ed introdusse il matrimonio, le prime istituzioni statali e il diritto di proprietà. Sempre a Cecrope è attribuita l'introduzione del sacrificio incruento, della scrittura, della sepoltura dei morti e del culto di Crono e Rea. Introdusse in Grecia il culto delle principali deità e specialmente di Zeus e di Atena.\nCecrope morì dopo un regno di 50 anni; il suo successore fu l'ateniese chiamato Cranao.Fu testimone o arbitro nella disputa tra Poseidone e Atena per il possesso dell'Attica, vinta dalla dea che aveva piantato un ulivo nell'area in seguito occupata dal Pandroseion.Ebbe un culto sull'Acropoli (un antro o una tomba), il cui sacerdote apparteneva al ghenos degli Aminandridi.
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### Titolo: Ceculo.\n### Descrizione: Ceculo, o Cecolo (in latino Caeculus), è un personaggio della mitologia romana, figlio di Vulcano e di Preneste.\nPreneste, mentre stava seduta presso la fucina del nume, fu colpita da una scintilla che la ingravidò; partorì un bambino a cui diede il nome di Ceculo perché aveva gli occhi piccolissimi. Fu quindi da lei esposto vicino ad un tempio di Giove; le sacerdotesse di quel tempio, avendolo trovato quasi morto di freddo, lo portarono per riscaldarlo vicino ad un gran fuoco, il che fece dire ch'egli doveva la vita a Vulcano.\nCatone nelle Origines dà una versione leggermente diversa della sua parentela col fabbro divino: alcune vergini, andando ad attingere acqua, trovarono Ceculo in mezzo al fuoco e perciò pensarono che egli fosse figlio di Vulcano.\nUna volta divenuto adulto, Ceculo si mise a capo di una truppa di ladroni ma, stancatosi presto di questo genere di vita, fondò una città nell'antico Lazio, che chiamò Preneste in memoria di sua madre, e ne divenne re. Con l'aiuto del padre Vulcano, la popolò con abitanti provenienti dai dintorni.\nCeculo combatté poi alla testa delle sue milizie nell'esercito di Turno contro i Troiani che Enea aveva condotto in Italia.\nAssieme al condottiero marso Umbrone, lottò eroicamente prima di venire ucciso da Enea.\nLa gens patrizia dei Caecilii pretendeva di discendere da Ceculo.
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### Titolo: Cedalione.\n### Descrizione: Cedalione (in greco antico: Κηδαλίων?, Kêdalíôn) è un personaggio della mitologia greca. Fu l'assistente di Efesto.\n\nGenealogia.\nNon sono mai stati ritrovati scritti a riguardo della sua genealogia.\nPotrebbe essere uno dei Cabiri. Se così fosse i suoi genitori più accreditati sono Efesto e la ninfa marina Cabeiro.\n\nMitologia.\nFu mandato da Hera sull'isola di Lemno per imparare il mestiere di fabbro presso la fucina del dio Efesto che un giorno lo incaricò di condurre il gigante Orione (che era accecato) verso est. Cedalione obbedì salendogli sulle spalle ed indicandogli la strada da percorrere fino ad incontrare Helios (il sole) che con i suoi raggi ridiede la vista al Gigante.\nTra le opere di Sofocle esiste un dramma satirico dedicato a Cedalione, di cui però solo da pochi frammenti è stato possibile leggerne il testo.\nLa trama, gli episodi dell'accecamento di Orione ed il suo percorso verso est sono incerti ma risulta invece la presenza dei satiri lungo il tragitto del viaggio ed un frammento in cui si legge dell'esistenza di un coro di Cabiri.
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### Titolo: Cefalo (mitologia).\n### Descrizione: Cefalo (in greco antico: Κέφαλος?, Kèphalos) è un personaggio della mitologia greca, figlio di Deioneo e di Diomeda, sposo di Procri, figlia di Eretteo.\nÈ considerato l'eponimo del demo di Cefale e dell'isola di Cefalonia.\n\nMitologia.\nCefalo era un uomo di grande bellezza, e questo fece innamorare la dea dell'aurora Eos, che lo rapì mentre stava cacciando.\nCefalo non voleva tradire la sua sposa Procri, ma Eos insinuò nel giovane il dubbio che la stessa Procri era facile a tradirlo appena qualcuno le avesse fatto un regalo. Per avvalorare la sua tesi lo trasformò in un'altra persona, presentandosi sotto mentite spoglie alla moglie. Quando offrì a Procri un prezioso dono procuratogli dalla dea, la donna accettò le sue avances fino a che non si accorse di essere di fronte a suo marito e, per la vergogna, fuggì a Creta.\n\nA questa evidenza Cefalo abbandonò la moglie per cadere fra le braccia di Eos. Secondo Esiodo da questa unione nacque Fetonte, da non confondere con l'omonimo Fetonte, nato da Elios e Climene.\nProcri in seguito tornò da Cefalo, e i due si riconciliarono andando a caccia insieme. Sfortuna volle però che Cefalo, pensando di mirare ad un animale nascosto tra i rami, colpì mortalmente Procri, e per quest'atto involontario fu condannato all'esilio. Giunse così a Tebe, dove regnava Anfitrione, che lo accolse e gli fece omaggio di un'isola che da allora venne chiamata Cefalonia.\nQui pare che un giorno, colto dal rimorso per la fine di sua moglie, si sia gettato in mare da una rupe.\n\nAltre versioni e discendenza.\nVersioni minori ne fanno il figlio di Erse e Ermes dicendo che fu rapito da Eos e che da lui ebbe il figlio Titoneo in Siria. Igino nelle Fabulae scrive invece che Procri lo rese padre di Arcesio.\nUna versione etrusca del mito, identifica Cefalo come un dio, nominato per l'appunto Dio Cefalo, re dei musici e del pescato fresco, il cui tempio si presumeva sorgere imponente fra le colline dell'attuale Toscana e gli abissi del mar Tirreno. Di notevole interesse, inoltre, i riti che gli adepti al sacro culto del Dio Cefalo praticavano in eventi comuni, spesso accompagnati da musica, bevande alcoliche e cibarie (fra le quali una sorta di tortell primordiali ripieni di carne di rabiro), secondo le fonti e le testimonianze riportate dai contemporanei.
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### Titolo: Cefeo (figlio di Aleo).\n### Descrizione: Cèfeo (in greco antico: Κηφεύς?, Kephéus) (o Cefèo) è un personaggio della mitologia greca, re di Tegea ed Argonauta.\n\nGenealogia.\nFiglio di Aleo e di Neera e fratello di Licurgo, Anfidamante, Auge ed Alcidice.\nFu padre di venti figli e tra cui il maschio Aeropo e le femmine Sterope, Aerope ed Antinoe.\n\nMitologia.\nFu re di Tegea e partecipò al viaggio degli Argonauti insieme a suo fratello Anfidamante.\nFu convinto da Eracle ad intervenire in suo favore nella disputa contro Ippocoonte e nell'impresa la sorte si rivelò infausta poiché dei suoi figli ne sopravvissero tre secondo Diodoro Siculo mentre secondo Apollodoro nessuno ritornò indietro.\nEracle lo convinse facendo un regalo a sua figlia Sterope.\nLa città di Cafias dovrebbe portare il suo nome e sembra che sia stato anche il fondatore di Kyrenia.
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### Titolo: Cefeo (figlio di Belo).\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Cefeo (AFI: /ˈʧɛfeo/ o /ʧɛˈfeo/; in greco antico: Κηφεύς?, Kēpheus) era il nome di uno dei figli di Belo e di Anchinoe. È raffigurato nel mito soprattutto come re d'Etiopia, marito di Cassiopea e padre di Andromeda, sposa di Perseo. Visto il numero di generazioni che intercorrono tra il padre Belo e il genero Perseo, è tuttavia possibile che si tratti di due individui diversi.\n\nIl mito.\nFratello di Egitto, Dànao e di Fineo, fu re dell'Etiopia, che nella mitologia greca comprendeva i territori dalla Palestina al Mar Rosso.\nSposò Cassiopea e con lei generò Andromeda.\nNella mitologia greca viene citato perlopiù in quanto padre di Andromeda; morì senza eredi maschi e il suo regno andò al nipote Perse figlio di Perseo e Andromeda.\nSecondo altri non era re dell'Etiopia ma di Babilonia o dell'odierna Giaffa. Infatti, secondo Pomponio Mela, gli abitanti di Giaffa ritenevano che in quella città vi sarebbe stata una reggia di Cefeo e che lungo le loro coste sarebbe stata incatenata Andromeda e pietrificato il mostro marino (da Perseo che stava tornando in Grecia dopo aver tagliato la testa a Medusa nella Libia). Tale apparente contraddizione è comunque armonizzabile. Plinio il Vecchio riporta infatti una tradizione in base alla quale Cefeo era un potente re dell'Etiopia e il suo regno etiope si sarebbe esteso fino alla Siria.\n\nAstronomia.\nDa Cefeo prende nome l'omonima costellazione (Cefeo); la costellazione è situata tra Cassiopea (la moglie) e Andromeda (la figlia); sulla superficie della Luna è stato inoltre battezzato il cratere Cefeo.
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### Titolo: Celeno (arpia).\n### Descrizione: Celeno (in greco antico: Κελαινώ?, Kelainṑ) è un personaggio della mitologia greca ed una delle tre Arpie, figlie di Taumante e di Elettra.\n\nMitologia.\nEra una delle tre sorelle Arpie, ciascuna delle quali rappresentava un diverso aspetto della tempesta e il suo nome significava oscurità. Secondo alcune fonti sarebbe stata lei e non Podarge l'amante di Zefiro, il vento che viene dall'occidente ed insieme a lui generò Balio e Xanto, i due cavalli parlanti di Achille.\n\nEnea l'incontrò sulle isole Strofadi.\n\nDurante l'incontro con Enea, Celeno diede all'eroe Troiano delle profezie riguardo al viaggio che doveva affrontare; in particolare, che una volta giunti in Italia una terribile fame (dira fames) avrebbe costretto lui e i suoi compagni a mangiare le loro stesse mense (i piatti di farro essiccato su cui di solito si nutrivano).\nCome le altre sorelle viene rappresentata come una donna con le ali, o come un uccello dal viso di donna e dagli artigli aguzzi e ricurvi, con i quali fanno razzie, rapiscono i bambini o le anime.
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### Titolo: Celeutore.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Celeutore (in greco antico Κελεύτωρ) era uno dei figli di Agrio.\n\nIl mito.\nCeleutore, insieme ai suoi fratelli decise di regalare il regno di Oineo al loro padre, partirono in guerra andando contro il loro parente (infatti Eneo era in realtà il fratello di Agrio e quindi loro zio). Lo sconfissero e regalarono come desiderarono il trono ad Agrio, ma Diomede che era nipote del vecchio re decise di vendicare il parente e alla fine uccise Celeutore e quasi tutti i suoi fratelli.
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### Titolo: Celto (mitologia).\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Celto (in greco antico: Κέλτος; Galate secondo altre tradizioni) era il figlio di Polifemo e Galatea (Nereide), e il fratello di Illyricus e Galas. In un'altra versione era il nome di uno dei figli di Eracle. Secondo il mito si deve l'origine di tutti i celti.\n\nIl mito.\nCeltine o Celtina, figlia del re della Gran Bretagna (Britanno) ai tempi in cui Eracle era giovane, rimase incinta di lui, ella lo convinse con l'inganno ad unirsi con lei, infatti l'eroe stava tornando dopo una delle dodici fatiche (quella del bestiame di Gerione che per riuscirci dovette viaggiare per tutta l'Europa conosciuta), ma senza che Eracle se ne accorgesse la ragazza riuscì a nascondere l'intera mandria oggetto della missione. La ragazza acconsentì a rivelare dove avesse nascosto gli animali solo se il semidio si fosse unito a lei. Da tale unione nacque Celto: Eracle prima di lasciare la città diede alla ragazza un arco affermando che se un giorno il futuro figlio fosse riuscito a domare con forza quell'arma prodigiosa sarebbe diventato re.\n\nPareri secondari.\nAltri autori indicano Sterope o Peribea come madre di Celto.
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### Titolo: Ceneo.\n### Descrizione: Ceneo (in greco antico: Καινεύς?, Kainèus) o Cenide (in greco antico: Καινίς?, Kainìs) è un personaggio della mitologia greca, era una giovane donna che diventò un uomo.\n\nGenealogia.\nFiglio secondo alcuni di Elato il lapita, oppure secondo altri di Corono. Secondo un'altra versione del mito suo padre era Atrace.\nAppare comunque strettamente connesso con alcune importanti vicende mitiche che riguardano i Lapiti. Nel culto lunare antecedente all'avvento della religione olimpica Cenide impersonava probabilmente il novilunio (il suo nome significa infatti 'nuova').\nLa sua assoluta singolarità nel panorama della mitologia greca sta nel suo mutamento di sesso, giacché era nato con un corpo femminile; si tratta probabilmente del più antico caso di cambiamento di sesso ricordato nella cultura occidentale. È indubbiamente significativo come archetipo, sebbene comunque in questa vicenda sia il prodigio soprannaturale a determinare gli eventi.\n\nIl mito.\nCenide fu amata dal dio Poseidone, che le volle offrire in dono qualsiasi cosa lei desiderasse. Cenide domandò di essere trasformata in uomo, e di essere invulnerabile; il dio eseguì la richiesta.\nCenide mutò il nome in Ceneo (greco Καινεύς Kainèus, latino Caeneus), divenendo un fortissimo guerriero e guidando con successo gli eserciti lapiti in battaglia. Ceneo generò anche un figlio, chiamato anche lui Corono, che fu uno degli Argonauti e venne ucciso molti anni dopo da Eracle durante uno scontro. Ceneo si fece presto prendere la mano, e pieno di orgoglio per il suo successo arrivò a piantare una lancia nel mezzo della piazza del mercato della città in cui risiedeva, e costrinse tutti a venerarlo come se fosse una divinità. Zeus si indispettì per questo comportamento e decise di punirlo. Quando Ceneo partecipò al matrimonio di Piritoo e Ippodamia, durante il quale si scatenò la celebre lotta tra Lapiti e Centauri (vedi Teseo e Piritoo), Zeus indusse i Centauri ad accanirsi contro di lui e ucciderlo. Ceneo ebbe la meglio su molti di loro, perché grazie alla sua invulnerabilità gli attacchi dei Centauri andavano a vuoto; alla fine però venne sotterrato a colpi di tronchi d'albero e finito con terra e pietre, morendo soffocato.\nSecondo quanto racconta Ovidio, Mopso scorse la sua anima volare via da sotto la catasta d'alberi in forma d'uccello dalle ali fulve, visto solo in quell'occasione: ma una volta giunta nell'Ade, essa riprese forme umane e femminili; del resto al momento del funerale ci si accorse che anche il corpo di Ceneo era nuovamente quello di una donna.
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### Titolo: Cerbero.\n### Descrizione: Cerbero (in greco antico: Κέρβερος?, Kérberos) è una creatura della mitologia greca, uno dei mostri a guardia dell'ingresso degli Inferi su cui regnava il dio Ade.\nIn seguito è divenuto anche noto per la descrizione che ne offre Dante Alighieri nel suo Inferno, anche se con fattezze e indole non differenti dal mito originale.\n\nAspetto.\nÈ un mostruoso cane mastino gigantesco e sanguinario dotato di tre teste e di cui Zachary Grey, scrittore inglese del secolo XVIII, afferma:.\n\nAnziché di pelo, il suo corpo è ricoperto di serpenti velenosi che si rizzano facendo sibilare le proprie orrende lingue ad ogni suo latrato il quale non corrisponde a quello di un cane normale ma ad un rombo di tuono.\n\nGenealogia.\nCerbero è figlio di Tifone e di Echidna e quindi fratello di Ortro, dell'Idra di Lerna e della Chimera.\n\nMitologia.\nIl suo compito era sorvegliare l'accesso dell'Ade, o Averno, affinché nessuno dei morti ne potesse uscire. Nessuno è mai riuscito a domarlo, tranne Eracle e Orfeo.\nNell'antichità anche il 'nudo suolo' era definito Cerbero (o 'lupo degli dei') poiché ogni cosa seppellita pareva essere divorata in breve tempo: il termine è entrato nella lingua italiana a designare, per antonomasia e spesso ironicamente, un guardiano arcigno e difficile da superare.\n\nL'ultima fatica di Eracle.\nCerbero fu affrontato e sconfitto da Eracle che, per svolgere l'ultima delle dodici fatiche fu costretto a catturarlo (vivo) per portarlo a Micene da Euristeo. Il cane non fu combattuto con armi e non fu ucciso, ma soltanto sottomesso, poiché il compito di Eracle era solo quello di dimostrare di averlo sconfitto in combattimento.Cerbero fu in seguito portato a Tirinto e poi riportato nell'Ade dove tornò ad esserne il guardiano.\n\nLa musica di Orfeo.\nOrfeo, che doveva recarsi nell'Ade per riportare la defunta Euridice nel regno dei vivi suonò il suo strumento (una lira) fino ad incantarlo.\n\nAraldica.\nIn araldica, il cerbero (nome comune) è una figura immaginaria del tutto corrispondente alla sua raffigurazione mitologica: un cane tricefalo dalle gole spalancate, la coda di drago e con teste di serpente sul dorso. Certune raffigurazioni utilizzano i serpenti come chioma.\n\nIn taluni stemmi il cerbero, guardia feroce della città infernale, allude al cognome Medico, che vigila a che nessuno entri nella città dei malati. L'eventuale collare simboleggia la sottomissione del medico alla sua missione.\n\nLetteratura.\nAmore e Psiche.\nNella fiaba di Amore e Psiche contenuta ne L'Asino d'oro di Apuleio, l'eroina (Psiche) è costretta a compiere un viaggio agli inferi e deve affrontare, all'entrata e all'uscita, Cerbero, che nel testo non viene chiamato per nome ma descritto come canis praegrandis, teriugo et satis amplo capite praeditus, immanis et formidabilis, tonantibus oblatrans faucibus mortuos, quibus iam nil mali potest facere, frustra territando ante ipsum limen et atra atria Proserpinae semper excubans servat vacuam Ditis domum ('un cane enorme, con una triplice testa in proporzione, gigantesco e terribile, che con fauci tonanti latra contro i morti, cui peraltro, non può fare alcun male; cercando di terrorizzarli senza motivo, e standosene sempre tra la soglia e le oscure stanze di Proserpina, custodisce la vuota dimora di Dite').\n\nEneide.\n'L'enorme Cerbero col suo latrato da tre fauci rintrona questi regni giacendo immane davanti all'antro. La veggente, vedendo ormai i suoi tre colli diventare irti di serpenti gli getta una focaccia soporosa con miele ed erbe affatturate. Quello, spalancando con fame rabbiosa le tre gole l'afferra e sdraiato per terra illanguidisce l'immane dorso e smisurato si stende in tutto l'antro. Enea sorpassa l'entrata essendo il custode sommerso nel sonno profondo'. Nell'Eneide, Cerbero si oppone alla discesa agli Inferi di Enea ed è ammansito dalla Sibilla che gli getta un'offa (focaccia) di miele intrisa di erbe soporifere. Cerbero, che in Virgilio ha dei serpenti attorcigliati al collo, la afferra con fame rabbiosa ed è forse il motivo per cui nella tradizione medievale era talvolta interpretato come immagine del peccato di gola.\n\nDivina Commedia.\nLa figura mitologica di Cerbero è presente anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri, dove esso vigila l'accesso dell'Inferno, quello di coloro che peccarono di incontinenza riguardo alla gola. Nella rappresentazione dantesca la figura di questo mostro mitologico si fonde con l'ideologia del fantastico di stampo medievale, in cui prevalgono significati simbolici; ne risulta una figura nuova, i cui particolari realistici danno una straordinaria vivacità.\nViene presentato attraverso tre apposizioni, 'fiera', 'vermo' e 'demonio', secondo una lettura classica, fantastica e religiosa.\nGli vengono anche attribuite caratteristiche fisiche umane, tra cui la barba, le mani e le facce. Viene descritto con gli occhi vermigli per l'avidità, con il ventre largo per la voracità e con le zampe artigliate per afferrare il cibo. Le interpretazioni allegoriche di questo personaggio (delle sue teste) nella Commedia sono tre: le tre teste indicherebbero i tre modi del vizio di gola: secondo qualità, secondo quantità, secondo continuo (cioè mangiare in continuazione senza preoccuparsi né della qualità né della quantità); le teste sarebbero il simbolo delle lotte intestine fra fazioni appartenenti a una stessa città, oppure perché vigila nel 3° cerchio.\n\nNella cultura moderna.\nA Cerbero sono intitolati i Cerberus Tholi su Marte.\nLa ASUS ha sviluppato un auricolare gaming con prestazioni avanzate chiamato 'Cerberus V2' disponibile in una scelta di tre colori: rosso, verde e blu.\nCerbero è parte integrante del fumetto Geppo, il diavolo buono disegnato da Giovan Battista Carpi.\nAppare in un film horror del 2005 chiamato Cerberus - Il guardiano dell'Inferno, dove fa la guardia alla leggendaria spada di Attila.\nCerbero è anche uno dei boss del gioco Devil May Cry 3 e può controllare il ghiaccio di cui è ricoperto.\nCerbero è un nemico comune nel videogioco God of War. In God of War II ve ne è anche uno più grande, il Cerbero originario, che è un mini-boss, mentre in God of War III sono presenti diverse varianti di Cerbero, compresa una infuocata che è possibile domare e cavalcare. In God of War: Ascension ve ne è una variante viola, che si teletrasporta e che sputa fiamme violacee.\nIl cane a tre teste appare anche in Kingdom Hearts e Kingdom Hearts II come avversario da battere nel mondo di Ercole. Nel primo capitolo lo si affronta in un torneo, mentre nel secondo capitolo viene evocato da Ade.\nÈ presente anche nel cartone animato dei Cavalieri dello Zodiaco nella seconda prigione degli Inferi. Inoltre è la costellazione di appartenenza (realmente esistente ma ora non più considerata nella lista ufficiale delle costellazioni) del cavaliere Vesta.\nIn My Little Pony - L'amicizia è magica Cerbero, raffigurato come un dolce ma spaventoso gigantesco bulldog nero tricefalo, è il guardiano dei cancelli del Tartaro, la prigione dei mostri che attaccano il regno.\nNel videogioco Dante's Inferno, ispirato all'opera di Dante Alighieri, Cerbero è il boss del girone dei golosi. Qui le sue caratteristiche animalesche e mostruose vengono notevolmente accentuate. Il mostro infatti ricorda una sorta di ibrido cane-verme, con tre teste circondate da altre bocche più piccole, intento a masticare e vomitare tutto ciò che trova.\nNella serie televisiva Supernatural viene chiamato anche 'Cane Infernale' e il suo ruolo è quello di uccidere tutti coloro che hanno stretto un patto con i demoni, dopo dieci anni dalla stipula.\nNel romanzo e nel film Harry Potter e la pietra filosofale è presente una bestia delle stesse fattezze, a guardia di una botola, che risponde al nome di Fuffi.\nIn Resident Evil i Cerberus sono cani zombie.\nAppare anche in One Piece come guardiano di Thriller Bark. In questa versione, Cerbero è un mostro assemblato con vari pezzi di altri animali. Infatti una delle tre teste è di volpe, ed il mostro pare anche offendersi quando tale osservazione viene fatta dai personaggi del manga. Anche il personaggio del giudice Baskerville sembra essere ispirato a tale mito.\nCerbero è il nome dato al 'mostro' nella serie TV Lost dal Progetto DHARMA. Questo perché sembra fare la guardia al Tempio, vivere sia sulla terra, sia sotto di essa e sapersi dividere in tre parti per poi tornare un unico fumo.\nCherberos è il nome del custode del sole (meglio noto come Kero-chan) in Pesca la tua carta Sakura.\nCerbero è anche fonte di ispirazione per il nome della TVR Cerbera Speed 12, probabilmente in virtù del metaforico parallelismo riguardante il carattere poco docile del mostro mitologico e il caratteristico brusco comportamento della vettura sportiva inglese.\nIl Cerbero è il logo usato dalla casa di produzione Cerberus (traduzione inglese di Cerbero), che ha prodotto, nel periodo in cui erano molto usate, valvole termoelettroniche per apparecchiature militari e di consumo.\nCerberus nei videogame della trilogia Mass Effect è il nome dell'organizzazione 'a guardia' dell'umanità.\nCerberus nel romanzo di Clive Cussler Walhalla è il nome dell'associazione contro cui combatte il protagonista Dirk Pitt.\nCerberus è un demone ricorrente nella serie Shin Megami Tensei.\nNel cartone animato Huntik - Secrets & Seekers, Cerberus è il Titano di Marduck, membro del Cercatore malvagio della Spirale di Sangue.\nZeo della serie Beyblade V-Force utilizza un beyblade il cui Bit Power è un Cerbero, chiamato Cerbero di Fuoco.\nCerbero nel film Attacco al potere, è un software creato dal governo degli Stati Uniti d'America con tre codici, di due lettere e quattro numeri ciascuno, da usare in caso di un accidentale lancio di un missile nucleare.\nNella serie di giochi Kid Icarus appare come boss Bicerberus (Twinbellows nella versione originale) un cerbero con sole due teste con il corpo ricoperto di fiamme.\nIn Super Paper Mario, il boss che si affronta all'uscita del Mondodigiù (l'aldilà) è il Catecerbero: tre Categnacci con una catena in comune.\nIn Miitopia, il boss del Vulcano di Ertutnia, è un cerbero contenenti le 3 facce dei suoi compagni di viaggio.\nIn Helltaker, Cerbero è raffigurato come tre gemelle demone dalle orecchie canine che condividono un'unica anima. Sono dispettose e vogliono portare il caos nel mondo umano.\nNel manga Magi: The Labyrinth of Magic, Cerberus è il Djinn a tre teste della regina di Artemyra chiamata Mira Dianus Artemira.\nNella serie Netflix 1899, Kerberos è il nome della nave su cui si svolge la storia e che ritrova l'altra nave misteriosamente scomparsa, il Prometheus.\nUn podcast italiano trasmesso su Twitch è chiamato Cerbero Podcast.\nIl gruppo rap italiano Club Dogo ha come logo un cerbero.
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### Titolo: Cerebia.\n### Descrizione: Cerebia (in greco antico: Κηρεβία?, Kērebía) è un personaggio della mitologia greca e madre di Ditti e di Polidette.\n\nMitologia.\nI suoi figli ebbero un'importante parte nelle vicende di Perseo.\nTra le versioni dei mitografi però, è in dubbio chi sia stato il compagno di Cerebia in quanto secondo alcuni fu il dio dei mari Poseidone mentre secondo altri il padre dei due ragazzi fu un uomo di modeste origini e di nome Magnete.
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### Titolo: Cerva di Cerinea.\n### Descrizione: La cerva di Cerinea (in greco antico: Κερυνῖτις ἔλαφος?, Kerynîtis élaphos) era, nella mitologia greca, una cerva dai palchi d'oro e dalle zampe d'argento e di bronzo che era stata dedicata ad Artemide dalla ninfa Taigete quando la dea l'aveva salvata dall'inseguimento di Zeus.\n\nMitologia.\nLa cerva di Cerinea fuggiva senza mai fermarsi incantando chi la inseguiva, trascinandolo così in un paese dal quale non avrebbe più fatto ritorno; poiché era una cerva sacra, il suo sangue non poteva essere assolutamente sparso.\nQuando Eracle fu incaricato da Euristeo di catturarla, inizialmente si limitò a inseguirla: la cerva si rifugiò salendo su una montagna di nome Artemisio e cercò di attraversare il fiume Ladone, ma durante la traversata Eracle riuscì a catturarla colpendola con una freccia in un punto della zampa cartilagineo, quindi privo di vasi sanguinei; poi caricandosela sulle spalle la portò in Arcadia. Lungo la strada Artemide ed Apollo lo fermarono e la dea lo rimproverò di aver tentato di uccidere il suo animale sacro, ma l'eroe riuscì a placare le sue ire e ottenne da lei il permesso di portare la cerva ad Euristeo.\nLa cerva fu infine portata a Micene e lì fu liberata.
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### Titolo: Cesarea di Filippo.\n### Descrizione: Cesarea di Filippo (in latino Caesarea Philippi) è stata un'antica città romana, oggi sito archeologico e parco nazionale tra i più importanti del nord di Israele. Nota anche con il nome di Banyas (corruzione di Paneas, nome attribuito al luogo in epoca ellenistica, per via della presenza di un tempio dedicato al dio Pan), è situata alla base sud ovest del monte Hermon, in un contesto naturalistico di impressionante bellezza: nei pressi dell'antico tempio di Pan, infatti, sgorga una delle sorgenti del fiume Giordano.\n\nStoria.\nIl primo insediamento di quella che sarebbe diventata Cesarea di Filippo risale al periodo ellenistico. Le origini sono legate all'edificazione di un luogo di preghiera voluto dai sovrani della dinastia tolemaica nel III secolo a.C. Il luogo fu chiamato Panea in onore di Pan, divinità delle terre desolate, e si trova a poca distanza dalla 'terra vicina al mare' menzionata da Isaia.Di Panea si parla nelle Storie di Polibio a proposito della battaglia combattuta nel 198 a.C. fra l'esercito dell'Egitto tolemaico e i Seleucidi guidati da Antioco III. La vittoria di Antioco rafforzò il controllo seleucide sulla Fenicia, la Galilea, la Samaria e la Giudea fino alla rivolta dei Maccabei nel 166 a.C. Furono i Seleucidi ad edificare un tempio dedicato a Pan.\n\nL'età erodiana.\nNel 20 a.C. Panea fu annessa al regno di Erode il Grande il quale vi fece edificare un tempio in marmo bianco dedicato all'imperatore Augusto. Nel 3 a.C. Filippo il Tetrarca fondò sul sito di Panea una nuova città, capitale amministrativa della Batanea.\n\nNel 14 d.C. Filippo diede alla città il nome di Caesarea, in onore dell'imperatore Tiberio (il cui nome completo era Tiberio Giulio Cesare Augusto). Nelle sue Antichità giudaiche Flavio Giuseppe menziona la città col nome di Caesarea Panias, mentre nel Nuovo Testamento è indicata come Cesarea di Filippo, per distinguerla da Cesarea Marittima. Alla morte di Filippo, nel 33, la Giudea fu incorporata nella provincia di Siria. Nel 61 il re Agrippa II ribattezzò la città col nome di Neronia, omaggio all'imperatore Nerone che rimase però nell'uso comune solo fino al 68. Durante la Prima guerra giudaica Vespasiano si accampò con le sue truppe a Cesarea di Filippo (67), da dove poi sferrò l'attacco decisivo contro i ribelli.\n\nI Vangeli.\nNei vangeli sinottici si narra che Gesù, nelle sue peregrinazioni, abbia sostato con i suoi discepoli nei villaggi intorno a Cesarea. La città, o i suoi dintorni, sono indicati come il luogo nel quale avvenne l'episodio della cosiddetta confessione di Pietro, nella quale l'apostolo riconosce esplicitamente in Gesù il Cristo della tradizione giudaica. In un altro luogo dei Vangeli si narra invece l'episodio di una donna di Panea che aveva sanguinato per dodici anni e fu miracolosamente guarita da Gesù.\n\nLa dominazione araba.\nNel 635 Panea venne sottomessa dalle armate islamiche guidate da Khālid ibn al-Walīd, che aveva sconfitto l'esercito dell'imperatore Eraclio. L'anno seguente la città divenne base di partenza di una nuova spedizione araba ai danni dell'Impero bizantino, che si concluse con la sconfitta dei musulmani a Yarmuk. La conquista araba provocò il rapido spopolamento di Panea e il suo declino. La città rimase ugualmente il principale centro del distretto di al-Djawlan, nella provincia di Damasco, grazie soprattutto alla sua posizione strategica.\n\nIl periodo delle Crociate.\nDopo la conquista della Palestina da parte dei Crociati, nell'XI secolo, fu eretto nelle vicinanze di Panea il castello di al-Subayba, che nel 1126 fu assegnato dall'atabeg di Damasco Tughtigin al capo ismailita Bahrām. Ma le violenze che condussero alla morte di quest'ultimo riportarono il castello sotto il controllo crociato. Nel 1132 Bāniyās fu conquistata da Būrī (fondatore della dinastia buride a Damasco) e poi consegnata a Zankī, eponimo della dinastia zengide e padre di Norandino, fin a quando i crociati non la riconquistarono nel 1140. Ma nel 1164 Norandino la strappò definitivamente all'Islam.\nNel maggio del 1179 il sultano di Siria Saladino si accampò col suo esercito nei pressi di Panea, in attesa di affrontare le truppe crociate guidate dal re Baldovino IV. La battaglia ebbe luogo il 10 giugno e vide la schiacciante vittoria dei musulmani, che fecero prigioniero il Gran Maestro dei Templari Oddone di Saint-Amand e i cavalieri Ugo di Tiberiade e Baldovino di Ramla. L'episodio fu all'origine della successiva battaglia del Guado di Giacobbe, nella quale i musulmani riportarono un'ulteriore vittoria sui crociati.
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### Titolo: Ceutonimo.\n### Descrizione: Ceutonimo (in greco: Κευθόνυμος Keuthònymos) era lo spirito dell'aldilà e padre di Menezio. Ceutonimo è forse uguale a Giapeto, e padre di un certo Menezio.
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### Titolo: Chelmi.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Chelmi (greco antico: Κέλμις, Kèlmis, tradotto anche come Chelmide, Celmi o Scelmi) era uno dei Dattili, un gruppo di divinità collegate con la dea Rea e con la lavorazione dei metalli. Tra essi, Chelmi rappresentava l'attrezzo del coltello, o anche il processo metallurgico di colata.\nSecondo un mito raccontato da Ovidio, Chelmi giocava insieme ai suoi fratelli con il bambino Zeus, sul Monte Ida, ma in seguito Rea, la madre di Zeus, si offese per alcune battute di Chelmi e chiese a Zeus di trasformarlo in un blocco di diamante, cosa che Zeus fece.
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### Titolo: Cherone.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Cherone (in greco antico: Χαίρων) era il nome di uno dei figli di Apollo e di Tero.\n\nIl mito.\nLa figlia di Filante venne sedotta dal figlio di Zeus, e, caratteristica del ragazzo, dal padre degli dei aveva discendenza anche dal lato della madre visto che la donna era nipote di Antioco, figlio di Eracle.Crebbe Cherone diventando un abile e forte domatore di cavalli, fu eroe ed eponimo della città della Beozia Cheronea.
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### Titolo: Chimera (mitologia).\n### Descrizione: La chimera (in greco antico: Χίμαιρα?, Chímaira) è un mostro leggendario nella mitologia greca, in quella romana e in quella etrusca formato con parti del corpo di animali diversi.\n\nAspetto.\nLe descrizioni del mostro variano a seconda degli autori dell'epoca e spesso il morso del serpente era velenoso e posto sulla coda. Esiodo scrive che avesse testa e corpo di leone ma con una testa di capra sulla schiena ed una coda di serpente mentre Omero scrive che avesse il corpo di capra, coda di drago, testa di leone e che sputava fuoco dalle fauci.\n\nGenealogia.\nSecondo il mito greco fa parte della progenie di Tifone ed Echidna, insieme all'Idra di Lerna, Cerbero e Ortro. Secondo Esiodo fu Chimera a partorire la Sfinge ed il Leone di Nemea avuti dal fratello Ortro e progenie che secondo altri autori apparterrebbe a sua madre Echidna oppure ad altre madri.\n\nOrigine del mito.\nAutori greci e romani.\nVari autori (Plinio il Vecchio, Servio Mario Onorato, Virgilio, Omero) parlano del luogo dove la chimera si trovava. Strabone riuscì a descrivere anche una montagna situata sulla costa della Licia e altri alti promontori che si trovano vicino a una città. In quel luogo esiste il Monte Chimera, situato nelle vicinanze di Adalia, che in passato era citato dagli stessi autori per i suoi fuochi perenni.\n\nCiviltà etrusca.\nNella civiltà etrusca, la Chimera appare già nel periodo orientalizzante e che precede l'arte arcaica etrusca ed appare nelle pitture murali etrusche del IV secolo a.C.\n\nAntico Egitto.\nUna leonessa sputafuoco era una delle più antiche divinità solari e di guerra dell'antico Egitto ed era rappresentata già 3000 anni prima del periodo greco e le influenze sono possibili. La leonessa rappresentava la dea della guerra e protettrice di entrambe le culture che si sarebbero unite come Antico Egitto.\n\nCiviltà Neo-Ittita.\nLa Chimera neo-ittita di Karkemish, datata tra l'850 e il 750 a.C. ed esposta nel Museum of Anatolian Civilizations è ritenuta una base per la leggenda greca. Si differenzia dalla versione greca in quanto la leonessa raffigurata ha anche una testa umana che sale dalle sue spalle ed è alata.\n\nMitologia.\nChimera fu uccisa da Bellerofonte su ordine del re di Licia Iobate stanco delle scorrerie della bestia sul suo territorio. Bellerofonte aveva la punta della sua lancia fatta di piombo e quando la scagliò fra le fauci aperte del mostro il calore delle fiamme che le uscivano dalla bocca sciolse quel metallo soffocandola. Nell'Iliade Omero scrive anche che prima che Bellerofonte la uccidesse, la Chimera fu tenuta a bada dal licio Amisodaro, che in seguito divenne padre dei giovani eroi Atimnio e Maride. Secondo altre fonti postume all'Iliade, Chimera non è locata nella Licia, ma nell'Aspromonte.\n\nNella cultura di massa e multimediale.\nLa Chimera è un nemico ricorrente nella serie videoludica God of War. Compare in due capitoli della serie: in God of War: Ascension ne compare solo una, che genera ghiaccio, mentre in God of War III ne compaiono diverse, tutte che generano fuoco.La Chimera è uno dei boss nel videogioco arcade Gauntlet Legends nella sua espansione Gauntlet Dark Legacy.Nel romanzo di Valerio Massimo Manfredi Chimaira si allude al mostro mitologico come responsabile di alcune morti misteriose avvenute negli ambienti dell'archeologia etrusca della Tuscia.Nel film Mission: Impossible 2 è un virus creato in laboratorio che produce effetti letali sul sistema nervoso dell'essere umano.
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### Titolo: Chimereo.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Chimereo (in greco antico: Χιμαιρεύς) era il nome di uno dei figli di Prometeo, il gigante e di Celeno la figlia di Atlante.\n\nIl mito.\nFratello di Lico, una volta morto venne seppellito insieme al parente nelle terre di Troia, vi era una leggenda sulle loro tombe. Infatti a Sparta vi era un epidemie di peste, per poter sopravvivere alla malattia si consultò un oracolo, prassi comune a quei tempi. Il consiglio fu quello di offrire un sacrificio sulla tomba dei due fratelli, e chi doveva fare l'offerta doveva essere un nobile spartano. Il prescelto fu Menelao che nel viaggio incontrò Paride, questo fu il loro primo incontro che porterà alla guerra di Troia.
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### Titolo: Chione (figlia di Borea).\n### Descrizione: Chione (in greco antico: Χιόνη?, Chiónē, da χιών khiṑn, 'neve') è un personaggio della mitologia greca e corrisponde alla divinità della neve.\n\nGenealogia.\nFiglia di Borea e di Orizia, sorella di Zete, Sebone, Calaide e Cleopatra.\n\nMitologia.\nFu amata da Poseidone che la rese incinta di Eumolpo, bambino di cui nascose la gravidanza e che gettò in mare dopo il parto. Eumolpo fu poi salvato dallo stesso Poseidone e dato a Bentesicima perché lo crescesse in Etiopia.\nEliano racconta di un'altra Chione che fu moglie di Borea e da cui ebbe i tre Iperborei.\nDopo la sua morte si pensa che si sia reincarnata nel corpo di suo fratello minore Sebone, che ne diventó il suo erede prendendo l'epiteto de 'Il dio delle nevi'.
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### Titolo: Chirone.\n### Descrizione: Chirone (in greco antico: Χείρων?, Chéirōn) è un personaggio della mitologia greca, centauro, figlio di Crono e dell'oceanina Filira.\n\nGenealogia.\nSposo della ninfa Cariclo divenne padre di Ociroe che visse sul Monte Pelio.\nDal monte prendono il nome le ninfe Pelionidi che sono attribuite a Cariclo ed a Chirone.\nFu anche padre di Endeide, Melanippe (più conosciuta come Ippe) e di Caristo.\n\nMitologia.\nPoiché nacque da Filira e da Crono che per conquistarla si trasformò in un cavallo, Chirone è un essere immortale ed è metà uomo e metà cavallo.\nEsperto nelle arti, nelle scienze e in medicina, è considerato il più saggio e benevolo dei centauri. Ebbe per allievi numerosi eroi: Aiace, Achille, Aristeo, Asclepio, Atteone, Ceneo, Enea, Eracle, Fenice, Giasone, Oileo, Palamede, Patroclo, Peleo, Telamone, Teseo e secondo alcune leggende anche Dioniso.\n\nChirone e Achille.\nChirone, in quanto medico, fu chiamato a curare Achille quando quest'ultimo, a seguito delle magie praticate da sua madre Teti per renderlo immortale, ebbe la caviglia ustionata. Chirone gliela sostituì con quella di un gigante morto, Damiso, particolarmente dotato nella corsa (ciò avrebbe reso Achille pie' veloce).\nAl rientro verso casa, egli si smarrì ma la via di casa gli fu indicata dall'aquila dei venti mandatagli da Zeus.\n\nFine di Chirone.\nEssendo Eracle venuto a contrasto con i Centauri, ne uccise alcuni ed i superstiti si rifugiarono presso la grotta dove viveva Chirone, che peraltro era amico dell'eroe. Nel corso della battaglia una freccia, scagliata da Eracle, colpì al ginocchio Chirone. Questa ferita, causata da una freccia avvelenata, non poteva guarire ma nemmeno poteva portare a morte Chirone, nato immortale, cosicché gli causava indicibili sofferenze che lo portarono alla disperazione più cupa.\nDesiderando la morte, Chirone riuscì ad ottenerla scambiando la sua immortalità con Prometeo che era diventato mortale per i suoi contrasti con Zeus.\nIl padre degli Dei, al quale il centauro era particolarmente caro, lo volle comunque vicino a sé nel cielo, dando origine alla costellazione del Centauro.\n\nCaratteristiche.\nA differenza degli altri centauri, che come i satiri erano ignoranti e dediti alla violenza, Chirone si distingueva per la grande bontà d'animo, per la saggezza, per la conoscenza delle scienze, in particolare quella medica. Fu pertanto considerato il capostipite di quella scienza in quanto maestro di colui che la mitologia greca considerava il dio della medicina Asclepio.\nChirone è anche considerato precursore della scienza erboristica, in quanto lo storico tedesco Giustino Febrònio (pseudonimo di Johann Nikolaus von Hontheim) racconta che egli aveva, nel territorio di Collepardo, il suo 'Orto del Centauro'.\nSecondo alcuni autori antichi, egli fu anche astrologo; sulla medesima scia, Isaac Newton lo considera un 'astronomo pratico' e, attraverso un'audace interpretazione di un passo degli Stromateis di Clemente Alessandrino, lo individua come uno dei primi a delineare le costellazioni in Grecia.\n\nNella cultura di massa.\nChirone viene citato nella Divina Commedia (canto XII dell'Inferno) di Dante Alighieri.\nAnche Niccolò Machiavelli menziona la figura di Chirone ne Il Principe. Ne sottolinea la natura al contempo umana e bestiale, sostenendo che il buon principe debba fare affidamento su entrambi questi aspetti della personalità umana, nessuno dei quali è di per sé sufficiente.\nJohann Wolfgang Goethe lo inserisce nell'atto secondo del Faust Secondo. Dialogherà con lo stesso Dottor Faust a partire dal verso 7331 e lo condurrà da Manto. Viene rappresentato come una figura estremamente positiva in quanto modello di modestia e grandezza morale, cavalcato dai più splendidi eroi dell'antichità.\nChirone appare nel videogioco gioco Age of Mythology, come protagonista di supporto nella campagna.\nChirone è protagonista nel romanzo Aktaion Onder de stelle dello scrittore olandese Simon Vestdijk.\nIl romanzo Il Centauro di John Updike Chirone è raffigurato come l'insegnante George Caldwell che è completamente inadatto a insegnare in un ambiente moderno.\nNella serie fantasy Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo (prima apparizione in: The Lightning Thief) ed Eroi dell'Olimpo di Rick Riordan, Chirone è l'insegnante principale dei protagonisti al Campo Mezzosangue.\nChirone è un personaggio principale nella serie TV Young Hercules interpretato da Nathaniel Lees. In questa versione è un direttore di un'accademia dove si trovano Ercole, Iolao e Giasone.\nNel romanzo fantasy La storia infinita, il nome del personaggio Cairone si rifà a quello di Chirone: sono entrambi centauri e saggi medici.\nChirone è protagonista, insieme a Ermete, di un racconto breve in forma dialogica intitolato Le cavalle, quarto nei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese.\nChirone appare come servitore di classe arciere nel videogioco per smartphone Fate/Grand Order e nella serie animata Fate/Apocrypha.\nChirone appare in uno scenario di Titan Quest: parlando con lui partirà una missione secondaria, il recupero del suo arco; portandola a termine, il giocatore sarà ricompensato con un bonus.
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### Titolo: Chryse e Argyre.\n### Descrizione: Chryse e Argyre erano una coppia di isole leggendarie, situate nell'oceano Indiano, che si diceva fossero fatte di oro (chrysos in greco) e di argento (argyros).\nNel capitolo 23 del VI libro della sua Storia Naturale, Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) afferma che al largo della foce dell'Indo si trovano le isole di Crise e Argire, «ricche, a mio avviso, di miniere, perché avrei difficoltà a credere che il loro suolo sia d'oro e d'argento, come alcuni sono inclini a ritenere».\n\nCirca cinque o sei secoli dopo, nella sezione VI,11 del XIV libro dell'opera enciclopedica Etimologie, Isidoro di Siviglia (ca. 560-636) ripete più o meno le stesse informazioni: «Le isole Crisia ed Argiria si trovano nell'Oceano Indiano. Sono così ricche di differenti metalli che molti hanno detto che il loro suolo è formato da oro ed argento, donde anche il loro nome». Questa informazione è stata quasi certamente ricavata - come anche in altri casi nelle Etymologies, come lo stesso Isidoro ammette liberamente - direttamente dalla Storia Naturale. Entrambe queste opere latine, la Storia Naturale e specialmente le Etimologie, furono ampiamente lette in Europa per tutto il Medioevo, e questo assicurò la sopravvivenza della leggenda delle isole d'oro e d'argento fino all'inizio delle grandi scoperte geografiche.\nMan mano che i geografi europei raccoglievano informazioni più affidabili sull'oceano Indiano, la presunta posizione di Chryse e Argyre si spostò sempre più a est ai confini del mondo conosciuto. Quando Martin Behaim creò il suo globo Erdapfel nel 1492, si credeva che queste isole fossero vicine al Giappone, forse perché Marco Polo aveva dichiarato che il Giappone stesso (che chiamò Cipangu) era ricco di oro e di argento; Behaim è noto per aver usato come fonti sia Plinio che Marco Polo.\n\nLa scoperta delle Americhe cambiò ogni cosa. Gli esploratori europei alla ricerca di favolose terre dell'oro iniziarono a navigare ad ovest, verso l'El Dorado, invece che ad est, verso il Cipangu. L'opera di Isidoro di Siviglia cadde nel dimenticatoio e le isole di Chryse e Argyre sparirono lentamente dall'immaginario popolare.\nNel 1877, tuttavia, i loro nomi furono riportati in auge dall'astronomo Giovanni Schiaparelli, che sfruttò l'opposizione planetaria di quell'anno per iniziare a mappare il pianeta Marte. Come esperto di astronomia e geografia antiche conosceva bene le leggende classiche e le terre leggendarie, e da esse traeva ispirazione per nominare le formazioni che poteva vedere attraverso il telescopio. Ipotizzò che le aree scure presenti sul pianeta fossero bassi «mari» pianeggianti, come quelli della Luna, mentre le «terre» fossero le zone più chiare. Notò in particolare alcune zone chiare che scambiò per isole: nominò così la più grande e circolare Hellas (dall'antico nome della Grecia) e le altre due Chryse e Argyre.\nFu solo con le osservazioni compiute dall'orbita marziana della Mariner 9 nel 1972 che divenne chiaro che queste aree chiare non erano affatto isole, ma depressioni tappezzate di polveri spazzate dal vento. Chryse è in realtà una distesa pianeggiante, ma il nome è stato mantenuto, ed è ora nota come Chryse Planitia, «pianura di Chryse». Argyre (come Hellas) è invece un cratere ad ampio impatto, noto oggi come Argyre Planitia, «pianura di Argyre», che a sua volta ha dato il nome a uno dei quadrangoli cartografici dell'atlante marziano.
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### Titolo: Ciane (ninfa).\n### Descrizione: Ciane (in greco antico: Κυάνη?, Kyánē) è una ninfa della mitologia greca.\nIl nome Ciane è dovuto molto probabilmente al colore verde-azzurro della sorgente del fiume omonimo che sgorga nella regione paludosa ad ovest del Porto grande di Siracusa. Una antica tradizione introdusse Ciane nel mito del ratto di Persefone, per cui a Siracusa ebbe culto insieme con Persefone e fu onorata con feste annuali e processioni.\n\nCiane, ninfa naiade della zona di Siracusa, cercò di opporsi al dio dei morti Ade quando prese Persefone rapendola; il dio la trasformò in una fonte. Ovidio, nelle Metamorfosi, racconta che Ciane si sciolse dalle lacrime per non essere riuscita a salvare l'amica.Il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane vistosi liquefare la fidanzata, si fece mutare anch'egli in un fiume.\nI Siracusani ogni anno celebravano delle feste chiamate Coree, in onore di Core (altro nome di Persefone), istituite da Eracle, durante le quali alcuni tori venivano immersi nella fonte Ciane. A Ciane sono state dedicate le porte sacre agrigentine che si trovano in prossimità del sepolcro siracusano.
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### Titolo: Ciceone.\n### Descrizione: Il ciceone (in greco antico: κυκεών?, kykeón) è una bevanda rituale in uso nell'antica Grecia, legata, in particolare, al digiuno osservato durante la celebrazione dei misteri eleusini.\n\nUso rituale.\nL'uso rituale del ciceone è associato alla celebrazione dei misteri eleusini, riti religiosi iniziatici dell'antica Grecia relativi al culto di Demetra e Persefone. Questa associazione nasceva dalla tradizione mitologica greca, secondo cui il ciceone sarebbe stata l'unico rifocillamento e ristoro accettato da Demetra durante la ricerca, in Sicilia, della perduta Persefone. Tale tradizione rimanda all'inno omerico, in particolare all'Inno a Demetra, in particolare ai versi 200-201 e 208-211.Per questo motivo, il ciceone era la bevanda che veniva assunta da chi si sottoponeva al rito di iniziazione nel Telesterion. In tale occasione, infatti, egli pronunciava la frase iniziatica: 'Ho digiunato, ho bevuto il ciceone', con cui esprimeva le due condizioni fondamentali e propedeutiche per poter accedere all'iniziazione: il digiuno e l'assunzione del ciceone. Su tale fase preparatoria, appartenente a un percorso iniziatico di un rito misterico, non esistono rivelazioni e testimonianze: a giudicare dall'Inno a Demetra, si potrebbe dedurre che l'assunzione esclusiva del ciceone fosse associata a una pratica preparatoria di digiuno stretto, della durata di nove giorni.\n\nComposizione.\nIl significato della parola greca κυκεών è quello di 'bevanda composita' e, all'occorrenza, 'mescolata'. Era, infatti, un miscuglio di ingredienti su una base di acqua: in una coppa riempita venivano aggiunti farina d'orzo e menta (γλήχων):.\n\nOvidio, nel descrivere la mistura, non nominandola nello spazio dei suoi versi, ne indica la composizione come vino con aggiunta di fiocchi di segale tostati.\nPoiché gli ingredienti aggiunti non erano in grado di dissolversi nel liquido, vi rimanevano in sospensione, così che era necessario agitare ripetutamente la mistura durante la beva, fino al suo completo consumo.\nSecondo l'etnologo Gordon Wasson, il chimico Albert Hofmann e altri studiosi, gli stati mistici e rivelatori ottenuti dai partecipanti ai Misteri Eleusini erano ottenuti tramite il ciceone stesso, nella cui preparazione sarebbe rientrata segale cornuta, cioè segale infestata dal fungo parassita Claviceps purpurea, comunemente detto ergot, di cui sono noti gli effetti psicoattivi (ergotismo) e dalla quale si ricava l'LSD.\n\nCitazioni.\nIl ciceone è oggetto di numerose citazioni, fin dai testi omerici.\nNell'Odissea di Omero, il ciceone è la pozione composta di vino di Pramnio, mescolato a latte rappreso, farina e miele, che viene offerta dalla dea Circe, come dono di ospitalità ai compagni di Ulisse, che vengono trasformati in porci. Ulisse invece, quando beve il miscuglio da una tazza d'oro, resta immune al sortilegio grazie al moli (μῶλυ), la pianta-antidoto fornitagli da Ermes, e può così salvare i compagni.\nIn un frammento di Eraclito, l'esempio del ciceone, con i suoi ingredienti immiscibili inconciliabili, è utilizzato come illustrazione familiare e metaforica della necessità degli opposti.\nIn un frammento di Ipponatte, il ciceone è chiamato 'rimedio contro la miseria', cioè una bevanda che possa placare la fame o la sete, fatta con farina di orzo.\nNella commedia La pace di Aristofane, Hermes raccomanda il ciceone al protagonista eroico dell'opera, il vignaiolo Trigeo, che ha mangiato troppa frutta secca e noci. Per questo è stato congetturato che potesse avere proprietà digestive.\nIn un passo di Teofrasto si descrive un contadino zotico che, dopo aver bevuto il ciceone, si reca a una seduta dell'ecclesia con un alito insopportabile.\n\nCognidium.\nSecondo una congettura formulata da Nino Tamassia, il suono greco del nome può essere accostato a quello latino del cognidium, probabilmente un vino medicato bevuto dal padre della Chiesa Papa Gregorio I.
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### Titolo: Ciclopi.\n### Descrizione: I Ciclopi (in greco antico: Κύκλωπες) sono delle figure della mitologia greca. Sono in genere uomini giganteschi con un occhio solo al centro della fronte, a volte dipinto come unico organo visivo della creatura, altre volte invece accompagnato da una coppia di occhi. Compaiono in vari racconti della mitologia greca e la loro descrizione varia a seconda dell'autore: nella Teogonia di Esiodo vengono rappresentati come artigiani e fabbri eccezionali, figli di Urano e Gea, mentre nell'Odissea di Omero diventano delle creature rozze, violente e selvagge dedite alla pastorizia e, occasionalmente, all'antropofagia; di quest'ultimo gruppo fa parte uno dei ciclopi più noti, ossia Polifemo.\nIl nome deriva dal greco 'κύκλος' (cerchio) e 'ὤψ' (occhio).\n\nEsistono due diverse tipologie di Ciclopi nella mitologia greca. In Esiodo (cfr. Teogonia) i tre Ciclopi Bronte, Sterope e Arge sono, come i Titani e gli Ecatonchiri (o Centimani), figli di Urano e di Gea. Questi Ciclopi sono esseri civilizzati e alleati degli dei olimpici. Vengono descritti come abilissimi artigiani, alti conoscitori dell'arte della lavorazione del ferro e la loro attività era fabbricare i fulmini di Zeus. Inoltre, sono dotati di conoscenza e intelletto straordinari. In Callimaco (cfr. Inno ad Artemide) i Ciclopi sono gli aiutanti di Efesto.\nIn Omero invece, che ne parla nell'Odissea (libro IX), i Ciclopi sono ridotti al rango di esseri mostruosi, dei giganteschi energumeni che vivono isolati l'uno dall'altro in caverne naturali e praticano la pastorizia per vivere, non disdegnando però di cibarsi di esseri umani. Oltretutto, a rimarcare la loro inferiorità rispetto ai Ciclopi originali, in Omero non sono più figli di Urano e Gea (quindi in qualche senso zii degli dèi e a loro antecedenti), ma soltanto del dio dei mari Poseidone.\n\nOmero dà solo il nome di uno di loro, Polifemo, che fece prigionieri Ulisse e i suoi compagni. Il suo accecamento da parte dell'eroe sarà causa della collera di Poseidone.\nEsiste in realtà una terza tipologia di Ciclopi, chiamati Gasterochiri. Questi sarebbero originari della Licia, seguirono Preto nell'Argolide quando questi tornò in Grecia. Erano muratori ed edificarono per lui le mura della città di Tirinto e per conto di suo nipote Perseo le mura di Micene e Midea.\n\nRealtà storica.\nUna qualche verità storica riguardo all'esistenza di una popolazione o tribù dal nome di 'Ciclopi' ci viene data da Tucidide nel libro VI delle sue Storie allorquando si accinge a parlare delle popolazioni barbare esistenti in Sicilia prima della colonizzazione greca. Così scrive:.\n\nIl mito che descrive i Ciclopi con un unico occhio centrale, secondo alcune ipotesi, potrebbe essere nato a causa di alcuni ritrovamenti fossili di elefanti nani, vissuti in Sicilia al tempo del Paleolitico. La particolarità dei loro crani è di avere un grande buco al centro, che non è altro che il foro nasale dell'elefante. Tali resti fossili potrebbero quindi essere stati scambiati per uomini giganteschi con un occhio solo e infatti anche il filosofo Empedocle afferma che in molte caverne siciliane furono ritrovati fossili di una stirpe di uomini giganteschi oggi scomparsa.\nL'ipotesi più attendibile rimane oggi quella secondo cui i Ciclopi, antichi fabbri, fossero in realtà degli artigiani emigrati da oriente fino alle isole Eolie dove si sono trovate tracce della lavorazione dei metalli durante la facies Diana (IV millennio a.C.). I riscontri archeologici potrebbero così confermare il mito che li voleva residenti proprio su tali Isole. La presenza di un occhio solo potrebbe essere una tradizione legata all'usanza di coprire con una benda l'occhio sinistro per proteggerlo dalle scintille o da un ipotetico tatuaggio sulla fronte rappresentante il Sole, elemento al quale questi antichi artigiani potevano probabilmente essere devoti.
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### Titolo: Cicno (figlio di Apollo).\n### Descrizione: Cicno era un bellissimo e crudele giovane, figlio di Apollo e Tiria o Irie.\nA causa del suo carattere, tutti i suoi pretendenti lo abbandonarono, tranne Filio, al quale Cicno chiese di eseguire delle prove per dimostrare il suo attaccamento.\nSuperate le prime due prove, per la terza Filio chiese l'aiuto di Eracle, che gli consigliò di ribellarsi alle angherie di Cicno.\nFilio allora si rifiutò di consegnare a Cicno il dono promesso e questi per la delusione si gettò in un lago, seguito dalla madre. Apollo allora lo trasformò in un cigno.\nIl mito e la fonte principale della storia è narrata da Ovidio nelle Metamorfosi:.
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### Titolo: Cicno (figlio di Ares).\n### Descrizione: Cicno è una figura della mitologia greca, figlio di Ares e di Pirene. Secondo la mitologia greca sarebbe morto intorno al 600 a.C.\nEgli viveva da brigante. Uccideva e derubava i pellegrini in cammino per l'oracolo di Delfi, saltando fuori da una foresta della Tessaglia sacra al dio Apollo.\nFu ucciso da Eracle, che a causa di ciò dovette battersi con Ares. In questa occasione il dio fu battuto dal figlio di Zeus.\n\nIl Mito.\nL'Eee di Esiodo.\nLa sua storia è riportata da molte fonti, ma quella più interessante e di maggior rilievo è certamente riportata in un'opera minore di Esiodo: l'Eee (italianizzato dal titolo greco Ἡ οἰὴ, che apriva la storia di ogni eroina di cui si riportavano i rapporti con gli dei ed i figli da loro avuti). In un frammento si legge che Eracle, figlio di Zeus e di Alcmena, riposandosi nel guardare i suoi buoi che pascolavano, ne fu derubato dal Gigante Cicno. Egli li portò in una caverna con uno stratagemma, ma Eracle lo scoprì. Una volta raggiunto il brigante lo stritolò fra le sue braccia possenti e Cicno tentò inutilmente di liberarsi sputando fuoco ma non vi riuscì e perì. Gli studiosi pensano che questo ipotetico scontro fosse da collocare intorno al 600 a.C. e a Pagase, città della Tessaglia non distante dal golfo di Iolco. Il racconto di Esiodo riprende poi con la descrizione dello scudo di Eracle (da cui, inoltre, il poeta aveva tratto la storia della battaglia dell'eroe con il gigante).\n\nLe altre fonti.\nIl mito è riportato, come già accennato, da diverse fonti oltre a quella di Esiodo. La più antica conosciuta è presentata nello scritto anonimo Lo scudo di Eracle. Pare che l'autore, nel narrare il mito di Cicno, abbia preso spunto, o comunque abbia fatto riferimento, al gruppo scultoreo dell'Acropoli di Atene, ad una metopa ritrovata a Delfi, ed a un rilievo del trono di Apollo, rinvenuto invece in un villaggio della Grecia: Amycles. L'argomento trattato è lo stesso riportato nell'Eee di Esiodo. Vi è poi un'altra fonte degna di nota, ovvero quella risalente all'epoca romana, riportata nella Biblioteca di Apollodoro (Pseudo-Apollodoro).\n\nRiusi del mito.\nIl mito di Cicno, ed in particolare l'episodio di Eracle, fu ripreso da Virgilio nella sua Eneide, ed in particolar modo nel canto VIII, dove il re Evandro racconta la storia di un certo Caco, che rubò i buoi di Eracle da cui venne in seguito stritolato.
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### Titolo: Cidippe (sacerdotessa).\n### Descrizione: Cidippe (in greco antico: Κυδίππη?, Kydíppē) è un personaggio della mitologia greca, madre di Cleobi e Bitone.\n\nMitologia.\nCidippe, una sacerdotessa della dea Era, doveva recarsi ad una cerimonia in suo onore, ma il bue destinato a trainare il suo carro non arrivava e così i suoi figli Bitone e Cleobi si offrirono di trainare il carro lungo tutto il percorso che era lungo 45 stadi (circa 8 km).\nCidippe fu molto impressionata dalla loro devozione e chiese ad Era di fare ai suoi figli il dono più bello che un dio potesse fare ad un mortale e così la dea fece sì che i due fratelli morissero all'istante, dato che, secondo un dio (immortale), il miglior dono che potesse fare loro era di concedergli di morire senza sofferenze nel momento della loro massima devozione verso di lui.\nLa più diffusa interpretazione del significato di questa leggenda è che 'nessun uomo è mai così tanto benedetto fino a quando è morto'. Questa è la versione della leggenda riferita da Erodoto (Storie, I, 31) e che venne usata dall'ateniese Solone per spiegare al Re Creso chi fossero state le persone più felici della storia..\nErodoto (la fonte originale di questo aneddoto), però, non cita il nome della madre dei due ragazzi: la prima menzione del suo nome si trova in Plutarco, fr. 133 (apud Stobeo, IV, 52, 43) 'ἔτι δὲ Κλέοβις καὶ Βίτων, Κυδίππης τῆς μητρὸς αὐτῶν ...'. Plutarco, nel I secolo d.C., è dunque per noi il primo riferimento indicante il nome della sacerdotessa e, probabilmente, una parte di questa leggenda è andata persa, poiché Plutarco visse circa mezzo millennio dopo che Erodoto raccontò questa storia.
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### Titolo: Cidippe (sposa di Aconzio).\n### Descrizione: Cidippe (in greco antico: Κυδίππη?, Kydíppē) era un personaggio della mitologia greca, sacerdotessa di Artemide e sposa di Aconzio.\n\nMitologia.\nCome racconta Callimaco all'interno degli Aitia, Aconzio, straordinariamente colpito dalla bellezza della giovane, escogitò un sistema particolare per farla sua sposa: presa una mela, vi scrisse sulla buccia: 'giuro per il santuario di Artemide di sposare Aconzio' e la inviò alla fanciulla.\nNel tempio della dea, lei lesse ad alta voce la frase senza accorgersi di compiere un giuramento solenne; così, nonostante suo padre l'avesse promessa in sposa per tre volte ad altri uomini, per tre volte lei fu colpita da malattia ed il matrimonio non poté essere celebrato.\nCidippe infine tramite un oracolo comprese che i tre matrimoni erano stati impediti dalla dea Artemide e prese Aconzio come sposo.\nIl mito viene riproposto anche nelle Heroides di Ovidio.
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### Titolo: Cilla.\n### Descrizione: Cilla (in greco antico: Κίλλα?, Kílla) è un personaggio della mitologia greca.\n\nGenealogia.\nSposò Timete (a volte citato come Timoete) ed ebbe un figlio di nome Munippo.\nNon sono note le sue ascendenze.\n\nMitologia.\nUn indovino predisse che sarebbe nato un bambino con il quale Troia sarebbe stata distrutta e quel giorno nacquero sia Paride (al cognato Priamo) e suo figlio (di Cilla) Munippo.\nPer timore che la profezia si realizzasse, Priamo (re di Troia) ordinò che Munippo e sua madre Cilla fossero uccisi risparmiando invece Paride.\nSorella di Ecuba è spesso confusa con un'altra Cilla, sua cognata e figlia Laomedonte.
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### Titolo: Cimopolea.\n### Descrizione: Cimopolea (in greco antico: Κυμοπόλεια?, Kymopóleia) era, nella mitologia greca, una divinità minore, dea delle tempeste marittime, figlia di Poseidone e di Anfitrite.\nIn più, il dio del mare, diede Cimopolea in sposa a Briareo, in segno di gratitudine verso il gigante centimano poiché aveva aiutato gli Olimpi nella Titanomachia.\nQuesto personaggio appare solo nella Teogonia di Esiodo.\n\nInfluenza culturale.\nCimopolea compare nel libro Eroi dell'Olimpo 5: Il sangue dell'Olimpo di Rick Riordan. Jason Grace e Percy Jackson la incontrano sulla strada per Atene, e vengono quasi uccisi da lei e dal gigante Polibote.\n\nVoci correlate.\nPoseidone.\nBriareo.\nOlimpi.\nTitanomachia.\nPolibote.\n\nCollegamenti esterni.\n\n(EN) Cimopolea, su Theoi Project.
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### Titolo: Cinghiale calidonio.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, il cinghiale di Calidone o calidonio è un essere ferino di straordinaria possanza che compare in diversi miti come antagonista di grandi eroi. Era detto essere figlio della scrofa di Crommio. Fu mandato da Ares, per gelosia, a uccidere Adone quando costui si innamorò di Afrodite.\n\nMitologia.\nLa fiera trovò la morte nella 'caccia calidonia', una battuta di caccia al cinghiale organizzata dal re Oineo di Calidone. Il cinghiale era stato inviato da Artemide a distruggere i campi di Calidone perché Oineo era venuto meno nelle offerte votive succedute all'eccellente raccolto calidonio trascurando la dea e per liberarsi della belva, Oineo organizzò una caccia in cui chiese la partecipazione di quasi tutti gli eroi del mito greco; tra gli altri, Giasone, Castore e Polluce, i Cureti, Ida e Linceo, Admeto e Atalanta.\n\nSvolgimento della caccia ed uccisione.\nAll'inizio della caccia, i cacciatori sguinzagliarono i cani e seguirono le grandi orme della bestia fino a quando la snidarono presso un corso d'acqua intenta ad abbeverarsi. Il cinghiale, scoperto, si scagliò ferocemente in mezzo ai cacciatori che cercarono di ferirlo. Nestore trovò scampo a fatica salendo su un albero mentre Giasone lanciò il proprio giavellotto mancando il bersaglio (lo ferì solo marginalmente al fianco sinistro). Telamone in seguito scagliò la lancia contro la bestia ma colpì accidentalmente il cognato Euritione, uccidendolo mentre stava tentando di scagliare i suoi giavellotti. Peleo e Telamone rischiarono di essere caricati dalla belva che per fortuna fu colpita ad un orecchio da una freccia di Atalanta e fuggì. Purtroppo perì anche Anceo che, spintosi troppo avanti per dare un colpo d'ascia al cinghiale, venne lacerato dalle zanne della bestia e anche Ileo venne ucciso e con lui molti dei suoi cani da caccia.\nInfine Anfiarao assestò al cinghiale una pugnalata ad un occhio riuscendo ad accecarlo e quando Teseo fu sul punto di essere travolto, fu Meleagro che riuscì a conficcare il suo giavellotto nel ventre dell'animale e che poi lo finì con un colpo di lancia nel cuore.\n\nCacciatori.\nSecondo Omero gli eroi che hanno partecipato provenivano da tutta la Grecia. Bacchilide li ha definiti 'I migliori fra tutti i Greci'.\nLa tabella elenca:.\n\nQuelli visti da Pausania sul Tempio di Atena Alea a Tegea.\nQuelli elencati dallo scrittore latino Igino (Fabulae 173).\nQuelli nominati da Ovidio nell'ottavo libro dell'opera Le Metamorfosi (VIII, 301-317).\nQuelli elencati da Apollodoro nella Biblioteca.
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### Titolo: Cinghiale di Erimanto.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, il cinghiale di Erimanto (in greco antico: ὁ Ἐρυμάνθιος κάπρος?; in latino aper Erymanthius) era un poderoso e ferocissimo esemplare di suide che viveva sul monte Erimànto e che terrorizzava tutta la regione.\n\nMitologia.\nSecondo il racconto, Eracle riuscì eroicamente a catturarlo vivo e lo portò a Euristeo che, per la paura, si nascose in una botte.La sua cattura fu la quarta delle dodici fatiche di Ercole.
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### Titolo: Cinira e Mirra.\n### Descrizione: Cinira o Teia (Θείας in greco antico) e sua figlia Mirra o Smyrna (Σμύρνα in greco antico che significa mirra) sono due personaggi della mitologia greca. La loro unione incestuosa avrebbe generato Adone.\nIl mito di Cinira e Mirra è descritto in alcune fonti classiche greco-latine e, pur contemplando degli arricchimenti e delle varianti anche significative, segue sostanzialmente lo schema narrativo descritto nell'opera in lingua greca chiamata Biblioteca, un vasto compendio di mitologia greca attribuito allo Pseudo-Apollodoro scritto probabilmente tra il I secolo e il II secolo d.C. che ha influenzato tutti i mitografi successivi fino all'epoca moderna.\n\nLe versioni di Apollodoro e Igino.\nTeia era un re assiro la cui unica figlia, Mirra, viene punita da Afrodite, adirata per la sua scarsa devozione, facendola innamorare del padre. La giovane donna, per merito della compiacente nutrice, riesce a giacere dodici notti di seguito con un Teia inconsapevole della sua vera identità. Tuttavia il re, desideroso di vederla in volto, alla luce di un lume la riconosce, scopre così l'inganno e, adirato, la insegue per ucciderla. Mirra fugge pregando gli dei di renderla invisibile e costoro, impietositi, la trasformano in un albero dalla resina profumata: la mirra. Dopo nove mesi l'albero si apre e dal suo fusto viene alla luce il bellissimo Adone.La versione di Igino ha due varianti: la prima è che la causa che scatena l'ira di Afrodite è ora l'hybris (ὕβρις) della madre Cencreide che afferma che sua figlia Mirra è più bella della dea dell'amore. La fanciulla, scossa da questo «amore mostruoso», tenta il suicidio, ma senza successo venendo salvata dalla nutrice.\nLa seconda variante concerne il significato che assume la nascita di Adone. Grazie alla nutrice, Mirra riesce a giacere con il padre per poi scappare nei boschi, «spinta dal pudore», una volta accortasi di essere incinta. Afrodite ne ha pietà e la trasforma nell'albero della mirra da cui, nove mesi dopo, nasce Adone di cui viene detto «che fece scontare [ad Afrodite] le sofferenze della madre». Il finale della fiaba di Igino è un riferimento al dolore che sconvolgerà anni dopo una innamorata Afrodite per la morte del giovane e bello Adone chiudendo idealmente, in questo modo, il ciclo della colpa all'origine della vicenda.\n\nLe Metamorfosi di Ovidio.\nIl poeta latino Ovidio dedica al mito una sezione del decimo libro delle Metamorfosi, con una narrazione più particolareggiata rispetto agli scarni resoconti precedenti. Il racconto segue lo schema dello Pseudo-Apollodoro, con le varianti di Igino (significative anche perché riprese attraverso il testo di Ovidio da molti autori successivi).\nCinira (Cinyra) è un cipriota nativo di Pafo e «se fosse rimasto senza prole, si sarebbe potuto annoverare fra le persone felici». Il luogo dove si svolgono le vicende è la Pancaia (Panchaea), un'isola favolosa sulla costa dell'Arabia. Ovidio avverte il lettore dell'empietà di cui sta per narrare che, per fortuna, riguarda una terra lontana. Viene dunque descritto il tormento crescente di Mirra per un amore tanto intenso quanto impuro. Il voler mettere fine a questa angoscia conduce Mirra a tentare il suicidio impiccandosi, ma la fanciulla viene salvata in tempo dalla anziana nutrice. A seguito delle insistenze e delle preghiere della balia, Mirra rivela il suo amore straziante per il padre. La nutrice, dopo aver giurato di aiutarla, propone a Mirra di sostituirsi nel letto alla madre Cencreide. Questa, infatti, partecipando ai misteri in onore della dea Cerere (festeggiata in quel periodo dell'anno) faceva voto di astenersi dai rapporti sessuali.\nÈ lo stesso Cinira ad ordinare che Mirra venga condotta nel suo talamo, quando apprende dalla nutrice che una giovane e splendida vergine «dell'età di Mirra» spasima per lui, non immaginando che si tratti proprio della figlia. Mirra in questo modo, sia pure turbata fra rimorso e desiderio, ma con l'aiuto dell'anziana nutrice, fa l'amore con il padre. I due giacciono assieme per diverse notti fino a che Cinira, desideroso di vedere la sua amante, accende una lampada e si accorge della verità. La fanciulla, gravida, abbandona la Pancaia per sfuggire dalle ire del padre che vuole ucciderla. La fuga dura per tutto il periodo della gravidanza fino a che Mirra, già prossima a partorire, giunge nella lontana terra di Saba. Spossata, la ragazza ammette agli dei la propria colpa e chiede di essere bandita sia dal mondo dei vivi che da quello dei morti. Gli dei ascoltano la sua preghiera e Mirra, piangente, viene trasformata in un albero che stilla gocce di pianto profumato dalla corteccia.\nL'ultimo atto è la nascita di Adone, «creatura mal concepita cresciuta sotto il legno» (At male conceptus sub robore creverat infans), che cerca di uscire dalla prigione arborea in cui si è tramutata la madre che non ha voce per chiamare Giunone Lucina. La dea, impietosita, accorre comunque vicino all'albero, impone le sue mani sulla corteccia e pronunciando la formula del parto vi apre un varco. Dall'apertura esce un bellissimo neonato che viene subito preso in cura dalle Naiadi che lo ungono con le lacrime della madre.
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### Titolo: Cinnamologo.\n### Descrizione: Il Cinnamologo (Cinnamologus in latino) è una leggendaria creatura descritta in vari bestiari come un uccello gigantesco che costruisce i suoi nidi con la cannella.\n\nSecondo Erodoto.\nErodoto nelle sue Storie descrive un grande uccello che si diceva vivesse in Arabia, unico produttore di cannella noto all'epoca. Tali uccelli erano soliti raccogliere le stecche di cannella da un paese sconosciuto dove crescevano gli alberi di cannella, impiegandole nella costruzione dei loro nidi, situati su scogliere a strapiombo. Per mettere le mani sulla pregiata spezia gli arabi utilizzavano un trucco: facevano a pezzi buoi e altri animali da soma, deponendoli nelle vicinanze dei nidi ritirandosi lontano. Gli uccelli, tentati dal facile pasto, scendevano per portare i pezzi di carne ai loro nidi. Una volta lasciate le carcasse nel nido, però, il loro peso faceva crollare la struttura, permettendo agli arabi la raccolta della cannella caduta.\n\nSecondo Aristotele.\nNella sua Historia Animalium, Aristotele illustra come il cinnamologo portasse la cannella da terre ignote per edificare il suo nido sulla cima di alti alberi, tra i rami più sottili. Gli abitanti di quelle terre attaccavano pesi di piombo alle punte delle loro frecce per far cadere i nidi, raccogliendo poi i bastoncini di cannella al loro interno. Aristotele chiamò l'uccello kinnamômon orneon, ovvero uccello della cannella.\n\nSecondo Plinio il Vecchio.\nPlinio il Vecchio fu più scettico sulla creatura. Egli screditò nella sua Naturalis historia gli antichi e in particolare Erodoto, affermando che i racconti relativi all'uccello erano stati inventati dai nativi al fine di aumentare il prezzo di vendita delle loro merci.\n\nAltre apparizioni nella letteratura.\nDe Natura Animalium di Claudio Eliano.\nCollectanea Rerum Memorabilium di Gaio Giulio Solino.\nIl Fisiologo, un bestiario.\nUn bestiario in prosa latina del XII secolo con la versione di Aristotele della leggenda.\nGargantua e Pantagruel di François Rabelais, che lo chiama con il nome di cinnamologi.
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### Titolo: Cinocefalo.\n### Descrizione: Un Cinocefalo (dal greco antico κυνοκἐφαλος che significa testa di cane) è un essere mitico dal corpo d'uomo e dalla testa di canide, di dimensioni variabili da umane a gigantesche.\nI Cinocefali, assieme agli Sciapodi, i Blemmi, i Ciclopi, gli Ippopodi e altre creature consimili, vengono più in generale categorizzati come Popoli mostruosi. Ai Cinocefali vengono attribuite, nella maggioranza dei casi, caratteristiche negative quali l'irrazionalità, l'aggressività e la dissolutezza dei costumi.\n\nSignificato, diffusione e fonti storiche del mito.\nIl mito del popolo di uomini-cane è presente in tutte le culture indoeuropee di età classica, dall'Africa settentrionale alla Grecia, dalla Persia all'India, nelle quali i Cinocefali vengono sempre indicati con nomi concernenti l'attributo canino. Popolazioni di uomini-cane vengono descritte da vari autori latini e greci con nomi diversi e collocate nei luoghi più remoti.\n\nVengono descritti come creature mostruose realmente esistenti, talvolta mutuando, però, racconti o miti di altri paesi, come probabilmente viene fatto da Ctesia (IV secolo a.C.) descrivendo, nella sua storia dell'India, i Calystrien. Le creature di Ctesia coincidono con gli Swamukha indiani (letteralmente faccia di cane) citati nei Purāṇa.\nLa fonte greca più antica (VIII secolo a.C./VII secolo a.C.), Esiodo, distingue fra Hemikynes (in greco antico ἡμίκυνες, mezzi cane) descritti come umanoidi dal corpo di cane e kynokephaloi, dalla testa di cane e corpo umano, ma li colloca, entrambi, sulle coste del Mar Nero, trattandoli come un'unica popolazione. Popoli di uomini-cane vengono anche creati ex novo, come fa Luciano di Samosata, nella composizione dell'opera satirica Storia Vera, introducendo la razza immaginaria dei Cinobalanoi (in greco antico Κυνοβάλανοι, ghiande canine, riferito alle ghiande - col significato probabile di peni - alate cavalcate da questi esseri).\nGli autori classici successivi non apportano varianti al mito, se non per il luogo (sempre molto distante) e il nome. Per Strabone e Plinio il Vecchio si chiamano Cynamolgi e abitano in Etiopia, mentre Tertulliano descrive i Cynopennae e li colloca nella Persia.\nI Cinocefali vengono, successivamente, catalogati (come già facevano, in parte, gli stessi autori classici, ma ora molto più estesamente), in trattati quali il Liber monstrorum de diversis generibus (VIII secolo), assieme a molteplici creature mostruose, abitanti nelle terre orientali lontane e sconosciute ritenute contigue al Giardino dell'Eden.\nPopoli reali, poco noti o ostili, vengono altresì identificati da autori medievali occidentali, più o meno direttamente, con questi esseri fantastici. Per esempio, Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum afferma che i Longobardi, per intimorire degli avversari, alimentassero la diceria di avere tra loro dei feroci Cinocefali. Il miniaturista francese Ademaro di Chabannes scrive nella Historia Francorum - riferendosi ad alcuni Saraceni catturati dai Franchi presso Limoges - che costoro non si esprimevano nella loro lingua, ma guaivano e abbaiavano come cani. Il chierico Hyon de Narbonne (Ivo di Narbona), in una lettera indirizzata a Gerardus de Malemort, arcivescovo di Bordeaux, testimonia l'assedio dei Tartari a Wiener Neustadt, cittadina del ducato austriaco al confine con l'Ungheria. Nel descrivere le atrocità compiute dagli assedianti, Hyon afferma che i capi dei Tartari hanno dei Cinocefali tra le loro file, a cui danno in pasto i corpi sezionati dei prigionieri. Il frate francescano Giovanni da Pian del Carpine nella Historia Mongalorum, attribuisce caratteristiche canine al volto dei Samoiedi.\n\nAnubi, il Buon Pastore e San Cristoforo Cinocefalo.\nAffini ai Cinocefali, dal punto di vista 'teratologico' avendo le stesse fattezze, sono anche le divinità egizie Anubi e Upuaut. In questo caso, però, l'uomo-cane assume un significato simbolico differente, quale tramite fra il mondo dei vivi e quello dei morti, nel quale il defunto rinasce a nuova vita.\n\nIl santo cristiano Cristoforo viene raffigurato in moltissime icone e affreschi bizantini con le fattezze di Cinocefalo. Nella Passio sancti Christophori martyris, un testo presente in varie opere di patristica e che ebbe molta diffusione in epoca medioevale, viene narrata la leggenda del santo, che sarebbe proprio un Cinocefalo convertitosi al Cristianesimo.\nSan Cristoforo Cinocefalo presenta caratteri comuni sia al dio egizio (San Cristoforo traghetta Gesù bambino, portandolo sulle spalle, da una riva all'altra di un fiume, così come Anubi 'traghetta' le anime fra il regno dei vivi e quello dei morti) sia ai molteplici racconti di Cinocefali (talvolta San Cristoforo viene rappresentato come un gigante, attributo condiviso da diverse popolazioni di uomini-cane).\nLa figura di San Cristoforo, sebbene acquisisca alcuni tratti del mito dei Cinocefali (il gigantismo, l'abbrutimento prima della conversione), ne ribalta completamente lo status morale, nella sua santità. Un autore altomedievale (IX secolo), il monaco benedettino Ratramno di Corbie (Ratramnus), nella lettera Epistola de Cynocephalis afferma che i Cinocefali debbano essere considerati come esseri umani. Questo documento esprime un duplice e più complesso atteggiamento verso i popoli mostruosi che si sviluppa nel tempo, che vede, al di là dell'ostilità prevalente, anche l'accettazione come parte della creazione di Dio.\nCome riportato da Massimo Izzi, A. H. Krappe e Ph. Walter, la figura di San Cristoforo sarebbe, anche, un retaggio di culti pagani legati al moto astronomico di Sirio, stella appartenente alla costellazione del Cane Maggiore. La festa del santo cade il 25 luglio e il riferimento astronomico riguarderebbe il periodo della 'canicola', quello in cui il sorgere e tramontare di Sirio coincidono con quelli del Sole.\n\nVarianti del mito.\nTerra (o Paese) dei CaniUna variante significativa che descrive popolazioni in cui le femmine (talvolta indicate come amazzoni) sono sempre completamente umane, mentre i maschi sono Cinocefali o cani. La progenie di queste donne, a seconda del sesso del nascituro, perpetua questo dimorfismo. Il mito ha la medesima ampia diffusione di quello dei popoli Cinocefali. Il cronachista medievale tedesco Adamo da Brema nella sua Descriptio Insularum Aquilonis, in cui descrive la geografia, i popoli e costumi della Scandinavia colloca questa terra sulle coste del Mar Baltico.
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### Titolo: Cintura di Afrodite.\n### Descrizione: La cintura di Afrodite o cintura di Venere (in greco: ἱμάς, himás: cinghia; κεστός, kestós: cintura; in latino: cingulum Veneri, cestus Veneris; interpretata come cintura o fascia) è un oggetto magico e mitologico appartenente ad Afrodite, la dea greca dell'amore e della bellezza.\n\nDescrizione mitologica e funzione.\nSecondo la tradizione mitologica omerica, la cintura aveva il potere di persuadere e indurre il desiderio amoroso sia nei confronti dei mortali che negli immortali, rendendo qualunque donna la indossasse ammaliante e seducente. Era, la dea del matrimonio, a volte la prendeva in prestito da Afrodite per placare le liti tra gli innamorati, per stimolare i corteggiatori a spostarsi e in almeno un'occasione per manipolare suo marito Zeus.Nel suo testo dell'Iliade, Omero suggerisce che il kestós himás, tradizionalmente tradotto come 'cintura ricamata', potrebbe descrivere una sorta di fascia pettorale decorata (στρόφιον, stróphion). Esiste un esempio di scultura tardo-ellenica che sembra confermare ciò, raffigurando la dea che avvolge uno stróphion (da stróphos, 'fascia attorcigliata') attorno al suo petto.\nRobert du Mesnil du Buisson, in uno studio sugli ornamenti che compaiono sulle figure di Ishtar, Astarte, Atargatis e Afrodite, pone l'attenzione su un caratteristico ornamento costituito da due fasce, ciascuna delle quali passa sopra una spalla e sotto il braccio formando insieme una croce diagonale, che chiama Decusse.\nNell'antichità, era usanza come tradizione per le spose greche e romane, indossare il giorno del matrimonio una cintura come abbellimento in onore della dea Afrodite o Venere, che veniva chiamata cesto o cinto di Venere (dal latino: cestus; dal greco κεστός).
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### Titolo: Ciparisso.\n### Descrizione: Ciparisso (dal latino Cyparissus; in greco antico: Κυπάρισσος?, Kyparissos) è un personaggio della mitologia greca. Fu uno dei ragazzi più amati da Apollo, ma alcune versioni alternative della storia riferiscono che fu concupito ed ammirato anche da altre divinità.\nNel racconto più noto della vicenda, la compagnia preferita del giovane Ciparisso era un bel cervo addomesticato, che accidentalmente finì con l'uccidere col suo giavellotto durante una battuta di caccia svoltasi all'interno di un boschetto. Il dolore del ragazzo era talmente grande ed inconsolabile che finì per trasformarsi in un Cipresso, l'albero della tristezza e simbolo classico del lutto; si tratta pertanto di un mito di fondazione atto a spiegare l'eziologia della relazione sussistente tra la pianta ed il suo significato culturale.\nCiparisso era secondo una versione figlio di Telefo e quindi nipote del semidio Eracle; in alternativa è presentato come un giovane appartenente a umile famiglia. In ogni caso la sua storia è ambientata a Chio. Il soggetto è noto principalmente grazie alla letteratura latina durante l'ellenizzazione e agli affreschi rinvenuti a Pompei antica.\nNon è stato identificato alcun culto degli eroi a lui dedicato.\n\nMito iniziatico.\nIl mito di Ciparisso, così come quello del suo coetaneo Giacinto, principe spartano, è stato spesso interpretato come il riflesso del costume sociale dell'antica pederastia istituzionalizzata nell'antica Grecia, con il ragazzo amato come eromenos dal dio in versione di erastès. Questo rimando mitologico al concetto di pederastia greca rappresenta il processo di iniziazione alla vita adulta di tutti gli adolescenti di sesso maschile, con il passaggio attraverso una 'morte e trasfigurazione' per il più giovane eromenos. In tutti questi racconti, osserva Karl Kerényi, i bei ragazzi sono dei doppi di Apollo stesso, come dei suoi alter ego.\nIl cervo come dono fatto da Apollo riflette l'usanza ben presente nella società greca arcaica che vede il maschio più anziano (erastes appunto) regalare al suo amato un animale, un atto spesso accennato anche nella pittura vascolare della ceramica greca. Nel contesto iniziatico, la caccia è invece una preparazione - sotto la sorveglianza maschile adulta - per le arti virili della guerra, oltre che un banco di prova per il comportamento ed il rafforzamento del carattere, con il cervo recato in dono che diviene la preda del cacciatore.\n\nVersione di Ovidio.\nLa docilità e mansuetudine del cervo può essere l'invenzione del poeta latino dell'età augustea Publio Ovidio Nasone, e di una inversione tardiva letteraria del ruolo tradizionale del ragazzo. Il Ciparisso di Ovidio è così fortemente addolorato dall'aver ucciso accidentalmente il suo animale domestico che chiede ad Apollo di permettere che le sue lacrime scorrano per sempre. Il dio acconsente trasformando così il ragazzo in un albero di cipresso (latino: Cupressus), la cui resina vegetale sul fusto ha la forma di goccioline del tutto simili a lacrime.\nOvidio incornicia il racconto all'interno della storia del musico Orfeo; questi, dopo la mancata riuscita nell'impresa di recuperare la sua sposa Euridice dalla morte, è indotto ad abbandonare l'amore verso delle donne per favorire invece quello rivolto ai bei ragazzi. Quando Orfeo suona la sua cetra, anche gli alberi sono smossi nel profondo dalla sublime bellezza di quella musica; nella famosa cavalcata degli alberi che segue, la posizione del cipresso alla fine richiede una transizione verso il racconto della trasformazione fisica di Ciparisso.\n\nCommentario di Servio.\nUn'altra tradizione romana fa dell'adolescente l'amante del dio dei boschi Silvano. Un'invocazione tratta da Publio Virgilio Marone di «Silvano che porta il cipresso snello sradicato» è stato spiegato nel commento di Servio Mario Onorato come allusivo ad una storia d'amore. Nel suo breve racconto, Servio differisce da Ovidio principalmente nel sostituire Silvano con Apollo, ma cambia anche il genere del cervo, oltre a rendere il dio direttamente responsabile della sua morte:.\nNon è chiaro se Servio stia inventando un 'aition' (eziologia), una storia per spiegare perché Silvano era raffigurata in possesso di un ramo sempreverde, o per registrare una versione altrimenti sconosciuta. Altrove, Servio cita una versione in cui l'amante di Ciparisso era Zefiro, il vento di ponente. Il cipresso, egli osserva, è stato associato col regno di Ade, o perché non crescono più quando vengono potati troppo severamente, o perché in Attica le famiglie in lutto sono inghirlandate con rametti e foglie di cipressi.\n\nKyparissos in Focide.\nSecondo una tradizione diversa Ciparisso, forse non lo stesso trattato fino ad ora, era il figlio di Orcomeno - figlio di Eteocle e fratello di Minia - il mitico fondatore di Kyparissos in Focide, che in seguito fu chiamata Anticira.\n\nIn botanica.\nLa parola Cupressus è stata utilizzata per descrivere un genere di Cupressaceae; questo genere è stata descritto per la prima volta nel XVIII secolo dal biologo svedese Linneo. Nei tempi moderni c'è un dibattito tassonomico riguardo quali specie dovrebbero essere mantenute nel genere 'Cupressus'.
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### Titolo: Circe.\n### Descrizione: Circe (AFI: /ˈʧirʧe/; in greco antico: Κίρκη?, Kìrkē) è una figura della mitologia greca e compare per la prima volta nell'Odissea (X, 210 e sgg.). È figlia del Titano Elios e di Perseide, di conseguenza è sorella di Perse, Eete e Pasifae.\n\nMito.\nCirce compare, come dea, per la prima volta nell'Odissea, quale abitante nell'isola favolosa di Eea.\n\nFiglia di Elio e della ninfa Perseide, i suoi fratelli sono Eete (re della Colchide e padre di Medea), Pasifae (moglie di Minosse e madre di Fedra, di Arianna e del Minotauro) e Perse. Secondo un'altra tradizione è figlia del Giorno e della Notte. Stando invece a quanto riporta Euripide nella Medea, quest'ultima viene descritta come figlia dei sovrani della Colchide, ossia Eete e Ecate. Essendo Eete figlio del Sole (e così si spiegherebbe l'etimologia del nome Eete, da ἕως [eos], aurora, sole), dunque Circe sarebbe sorella del re e zia di Medea (mortale).\nOmero colloca l'isola ad Oriente (cfr. XII,3: νῆσόν τ' Αἰαίην, ὅθι τ' Ἠοῦς ἠριγενείης/οἰκία καὶ χοροί εἰσι καὶ ἀντολαὶ Ἠελίοιο); la tradizione successiva identificherà questa con il promontorio Circeo nel Lazio.\nLa sua dimora è in un palazzo circondato da un bosco, abitato da festose bestie selvatiche (Virgilio in Æneis, VII, 19-20, ci dice che queste bestie altro non sono che uomini così ridotti dai sortilegi della dea-maga: quos hominum ex facie dea saeva potentibus herbis induerat Circe in voltus ac terga ferarum) che ella aveva incantato con filtri maligni (τοὺς αὐτὴ κατέθελξεν, ἐπεὶ κακὰ φάρμακ᾽ ἔδωκεν, X, 213).\n\nL'incontro con Ulisse.\nUlisse, dopo aver visitato il paese dei Lestrigoni, giunge all'isola di Eea. L'isola, coperta da fitta vegetazione, sembra disabitata e Ulisse invia in ricognizione parte del suo equipaggio, sotto la guida di Euriloco. In una vallata gli uomini scoprono che all'esterno di un palazzo, dal quale risuona una voce melodiosa, vi sono animali selvatici. Tutti gli uomini, con l'eccezione di Euriloco, entrano nel palazzo e vengono bene accolti dalla padrona, che altro non è che Circe. Gli uomini vengono invitati a partecipare a un banchetto ma, non appena assaggiate le vivande, vengono trasformati in maiali, leoni, cani, a seconda del proprio carattere e della propria natura. Subito dopo, Circe li spinge verso le stalle e li rinchiude.\n\nEuriloco torna velocemente alla nave e racconta a Ulisse quanto accaduto. Il sovrano di Itaca decide di andare da Circe per tentare di salvare i compagni. Dirigendosi verso il palazzo, incontra il dio Ermes, messaggero degli dèi, con le sembianze di un ragazzo cui spunta la prima barba, che gli svela il segreto per rimanere immune ai suoi incantesimi. Se mischierà in ciò che Circe gli offre da bere un'erba magica chiamata moly, non subirà alcuna trasformazione.\nUlisse raggiunge Circe, la quale gli offre da bere (come aveva fatto con i suoi compagni), ma Ulisse, avendo avuto la precauzione di mescolare il moly con la bevanda, non si trasforma in porco. Egli minaccia di ucciderla, al che riconosce la propria sconfitta e ridà forma umana ai compagni di Ulisse e anche a tutti gli altri tramutati in porci.\nDopo un anno, Ulisse è costretto a cedere ai desideri dei suoi compagni, che vogliono tornare a casa; chiede, dunque, a Circe la strada migliore per il ritorno, e la dea gli consiglia di visitare prima gli inferi e di consultare l'ombra dell'indovino Tiresia. Al ritorno dagli inferi, Circe darà ad Ulisse numerosi suggerimenti su come superare al meglio le successive difficoltà lungo la strada per Itaca.\nSecondo la tradizione, Circe ebbe un figlio da Ulisse, Telegono.\n\nCirce: dea o maga?.\nLa figura di Circe appare per la prima volta nell'Odissea dove viene chiaramente e ripetutamente indicata come dea. Questa dea, figlia di Elio, il dio Sole e della ninfa oceanina, Perseide, ha il potere di preparare dei potenti 'pharmaka' con i quali trasforma a sua volontà gli uomini in animali. Tale trasformazione non fa perdere agli sventurati il proprio nous ('consapevolezza').\nIl termine e la nozione greca di mágos era del tutto sconosciuto all'autore dell'Odissea in quanto introdotto secoli dopo da Erodoto per indicare i sacerdoti persiani.\nCon il termine moderno di 'mago' si indica comunemente un personaggio che esercita la magia, gli incantesimi, che prepara potenti 'pozioni' magiche, un essere dotato di poteri soprannaturali. Tale termine entra in lingua italiana già prima del XIV secolo proveniente dal latino magus, a sua volta dal greco antico mágos, a sua volta dall'alto persiano maguš. Se l'etimologia è chiara e diretta, i significati nell'antichità erano molto diversi da quelli moderni.\n\nÈ quindi Erodoto che introduce il termine nella lingua greca adattandolo dall'alto persiano e lo fa per descrivere il sacrificio dei Persiani atto a rendere favorevole l'attraversamento dell'esercito di Serse del fiume Strimone. I mágoi immolano dei cavalli bianchi, ma Erodoto, descrivendo la bellezza, quindi l'esito positivo del sacrificio da parte dei sacerdoti persiani, utilizza un verbo che non appartiene alla tradizione cultuale greca, pharmakeuein (cfr. VII, 113). Tale termine nella lingua greca indica piuttosto delle preparazioni rituali che possono avere, come nel caso di medicinali o di veleni, degli effetti opposti. Erodoto ritiene che il rito persiano sia piuttosto una sorta di preparazione 'potente', certamente con delle connotazioni negative, come parte della loro cultura religiosa è agli occhi del greco Erodoto. Allo stesso modo lo storico greco indica le intonazioni sacrificali dei Persiani che richiamando la propria teogonia suonano all'orecchio di Erodoto non come una preghiera rituale quale si riscontra nella pratica cultuale del greco, ma come una 'epode', un incantesimo.\nSaranno proprio questi termini, pharmaka ed epodai collegati da Erodoto ai magoi a generare nella cultura greca quel malinteso che inventa la nozione di 'magia' in Grecia.\nPer questa ragione «nell'Odissea Circe non è una maga (e in termini greci, non potrà esserlo prima del V secolo a.C.)» ma solo «una dea terribile, che trasforma arbitrariamente gli uomini in animali».\n\nInfluenza culturale.\nA Circe è intitolato il cratere Circe su Teti e 34 Circe, un grande asteroide nella fascia principale.\nNel 2018 la scrittrice americana Madeline Miller racconta nel romanzo Circe la vita della dea, in una rilettura basata sulle fonti Omeriche, ma con una delineazione del personaggio molto più 'umana' e caratterizzata. Il romanzo è stato finalista per il Women's Prize for Fiction. Scritto in lingua inglese, è stato tradotto in altre sei lingue tra cui l'italiano.\nAll'interno del romanzo sono riprese le ambientazioni dell'Odissea: per esempio, vi sono riferimenti a Scilla e Cariddi situate, secondo il mito, nello stretto di Messina. Il riferimento principale è quello all'isola di Eea che si trova, sempre secondo il mito, al sud di Roma nel Mar Tirreno. L'isola è infatti il luogo di esilio dove abita la dea Circe.\nLa storia si apre con la nascita di Circe alla corte del dio Elios suo padre, dove la dea vive fino al giorno del suo esilio. La sua infanzia è priva di affetto sia genitoriale che fraterno. Circe, infatti, cerca sempre un modo per rendere orgogliosa la sua famiglia fallendo ogni volta. Quando però scopre i suoi poteri di dea-maga, grazie ad una particolare pianta, viene considerata un mostro ed esiliata. Sull'isola di Eea Circe comprende appieno i suoi poteri e quello che è in grado di fare. Per esempio, riesce ad evocare dei leoni che le faranno compagnia durante la sua vita sull'isola. Inoltre riesce a preparare delle pozioni magiche, dette 'pharmaka', con le quali può tramutare le persone in animali, a seconda della loro personalità. Durante la sua vita fa la conoscenza di molte figure maschili, positive, come Ermes che le portava notizie dal mondo esterno, oppure negative, come i pirati che si approfittano della sua ospitalità e le usano violenza.
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### Titolo: Ciso.\n### Descrizione: Ciso (in greco antico: Κεῖσος?, Keisos) è un personaggio della mitologia greca. Fu un re di Argo.\n\nGenealogia.\nFiglio di Temeno, fu padre di Medone, Marone e Flia.\n\nMitologia.\nCosì come fecero i suoi fratelli, anche Ciso non condivise la decisione del padre di concedere i suoi affetti a sua sorella Irneto ed a suo marito Deifonte e per questo motivo complottarono contro di loro e Ciso, in qualità di figlio maggiore, prese il potere.\nDopo la sua morte fu succeduto dal figlio Medone.
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### Titolo: Cisseo e Gia.\n### Descrizione: Cisseo e Gia sono due personaggi dell'Eneide di Virgilio, citati nel decimo libro del poema.\n\nIl mito.\nLe origini.\nCisseo e Gia sono due giovani fratelli tra i guerrieri che contrastano Enea sbarcato nel Lazio. Essi sono sudditi di re Latino, ma hanno ascendenze greche poiché il padre Melampo era stato uno dei compagni di Ercole.\n\nLa morte.\nCisseo e Gia vengono uccisi dalla spada di Enea, benché proprio come Ercole fossero armati di clava.\n\nOmonimia.\nQuesto Gia non deve essere confuso con un Gia omonimo presente nel poema, che è uno dei giovani luogotenenti di Enea.\n\nVoci correlate.\nErcole.\nGia (Eneide).
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### Titolo: Citissoro.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Citissoro in greco antico: Κυτίσωρος?, Kytíssōros o Citisoro o Cilindro era il nome di uno dei figli di Frisso e di Calciope, quest'ultima anche citata come Iofassa.\nFu fratello di Argeo, Mela e Frontide.\n\nIl mito.\nCitissoro, nipote di Atamante, in uno dei suoi viaggi trovò il nonno pronto ad essere sacrificato per Zeus, lo liberò facendo arrabbiare il divino padre. Da allora tutti i primogeniti non possono entrare nell'Acaia Ftiotide, altrimenti devono venire subito catturati e sacrificati al dio.\nIn un'avventura con gli argonauti Citissoro ed i suoi fratelli naufragarono ed incontrando in seguito sia Giasone che altri compagni, gente a cui si unirono per proseguire insieme il viaggio.
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### Titolo: Civetta di Atena.\n### Descrizione: La civetta di Atena (o anche di Minerva) è la civetta (o, con termine desueto, la 'nottola') che accompagna da Omero in poi, le rappresentazioni di Atena glaucopide nei miti dell'antica Grecia e di Minerva nei miti dell'antica Roma. È il simbolo della filosofia e della saggezza.\n\nSimbologia.\nGli occhi e il becco della civetta seguono la linea della lettera φ (fi), simbolo alfabetico greco della filosofia e in seguito della sezione aurea. Lettera che quindi accomuna armonia, bellezza e amore per la conoscenza e per la ricerca in senso lato.Hegel ricorre a tale espressione anche come simbolo della preveggenza della filosofia (che è poi post-veggenza), in vista del raggiungimento ex-post del 'regno intellettuale':.\n\nCon ciò il pensatore tedesco intende significare che la filosofia giunge a comprendere una condizione storica solo dopo che questa è già trascorsa (quando il processo di formazione della realtà è già ultimato), attuando il senno del poi senza poter offrire capacità precognitive.\nStoricamente, tale simbolo fu marchiato a fuoco sulla fronte degli abitanti dell'isola di Samo come punizione per aver abbattuto il governo democratico filoateniese. Tale repressione fu guidata dallo stesso Pericle, il noto statista ateniese.Il simbolo della civetta di Minerva è stato anche usato dagli Illuminati e nella Massoneria per i novizi che quando salivano ai gradi superiori venivano chiamati Minervali con allusione alla dea della saggezza.\n\nRappresentazioni.\nLa civetta di Minerva è stata rappresentata anche nella moneta greca da un euro, così com'era raffigurata in un'antica tetradracma ateniese del V secolo a.C., per ricordare le loro tradizioni mitologiche e la cultura, soprattutto quella filosofica e quella scientifica che è la radice del pensiero filosofico e scientifico occidentale.
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### Titolo: Cizico (mitologia).\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Cizico (in greco antico: Κύζιχος?) era figlio di Oineo (già compagno di Eracle) e di Enete, a sua volta figlia del nobile trace Eussoro e dunque sorella dell'eroe Acamante, che da vecchio avrebbe partecipato alla guerra di Troia.\nSua moglie Clite era invece la sorella di Arisbe (prima moglie di Priamo) e di Adrasto e Anfio, i re di due città della Troade, anch'essi coinvolti in seguito in difesa dei troiani.\n\nIl mito.\nCizico regnava pacificamente sulla popolazione dei Dolioni: salito al trono ancora adolescente, prese subito in sposa Clite (o Clita), figlia dell'indovino Merope di Percote. Egli dominava l'intera penisola di Arto dove si notava fra l'altro l'alto monte Dindimo. Suo padre gli aveva dato lo stesso nome della capitale del regno. Per il buon giovinetto tutti prospettavano un regno lungo e felice: ma le cose andarono diversamente.\n\nArgonauti.\nIl benvenuto.\nIl re si era appena sposato quando Giasone e compagni approdarono sulle rive della sua penisola: per l'amicizia che aveva unito il defunto padre a uno degli Argonauti, Eracle, invitò tutti loro a partecipare alla festa nuziale. Durante la notte gli argonauti furono attaccati da certi giganti che lesti ricacciarono. Il giorno dopo decisero di ripartire.\n\nIl tragico ritorno.\nIl vento di nord est decise di rinviare il viaggio degli argonauti, allora in preda alla tempesta cercarono di tornare sulla penisola di prima, ma apparentemente non riuscirono nell'impresa, approdando infine su una spiaggia deserta, in una notte senza luna.\nQui furono improvvisamente assaliti da guerrieri armati di tutto punto: essi riuscirono a respingere l'attacco uccidendo alcuni degli assalitori. Tornata la calma si accorsero di essere approdati di nuovo sulla penisola e che fra le vittime c'era anche Cizico, che li aveva scambiati per pirati.\n\nLa ripartenza.\nSofferenti per la morte del re adolescente gli Argonauti celebrarono le dovute esequie con giochi funebri, come si usava a quel tempo. Mopso riuscì intravedendo nei segni del cielo a comprendere che era la madre terra Rea la colpevole di tutto. Infatti i giganti che avevano affrontati prima erano i figli della dea, e anche Cizico tempo addietro l'aveva fatta infuriare uccidendo un leone senza sapere che esso era a lei sacro. Placata la furia divina riuscirono a prendere di nuovo il viaggio.\nL'uccisione del leone è probabilmente riferita al fatto che il culto di Rea era stato soppresso in favore di altre divinità.\n\nDopo la morte.\nLa moglie del re quando venne a sapere la triste notizia si tolse la vita, mentre le ninfe del bosco piansero fino a formare una fontana che prese il suo nome.\nI Dolioni decisero di prolungare il lutto per un mese intero e presero di comune accordo l'idea di non accendere fuochi limitandosi a mangiare cibi crudi: usanza osservata anche in epoca post-mitica durante i Giochi Cizici.
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### Titolo: Cladeo.\n### Descrizione: Il fiume Cladeo scorre attraverso Olimpia nell'Elide, nel sud della Grecia, e sfocia nel fiume Alfeo. Già nell'antichità classica, il fiume è stato dirottato nei pressi di Olimpia per evitare inondazioni in inverno. Tuttavia, il santuario di Olimpia fu ricoperto da uno strato di sedimento spesso 4 m quando fu scavato nel 1875. Di lunghezza conta 13 km.\nKladeos (in greco Κλάδεος, in latino Cladeus) era un dio fluviale della mitologia greca, uno dei figli di Oceano e Teti.
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### Titolo: Claros.\n### Descrizione: Claros (Greco: Κλάρος, Klaros; Latino: Clarus) fu un antico santuario greco sulla costa della Ionia. Conteneva un tempio ed un oracolo di Apollo, onorato qui come Apollo Clarius. Claros era situato nel territorio di Colofone.\n\nAltri progetti.\nWikimedia Commons contiene immagini o altri file su Claros.\n\nCollegamenti esterni.\n\n(EN) Claros, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
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### Titolo: Cleobi e Bitone.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Cleobi e Bitone erano i figli di Cidìppe o di Teano, una sacerdotessa di Era della città di Argo.\n\nNel mito.\nDurante una festa in onore alla dea Era, la loro madre doveva essere condotta al tempio per la celebrazione dei riti. Poiché non c'erano buoi disponibili, Cleobi e Bitone trainarono il carro al loro posto per cinque miglia (precisamente per 45 stadi, circa 8,3 km/5,1 miglia).\nLa madre, commossa per tanta devozione mostrata, pregò la dea di elargire ai figli il dono più grande che si potesse dare a dei comuni mortali; la dea allora li fece cadere entrambi in un sonno piacevole ed eterno. Nelle Storie di Erodoto viene narrato che per questa azione Solone, interrogato dal re Creso su chi fosse il più fortunato degli uomini, pose i due fratelli al secondo posto, dopo Tello di Atene.\n\nIl sacrificio.\nIl mito si riferisce ai sacrifici umani che in quel periodo venivano proposti ogni volta che si voleva consacrare un edificio di culto alla dea-luna.\nAd Argo infatti venivano scelti due gemelli che dovevano eseguire tale viaggio prima di venire uccisi.\nIn seguito dovevano essere sepolti vicino al tempio per allontanare ogni sorta di spirito malevolo che si potesse solo avvicinare al sacro tempio.Ne esiste una famosa coppia di statue nel Museo archeologico di Delfi.
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### Titolo: Cleodeo.\n### Descrizione: Cleodeo (in greco antico: Κλεόδαιος?, Kleódaios) o Cleodemo (in greco antico: Κλεόδημος?, Kleódēmos), è un personaggio della mitologia greca. Fu un Eraclide.\n\nGenealogia.\nFiglio di Illo e di Iole, fu il padre di Aristomaco.\n\nMitologia.\nPer via del padre era uno dei nipoti di Eracle ed i suoi discendenti furono coloro che riconquistarono le città di Argo, Messene e Sparta nel Peloponneso.
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### Titolo: Cleofema.\n### Descrizione: Cleofema (in greco antico: Κλεοφήμα, Kleophema) è un personaggio della mitologia greca.\nSecondo quanto tramandato dal poeta Isillo nel suo Inno ad Asclepio, Zeus diede in sposa sua figlia, la musa Erato, al mortale Malo, eroe eponimo del Capo Malea. Dalla loro unione nacque Cleofema, che si unì poi al re dei lapiti Flegias e con lui generò Coronide, che rapita dal dio Apollo diede infine alla luce il dio della medicina Asclepio.Secondo un'iscrizione rinvenuta presso il tempio di Asclepio a Epidauro, Isillo chiese consiglio all'Oracolo di Delfi prima di formulare la sua genealogia di Asclepio.
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### Titolo: Cleopatra (figlia di Borea).\n### Descrizione: Cleopatra (in greco antico: Κλεοπάτρα?, Kleopátra) è un personaggio della mitologia greca, era figlia di Borea e di Orizia.\nCleopatra era sorella di Chione, Emo, Calaide (o Colai) e Zete.\n\nMitologia.\nFu la prima moglie di Fineo re dei Traci, dal quale ebbe Plexippo e Pandione.\nIn seguito Fineo, innamoratosi di Idea, ripudiò Cleopatra. Sposò poi Idea, la quale, istigandolo, riuscì a convincerlo ad accecare i figli e ad imprigionarli insieme a Cleopatra.\nMa gli Argonauti, attraccando sulla costa tracia per altri motivi ed informati del fatto, uccidono Fineo e liberano Cleopatra, che mette i due figli sul trono.
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### Titolo: Cleta.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Cleta era il nome di una delle più famose Amazzoni, il popolo composto interamente da donne guerriere, fra esse ricopriva la carica di nutrice della regina, Pentesilea.\n\nIl mito.\nNelle vicende dove Licofrone afferma che Cleta prestava aiuto alla vergine armata, si narra che partita con la regina alla volta di Troia, Pentesilea trovò la morte e Cleta decise allora di tornare in patria, durante il viaggio una tempesta colse impreparata la nave su cui viaggiava e attraccò nell'Italia meridionale fondando la città di Cleto.\nLa donna ebbe un figlio, tale Caulone, e morì in uno scontro con gli abitanti di Crotone non prima di avere fondato la città di Caulonia.
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### Titolo: Climeno (padre di Arpalice).\n### Descrizione: Climeno (in greco antico: Κλύμενος?, Klýmenos) è un personaggio della mitologia greca, padre di Arpalice, donna con cui poi ebbe un rapporto incestuoso.\n\nMitologia.\nDella storia di Climeno esistono due versioni differenti, seppur accomunate dal nome della figlia (Arpalice) e dal rapporto incestuoso con il padre:.\n\nNella versione di Partenio di Nicea il padre Climeno era figlio di Teleo di Argo e Arpalice aveva due fratelli, Ida e Teagro. Il padre, dopo aver promesso Arpalice in sposa ad Alastore (un discendente di Neleo) già in giovane eta, vedendola crescere se ne innamorò fino a stringere con lei una relazione amorosa che durò qualche tempo, ma poi, quando Alastore giunse per chiederla in moglie e portarla via, Climeno la rapì riportandola indietro e costringendola a vivere con lui come sua moglie. Arpalice quindi, sconvolta dal trattamento ricevuto dal padre, uccise il fratello minore e lo servì a suo padre in banchetto; gli dei, per le sue preghiere o per punizione, la mutarono in un uccello, mentre Climeno si uccise.\nNella versione di Igino, Climeno era il re di Arcadia figlio di Scheneo e s'innamorò della figlia fino ad avere con lei un rapporto incestuoso; quando il bambino nacque, lei lo uccise per poi servirlo al padre in un banchetto e il padre, una volta scoperta la natura del cibo servitogli, la uccise..Di quest' ultima versione esiste un finale diverso: Arpalice non uccise suo figlio, ma un altro figlio di Climeno (un suo fratello quindi) e che gli dei la punirono trasformandola in un uccello, mentre Climeno s'impiccò.
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### Titolo: Clita.\n### Descrizione: Clita (in greco antico Κλείτη) o Clite è un personaggio della mitologia greca, sposa di Cizico e figlia dell'indovino Merope.\n\nIl mito.\nClita era la moglie del giovanissimo re Cizico, colui che accolse benevolmente gli argonauti durante il loro viaggio. Il fato volle che alla fine per colpa del buio il re affrontò gli eroi alla ricerca del vello d'oro, finendo per essere ucciso da Giasone.\nClita, molto legata al marito quando seppe della sua morte si disperò fino ad impazzire e decise di impiccarsi.\nDalle sue lacrime nacque una sorgente, chiamata Clite.
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### Titolo: Clitemnestra.\n### Descrizione: Clitemnestra (in greco antico: Κλυταιμνήστρα?, Klytaimnḕstrā), o Clitennestra, o Clitemestra, è un personaggio della mitologia greca. Fu regina di Micene e assassina di Agamennone, suo marito.\nA Clitemnestra è dedicato il nome dell'asteroide della fascia principale 179 Klytaemnestra.\n\nGenealogia.\nEra figlia di Tindaro e di Leda, e sorella, fra gli altri, di Elena e dei gemelli Polluce e Castore. Sposò in prime nozze Tantalo , da cui ebbe un figlio, ed in seguito Agamennone, da cui ebbe il figlio Oreste e le figlie Ifigenia, Elettra e Crisotemi. Secondo alcune fonti, da Agamennone ebbe anche altre due figlie, Ifianassa e Laodice, altrove considerate nomi alternativi di Ifigenia ed Elettra.\nDa Egisto ebbe il figlio Alete e le figlie Erigone ed Elena.\n\nMitologia.\nCome per le sue sorelle, anche per Clitemnestra (per un errore del padre e per volontà di Afrodite) era stato preparato un destino infelice che prevedeva di divenire adultere, di doversi sposare più volte e di dover soffrire per le gesta dei mariti.\nClitemnestra sposò in prime nozze Tantalo (figlio di Tieste o di Brotea) cui diede un figlio. Tantalo fu ucciso da Agamennone, che uccise anche il figlio in fasce avuto da Clitemnestra, per poi obbligare la stessa Clitemnestra a sposarlo. Ebbero un figlio e almeno tre figlie.\n\nL'inganno da parte di Agamennone.\nAl momento della partenza delle navi achee per la guerra di Troia, viene imposto ad Agamennone il sacrificio della figlia Ifigenia come condizione per placare l'ira di Artemide, che non permetteva alla flotta spartana di salpare.\nCosì Agamennone manda da Clitemnestra Odisseo e Taltibio per dirle di mandare la figlia in Aulide dove sarebbe stata data in sposa ad Achille. Quando la figlia si avvicina all'altare (dove invece doveva essere compiuto il sacrificio), viene salvata da Artemide che ha pietà di lei e che lascia uccidere una cerva al suo posto e fa credere a tutti i reali di aver sacrificato Ifigenia.\nArtemide rapisce poi Ifigenia avvolgendola nel suo velo e Clitemnestra non verrà mai a sapere che la figlia è stata salvata.\nSecondo la versione di Sofocle invece, il sacrificio è avvenuto, e questo diventa una giustificazione del crimine commesso da Clitemnestra contro Agamennone quando questi ritorna vittorioso dalla guerra di Troia.\n\nEgisto e la vendetta.\nIl sacrificio così non si consuma, ma quell'inganno produce in Clitemnestra un rancore inestinguibile; nonostante Agamennone l'abbia messa sotto sorveglianza di un Aedo, ella si lascia portare su un'isola da Egisto (cugino di Agamennone). Clitemnestra inoltre, aveva creduto a ciò che Nauplio stava dicendo alle donne greche (che i loro mariti stavano prendendo concubine durante la guerra di Troia) e si lascia sedurre da Egisto, da cui ha un figlio e due figlie.\nCosì, quando Agamennone ritorna a Micene dopo la distruzione di Troia, conducendo con sé la schiava Cassandra, a palazzo lo attende la congiura ordita da Egisto e Clitemnestra che porta all'uccisione dell'Atride e della sua schiava.\n\nLa tomba di Clitemnestra.\nClitemnestra viene uccisa dal figlio (suo e di Agamennone) Oreste, che uccide anche la piccola Elena (avuta da Egisto).\nSecondo Pausania la tomba di Clitemnestra si trovava in un luogo fuori dal recinto delle mura di Micene ed all'inizio del XIX secolo, una tomba a cupola risalente al XIII secolo a.C. fu scoperta al di fuori delle mura di Micene e fu chiamata 'tomba di Clitemnestra'.\n\nCommento.\nClitemnestra è un personaggio di grande rilievo e di forte temperamento, in quanto incarna la dignità e la forza femminile e il sentimento materno di fronte alla minaccia che incombe sulla prole.\nGrazie alle opere dei poeti tragici, colpiti dal suo destino e dalla sua gelosia, Clitemnestra ricopre un ruolo di rilievo nella mitologia greca, pur avendo episodi limitati nei grandi miti. Essi si servirono di pochi stralci sparsi nell'Odissea per comporre struggenti drammi che vedono protagonista Clitemnestra. Tra gli autori che dedicarono a lei la propria opera ci sono Eschilo, Sofocle ed Euripide. Fra gli autori latini vanno ricordati Lucio Anneo Seneca, Livio Andronico e Lucio Accio.\nInoltre Martha Graham, considerata una delle madri della danza moderna nel Novecento, usò la storia e i temi del mito di Clitemnestra per creare un balletto dall'omonimo titolo.
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### Titolo: Clito (Poseidone).\n### Descrizione: Clito o Cleitolo (in greco antico: Κλειτώ?, Kleitó) è un personaggio della mitologia greca, madre di dieci figli avuti con Poseidone.\n\nMitologia.\nIl Crizia, uno degli ultimi dialoghi di Platone, racconta che il dio Poseidone s'innamorò di Clito, una bellissima fanciulla che abitava nell'isola di Atlantide, e «recinse la collina dove ella viveva, alternando tre zone di mare e di terra in cerchi concentrici di diversa ampiezza, due erano fatti di terra e tre d'acqua», rendendola inaccessibile agli uomini, che all'epoca non conoscevano la navigazione. Poseidone rese inoltre rigogliosa la parte centrale, occupata da una vasta pianura, facendovi sgorgare due fonti, una di acqua calda e l'altra di acqua fredda.\nSull'isola Clito e Poseidone ebbero dieci figli, il primo dei quali, Atlante, sarebbe divenuto in seguito il governatore dell'impero, mentre ad Eumelo, Anfere, Evemone, Mneseo, Autoctono, Elasippo, Mestore, Azae e Diaprepe spettò il governo di una delle dieci sezioni in cui fu divisa l'isola.Sempre secondo il Crizia, Poseidone fece erigere un tempio a loro due dedicato: le due mura esterne erano placcate rispettivamente con ottone e stagno, mentre le mura della terza cinta, che comprendevano l'intera cittadella, «risplendevano con la rossa luce dell'oricalco».
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### Titolo: Clitonimo.\n### Descrizione: Cletonimo (detto anche Clisonimo o Eanete) era, nella mitologia greca, un fanciullo figlio di Anfidamante di Opunte. Si misurò in una partita a dadi con il giovanissimo amico Patroclo, ma l'eroe lo uccise involontariamente per una lite, infiammato d'ira. Per espiare il crimine, il padre Menezio affidò il figlio a Peleo, re di Ftia, che lo crebbe nella sua corte insieme al figlio Achille. Qui si sviluppò il rapporto intimo tra i due eroi.\nL'omicidio del giovinetto è raccontato nel ventitreesimo canto dell'Iliade, ma il suo nome è tralasciato. Apollodoro gli conferisce il nome di Clitonimo, mentre Strabone quello di Eanete.\n\nFonti.\nOmero, Iliade, libro XXIII, v. 87.\nPseudo-Apollodoro, Biblioteca, libro III, 13, 8.\nStrabone, libro IX, 4, 2.
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### Titolo: Clizia (ninfa).\n### Descrizione: Clizia è un’oceanina greca, figlia di Oceano e Tethi. Ripudiata dall'amato, il Sole, verrà trasformata in un girasole (per la precisione in Eliotropio, tipo di pianta presente ai tempi dei Greci antichi) proprio da quest’ultimo, impietosito. Viene raffigurata in due modi: nelle vesti di una fanciulla piangente oppure mentre si compie la sua trasformazione.\nClizia è una delle giovani amate dal Sole. Il dio si innamora però di Leucotoe, figlia del re Orcamo, e, assunte le sembianze della madre della ragazza, si introduce nella sua stanza e la seduce. Ingelosita e offesa, Clizia riferisce l'accaduto al padre di Leucotoe, che, in preda all'ira, ordina di seppellire la figlia viva in una buca profonda. Disperato, il Sole cosparge il luogo della sepoltura di un nettare profumato; dalla terra inumidita nascerà la pianta dell'incenso.\nLa bella Clizia, sentendosi in colpa per l’accaduto e ripudiata dall'amato, passa i giorni seduta a terra, senza toccare né acqua e né cibo, nutrendosi di sola rugiada, intenzionata a seguire con lo sguardo il percorso del carro del Sole, finché quest'ultimo impietositosi vedendo la ninfa consumarsi d'amore per lui, la trasforma in 'girasole' , il fiore sempre rivolto verso il Sole.\nClizia viene raffigurata nel compiersi della metamorfosi oppure il girasole compare vicino alla fanciulla o sul suo capo. In lontananza appare solitamente il carro del Sole. Il fiore, peraltro, compare in alcuni autotratti di Van Dyck a indicare la profonda devozione dell'artista per Carlo I, re d'Inghilterra, presso il quale l'artista soggiornò per un breve periodo.\nLa figura di Clizia pertanto, nella mitologia greca viene associata al fiore omonimo.
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### Titolo: Clizio (figlio di Eurito).\n### Descrizione: Clizio (in greco antico Κλυτίος Klytìos) era un personaggio della mitologia greca ed uno dei figli di Eurito e di Antiope.\n\nMitologia.\nClito appoggiò suo padre quando accusò Eracle del furto del suo bestiame e fu ucciso.\nSecondo Igino fu anche uno dei pretendenti di Elena e tra gli Argonauti, con il fratello Ifito.
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### Titolo: Clizio (figlio di Laomedonte).\n### Descrizione: Clizio (in greco antico: Κλυτίος?, Klytíos) è un personaggio della mitologia greca. Fu un principe di Troia.\n\nGenealogia.\nFiglio di Laomedonte e di Strimo o Placia (figlia di Otreo) o Leucippe, sposò Laotoe (Λαοθόη) e fu padre di Caletore, Procleia e Pronoe (o Pronome).\n\nMitologia.\nFu il terzo figlio avuto da Strimo e svolgeva il ruolo di consigliere durante il periodo della guerra di Troia e fu, come suo fratello Priamo (l'ultimogenito), uno degli anziani che osservarono la guerra in lontananza e seduti sulle mura delle Porte Scee della città.\nLa figlia Pronoe fu la madre di Polidamante.
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### Titolo: Clizio (troiano).\n### Descrizione: Clizio è un personaggio dell'Eneide. Non va confuso con l'omonimo giovinetto latino presente anch'egli nel poema.\n\nMito.\nSi tratta di un compagno di Enea, come lui profugo da Troia in fiamme: insieme ai tre figli Acmone, Menesteo ed Euneo si è quindi imbarcato su una delle navi troiane alla volta dell'Italia. Muore nella guerra fra Troiani e Italici, per opera di Turno; la sua uccisione è narrata nel libro IX dell'Eneide.
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### Titolo: Clonia (amazzone).\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Clonia (in greco antico: Κλονία) è un'amazzone, il popolo di donne guerriere, discendenti dal dio Ares e dalla ninfa Armonia, le quali abitavano il nord dell'Asia Minore.\nClonia appare, nel poema di Quinto Smirneo, come una delle dodici Amazzoni che facevano parte del contingente, guidato dalla regina Pentesilea, giunto in soccorso a Priamo, nella guerra di Troia.\n\nIl mito.\nArrivo a Troia.\nInsieme alle altre sue compagne, Clonia figura tra i più preziosi alleati dei Troiani, agli ordini della valorosa regina Amazzone, Pentesilea. Essa viene ricordata nell'elenco delle Amazzoni all'inizio del primo libro del Posthomerica:.\n\nCombattimenti nella guerra.\nTrascorso un certo tempo presso la città di Troia, per ristorarsi e rinvigorirsi prima della nuova battaglia, tutte le Amazzoni, sotto il comando di Pentesilea si diressero verso il campo di battaglia per affrontare gli avversari Achei. La prima ad avventarsi sui nemici fu la stessa regina, la quale massacrò uno dopo l'altro sette guerrieri avversari. Dopo di lei, fu l'Amazzone Derinoe ad attaccare, uccidendo il prode Laogono.\nClonia si gettò dunque sui nemici, e con la sua lancia trafisse Menippo, un valoroso guerriero di Filace, intimo amico di Protesilao, l'eroe acheo che morì dieci anni prima per mano di Ettore.\n\nAlla vista dell'amico morto, Podarce, fratello di Protesilao, balzò sull'Amazzone e la trafisse con la lancia. Colpita a morte, Clonia cadde a terra in un lago di sangue, mentre le sue viscere si spargevano a terra.\nMa Pentesilea, accortasi della morte della compagna, si vendicò a sua volte e scagliò la lancia su Podarce, trafiggendogli il braccio destro. L'eroe precipitò anch'esso a terra, ululante di dolore, e, dopo pochi minuti, spirò a causa della grave perdita di sangue. Non appena gli uomini di Filace videro il loro capitano ucciso, si diedero alla fuga.
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### Titolo: Clonia (ninfa).\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Clonia è una ninfa naiade, associata alla mitologia di Tebe. Probabilmente figlia del dio-fiume Asopo, divenne con Ireo la madre di Lico e Nitteo, che furono reggenti della città di Tebe.\nIn altre versioni, Lico e Nitteo sono invece figli di Clonia e Ctonio, uno degli Sparti, o del dio Poseidone e della pleiade Celeno.
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### Titolo: Clori (figlia di Anfione).\n### Descrizione: Clori (in greco antico Χλωρις) od anche citata come Cloride (Χλωριςιδος) è un personaggio della mitologia greca, figlia di Anfione re di Tebe e di Niobe.\nDetta anche Niobide dal nome della madre.\n\nMitologia.\nMelibea era il suo vero nome ma dopo aver assistito alla terribile strage dei fratelli, il suo viso volse permanentemente al pallido. Clori infatti significa esattamente 'pallido'.\nLei e il fratello Amicla furono gli unici figli di Niobe a non essere uccisi da Apollo e Artemide a causa della hybris (superbia) della madre.\nLa morte delle sue sorelle fu dovuta alla sfrontatezza della madre, che osò vantarsi della sua prole con Latona (che invece aveva avuto solo due figli, Apollo ed Artemide) che chiese vendetta ottenendola.\nDopo aver visto lo sterminio (ed esserne sopravvissuta), impallidita cambiò il nome in Clori.\nPausania scrisse di una statua a lei dedicata vicino al santuario dedicato a Latona presso Argo.
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### Titolo: Clori (ninfa).\n### Descrizione: Clori (in greco antico: Χλωρίς?), o anche citata come Cloride, è un personaggio della mitologia greca, una ninfa e dea della primavera, dei fiori e dello sviluppo (crescita). Divenuta Flora per la mitologia romana, quindi identificata con la Flora dai popoli Italici.\n\nMitologia.\nDi Clori si credeva anche che avesse vissuto nei Campi Elisi ed il mito raccontava che fosse stata rapita da Zefiro (dio del vento di ponente) che in seguito la sposò e trasformò nella dea (Flora appunto).\nDa Zefiro ebbe il figlio Carpo, il frutto.\nEra anche ritenuta responsabile delle trasformazioni di Adone, Attis, Croco, Giacinto e Narciso in fiori.
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### Titolo: Cloto.\n### Descrizione: Clòto (in greco antico: κλωθώ?, klōthṓ, 'la Filatrice') era una delle tre Moire (o Parche), figlia, secondo una versione, della Notte o, secondo un'altra, di Zeus e di Temi o Mnemosine. Era la più giovane e tradizionalmente associata alla nascita. Era la tessitrice, che filava lo stame della vita.\n\nInfluenza culturale.\nA Cloto è intitolata la Clotho Tessera su Venere.